LEGA LOMBARDA

Federiciana (2005)

Lega lombarda

GGiovanni Chiodi

Il 30 luglio 1225 Federico II convoca, per la Pasqua del 1226, una dieta da tenersi a Cremona, città a lui particolarmente fedele, invitando anche i podestà lombardi e ponendo all'ordine del giorno la restaurazione dei diritti imperiali in Lombardia, la preparazione della crociata, la repressione dell'eresia. Alla realizzazione del progetto di una spedizione, ormai maturo dopo che il puer Apuliae, incoronato imperatore a Roma nel 1220, era riuscito a riprendere il controllo dei Regni di Germania e di Sicilia, mancava soltanto che lo stesso Federico, con un risoluto intervento, ponesse fine alle discordie politiche, collegate alla vivace intraprendenza di alcuni comuni leader, e a quell'ulteriore causa di disordine, morale e politico, rappresentata dall'eresia, che aveva trovato in Lombardia un fertile terreno di sviluppo. Mancavano allora al giovane monarca i mezzi e il tempo di realizzare, nell'Italia settentrionale, un'efficace e sistematica opera di riorganizzazione dei poteri pubblici. La sua condotta non era stata comunque tale da fugare nei milanesi e nei loro alleati il sospetto di una minaccia incombente alle proprie prerogative: l'esempio delle città siciliane veniva fatto balenare dagli ambasciatori per convincere le città refrattarie a unirsi. È così che la Lega lombarda riappare nello scenario politico, agli inizi di marzo del 1226, a Mantova, non lontano dalla località di S. Zenone al Mozzo. La Lega lombarda, nata ai tempi di Federico Barbarossa, non era mai stata sciolta ufficialmente: nuovi giuramenti, proferiti in circostanze ritenute pericolose per le libertà comunali, erano già sopravvenuti a rimetterla in movimento (1185, 1196, 1208). È solo per convenzione, quindi, che all'alleanza intercittadina ripristinata per opporsi a Federico II si usa dare il nome di 'seconda' Lega lombarda. Il quid novi della Lega lombarda, rispetto alle altre leghe intercittadine del XII-XIII sec., è dato dalla sua struttura. La Lega si presenta con tanti volti. È simultaneamente associazione di pace intercittadina e patto di difesa contro l'imperatore che intenda violare le libertà acquisite. È alleanza militare, che comporta impegni di difesa reciproci e di decisione comune quanto a guerre, tregue e paci con l'Impero. È alleanza economica. Ma il suo tratto più caratteristico è un altro, ed è ciò che la rende il più audace esperimento 'federale' dell'Italia comunale: la formazione di un nuovo soggetto collettivo (universitas), la societas Lombardorum o Lombardiae, nettamente distinta dai suoi membri, singoli comuni o signori, e ad essi sovraordinata. Il governo della societas, infatti, spetta a una serie di rettori, nominati da ogni città, deliberanti collegialmente, anche a maggioranza, vincolati al segreto, alla fedeltà, incaricati di agire nell'interesse comune, in nome e per conto della societas: distinzione continuamente ripetuta negli atti. Ad essi vengono delegate attribuzioni che, altrimenti, sarebbero state di competenza esclusiva delle singole città confederate, quali il potere di accogliere altri membri nella Lega e di muovere guerra, trattare e concludere tregue o paci con l'imperatore. Ma i rettori ottengono anche poteri di comando sovracittadini difficilmente configurabili in capo alle singole autorità cittadine: poteri impositivi (in cose o persone); poteri normativi (statuti generali, validi per tutti gli aderenti); poteri giurisdizionali. Aderendo alla Lega, quindi, i singoli comuni accettano notevoli limitazioni alla loro autonomia: a) non possono più decidere da soli la condotta diplomatica e militare nei confronti dell'imperatore e dei suoi alleati; b) devono osservare le norme imposte dal consiglio dei rettori; c) devono rispettare le sentenze da essi eventualmente pronunciate, in veste di giudici (con i limiti che si diranno). Si deve tuttavia considerare che le città aderenti alla 'seconda' Lega furono lasciate libere di concludere alleanze intercittadine e che alle stesse fu spesso delegato il potere di decidere nuove adesioni alla societas. I loro rappresentanti, inoltre, figurano sempre, insieme ai rettori, al tavolo delle trattative con l'imperatore. Dal 1226 al 1235, i rettori della 'seconda' Lega partecipano costantemente alla vita politica, assumendo concretamente di volta in volta, in modo diverso, molte delle funzioni loro attribuite. La Lega, in altri termini, non è un'astrazione, ma funziona. Nel reticolo delle norme generali elaborate dai rettori si riflette come in uno specchio l'intricato paesaggio istituzionale del dopo Costanza, minato dalla discordia. Forte è l'insistenza sul dovere di fedeltà tra città collegate: le offese reciproche sono vietate, le alleanze con i nemici della Lega proibite, i traditori banditi, i loro beni confiscati e devastati. Confermato è il dovere di assistenza tra soci, con apposite clausole di aiuto alle città molestate o danneggiate dal nemico, che si estende, come nella prima Lega, fino al punto di porre a carico di tutti l'indennizzo dei danni eventualmente subiti da qualche collegato. Del tutto nuove, invece, sono le norme che prevedono ingerenze nella vita politica interna delle singole città, disponendo il divieto di scegliere come rettore cittadino una persona non appartenente a città collegate e il divieto di farsi eleggere come rettore cittadino nelle città nemiche, impedendo l'entrata nella Lega a membri o fazioni politicamente avversi a qualche aderente, nonché assicurando ai rettori delle città alle quali appartiene il soggetto che chiede di essere accolto nella Lega il diritto di intervenire nella relativa decisione. Anche la politica di protezione economica dei membri si fa più ardita: oltre all'abolizione dei dazi doganali e dei pedaggi tra città collegate, i rettori stabiliscono infatti anche il divieto di qualsiasi rapporto commerciale con le città nemiche.

