SANITARIA, LEGISLAZIONE

Enciclopedia Italiana (1936)

SANITARIA, LEGISLAZIONE

Alessandro MESSEA
Michele LA TORRE
Alberto LUTRARIO

. Tenuto per fermo, secondo il pensiero del Romagnosi, che lo stato dev'essere una grande educazione e una grande tutela, esso deve comprendere tra i suoi uffici più importanti la difesa della "sanità pubblica" estendendo la sua azione ai metodi preventivi atti ad allontanare i morbi, onde la società e gl'individui sono sì di frequente travagliati, e tendere al perfezionamento fisico, morale e intellettuale degl'individui stessi, così da renderli più vigorosi, più resistenti e moralmente migliori, allontanandoli da quei veleni sociali, che finirebbero per compromettere la loro fibra e anche la loro esistenza. Di qui scaturisce che, per l'esercizio della tutela sanitaria delle popolazioni, lo stato deve, con la sua attività, permeare tutta intera la vita sociale e, quante volte il bene generale sia per essere contrastato da interessi egoistici, sta alla volontà sociale l'imporsi. È precisamente la "legislazione sanitaria" che appresta, in diritto, i mezzi per tale importante e benefica azione.

La storia antica dei popoli d'Oriente, Egizî, Indiani, Cinesi, Persiani, Israeliti, ci tramanda notizia delle loro opere, delle loro leggi e delle loro pratiche d'igiene, segnatamente di quelle per la difesa contro morbi diffusivi, quali il vaiolo, la lebbra e altri. Tali pratiche, collegate con ingiunzioni di carattere religioso, avevano in loro stesse, per la loro attuazione, una forza non altrimenti raggiungibile, che dominava le masse, costringendole all'obbedienza dei precetti salutari.

La Grecia e Roma ebbero in onore il culto dell'igiene, che, specie in quest'ultima, acquistò l'importanza di una vera medicina politica, come funzione di stato.

Durante l'assai lunga parentesi, apertasi con la caduta dell'Impero, decadde fatalmente ogni sollecitudine organizzata per la pubblica igiene e solo si ebbero fulgidi, per quanto circoscritti, compensi in quel sentimento di cristiana carità, dal quale derivarono fondazioni di ospedali, di ospizî, di lazzaretti, di ricoveri, che furono luce tra le lunghe vicende dell'età di mezzo.

Verso il sec. X i lavori di bonifica terriera contro le paludi, che avevano ripreso sopravvento, furono riattivati in qualche misura, segnatamente a cura delle comunità religiose, che, per secoli, ne ebbero il dominio.

Nel sec. XIV le memorabili epidemie di peste eccitarono provvedimenti per circoscriverle e, segnatamente dei secoli XV e XVI, ne restano a documento - specie per la difesa delle più cospicue città marinare - ordinanze, editti e prescrizioni d'igienica finalità. Notevoli, del sec. XV e XVI, per la Lombardia, le prime disposizioni dirette a circondare di provvedimenti limitativi, sempre a scopo d'igiene, la coltivazione del riso, acciò non fosse di danno alla salute pubblica.

Il sec. XVII segnò qualche maggiore e più organica sollecitudine nelle provvidenze di carattere sanitario, in quanto risentì di tutte le meditazioni di un'epoca fervida di pensiero e di ricerca scientifica, che preparò il terreno per le future conquiste. Durante il secolo XVIII si ebbero affermazioni legislative in varî paesi, segnatamente nell'interesse della lotta contro la tubercolosi, già indiziata come contagiosa. Ma fu breve l'influenza dei relativi editti, emanati nel Regno delle Due Sicilie, nello Stato Pontificio, in Toscana. Essi presto caddero in disuso perché allora non sostenuti da un provato fondamento scientifico.

Il sec. XIX diede la prima gagliarda e organica manifestazione in materia di legislazione sanitaria e l'esordio fu grandioso con la divulgazione e applicazione, a seguito di atti di governi, della vaccinazione antivaiolosa scoperta da E. Jenner nel 1796. In Italia L. Sacco con la sua memoria del 1803 sul "vaccino unico mezzo per estinguere radicalmente il vaiolo umano" diede impulso per far iniziare in Italia le legislazioni protettive contro il flagello.

