Le novità del contratto di somministrazione di lavoro

Il libro dell anno del diritto 2019 (2019)

Le novità del contratto di somministrazione di lavoro

Carmela Garofalo

Allo scopo di disincentivare l’instaurazione di rapporti di lavoro non stabili, il cd. “decreto dignità” (d.l.12.7.2018, n. 87, conv. con mod. dall’art. 1, co. 1, l. 9.8.2018, n. 96), parallelamente alle modifiche sul contratto a tempo determinato, è intervenuto anche sulla disciplina del contratto di somministrazione di lavoro, creando tra i due istituti una forte interazione che se da un lato consente di risolvere alcune problematiche sorte all’indomani dell’emanazione del d.lgs. 15.6.2015, n. 81, dall’altro lato, però, ne crea di nuove per il non facile coordinamento tra le due fattispecie.

La ricognizione

L’art. 2 d.l. 12.7.2018, n. 87, conv. con mod. dall’art. 1, co.1, l. 9.8.2018, n. 96 (d’ora in poi “decreto dignità”), parallelamente alle modifiche apportate al contratto di lavoro a tempo determinato, ha ridefinito la disciplina del contratto di somministrazione di lavoro dettata dal d.lgs. 15.6.2015, n. 81 (artt. 3040). La strada percorsa dal “decreto dignità” in tema di somministrazione di lavoro è diametralmente opposta a quella seguita dagli interventi legislativi degli ultimi anni, caratterizzati da un progressivo allentamento dei rigidi vincoli originariamente adottati nel tentativo di ampliare il ricorso ad una flessibilità in entrata con ricadute positive in termini di incremento occupazionale. Se si volessero ricostruire le tappe di questo processo di liberalizzazione, si dovrebbe partire dalla l. 23.12.2009, n. 191, che ha sancito, per la prima volta, la libertà assoluta del ricorso alla somministrazione di lavoro (sia a tempo determinato che a tempo indeterminato) per il reimpiego di lavoratori assunti dal somministratore ai sensi dell’art. 8, co. 2, l. 23.7.1991, n. 223. Successivamente, in occasione del recepimento della dir. 2008/104/CE sul lavoro interinale ad opera dell’art. 4, d.lgs. 2.3.2012, n. 24, con l’introduzione dell’art. 20, co. 5-ter, d.lgs. 10.9.2003 n. 276, è stata esclusa la “causalità” del contratto di somministrazione a tempo determinato ove utilizzato per lavoratori percettori di indennità di disoccupazione ordinaria o di ammortizzatori sociali, anche in deroga, da almeno 6 mesi, ovvero per lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi del reg. CE n. 800/20081. Con il successivo co. 5-quater, poi, è stata delegata alla contrattazione collettiva, anche aziendale, la possibilità di prevedere altri casi di esenzione dall’indicazione della causale. Qualche mese dopo, con la l. 28.6.2012 n. 92, il legislatore ha introdotto per la prima volta nel contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, un’ipotesi generale di “acausalità” per il primo rapporto della durata complessiva non superiore a un anno, a prescindere dalle ragioni e dalle caratteristiche soggettive dei lavoratori2. Aperta una prima breccia nel muro della necessaria giustificazione, il d.l. 20.3.2014, n. 34, conv. con mod. dalla l. 16.5.2014, n. 78, ha poi definitivamente eliminato ogni riferimento alle ragioni di carattere tecnico produttivo, organizzativo o sostitutivo sia per il contratto a termine che per il contratto di somministrazione a tempo determinato3. All’interno di tale cornice si è inserito il riordino della disciplina del contratto di somministrazione di lavoro effettuato con gli artt. 30-40 del d.lgs. n. 81/2015 che ha confermato l’abolizione delle causali per la somministrazione a tempo determinato quella a tempo indeterminato, prevedendo solo limiti quantitativi di contingentamento per entrambe le fattispecie4. Su questo impianto normativo è intervenuto il “decreto dignità” con una disposizione che, a dispetto della sua scarsa consistenza quantitativa, apporta alla disciplina del contratto di somministrazione di lavoro significative modifiche5 che se da un lato risolvono alcune delle questioni sorte all’indomani dell’emanazione del d.lgs. n. 81/2015, dall’altro lato ne pongono di nuove per effetto dell’estensione a tale istituto dei vincoli stabiliti per il contratto a tempo determinato.