Nei confronti delle singole città federate, tuttavia, l'obiettivo della cooperazione e della pace si rivelò di difficile attuazione. I rettori furono infatti costretti ad esercitare con frequenza attività di controllo, sorveglianza e intermediazione, allo scopo di assicurare la permanenza nella Lega di tutti i suoi membri, e non sempre l'esito delle missioni fu positivo. I rettori, inoltre, non erano le sole autorità istituzionali deputate alla soluzione dei conflitti intercittadini: accanto ad essi figuravano da un lato i podestà comunali e dall'altro vescovi, arcivescovi, legati pontifici. Il ruolo dei podestà venne anzi rafforzato dai rettori della Lega che, con apposite norme, come si è visto, legittimarono la pratica dei circuiti podestarili riservati; ai podestà inoltre era spesso delegato il potere di decidere l'accoglimento di un nuovo membro nella societas; ad essi era consentito di sedare i conflitti intercittadini. A completare il quadro, si aggiunga che le carriere di podestà e di rettore della Lega correvano su due binari distinti e non venivano cumulate. I podestà poterono così continuare a svolgere quel ruolo di mediazione che, nei confronti di alcune città, esercitavano quasi per consuetudine, su consenso delle parti interessate, che ad essi ricorrevano in qualità di arbitri, in base quindi ad atti di natura privata, fuori da qualsiasi obbligo di carattere giurisdizionale: sono emblematici, in particolare, gli arbitrati milanesi in Piemonte (1223-1232). I podestà milanesi non rinunciarono ad esplicare questa missione neanche dopo che Federico II, nel luglio 1226, ebbe messo al bando le città della Lega: ciò provocò l'intervento dell'imperatore, che nel 1232 annullò una sentenza arbitrale emessa dal comune di Milano nel 1227. La giurisdizione dei rettori, peraltro, rispetto al periodo della prima Lega, venne alquanto limitata: essi, infatti, ricevettero solo il potere di decidere le controversie tra le città confederate, su istanza anche di una sola parte, mentre persero la competenza a decidere questioni insorte tra cittadini. Cadde quindi anche l'eclatante prerogativa della giurisdizione d'appello contro le sentenze dei giudici urbani. In questo contesto, la societas poté imporsi e servire unicamente come strumento di lotta contro Federico II, grazie anche al suo valore simbolico e ideologico, ma non riuscì a divenire un nuovo centro politico sovracittadino capace di resistere alle ambizioni di egemonia territoriale dei comuni maggiori, come Milano.