Appartengono pure all'inizio del sec. XIX le prime indagini e i primi provvedimenti per lo studio e la prevenzione della pellagra, della quale si constatavano i dolorosi progressi. Il 1806 è caratterizzato dal Regolamento napoleonico di polizia medica del 5 settembre del Regno d'Italia, determinante che in ciascuna delle tre università (Pavia, Bologna, Padova) fosse stabilita presso la facoltà di medicina una direzione di polizia medica dipendente dal Ministero dell'interno.

Nel 1848 in Londra si creava il General Board of Health e nello stesso anno lo Stato Pontificio - essendo capo del governo Pellegrino Rossi - istituiva la Direzione della sanità, ponendovi a capo il medico Luigi Carlo Farini.

Una legge sanitaria fu nel 1859 emanata dagli Stati Sardi. Essa servì di base alla legge del 20 marzo 1865 (alleg. C) per l'unificazione amministrativa del giovane regno. Subito dopo la conquista di Roma incominciò la serie dei progetti per una nuova organica legislazione sanitaria, quali furono proposti da G. Lanza, da G. Nicotera e da A. Depretis col concorso di Agostino Bertani.

Finalmente Francesco Crispi il 22 dicembre 1888 dava all'Italia la prima efficiente legge sanitaria che, derivata anche dagli studî del Bertani e reclamata dalla grave manifestazione epidemica del colera (1884-87), contemplava l'organizzazione dei servizî sanitarî e di tutto quanto poteva riguardare l'esercizio delle professioni sanitarie, la profilassi umana e zooiatrica, l'igiene alimentare nonché quella del suolo e dell'abitato, la sanità marittima e la polizia mortuaria. Questa legge, che vive tuttora come nucleo fondamentale dell'attuale Testo unico delle leggi sanitarie del 1934, ebbe in Luigi Pagliani medico igienista, colui che le dette la prima applicazione, resa praticamente efficiente, in quanto l'elemento tecnico della medicina e dell'igiene venne a far parte integrante dell'amministrazione dello stato.

Il sec. XX ebbe il compito di collaudare l'efficienza della legge promulgata sul finire del secolo precedente e ha tuttora quello di completarla e di perfezionarla secondo i progressi della scienza. Tale compito, durante il secolo attuale, si è assolto e si va assolvendo con opera serrata. Anzitutto, con le leggi promulgate dal 1900 al 1904, si è data razionalità alla lotta antimalarica, non appena fu precisato nella zanzara anofele l'agente trasmettitore delle febbri palustri, donde derivarono i salutari provvedimenti del chinino di stato, della sua distribuzione, a scopo curativo e profilattico, e a carico dei proprietarî delle terre dichiarate in "zone malariche" ai coloni, operai e impiegati operanti in dette zone e le prescrizioni per la protezione antianofelica delle abitazioni delle zone stesse e quelle relative al buongoverno idraulico, indispensabile per la salubrità urbana e rurale.

Con la legge 21 luglio 1902, fondata sulla vigilanza e sulla conservazione del granturco e sull'alimentazione curativa e ricovero dei pellagrosi poveri, si è data organicità alla profilassi della pellagra, attualmente pressoché scomparsa.

La conoscenza dei modi di trasmissione di morbi esotici (peste, febbre gialla, ecc.) ha inspirate ordinanze di sanità marittima, navale e portuale, contemplanti la lotta contro i roditori e contro gl'insetti vettori delle suddette e di altre infezioni.

Si sono promosse opere di risanamento, acquedotti, fognature, usufruendosi delle leggi di finanziamento di Napoli (15 gennaio 1885) e di Torino (12 luglio 1896) oltre che di quelle del 14 luglio 1887 e 25 giugno 1911 e di altre, mentre, con la legge 26 giugno 1902 si è posto mano al grandioso Acquedotto pugliese, tuttora in via di completamento.