La focalizzazione

Le novità introdotte dal “decreto dignità”, che non trovano applicazione ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni (art. 1, co. 3, d.l. n. 87/2018), si muovono su tre direttrici: la previsione di una percentuale legale di contingentamento per il contratto commerciale di somministrazione a tempo determinato (art. 31, co. 2, d.lgs. n. 81/2015); l’applicazione delle nuove regole stabilite per il contratto a termine al rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato tra l’Agenzia e il lavoratore (art. 34, co. 2, d.lgs. n. 81/2015); la reintroduzione del reato di somministrazione fraudolenta, precedentemente abrogato dal Jobs Act (art. 38 bis d.lgs. n. 81/2015). Su tali profili è intervenuto di recente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la circolare 31.10.2018, n. 17, per fornire le prime indicazioni interpretative.

I limiti di contingentamento

Una delle questioni più dibattute durante la vigenza della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 81/2015 ha riguardato l’assenza di una percentuale legale di contingentamento per il contratto (commerciale) di somministrazione di lavoro a tempo determinato, interamente delegata, dall’ art. 31, co. 2, alla contrattazione collettiva ex art. 51 applicata dall’utilizzatore. Ne è conseguita una proliferazione di diverse discipline pattizie che hanno previsto (ma non sempre), nei vari settori, limiti quantitativi, autonomi o cumulativi con il contratto di lavoro a tempo determinato6. Nella logica di arginare il ricorso alla somministrazione a tempo determinato, l’art. 2, co. 02, del “decreto dignità”, inserisce nel co. 2 dell’art. 31, una clausola legale di contingentamento per cui «il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato» ovvero quelli utilizzati «con contratto di somministrazione a tempo determinato» non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, pur precisandosi che tale disposizione è cedevole nel caso di diversa previsione della contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore. Trattasi di un limite cumulativo che comprende la percentuale di contingentamento prevista dall’art. 23 d.lgs n. 81/2015 per i contratti a tempo determinato pari al 20%. Ciò significa che il datore di lavoro deve programmare anticipatamente il ricorso a forme di lavoro flessibile, nella consapevolezza che può assumere direttamente lavoratori a tempo determinato sino al 20% della forza lavoro impiegata a tempo indeterminato, potendo ricorrere a lavoratori somministrati a termine sino a concorrenza del limite del 30%. Di contro potrà saturare interamente la percentuale del 30% unicamente attraverso la somministrazione a termine, ove decida di non avvalersi di contratti a tempo determinato. In assenza di personale a tempo indeterminato, invece, l’utilizzatore non potrà impiegare lavoratori in somministrazione, ad eccezione di quelli rientranti nelle categorie esentate dal limite quantitativo, e cioè i lavoratori in mobilità o che godono da almeno 6 mesi del trattamento di disoccupazione o di ammortizzatori sociali o i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi del reg. UE n. 651/2014 e del d.m. 17.10.2017, in perfetta continuità con quanto previsto dalla previgente normativa.

Nel caso di superamento del limite di contingentamento rimane invariata la sanzione dettata dall’art. 38, co. 2, per la «somministrazione irregolare» che consente al lavoratore di richiedere la costituzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente in capo all’utilizzatore.

Le novità del rapporto di lavoro a tempo determinato

Significativa è la modifica all’art. 34, co. 2, d.lgs. n. 81/2015, introdotta dall’art. 2, co. 1, del “decreto dignità”, che riguarda la disciplina applicabile al rapporto di lavoro a tempo determinato tra l’Agenzia e il lavoratore. Per comprendere la portata della novella, occorre rammentare che l’art. 34, co. 2, d.lgs. n. 81/2015 conteneva un rinvio alla disciplina del contratto a tempo determinato «per quanto compatibile». L’elasticità di questo rinvio era, tuttavia, temperata da una serie di espresse esclusioni, per cui ai rapporti a termine in somministrazione era previsto che non si applicassero l’art. 19, co. 1, 2, e 3 (durata massima del rapporto; effetti della successione di rapporti a termine, anche con quelli in somministrazione; stipula in sede protetta di un contratto aggiuntivo, in deroga alla durata massima), l’art. 21, in materia di proroghe e rinnovi, l’art. 23, in tema di numero complessivo di contratti a tempo determinato e l’art. 24 sui diritti di precedenza.