La fase diplomatica del negotium Lombardiae ebbe un lungo decorso, raffigurabile anche come una lenta incubazione della soluzione militare. I confini temporali di questo periodo di sofferta ricerca di un'impossibile intesa si estendono dal 1226 al 1237. Cinque diete imperiali lo caratterizzano, due delle quali fallite: a Cremona nell'aprile 1226, a Ravenna nel novembre 1231, ad Aquileia nel marzo 1232, a Magonza nell'agosto 1235, a Piacenza nel luglio 1236. La 'seconda' Lega lottò, in particolare, per conservare i privilegi di Costanza e quelli successivamente ottenuti o confermati, anche se l'oggetto delle sue rivendicazioni fu differente a seconda dei vari momenti della lotta con l'Impero.

Per giustificare la propria esistenza, la Lega si appoggiò alla pace di Costanza del 1183, mentre per legittimare i propri atti di aggressione fece ricorso al principio della legittima difesa, che pretese di applicare anche all'imperatore. Nell'ottica imperiale, viceversa, la pace rappresentava una concessione revocabile, mentre la Lega si era macchiata del crimine di lesa maestà (v. Crimen laesae maiestatis), avendo rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà verso l'imperatore ed avendone contestato, di fatto, l'autorità come giudice supremo. Federico II, agli inizi, non la riconosce, creando problemi ai rettori, nella loro qualità di rappresentanti di un ente diverso dalle singole città. Quando la nomina, il monarca usa epiteti sprezzanti: societas infidelium, iniqua societas. Dopo il bando e la revoca della pace di Costanza, che nel luglio 1226 colpì le città aderenti alla Lega, gli sforzi diplomatici dei rettori, i cui risultati si sarebbero poi tradotti nel lodo arbitrale di Onorio III (5 gennaio 1227), furono essenzialmente rivolti alla revoca del bando e alla concessione della grazia imperiale, che il papa stabilì nella sua sentenza, in cambio di adeguati impegni dei comuni in relazione alla lotta contro l'eresia, alla tutela della libertà ecclesiastica e all'imminente crociata. Il Papato strumentalizzò pertanto a suo favore il conflitto tra Impero e comuni.

Il negotium Lombardiae si ripropose dopo la pace di San Germano del 1230: nel 1231 la Lega fu rinnovata a Bologna, a ranghi aumentati, e le sue forze riuscirono a ritardare la dieta che avrebbe dovuto riunirsi a Ravenna, provocando l'emissione di un nuovo bando imperiale. Nel corso dei successivi negoziati, vennero stavolta affrontati anche problemi come quello del rispetto delle sentenze imperiali e delle regalie, ma su questi punti l'accordo si rivelò impossibile, dal momento che i comuni si rifiutarono di acconsentire ad una modifica della pace di Costanza, accusando l'imperatore di fare l'interesse delle città filoimperiali. Il secondo lodo arbitrale pontificio (5 giugno 1233) ebbe pertanto, ancora una volta, un occhio di favore per le città della Lega. Non una delle richieste imperiali venne accolta, nemmeno il giuramento di fedeltà. Fu un ulteriore smacco per l'honor Imperii, che il sovrano, dopo il fallimento di altri incontri patrocinati dal papato, avrebbe vendicato con le armi a Cortenuova (1237). Dopo quell'evento, la Lega è presente in modo discontinuo, con una composizione varia, fra alti e bassi, ma ridotta a semplice alleanza militare, inserita (o assorbita) nel fronte guelfo allargato contrapposto allo Svevo, senza più esercitare i rilevanti poteri di un tempo. Il periodo d'oro della sua attività era ormai tramontato.

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