Utilizzandosi tutto il complesso legislativo in atto e con nuovi provvedimenti - specie per l'applicazione delle vaccinazioni antitifiche, anticoleriche e antipestose - fu organizzato, durante la guerra italo-turca (1911-12) e più ancora durante la guerra mondiale quel rigoroso assetto difensivo, profilattico, che, per la concorde azione delle autorità civili e militari, protesse le truppe combattenti e il territorio da pericolose incursioni epidemiche (tifo, colera, tifo esantematico) e ridusse, con i provvedimenti legislativi del 26 luglio 1917 e del 4 aprile 1918, i pericoli della minacciante tubercolosi di guerra.

Il regime fascista ha notevolmente accresciuto il rendimento di ogni legge sanitaria già esistente per l'aumentata disciplina nel paese e ha promulgate nuove importantissime leggi, costituenti un nuovo corpus iuris, la cui sola enunciazione attesterebbe dell'opera grandiosa legislativamente compiuta.

Basti anzitutto accennare alla Carta del lavoro (21 aprile 1927), rivolta anche ad avviare la previdenza e l'assistenza medica su basi mutualistiche e assicurative e a promuovere la specifica legislazione antitubercolare. Questa fu, poco appresso, rappresentata dalle due leggi fondamentali dei consorzî provinciali antitubercolari obbligatorî (23 giugno 1927) e dall'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi (27 ottobre 1927). La prima di dette leggi ha prevalentemente carattere profilattico e la seconda profilattico-assistenziale. Dalla loro coordinata attività scaturisce un'azione dimostratasi armonica ed efficiente.

Va soprattutto ricordata - tra le maggiori e tra le tante - per la lotta antimalarica, la legge Mussolini 24 dicembre 1928 per la bonifica integrale, integrata con la legge 22 giugno 1933 e col testo unico 13 febbraio dello stesso anno, documento principe di redenzione idraulico-agraria e quindi sanitaria, la cui applicazione rifulge nell'Agro Pontino ove le nuove città di Littoria, Sabaudia, Pontinia e Aprilia, ripopolando la terra solitaria, sono e saranno i segni tangibili della riconquistata salubrità.

Oltre ai provvedimenti in precedenza adottati contro il tracoma, l'adenoidismo, l'anchilostomiasi, una legge (11 febbraio 1926) ha precisata la profilassi della lebbra. Pure durante il 1926 si sono promulgati i primi provvedimenti legislativi contro il cancro e i tumori maligni a scopo di assistenza e di ricerca scientifica. Dell'attività in questo importante settore attestano numerosi centri anticancerosi e gl'istituti di S. Giovanni Battista a Torino, Vittorio Emanuele III a Milano, delle Cliniche Universitarie a Bologna, Regina Elena a Roma e quello di Napoli, per dire solo dei maggiori.

Contro talune infezioni e intossicazioni, si ergono a difesa importanti disposizioni regolamentari e legislative, tutte dell'anno 1923, contemplanti la profilassi delle malattie veneree e sifilitiche e la resistenza legale contro l'alcoolismo e contro il commercio abusivo degli stupefacenti.

Importanti i provvedimenti d'igiene alimentare per la vigilanza sulle carni da macello (20 dicembre 1928), per il latte destinato al consumo diretto (9 maggio 1929) e per la molluschicoltura (legge 4 luglio 1929), oltre che per la lotta contro le mosche (29 marzo 1928).

Particolari provvedimenti di governo sono a tutela della salute umana e contemporaneamente a protezione del patrimonio zootecnico, śpecie con la diffusione d'interventi vaccinali (vaccinazioni contro il carbonchio e altre epizoozie e zoonosi).

Notevoli le leggi per l'elevazione dell'infermieristica (15 agosto 1925) e per la disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie (23 giugno 1927) nonché per l'incremento e la perfezione delle stazioni di cura, soggiorno e turismo (legge 29 gennaio 1934).

Nelle opere di risanamento urbano e rurale, dal 1923 a oggi, un folto gruppo di leggi speciali, finanzianti opere risanatrici per ogni parte d'Italia, dalla provincia dell'Istria al Monferrato, dalla Val di Chiana a Palermo, dalla Sicilia alla Sardegna, alla Puglia, attesta che in questi pochi ultimi anni, fecondissimi per la salute d'Italia, si è moltiplicato il ritmo della marcia per la conquista del maggior benessere fisico degli individui con grandissimo beneficio sociale.

