LEGGE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

LEGGE (XX, p. 754)

Guido Zanobini

Le modificazioni recate alla disciplina della funzione legislativa nell'ordinamento italiano sono dovute principalmente alla nuova costituzione, promulgata il 27 dicembre 1947. Anteriormente ad essa, alcuni contributi a tale disciplina erano stati recati dalle disposizioni sulle leggi in generale, premesse al codice civile del 16 marzo 1942: però, queste ultime in parte non sono che precisazioni di norme e principî già in vigore, particolarmente di quelli contenuti nelle disposizioni preliminari al codice civile abrogato; in parte, hanno cessato di avere vigore, come quelle sulle norme corporative, per incompatibilità col nuovo ordinamento.

Composizione del potere legislativo. - Secondo l'articolo 3 dello statuto del regno, tale potere era esercitato collettivamente dal capo dello stato e dalle due camere; invece, secondo l'articolo 70 della nuova costituzione, lo stesso potere è esercitato collettivamente dalle camere, con evidente esclusione del capo dello stato. Come vedremo, alcune facoltà che a quest'ultimo sono conferite nei riguardi delle leggi non importano partecipazione alla loro formazione. Oltre a ciò, secondo l'art. 75, in alcuni casi la funzione legislativa può essere esercitata, anziché dalle camere, dal popolo a mezzo di referendum, come appresso sarà precisato.

Distinzione delle leggi. - Le leggi, nell'ordinamento attuale, devono essere distinte secondo varî criterî, ignoti per la maggior parte al diritto precedente.

a) Le leggi formali si devono distinguere nelle due categorie fondamentali delle leggi costituzionali e delle leggi ordinarie. Tale distinzione è conseguenza del principio della costituzione rigida, voluto dall'Assemblea costituente per meglio garantire la stabilità dei principî democratici fissati dalla costituzione. Mentre nei sistemi a costituzione flessibile, quale era quello italiano in base al vecchio ordinamento, la costituzione può essere modificata dai comuni organi legislativi, con l'ordinario loro procedimento, nei sistemi a costituzione rigida queste modificazioni non possono aver luogo se non ad opera di speciali organi straordinarî, distinti dalle camere ed appositamente eletti; oppure, se ad opera delle camere stesse, non possono essere da queste deliberate se non con un particolare procedimento, diverso da quello prescritto per le leggi ordinarie. La costituzione italiana ha adottato il sistema in questa seconda forma.

Secondo l'art. 138, le leggi di revisione della costituzione sono adottate da ciascuna camera con due successive deliberazioni, ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera nella seconda votazione. Le leggi che per il loro contenuto devono essere deliberate con tale procedimento, qualora siano approvate col procedimento normale delle leggi ordinarie, sono viziate d'illegittimità costituzionale e sono denunziabili, per l'annullamento, alla speciale Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 134 della costituzione e dell'art. 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 1. Le leggi costituzionali assumono così una posizione di superiorità rispetto a tutte le altre leggi che in contrapposto sono dette ordinarie. Queste ultime non possono in alcun modo essere in contrasto con la costituzione o con leggi modificative di essa, sotto pena d'incostituzionalità. Il rango di leggi costituzionali è esteso agli atti con cui vengono approvati gli statuti di alcune regioni (Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige), e a quelle con cui sono create nuove regioni o fuse fra loro regioni esistenti (art. 132; trans. XI).

b) La legislazione attraverso le camere parlamentari attua il principio della democrazia rappresentativa o indiretta. La costituzione, però, ha voluto riconoscere al popolo la facoltà di esercitare direttamente, sia pure in casi limitati, la funzione legislativa, nella forma del referendum. Il principio fondamentale della democrazia rappresentativa, viene, in tal modo, integrato da questi elementi di democrazia diretta (v. referendum, in questa App.).

L'efficacia delle leggi deliberate dal popolo non differisce da quella delle leggi approvate dal parlamento: esse possono abrogare qualunque legge precedente ed essere, a loro volta, abrogate da qualunque legge successiva. Più precisamente, le leggi approvate con referendum abrogativo hanno la stessa efficacia delle leggi ordinarie e non possono abrogare se non leggi di questa specie; le leggi approvate con referendum costituzionale possono modificare la costituzione o precedenti leggi costituzionali e non possono essere abrogate o modificate se non da altre leggi costituzionali, deliberate dal parlamento o, in seguito a deliberazione di questo, dal popolo con nuovo referendum.

c) La costituzione della Repubblica ha conservato, sia pure dopo lunghe discussioni, le figure del decreto legislativo e del decreto-legge; i due atti, pure provenendo dal potere esecutivo, hanno efficacia di legge formale. Come è noto, fondamento dei primi è un atto di delega del potere legislativo all'esecutivo; fondamento dei secondi uno stato di urgente necessità per il quale il potere esecutivo si trovi costretto ad assumere spontaneamente la funzione legislativa. Gli articoli 76 e 77 hanno ristretto la facoltà di delega e di sostituzione entro limiti molto più angusti di quelli risultanti dalla passata legislazione (legge 31 gennaio 1926, n. 100, art. 3; legge 19 gennaio 1939, n. 129, art. 18).

La delega della potestà legislativa non può essere generale, ma deve riferirsi ad oggetti singoli e definiti; deve essere fatta per tempo limitato e con determinazione dei principî e dei criterî che il governo deve seguire nell'emanazione del decreto legislativo (art. 76). Quanto ai decreti-legge essi possono essere emanati dal governo solo in casi straordinarî di necessità e di urgenza e sotto la sua responsabilità; inoltre, tali decreti devono essere presentati, il giorno stesso dell'emanazione, alle camere, per la conversione in legge. Se le camere sono disciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non vengono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione (art. 77).

d) Fra le innovazioni recate dalla costituzione, quella che sembra destinata alle più decisive conseguenze, è l'introduzione di un nuovo tipo di leggi: le leggi regionali, le quali sono l'espressione di quel decentramento legislativo (oltreché amministrativo) che l'Assemblea costituente ha inteso raggiungere con la istituzione delle regioni. Le materie che possono essere oggetto della legislazione regionale sono enumerate nell'art. 117.