Il nuovo testo dell’art. 34, co. 2, invece, eliminato ogni riferimento alla clausola di compatibilità, estende indistintamente ai rapporti di lavoro a termine tra Agenzia e lavoratore la riformata disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato, ad esclusione unicamente degli artt. 21, co. 2, 23 e 24 il cui contenuto non è stato modificato. Il primo effetto di questa scelta legislativa è che alla somministrazione di lavoro trova ora applicazione l’art. 19, co. 2, che riduce a 24 mesi il periodo entro cui è possibile fare ricorso ad uno o più contratti a termine o di somministrazione a termine; conseguentemente il rispetto di tale limite deve essere valutato con riferimento non solo al rapporto di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore, ma anche ai rapporti (a termine) con il singolo utilizzatore, dovendosi a tal fine considerare sia i periodi svolti con contratto a termine sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale7. Le novità introdotte dal “decreto dignità” riguardano anche le condizioni che giustificano l’assunzione a tempo determinato del lavoratore da somministrare qualora la durata del contratto sia superiore a 12 mesi o in caso di rinnovi. All’indomani dell’approvazione del decreto legge si sono sollevati non pochi interrogativi sulla riferibilità delle causali di cui all’art. 19, co.1, all’Agenzia di somministrazione, datrice di lavoro formale, la cui unica esigenza, a ben vedere, è quella di stipulare contratti di lavoro per fornire temporaneamente manodopera agli utilizzatori/clienti8. Per mitigare i potenziali effetti perversi originati dal contenuto dell’art. 2 d.l. n. 87/2018, in sede di conversione, il legislatore ha introdotto al suo interno (co. 1-ter) una norma di interpretazione autentica per la quale in caso di ricorso alla somministrazione di lavoro, le condizioni di cui all’art. 19, co. 1, devono essere applicate esclusivamente con riferimento all’utilizzatore. Ne consegue che quando l’Agenzia assume il lavoratore a tempo determinato, nelle ipotesi in cui è previsto l’obbligo di specificare la causale (per rapporti di durata superiori a 12 mesi, comprensivi di proroghe, o in caso di rinnovo, a prescindere dalla durata del primo contratto), quest’ultima deve essere richiesta all’utilizzatore. Tale lettura discende sia dal tenore letterale della norma di interpretazione autentica che riporta l’avverbio «esclusivamente» esprimendo, perciò, la volontà di addossare il nuovo regime delle causali all’utilizzatore, sia dalla ratio legis che intende equiparare il rapporto di lavoro a termine in somministrazione al contratto di lavoro a tempo determinato. Se così non fosse l’utilizzatore potrebbe ricorrere alla somministrazione di lavoro per aggirare i vincoli imposti per il contratto a tempo determinato. Non essendo invece intervenute modifiche sull’art. 33, co. 1, d.lgs. n. 81/2015 in merito alla forma del contratto di somministrazione, il contratto commerciale di somministrazione a termine stipulato tra l’Agenzia e l’utilizzatore sembrerebbe rimanere acausale. Tuttavia, al fine di ottemperare ai nuovi vincoli, l’Agenzia, attraverso modalità da essa individuate (policy aziendale), sarà tenuta a richiedere formalmente all’utilizzatore la ragione giustificatrice di cui all’art. 19, co. 1, se dopo una prima missione «acausale» di 12 mesi (comprensivi di proroghe) o in caso di rinnovo, intenda proseguire la somministrazione con il lavoratore assunto a tempo determinato9. Di contro, se al termine dei 12 mesi «acausali» lo stesso lavoratore a termine, venisse somministrato presso un altro utilizzatore, quest’ultimo, non dovrà comunicare la causale all’Agenzia; ritenere il contrario determinerebbe il paradosso per il quale l’azienda utilizzatrice, titolare della causale, dovrebbe indicare la ragione giustificatrice di un rapporto di lavoro con un lavoratore mai impiegato in precedenza. Stante quanto sopra il regime della acausalità, come detto consentito per un massimo di 12 mesi, potrà essere applicato dalla singola Agenzia per inviare in missione lo stesso lavoratore presso diversi utilizzatori, purché complessivamente la durata del rapporto di lavoro a termine per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale non superi i 24 mesi o la diversa soglia individuata dalla contrattazione collettiva (art. 19, co. 2). Resta da chiarire cosa accada nel caso in cui manchi l’indicazione nel contratto di assunzione a termine della causale oppure quando quest’ultima, pur inserita, sia generica o non veritiera. Non avendo il legislatore ricompreso il vizio di causale nell’ambito della somministrazione irregolare di cui all’art. 38, si deve propendere per ritenere che l’eventuale sanzione di conversione a tempo indeterminato del contratto ricada sempre sull’Agenzia, datrice di lavoro, che potrà agire in rivalsa nei confronti dell’utilizzatore ove accertata la sua responsabilità. Ai rapporti di lavoro a termine del somministrato trovano parimenti applicazione le disposizioni limitatrici delle proroghe di cui all’art. 21, co. 01 e 1, sebbene l’art. 34, co. 2, ultimo capoverso, non toccato dalla novella, stabilisca che il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore. Si ritiene che trattandosi di una norma speciale l’art. 34, co. 2, prevalga sulla disciplina delle proroghe dettata per il contratto a tempo determinato che conserva, però, un ruolo suppletivo in caso di inerzia delle parti sociali. Per quanto riguarda i rinnovi del contratto di lavoro a termine stipulato dall’Agenzia, il rinvio all’art. 21, co. 01, d.lgs. n. 81/2015, letto in combinato disposto con la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 2, co.1-ter, del “decreto dignità”, determina che, anche in questo caso, il regime delle causali autorizzative di cui all’art. 19, co. 1, vada sempre riferito all’utilizzatore. A tali limiti normativi si aggiunge poi l’incremento dello 0,5% del contributo addizionale di cui all’art. 2, co. 28, l. n. 92/2012 per ogni rinnovo stipulato, a prescindere se il lavoratore venga inviato in missione presso lo stesso o diverso utilizzatore. Il restante corpus normativo del d.lgs. n. 81/2015 in tema di somministrazione di lavoro, invece, non è stato interessato dalle modifiche apportate dal “decreto dignità”10; tuttavia l’estensione incondizionata della disciplina del contratto a termine, senza alcun filtro di “compatibilità”, fa registrare alcuni problemi applicativi. Si segnala, a tal proposito, una sovrapposizione delle disposizioni sul computo dei lavoratori somministrati (art. 34, co. 3) oppure sui regimi decadenziali e di tutele (art. 39) che, sempre in virtù della loro specialità, dovranno senza dubbio prevalere.