Accanto all'opera suindicata, il Regime fascista - per dare maggiore individualità e risalto al suo pensiero in materia igienica e morale - ha creato, come enti parastatali, l'Opera Maternità e Infanzia a scopo educativo, sociale e sanitariamente protettivo; l'Opera Nazionale Dopolavoro a scopo educativo e implicitamente sanitario; l'Opera Nazionale Balilla per l'educazione fisica e morale della gioventù. Costruzioni efficienti di sale di maternità, dispensarî, colonie marine e montane, stadî meravigliosi costituiscono la base materiale per il raggiungimento delle alte finalità delle suddette tre opere, atte a preparare le migliori sorti al paese, anche attraverso attività che entrano nel gran quadro della sanità e dell'igiene.

Anche nella compilazione del nuovo codice penale (19 ottobre 1930) furono contemplate in modo speciale le necessità repressive a tutela della pubblica salute, segnatamente contro il reato di contagio sifilitico e blenorragico e contro tutti gli attentati alla maternità e all'incremento demografico.

Argomento assai importante è quello che si riferisce alle varie "sanità": militare, navale, aeronautica, ferroviaria, coloniale. Infatti nell'ambito delle grandi collettività cui si fa riferimento esiste, nei riguardi sanitarî, un tecnicismo speciale adatto ai servizî, alle finalità specifiche, alla disciplina, agli ambienti.

Occorre però tener presente che, nelle linee generali, tutte queste "sanità" cadono necessariamnte nell'ambito generale della "sanità pubblica", le cui leggi - per il loro carattere di universalità - non hanno limiti, mentre effettivamente esistono necessità pratiche di coordinazione allo scopo di ottenere, senza interferenze e senza esclusioni, il risultato sanitario generale, che è richiesto nell'interesse di tutti e questo concetto fondamentale è chiaramente espresso nell'art. 1 del Testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934. Ciò non toglie che, per il raggiungimento delle finalità particolari, di cui sopra, vi debbano essere e vi siano ordinamenti e disposizioni speciali per l'esercito, la marina, l'aeronautica, le ferrovie e le colonie. Per le colonie, nelle quali gl'interessi generali richiedono provvedimenti così per le truppe come per la popolazione metropolitana e per quella indigena, fu emanato un vero e proprio codice sanitario coloniale con r. decr. 20 maggio 1933, contemplante in particolare la patologia tropicale.

La legislazione sanitaria non può considerare solo la popolazione come fatto attuale, ma anche nei suoi sviluppi del domani. Deve quindi considerare l'eugenica per avere discendenze sempre migliori e il problema demografico per avere contemporaneamente all'ideale soppressione delle morti premature evitabili, un incremento delle nascite per assicurare alla nazione nuove forze e nuova potenza. In Italia e ovunque i quozienti di mortalità si sono - sotto l'influsso dell'igiene - straordinariamente ridotti. In Italia precisamente, dal 27,02, quale erano nel triennio 1887-89, al 13,9‰, nel triennio 1931-34. Notevolissima poi la riduzione della mortalità infantile, indice delle sollecitudini per l'igiene e l'assistenza pediatrica. Ma purtroppo si è anche verificata in questi ultimi anni una progressiva diminuzione delle nascite, contro la quale si sono escogitati ovunque o quasi, provvedimenti tutelatori e in Italia specialmente, sotto la guida sagace del Fascismo, con misure fiscali (tassa sui celibi), con misure sanitarie e di pubblica sicurezza (provvedimenti contro l'aborto), con misure amministrative, con facilitazioni alle famiglie numerose e per accrescere la nuzialità, si comincia a raccogliere qualche frutto. La politica mussoliniana in questo campo condurrà l'Italia, attraverso la tutela della famiglia, a maggiori fortune.