La potestà legislativa della regione incontra un duplice ordine di limitazioni, in quanto le relative norme: a) devono mantenersi entro i limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato; b) non devono essere in contrasto con l'interesse nazionale o con quello di altra regione (art. 117 cit.). Il primo può dirsi un limite di legittimità, il secondo una limitazione di merito. In relazione a questi limiti, le leggi deliberate dai consigli regionali, ove siano sospese dal governo, vengono assoggettate al controllo di legittimità della Corte costituzionale o, secondo i casi, al controllo di merito del parlamento (art. 127).

È discusso se le leggi regionali, non ostante la loro denominazione, siano da ritenersi leggi in senso tecnico, ossia leggi formali poste sullo stesso piano delle leggi formali dello stato. Perché ciò fosse, occorrerebbe che i detti atti fossero espressione di sovranità, ciò che invece resta escluso dai ricordati limiti e dai conseguenti controlli di legittimità e di merito. Si può ritenere che la cosiddetta legislazione regionale non sia che una forma particolare di autonomia, ossia dell'attività normativa propria di alcuni enti, distinti dallo stato. Questa particolarità consiste in una parziale forza di legge che hanno le norme regionali e che manca di regola in quelle degli altri enti autonomi. Oltre a ciò, l'autonomia regionale, a differenza di qualunque altra, è garantita dalla costituzione non solo contro la potestà regolamentare degli organi esecutivi, ma anche contro la potestà legislativa del parlamento. Gli eventuali conflitti fra le leggi dello stato e quelle delle regioni, nonché le controversie sulla legittimità di queste ultime, sono di competenza della Corte costituzionale (art. 134; legge 9 febbraio 1948, art. 2).

Formazione delle leggi. - Secondo la costituzione (artt. 71-82):

a) l'iniziativa delle leggi appartiene al governo, a ciascun membro delle due camere, al popolo ed agli organi ed enti ai quali sia conferito da leggi costituzionali. Da ciò consegue che i soggetti che possono presentare un disegno di legge sono oggi più numerosi che in passato; inoltre, per quanto riguarda gli organi che già avevano tale competenza secondo lo statuto del regno (il governo e le due camere), ogni differenza di potestà (p. es. quella relativa alle leggi di contenuto finanziario) è stata abolita. Per quanto riguarda l'iniziativa, da parte del popolo, essa non può essere esercitata se non con la proposta di un concreto progetto di legge, redatto in articoli, e presentato da almeno 50.000 elettori (art. 71);

b) la discussione e l'approvazione del progetto di legge da parte delle camere si svolge secondo le norme dei rispettivi regolamenti interni: la costituzione si limita a fissare alcuni principî fondamentali. Ogni progetto è esaminato da una commissione e successivamente dall'intera assemblea che l'approva articolo per articolo e quindi con votazione finale. Nei casi stabiliti dal regolamento, l'esame e l'approvazione definitiva possono essere deferiti a commissioni permanenti, composte in modo da riprodurre la proporzione dei gruppi parlamentari. In questi casi, finché il progetto non è approvato dalla commissione, può essere rimesso alla camera, qualora il governo, o un decimo dei componenti della camera stessa o un quinto dei componenti della commissione richiedano che sia discusso e approvato dall'assemblea. La procedura dell'approvazione da parte delle commissioni è esclusa e il progetto deve essere esaminato e approvato direttamente dalla camera, quando trattasi di leggi in materia costituzionale, in materia elettorale, di leggi di delegazioni, e di quelle di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi (art. 72);

c) la legge si deve ritenere perfetta con l'approvazione delle camere, ancorché questa si concreti in due atti distinti. Siccome il presidente della Repubblica non partecipa colla sua volontà alla formazione della legge, la promulgazione che esso deve compiere entro un mese dall'approvazione delle camere (art. 73), deve ritenersi atto successivo alla formazione della legge, atto, quindi del potere esecutivo. Il capo di questo, visto che le camere hanno approvato la legge, ne attesta solennemente l'esistenza e ne impone l'osservanza. L'art. 74 attribuisce al presidente la facoltà di sospendere la promulgazione, mediante messaggio motivato rivolto alle camere, col quale chiede una nuova deliberazione sulla legge già approvata. Se le camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata. È questo l'istituto del veto sospensivo: esso non sembra che importi partecipazione del presidente alla funzione legislativa, in quanto non è che un richiamo, rivolto dal capo dello stato al potere legislativo, perché questo voglia ancora riflettere e discutere sulla deliberazione adottata. Perché tale richiamo costituisse partecipazione alla formazione della legge, dovrebbe essere un'espressione di volontà, laddove invece non è che un'espressione di desiderio debitamente motivato;

d) la promulgazione deve essere seguìta immediatamente dalla pubblicazione, cioè dalla inserzione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nella Raccolta Ufficiale delle leggi e decreti. La legge entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione, salvo che in essa sia stabilito un termine diverso (art. 73, comma 2°).

Bibl.: C. Cereti, Corso di dir. costituzionale, Torino 1948; G. Balladore Pallieri, La nuova costituzione italiana, Milano 1948; A. Amorth, La costituzione italiana, Milano 1948; V. Falzone, F. Palermo, F. Cosentino, La costituzione della Repubblica Italiana, Roma 1948.

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