Legis actio

Enciclopedia on line

Nella più antica procedura romana, espressione («azione di legge») che indicava il modo di agire in giudizio secondo forme determinate conformi alla legge, caratterizzato da rigoroso formalismo orale e gestuale. I privati si presentavano davanti al magistrato, che presiedeva il rito vigilando che fossero pronunciate le parole esatte (certa verba) e compiuti i gesti precisi stabiliti dal diritto, in mancanza dei quali la procedura si arrestava, a scapito della parte che non vi aveva ottemperato. L’espressione legis actiones alludeva al fondamento su cui edificavano queste azioni, da rintracciarsi proprio nella lex, intesa o come legge pubblica (la legge delle Dodici tavole, principalmente) o come legge privata (rito formalizzato). La disciplina di questa antica procedura è nota grazie soprattutto al quarto libro delle Istituzioni di Gaio. A partire dal 3°-2° sec. a.C. le legis actiones cominciarono a cadere in disgrazia, per il loro eccessivo formalismo, a tutto vantaggio della nuova, più snella procedura per formulas.

La dottrina moderna distingue, nell’ambito delle 5 legis actiones a noi note, 3 a carattere dichiarativo (sacramentum, iudicis postulatio, condictio) e 2 a carattere esecutivo (manus iniectio, pignoris capio). Le prime erano dirette ad accertare se la pretesa fatta valere da una delle parti nei confronti dell’altra fosse fondata in fatto e in diritto; si svolgevano tradizionalmente in due fasi, una in iure, davanti al pretore, l’altra apud iudicem, davanti a un giudice o a un arbitro privato, cui spettava emettere la sentenza di condanna o di assoluzione. La procedura più antica era la legis actio sacramenti, così denominata in quanto, al termine della prima fase, le parti si sfidavano reciprocamente a giurare che le proprie affermazioni erano vere, dal che originariamente derivava, anche sul piano religioso, la necessità di stabilire chi dei due avesse spergiurato; la procedura era esperibile per far valere ogni genere di pretesa, sia in materia di proprietà e di altri diritti assoluti (sacramentum in rem) sia in materia di diritti di credito (sacramentum in personam). La iudicis postulatio, probabilmente introdotta dalla legge delle Dodici tavole, era frutto di una semplificazione, in quanto al termine della fase in iure l’attore si limitava a chiedere al magistrato di nominare un giudice, perché decidesse una lite avente a oggetto obbligazioni derivanti da sponsio oppure la divisione di patrimoni. La condictio venne invece introdotta da leggi molto più tarde, risalenti alla fine dell’età arcaica, che prevedevano l’esperimento di tale procedura per ottenere il pagamento di una somma certa di denaro o la consegna di una certa cosa. Le legis actiones esecutive erano volte ad attuare una situazione giuridica da ritenersi già accertata come tale. La più antica era la manus iniectio, con cui il creditore, in caso di inottemperanza da parte del debitore a un impegno sancito in una precedente sentenza o in un altro atto considerato equivalente, si rivaleva sulla persona di costui, che gli veniva formalmente assegnata con un provvedimento del pretore (addictio); qualora le ragioni del creditore rimanessero ulteriormente insoddisfatte, l’addictus poteva essere messo a morte o venduto come schiavo oltre-Tevere. La pignoris capio aveva invece a oggetto beni del debitore, che il procedente prendeva in pegno, previa la rituale pronuncia di certa verba, per far valere pretese di natura per lo più pubblicistica (tributaria o militare, per esempio).

CATEGORIE
TAG

Legge delle dodici tavole

Legis actiones

Addictus

Sponsio

Pretore