In Italia si provvede all'eugenica con tutte le leggi tendenti alla bonifica umana, segnatamente antisifilitica, alla soppressione dei veleni (alcoolismo, morfinismo, cocainismo), alla profilassi del gozzo, alla protezione della maternità e dell'infanzia e con il complesso delle istituzioni igieniche, profilattiche ed educative esistenti. Vi sono invece poche nazioni, che a tali mezzi, aggiungono l'obbligo della "visita prematrimoniale" e in qualche stato anche la sterilizzazione (v. sterilizzazione dei delinquenti) per rendere infecondi soggetti tarati. In Germania ciò è regolato dalla legge 14 luglio 1933, che ha appositamente istituito il tribunale della sanità ereditaria, la cui procedura è ricalcata su quella dell'interdizione civile. In Italia siffatte prescrizioni non sono ammesse, ritenendosi che, in tale delicata materia, sia preferibile agire con la bonifica umana, con l'igiene generale, con le arti dell'educazione, escludendosi oppressioni materiali e morali sempre odiose. D'altra parte Pio XI ha condannate le suaccennate pratiche con l'enciclica Casti connubii sul matrimonio cristiano.

Ormai le legislazioni sanitarie di tutti i paesi civili e rispettive colonie sono - si può dire - uniformi, perché tutte fondate su postulati scientifici ben consolidati e accettati ovunque. Questa uniformità, per la quale non vi è che qualche rara già accennata eccezione, è altamente benefica, specie per i rapporti internazionali e scambî commerciali di merci e di animali. Questa universalità ha i suoi precedenti nelle numerose conferenze sanitarie internazionali, che, iniziatesi nel 1851 in Parigi, hanno via via formato, pur attraverso inevitabili iniziali contrasti, l'attuale coscienza igienica internazionale, consolidata nelle convenzioni sanitarie internazionali, vigenti in materia di profilassi umana e zooiatrica.

Basi materiali, per arrivare all'attuale universalità nel dominio della sanità pubblica, sono stati e sono gli scambî culturali tra i medici di tutto il mondo, le Croci Rosse, le svariate leghe e associazioni, i congressi per determinati problemi sanitarî, l'Ufficio internazionale d'igiene pubblica di Parigi, il comitato e la sezione d'igiene, presso la Società delle nazioni, cui sono collegati gli uffici Panamericano e di Singapore.

La legislazione sanitaria naturalmente prevede un'organizzazione sanitaria per assicurare la preparazione e l'esecuzione delle leggi. Dopo tutto il già detto basterà accennare all'organizzazione sanitaria in Italia, che è fra le migliori e le più complete e che dipende dal ministro dell'Interno, mentre in Francia, p. es., costituisce un apposito ministero detto della Sanità pubblica e dell'educazione fisica. Quest'ultima in Italia è affidata a un sottosegretariato presso il Ministero dell'educazione nazionale, che presiede anche all'Opera Nazionale Balilla.

L'organizzazione sanitaria italiana si basa sul citato testo unico delle leggi sanitarie del 1934, che, avendo come nucleo centrale la legge del 1888, mantiene e rafforza sempre più come fondamentale la necessità dell'elemento tecnico nell'amministrazione.

Organi dell'amministrazione sanitaria sono, al centro, il Ministero dell'interno, con la dipendente Direzione generale della sanità pubblica e il Consiglio superiore di sanità. Alla periferia i prefetti con a fianco i medici provinciali, i veterinarî provinciali e i Consigli provinciali di sanità; per Roma il Governatorato col dipendente personale tecnico.

La Direzione generale della sanità pubblica, cui presiede il direttore generale, ha nella sua costituzione - al centro - un ispettore generale medico capo e un complesso di funzionarî amministrativi e tecnici, tra i quali è da notarsi il gruppo degl'ispettori generali medici, veterinarî, batteriologi, chimici e farmacisti. Questi ultimi concorrono all'esecuzione della legge (15 marzo 1934) per l'esercizio farmaceutico, che è vincolato da limitazioni di numero e di sede e dall'obbligo del pubblico concorso per l'apertura e l'esercizio delle farmacie.

Nei porti si hanno medici e veterinarî di porto e guardie di sanità marittima. Ai passi di confine veterinarî di confine. Sono in funzione le stazioni di sanità marittima di Poveglia (Venezia), Asinara (Sardegna), S. Bartolomeo (Trieste) e Bocche di Puglia (Brindisi) e i servizî sanitarî degli aeroporti, secondo le leggi 11 gennaio 1925 e 11 aprile 1932. A bordo delle navi, con determinato numero di passeggeri, prestano servizio medici di bordo all'uopo autorizzati dallo stato.

