LED

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

LED.

Marco Frascarolo

– Caratteristiche costruttive e principi di funzionamento dei sistemi LED. Prestazioni dei sistemi di illuminazione LED. Applicazioni. Bibliografia

Acronimo di Lighting Emitting Diode, ovvero diodo emittitore di luce, energia elettromagnetica all’interno della banda del visibile (380÷780 nm), il diodo è un componente elettronico costituito da un materiale semiconduttore e dotato di due terminali, anodo e catodo: se drogato con determinate impurità e polarizzato direttamente consente il passaggio di corrente elettrica con conseguente emissione di luce (elettroluminescenza). I materiali semiconduttori sono caratterizzati da una mobilità ridotta degli elettroni rispetto ai materiali conduttori. Gli elettroni di valenza a livelli di temperatura ridotti non sono liberi di muoversi perché formano un legame covalente con il nucleo: a livelli di temperatura più elevata il legame covalente si rompe e si liberano cariche negative (elettroni) e cariche positive (lacune). In un semiconduttore naturale, elettroni e lacune sono equidistribuiti: per creare un’asimmetria che agevoli il passaggio della corrente elettrica vengono inserite impurità diverse all’interno del semiconduttore, per definire una zona a carica positiva p (anodo) e una zona a carica negativa n (catodo), con un processo che prende il nome di drogaggio, e che definisce la giunzione p-n all’interfaccia tra le due zone. La lunghezza d’onda dell’energia prodotta e quindi il colore della luce emessa dipendono dai livelli energetici che l’elettrone occupa prima e dopo la ricombinazione degli elettroni liberi del semiconduttore e dal tipo di semiconduttore e drogaggio impiegati.

I LED possono essere classificati in due categorie funzionali con forti differenze costruttive: LED a bassa intensità, impiegati perlopiù come strumenti di segnalazione, e LED ad alta intensità, usati come strumenti di illuminazione. I LED a bassa intensità sono realizzati con un solo semiconduttore che subisce il processo di drogaggio p-n, come sopra descritto: in questo caso si parla di chip LED omogiunzione. I LED ad alta intensità vengono realizzati con strati di diversi semiconduttori disposti in modo da ottimizzare il processo di ricombinazione delle cariche: in questo caso si parla di chip LED eterogiunzione. Gli strati normalmente impiegati per i LED ad alta intensità sono composti da: alluminio, indio, gallio, fosforo (AllInGaP) per luce rossa, arancio, gialla e verde; nitruro di indio e gallio (InGaN) per la luce verde, blu, bianca, con l’aggiunta di fosfori gialli. In entrambi i casi il catodo viene realizzato a contatto del materiale di supporto del LED mentre l’anodo è costituito da uno strato sottile e trasparente che ostacoli il meno possibile l’emissione di fotoni all’esterno (estrazione). L’efficienza di estrazione è influenzata dal rapporto tra direzione di movimento dei fotoni e giacitura della superficie limite del semiconduttore; questo influenza molto il progetto geometrico del LED caratterizzandolo con un’ottica interna, detta primaria.

package

Caratteristiche costruttive e principi di funzionamento dei sistemi LED. – Il chip LED, il circuito stampato PCB (Printed Circuit Board) su cui viene saldato, lo strato di fosfori, le connessioni elettriche e l’ottica primaria costituiscono il package. Il package, il dissipatore e l’ottica secondaria, che consente di ottenere la distribuzione spaziale della luce adatta per la singola applicazione, costituiscono il modulo LED. Il modulo LED insieme all’alimentatore, a un contenitore con sistema di attacco meccanico ed elettrico, e a eventuali accessori ottici, costituiscono l’apparecchio di illuminazione.

Il package rappresenta la struttura minima in grado di funzionare autonomamente, a esclusione dei casi dove occorra dissipare un’elevata potenza termica (LED di potenza) o dove il progetto richieda angoli di emissione diversi da quelli forniti dalle ottiche primarie (generalmente 120°): in questi casi la struttura minima diventa il modulo. Per esigenze di installazione, di sicurezza ed estetiche, il modulo viene integrato nell’apparecchio di illuminazione: può essere fisso o sostituibile in caso di guasto o di aggiornamento tecnologico del sistema.

I fosfori, necessari per ottenere luce bianca a partire dal LED blu o ultravioletto, possono essere posati sul singolo LED o su un diffusore unico installato ad alcuni centimetri di distanza dai LED, che configura la camera di miscelazione. Il sistema a fosfori remoti, indicato con l’acronimo COB (Chips On Board) agevola la dissipazione termica del LED e abbatte sensibilmente il rischio di abbagliamento estendendo la superficie di emissione della luce. Il limite di questa soluzione tecnologica si palesa nella qualità ottica, avendo trasformato le sorgenti puntiformi in sorgenti di superficie.