La somministrazione fraudolenta

L’art. 2, co. 1-bis, del “decreto dignità” reintroduce il reato di somministrazione fraudolenta a cui viene dedicato il nuovo art. 38 bis11.

Il testo della norma ricalca il contenuto dell’art. 28 d.lgs. n. 276/2003 abrogato dall’art. 55, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 81/2015.

L’intento del legislatore è quello di punire con una fattispecie penalmente rilevante di natura contravvenzionale, la condotta illecita di fornitura e utilizzo della manodopera posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, fermo restando l’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 18 d.lgs. n. 276/2003, che colpiscono la somministrazione abusiva e l’utilizzazione illecita, recentemente depenalizzate ad opera del d lgs. 15.1.2016. n. 8 (ad eccezione dei casi in cui v’è sfruttamento dei minori). Affinché si configuri il reato, tuttavia, è necessaria non la mera colpa, ma il dolo specifico e cioè l’intesa tra i due responsabili, utilizzatore e somministratore, o quantomeno la loro consapevolezza dolosa psicologicamente orientata riguardo l’utilizzo illecito della manodopera.

È prevista in questi casi, la sanzione pecuniaria, a proporzionalità progressiva, dell’ammenda pari a 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto nell’operazione fraudolenta per ogni giorno di utilizzazione. La contravvenzione può essere estinta mediante oblazione ai sensi dell’art. 162 c.p., potendosi, perciò, riconoscere in capo agli Ispettori del lavoro il potere di prescrizione obbligatoria ex art. 15 d.lgs. 23.4.2004, n. 124 nei confronti dell’utilizzatore il quale dovrà provvedere a regolarizzare i lavoratori fraudolentemente occupati, assumendoli.