Nei comuni hanno funzioni sanitarie i podestà con a fianco l'ufficiale sanitario, sentinella avanzata della sanità.

Nei capoluoghi delle provincie l'ente provinciale, a seguito della riforma sanitaria 30 dicembre 1923, ha funzioni sanitarie proprie e di integrazione di quelle dei comuni, alle quali pur sempre tecnicamente sovraintende il medico provinciale, che pure sovraintende ai laboratorî provinciali d'igiene e profilassi e che fa parte dei comitati di amministrazione dei consorzî provinciali antitubercolari, previsti dalla già citata legge 23 giugno 1927 e dei comitati antimalarici provinciali.

All'estero due delegati sanitarî ai fini della profilassi internazionale.

L'organizzazione sanitaria riguarda, oltre che la profilassi e la polizia medica, anche l'assistenza sanitaria medico-chirurgica, ostetrica, farmaceutica e quella zooiatrica.

L'assistenza medica e ostetrica s'effettua a mezzo delle tradizionali "condotte" e a mezzo delle svariate forme di assistenza, a base assicurativa, che si attuano mediante importanti meccanismi e sulle direttive di apposite leggi (assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia; legge 21 aprile 1919 e 13 dicembre 1925). Assicurazione contro gl'infortunî sul lavoro e nell'industria e nell'agricoltura (leggi 31 gennaio 1904 e 23 marzo 1933) e inoltre: assicurazioni per le malattie e l'assistenza sociale della gente del mare e dell'aria (legge 10 gennaio 1929); casse ammalati per le nuove provincie; assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali (legge 13 maggio 1929); assicurazione contro la tubercolosi (r. decr. 27 ottobre 1927); assicurazione obbligatoria a tutela della maternità delle lavoratrici (r. decr.-legge 22 marzo 1934).

Collateralmente all'assistenza sviluppata con le "condotte mediche" con l'assistenza ospedaliera e con l'assicurazione è da notare il progressivo sviluppo dell'assistenza sanitaria a base mutualistica specie con le mutue assistenziali di categorie, fasciste, sindacali o professionali. Tra queste può ben comprendersi la "mutualità scolastica" (legge 3 gennaio 1929) che viene a completare il "complesso" legislativo assistenziale. L'ordinamento corporativo dello stato, creato dal regime fascista, influirà notevolmente e beneficamente in questo importante settore della vita nazionale, e nel dare corrispondente assetto all'esercizio delle professioni sanitarie.

Per terminare questa rapida rassegna, che contempla così vasta mole legislativa - e che sostanzialmente rispecchia l'organizzazione sanitaria di tutti i paesi civili e rispettive colonie - basterà accennare al grande Istituto di sanità pubblica, annesso alla direzione generale; opera grandiosa del regime, alla quale ha concorso la fondazione Rockefeller.

Esso sorge in Roma con una completezza di servizî e impianti di eccezionale perfezione. La sua impostazione, in diritto, è data dall'articolo 7 del testo unico delle leggi sanitarie del 1934, in base al quale comprende i seguenti reparti: micrografico, chimico, fisico con ufficio del radio e sezione di meteorologia sanitaria, reparto per indagini sulla malaria, per ricerche biologiche, per studî epidemiologici e d'ingegneria sanitaria. Nell'Istituto di sanità, oltre all'ordinario lavoro di studio, nell'interesse di problemi d'igiene e di polizia medica, si tengono annualmente corsi di perfezionamento per personale sanitario alle dipendenze dello stato, provincie e comuni. Pure dipendono dalla Direzione generale della sanità pubblica (legge 29 luglio 1926) i regi istituti fisioterapici ospedalieri, che provvedono all'assistenza specializzata in Roma contro malattie sociali di alto rilievo: le venereo-sifilitiche nell'Istituto S. Gallicano e i tumori maligni nel già citato Istituto Regina Elena inaugurato nell'anno 1933, ove pure ha attualmente sede la lega italiana contro il cancro.