La dissipazione termica può avvenire attraverso sistemi passivi, che utilizzano la convezione naturale come sistema di scambio termico, e sistemi attivi, che richiedono energia esterna per azionare sistemi di ventilazione forzata (ventole); i secondi garantiscono migliori prestazioni a parità di dimensioni dell’apparecchio, ma comportano un costo energetico aggiuntivo, seppur contenuto, un rischio di guasto del componente e una quota di rumore immesso in ambiente, significativa in caso di presenza di molti apparecchi in ambienti silenziosi. Un caso particolare di dissipazione passiva è costituito da elementi denominati heatpipe, che sfruttano il cambio di fase di un fluido di lavoro, contenuto all’interno del dissipatore per massimizzare lo scambio termico: questi sistemi hanno un’applicazione limitata ai prodotti di alta gamma.

fig. 2

Le ottiche secondarie a livello costruttivo appartengono a due categorie: le ottiche in materiale plastico trasparente (PMMA, polimetilmetacrilato e silicone), che indirizzano i flussi attraverso il fenomeno della riflessione totale interna, e le ottiche in materiale plastico opaco su cui viene depositato uno strato di alluminio ad alta riflessione (fig. 2). Le prime rappresentano una scelta obbligata quando si vogliono ottenere fasci luminosi stretti o con distribuzione di flusso complessa; le seconde quando la sorgente LED non è puntiforme (COB).

L’alimentatore tipo di un sistema LED, denominato switching, è composto da due stadi: il primo (AC-DC) converte la corrente alternata di rete in corrente a tensione costante stabilizzata; il secondo (DC-DC), garantisce una corrente di uscita costante, ovvero luminosità del LED costante. Gli alimentatori switching normalmente forniscono correnti di alimentazioni variabili tra 350 mA e 1000 mA eventualmente con commutatori per selezionare la corrente in uscita; con il controllo dei parametri di alimentazione elettrica si può regolare agevolmente l’emissione di flusso luminoso del LED.

Un sistema di controllo può essere analogico o digitale. Il sistema analogico più diffuso è detto 1-10V, e rappresenta l’intervallo di tensione inviata al LED per variare con continuità il flusso emesso da 0 al 100%: ogni canale viene comandato separatamente attraverso un cavo di segnale. Il sistema digitale prevede l’assegnazione di un indirizzo a ogni gruppo di LED da comandare separatamente, tramite il quale vengono indirizzati comandi di accensione o regolazione su un unico cavo di segnale. Tra i sistemi più diffusi: il DMX512 (Digital Multiplex 512), che proviene dal mondo dello spettacolo, si distingue per la velocità e l’elevato numero di canali gestibili, e il DALI (Digital Addressable Lighting Interface), che proviene dalle applicazioni civili, si distingue per la bidirezionalità dei dati, essenziali per la diagnostica e quindi l’ottimizzazione dei processi di manutenzione.

La regolazione può essere effettuata per obiettivi di risparmio energetico, con logiche di integrazione luce naturale-artificiale, o per obiettivi scenografici. Con la regolazione di sistemi LED multicanale è possibile modulare il colore della luce (sistemi RGB costituiti da LED Red, Green, Blu) o la tonalità del bianco (sistemi tunable white). Il LED, opportunamente gestito, può diventare modulo base di matrici LED bidimensionali, utilizzate per riprodurre segnali video: se le matrici occupano intere facciate di edifici prendono il nome di media facade.

Prestazioni dei sistemi di illuminazione LED. – Le prestazioni dei sistemi di illuminazione a LED sono da misurare rispetto a tre macrotemi: la quantità di luce in relazione alle dimensioni dell’apparecchio, la qualità della luce sotto il profilo percettivo e conservativo, e il costo di gestione a livello di energia e manutenzione.

La quantità di luce, uno degli aspetti critici negli anni in cui la tecnologia LED è stata introdotta nel mercato del-l’illuminazione, ha oggi raggiunto in proiettori compatti valori superiori a 12.000 lm con potenze inferiori a 100 W, paragonabili a lampade a scarica (ioduri metallici) da 150 W o alogene da 500 W. Il limite superiore è costituito dalla difficoltà di dissipare il calore prodotto sulla saldatura del LED.

fig. 3

La percezione della qualità della luce è legata a due aspetti: il primo, di natura spaziale, legato alle dimensioni estremamente contenute del LED che consentono di progettare ottiche molto precise; il secondo, di valore cromatico, legato alla possibilità di calibrare lo spettro di emissione così da ottenere la qualità cromatica ideale per la singola applicazione. Tale qualità si esprime attraverso tre parametri di riferimento: l’indice di resa cromatica (IRC), definito con un valore compreso tra 0 e 100 (esprime la capacità di una lampada di restituire fedelmente i cromatismi degli oggetti illuminati, si avvicina al valore massimo nei LED di alta qualità); la temperatura di colore (Tk), espressa con valori che variano da 2700 K per la luce calda a 6000 K per la luce fredda (fig. 3, che esprime la tonalità della luce in funzione dello spettro di emissione); il bin (binning), un sistema di classificazione cromatica della luce più preciso rispetto al parametro Tk, concepito espressamente per i LED, atto a fornire maggiori garanzie sull’uniformità cromatica di sistemi di illuminazione multisorgente.