I profili problematici

Il “decreto dignità” con il duplice intervento sui contratti a termine12 e di somministrazione di lavoro a termine, ha inteso porre rimedio all’utilizzo smisurato di forme di lavoro diverse da quelle a tempo indeterminato, nel tentativo di contrastare «fenomeni di crescente precarizzazione in ambito lavorativo». L’ambizioso progetto giustifica la scelta di riesumare gli stringenti vincoli legali e di rendere più gravosi quelli esistenti per indirizzare, nella ponderazione delle convenienze, la scelta dei datori di lavoro verso la stabilizzazione del rapporto di lavoro. Tuttavia se l’intenzione del nuovo Governo non può essere messa in discussione, non può dirsi lo stesso sulla tecnica legislativa utilizzata, in alcuni casi criptica e foriera di incertezze interpretative. Il discorso è ancora più pregnante per la somministrazione di lavoro, oggi legata a doppio filo alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato che, come visto, non è sempre compatibile con la peculiarità dello schema negoziale in cui v’è una scissione tra il soggetto titolare del rapporto e quello che utilizza la prestazione lavorativa.

È evidente che il legislatore, quando è intervenuto sul contratto di somministrazione, ha ritenuto di assimilarlo al contratto di lavoro a tempo determinato, senza valutare l’impatto che tale scelta avrebbe avuto sull’impianto normativo dell’istituto. Per altro verso, la quasi totale sovrapposizione della disciplina del rapporto di lavoro a termine con quella della somministrazione di lavoro si pone in contrasto con la normativa europea che, al contrario, considera i due istituti fattispecie giuridiche distinte in quanto assolvono ad esigenze diverse13. Con riferimento specifico alla somministrazione di lavoro la dir. 2008/104/CE del 19.11.2008 esprime quale «finalità» (art. 3) quella di «garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale e migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale […] tenendo conto nel contempo della necessità di inquadrare adeguatamente il ricorso al lavoro tramite agenzia interinale al fine di contribuire efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili». Per il legislatore europeo, quindi, il fine del ricorso alla fornitura di lavoro tramite agenzia è quello di incentivare le assunzioni e tale tipologia contrattuale è considerata uno strumento per l’occupazione, ovviamente appartenente all’area del lavoro flessibile. Ciò giustifica il contenuto del successivo art. 4 che ammette l’introduzione di divieti o di restrizioni al ricorso al lavoro interinale soltanto per «ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi»14.

Un’attenta riflessione sulla diversa natura della somministrazione di lavoro rispetto a quella del contratto a termine, così come sul ruolo di garanzia che svolgono le Agenzie sulla continuità occupazionale del proprio bacino di utenti-lavoratori e sulla creazione di nuova occupazione avrebbe dovuto condurre, in linea con quanto previsto a livello europeo, il legislatore nazionale ad un ripensamento sulla opportunità dei maggiori vincoli che ora gravano su questo istituto. Le novità introdotte dal decreto, invece, sembrano da un lato scoraggiare completamente l’utilizzo della somministrazione a tempo determinato e dall’altro lato voler indurre l’Agenzia di somministrazione a privilegiare le assunzioni a tempo indeterminato soprattutto per quei lavoratori impiegati presso lo stesso utilizzatore: infatti, come si è detto, ove essa debba costituire un rapporto superiore a 12 mesi, o rinnovare il contratto a tempo determinato, potrà o verificare se l’esigenza dell’utilizzatore rientri tra le causali indicate all’art. 19, co. 1, oppure assumere il lavoratore a tempo indeterminato e proseguire in questo modo la somministrazione, svincolata dai limiti propri dell’assunzione a termine. Rimane però la possibilità non remota che, a fronte dei dubbi applicativi posti dal nuovo impianto normativo (non totalmente chiariti dalla circ. Ministero del lavoro e delle politiche sociali, n. 17/2018), l’Agenzia decida di interrompere il rapporto di lavoro con quel lavoratore per assumerne un altro e ritornare così a fruire del periodo «acausale» di 12 mesi, in questo modo generando nuove forme di turn over nel reclutamento della forza lavoro15. Alcune delle rigidità che, senza dubbio, caratterizzano la nuova disciplina potranno essere smussate dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore legittimata ad intervenire, però, solo sulla determinazione dei limiti quantitativi di ricorso alla somministrazione a tempo determinato, ma non anche sulle ragioni giustificatrici stabilite dall’art. 19, co. 1, sulle quali invece l’unico margine di manovra è consentito agli “accordi di prossimità” ovviamente nel rispetto dei vincoli imposti per la loro sottoscrizione dall’art. 8 d.l. 13.8.2011 n. 138, conv. con mod. dalla l. 14.9.2011, n. 148, salvo a non sostenere che ad essi, ratione temporis, sia interdetto intervenire in senso derogatorio sulla disciplina limitativa introdotta dal “decreto dignità”; tesi che, in base ai criteri di ermeneutica legale, non pare potersi condividere, stante la portata generale della norma del 2011, ancorché anteriore.