La possibilità di modulare le singole componenti cromatiche della luce e la totale assenza di componenti ultravioletta (UV) e infrarossa (IR) nello spettro, conferiscono al LED il primato di sorgente meno invasiva sui materiali, al pari dei sistemi a fibre ottiche, nei quali le radiazioni UV e IR, emesse dalle sorgenti, vengono filtrate dalle fibre che trasportano la luce.

Il costo di gestione è legato all’efficienza energetica del sistema e alla durata dei componenti, che incide sui costi di manutenzione. L’efficienza energetica del sistema è inferiore all’efficienza del chip LED (variabile in funzione della Tk e del bin) perché include le perdite dell’alimentatore, dell’ottica e del chip in funzione della temperatura di esercizio reale del LED (rispetto alla temperatura T standard di misura pari a 25 °C, spesso utilizzata dai costruttori). Sono state raggiunte efficienze del chip LED superiori a 150 lm/W circa, cui corrisponde un’efficienza totale di sistema pari a 110-120 lm/W per tonalità neutre e fredde, rispetto all’efficienza di un sistema equipaggiato con lampada a scarica pari in media a 60-80 lm/W, che scende a 2025 lm/W se la lampada è alogena.

Applicazioni. – Inizialmente le dimensioni ridotte, i flussi limitati, la difficoltà di produrre luce bianca orientarono l’uso dei LED verso la segnalazione di stato di apparati elettronici o al più verso il mercato delle insegne luminose. Il passo successivo è stato verso l’illuminazione funzionale e d’accento in applicazioni dove non servono flussi elevati ed è importante l’integrazione dei LED in sistemi espositivi e di arredo. Con l’aumentare dei flussi luminosi, l’uso del LED, forte delle sue efficienza elevata e durata si è esteso ad applicazioni outdoor. Una delle applicazioni più strategiche del LED è da sempre l’illuminazione dei beni culturali, dove risultano essenziali gli aspetti conservativi.

fig. 4

Il caso che rappresenta lo stato dell’arte in questo ambito è rappresentato dal sistema di illuminazione della Cappella Sistina, inaugurato nel mese di ottobre del 2014. L’intervento è stato condotto attraverso un progetto sviluppato con il cofinanziamento della UE e del Consorzio LED4ART – Osram (Germania), University of Pannonia (Ungheria), Catalonia institute for energy research (Spagna), Fabertechnica (Italia) – in collaborazione con i Musei Vaticani e i servizi tecnici del Governatorato (fig. 4).

Gli apparecchi di illuminazione sono stati sviluppati con forme e dimensioni adeguate per l’installazione sui cornicioni della Sistina, nascosti alla vista del pubblico. Le ottiche sono state progettate per ottimizzare l’omogeneità della luce sulle superfici affrescate ed evitare fenomeni di abbagliamento. I moduli LED, comandati da un sistema di regolazione a quattro canali – LED bianco + LED blu, verde, rosso, preposti alla correzione dello spettro del bianco – hanno consentito, attraverso il confronto tra team di progetto ed esperti di storia dell’arte e di conservazione dei Musei Vaticani, di definire i livelli di illuminamento e le caratteristiche cromatiche ottimali per la percezione delle superfici affrescate. Lo spettro è stato calibrato con particolare attenzione sulle lunghezze d’onda del blu, in modo da garantire una corretta percezione dei cieli affrescati, riducendo al minimo il rischio di degrado dei pigmenti. Il consumo energetico è stato ridotto del 90% rispetto all’impianto esistente, grazie all’efficienza dei LED impiegati, alla precisione della distribuzione luminosa e all’eliminazione del sistema di diffusione della luce attraverso le finestre (soluzione precedente, obbligata dalle dimensioni degli apparecchi, che non ne consentivano una presenza discreta all’interno della Sistina). Un sistema di illuminazione aggiuntivo fornisce la luce necessaria, la cosiddetta illuminazione di gala, in caso di esigenze di illuminazione diversa da quelle di visita, maggiormente focalizzate sull’area occupata dalle persone. Gli apparecchi sono installati su un sistema motorizzato che li rende invisibili quando non vengono utilizzati, grazie al livello molto spinto di miniaturizzazione che la tecnologia LED consente.

Bibliografia: UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione), Beni di interesse storico e artistico-Condizioni ambientali di conservazione - Misurazioni ed analisi, norma 10829: 1999; UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione), Luce e illuminazione - Misurazione e presentazione dei dati fotometrici di lampade e apparecchi di illuminazione, norma UNI-EN 13032-1: 2005; CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano), Apparecchi di illuminazione. Parte 1: prescrizioni generali e prove, norma CEI-EN 60598-1: 2009; Manuale di progettazione illuminotecnica, a cura di M. Frascarolo, Roma 2010; UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione), Caratterizzazione fotometrica degli apparecchi di illuminazione a LED, norma UNI-EN 11356: 2010; P. Palladino, P. Spotti, Illuminare con i LED, Milano 2012; UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione), Conservazione dei beni culturali. Linee guida e procedure per scegliere l’illuminazione adatta a esposizioni in ambienti interni, norma UNI CEN/TS 16163: 2014.

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