Note

1 V. Ferrara, M.D., La Direttiva 2008/104/Ce relativa al lavoro tramite agenzia interinale: aspetti problematici e modelli di implementazione, in Dir. rel. ind., 2014, 1, 111 ss.

2 Con riferimento alla riforma Fornero v. Carinci, F.Miscione, M., a cura di, Commentario alla riforma Fornero, in Dir. prat. lav., 2012, suppl. al n. 33; Lamberti, M., La somministrazione di lavoro, in Cinelli, M.Ferraro, G.Mazzotta, O., a cura di, Il nuovo mercato del lavoro. Dalla Riforma Fornero alla legge di stabilità 2013, Torino, 2013, 71 ss; Tiraboschi, M., Somministrazione di lavoro: ritorno al passato, in Magnani, M.Tiraboschi, M., a cura di, La nuova riforma del lavoro, Milano, 2012, 109115.

3 Senza pretesa di esaustività v. Brollo, M., La nuova flessibilità semplificata del lavoro a termine, in Argomenti dir. lav., 6, 2014, 566 ss.; Albi, P., Le modifiche al contratto a termine, in Carinci, F.ZilioGrandi, G., a cura di, La politica del governo Renzi-Atto I, Modena, 2014, 109 ss.; Tiraboschi, M.Tomassetti, P., Il nuovo lavoro a termine alla prova dei contratti collettivi, in Tiraboschi, M., a cura di, Jobs Act: il cantiere aperto delle riforme del lavoro. Primo commento al D.L. 20 marzo 2014, n. 34 convertito, con modificazioni, in L. 16 maggio 2014, n. 78, Modena, 2014, 22 ss.; Alessi, C., La difficile convivenza della legge e della contrattazione collettiva nella disciplina del contratto a tempo determinato, in Carinci, F.Zilio-Grandi, G., a cura di, La politica del governo Renzi-Atto I, Modena, 2014, 90 ss.; Filì, V., Il problematico connubio della somministrazione con il contratto a termine, in Lav. giur., 2014, 43 ss.; Gragnoli, E., L’ultima regolazione del contratto a tempo determinato. La libera apposizione del termine, in Lav. giur., 5, 2014, 434 ss.

4 V. Filì, Prime note sulla somministrazione di lavoro, in Carinci, F., a cura di, Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, Modena, 2015, 48, 197; Filì, V.Riccardi, A., La somministrazione di lavoro, in Ghera, E.Garofalo, D., a cura di, Contratti di lavoro, mansioni e misure di conciliazione vita-lavoro nel Jobs Act 2, Bari, 2015, 293 e ss.; Furlan, F., La somministrazione di lavoro all’indomani del Jobs Act, in Zilio Grandi, G.Biasi, M. a cura di, Commentario breve alla riforma “Jobs Act”, Milano, 2016, 599 ss.; Bollani, A., La somministrazione di lavoro liberalizzata, in Magnani, M.Pandolfo, A.Varesi, P.A., a cura di, I contratti di lavoro, Torino, 2016, 155 ss; Lamberti, M., La somministrazione di lavoro, in Perulli, A.Fiorillo, L., a cura di, Tipologie contrattuali e disciplina delle mansioni, Torino, 2015, 171 ss.; Calcaterra, L., La somministrazione di lavoro. Teorie e ideologie, Napoli, 2017; sia consentito citare altresì Garofalo, C., La somministrazione di lavoro nel Jobs Act tra tutele e promozione dell’occupazione, in Lav. giur., 2015, 12, 1143 e ss.

5 V. Scarpelli, F., Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, in Giustizia Civile.com, 2018, 9; Filì, V., Decreto legge n. 87 del 2018 convertito nella legge n. 96 e dignità dei lavoratori, in Lav. giur., 2018, 10, 869 e ss.; Rausei, P., Il lavoro a termine dopo il decreto dignità, in Dir. prat. lav., 2018, 34-35, 20-56; Rausei, P., La somministrazione di lavoro dopo la riforma, in Dir. prat. lav., 2018, 36, 2105.

6 Cfr. Accordo CCNL Commercio Turismo Confindustria del 14.11.2016 – art. 4; CCNL Pulizia e servizi integrati multi servizi Industria del 15.3.2016 – art. 32; CCNL Metalmeccanica e istallazione impianti Sistema Impresa del 14.6.2016 – art. 39; CCNL Istituzioni socio assistenziali-Cooperative sociali del 15.3.2016 – art. 31; CCNL Metalmeccanica e installazione impianti PMI-Meccanici e Oreficeria del Conflavoro del 29.7.2016 – art. 70, 73 e 74; CCNL Scuole materne e servizi all’infanzia privati rappresentati dalla FISM del 14.6.2016 – art. 29; CCNL Consorzi ed enti di industrializzazione aderenti alla FICEI del 29.11.2016 – art. 20; Ipotesi rinnovo CCNL Tessile, abbigliamento, moda PMI del 12.10.2016 – art. unico; CCNL Autonoleggio e autorimesse-Trasporti del 26.7.2016 – art. 31; CCNL Trasporto a fune del 12.5.2016 – art. 9; Accordo CCNL Servizi culturali e ricreativi Federculture del 12.5.2016 – art. 20; CCNL Impianti sportivi e palestre del 22.12.2015 – art. 22; Accordo CCNL Trasporto aereosezione handlers dell’11.12.2015 – art. 7; Accordo CCNL Industria Tessile del 21.2.2017 – art. 43.

7 La circ. Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 17/2018 chiarisce che il computo dei 24 mesi deve tenere conto di tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione intercorsi tra le parti, ivi compresi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.

8 Per un commento analitico sul decreto legge v. D’Ascenzo, A., La somministrazione di lavoro dopo la legge di conversione del decreto dignità, in Menegotto, E.Seghezzi, F.Spattini, S., a cura di, Misure per il contrasto al precariato: primo commento al decreto legge n. 87/2018 (cd. decreto dignità), Modena, 2018, 73, 66 e ss.

9 La circ. Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 17/2018, al p. 2.2, chiarisce che l’obbligo di specificare le motivazioni del ricorso alla somministrazione di lavoratori a termine sorge anche quando lo stesso utilizzatore ha instaurato un precedente contratto di lavoro a termine con il medesimo lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria. Inoltre in caso di precedente rapporto di lavoro a termine di durata inferiore a 12 mesi, un eventuale periodo successivo di missione presso lo stesso soggetto viene assimilato ad un rinnovo con la conseguenza che è necessaria l’indicazione della motivazione.

10 V. Garofalo, C., La somministrazione di lavoro, in Diritto online Treccani, 2014.

11 Cfr. Rausei, P., La reintroduzione del reato di somministrazione fraudolenta, in Menegotto, E.Seghezzi, F.Spattini, S., a cura di Misure per il contrasto al precariato: primo commento al decreto legge n. 87/2018 (cd. decreto dignità), cit., 93 e ss.

12 V. in questo volume, Diritto del lavoro, 2.1.1 La nuova disciplina del contratto a termine.

13 V. dir. 1999/70/CE sul contratto a tempo determinato e dir. 2008/104/CE sul lavoro temporaneo. V. C. giust., 11.4.2013, C290/12, Oreste Della Rocca c. Poste italiane S.p.A.

14 V. Filì, V., Prime note sulla somministrazione di lavoro, cit., 201.

15 Così Scarpelli, F., Convertito in legge il “decreto dignità”: al via il dibattito sui problemi interpretativi e applicativi, cit., 9.

CATEGORIE
TAG

Ammortizzatori sociali

Industrializzazione

Diritto del lavoro

Rapporto di lavoro

Industria tessile