La conclusione che si può trarre da quanto è sopra esposto è questa: che si deve alle scienze biologiche e alla medicina, precipue ispiratrici della "legislazione sanitaria", l'attuale grandioso assetto difensivo, che in tutte le parti del mondo, resiste ai pericoli sanitarî di ogni genere, che attentano alla sanità e alla vita delle popolazioni. Il pensiero medico e profilattico ha trovato fervidi consensi ovunque e, in Italia, possente appoggio nella dottrina fascista, sollecita, in sommo grado, del bene del popolo e della grandezza del paese.

Bibl.: Relazione dell'on. Agostino Bertani al ministro dell'Interno (Depretis) per un progetto di legge sanitaria; Relazione della Commissione Senatoria (relatore S. Cannizzaro) sul progetto di legge presentato dal ministro dell'Interno (Crispi) per la tutela dell'igiene e della sanità pubblica 22 nov. 1887; Relazione della Commissione della Camera dei deputati su detto progetto di legge (relatore M. Panizza, 16 maggio 1888), a cura di G. Garoncini, Roma 1890; Relazione al Consiglio superiore di sanità dei direttori generali: L. Pagliani, dal 1889 al 1897; R. Santoliquido, dal 1898 al 1912; A. Lutrario, dal 1913 al 1924; A. Messea, dal 1925 al 1929; B. Fornaciari, 1931; G. Basile, 1931 al 1935; Relazione del dir. gen. della Sanità (L. Pagliani) sulla epidemia colerica del 1893 (1894); Istruzioni varie della Direz. gen. per la profilassi delle varie malattie infettive e diffusive dal 1899 al 1930; Direz. gen. della sanità pubblica (R. Santoliquido), Inchiesta sulle acque potabili nei comuni del regno, 1906; Norme ed istruzione per la difesa sanitaria alle frontiere terrestri e nell'interno del Regno contro la diffusione del colera e della peste (R. Santoliquido), 1910; Direz. gen. della sanità pubblica (A. Lutrario), Il servizio veterinario in Italia contro l'afta epizootica, 1934; Direz. gen. della sanità pubblica (A. Lutrario), La tutela dell'igiene e della sanità pubblica durante la guerra e dopo la vittoria 1915-20, 1922; B. Gosio e collaboratori del Lab. batt. della sanità, Studî sui rapporti tra tubercolosi umana e bovina, 1926; Direz. gen. della sanità pubblica (A. Lutrario), Guida alla lotta contro la malaria, (cinque lezioni di B. Gosio); Direz. gen. della sanità pubblica e dell'agricoltura (A. Messea, A. Briri e collab.), La risicoltura e la malaria nelle zone risicole d'Italia, 1925; Direz. gen. della sanità pubblica (A. Messea, con messaggio di B. Mussolini e prefaz. di E. Marchiafava), La tubercolosi, scienza e legge nella lotta contro la tubercolosi attraverso i tempi e nei diversi paesi, 1928; A. Messea, L'opera del regime per l'igiene e la sanità pubblica, in Atti della Soc. ital. per il progresso delle scienze, 1931; Direz. gen. della sanità pubblica (G. Basile), Cenni illustrativi dell'Istituto di sanità pubblica, 1934; Legislazione e ordinamenti sanitari italiani (A. Labranca), 1934; Federazione nazionale italiana fascista contro la tubercolosi in Italia: R. Paolucci, F. Bocchetti, redattore, 1934.

Disposizioni legislative sulla preparazione e vendita dei medicinali.

Si accenna altrove (v. farmacia) come sia soggetta a restrizioni e vigilanza dell'autorità amministrativa ogni attività interessante la sanità dei singoli e delle masse; e in particolare i medicinali e coloro che ne fanno vendita a scopo di medicamento (farmacisti). Qui occorre intrattenersi sulla produzione delle sostanze medicinali, sulla spedizione e vendita a scopo di medicamento; e su alcune categorie speciali di medicamenti e presidî medici (veleni, specialità medicinali, stupefacenti, prodotti interessanti il buon costume).

Chi intende attivare un'officina o stabilimento per produrre sostanze medicinali (circa le specialità medicinali, v. appresso) deve chiedere l'autorizzazione al Ministero dell'interno (art. 144 testo unico sanitario 27 luglio 1934, n. 1265). Tali stabilimenti devono essere diretti da un chimico o farmacista e sono soggetti a vigilanza sanitaria, sono visitati almeno ogni due anni dal medico provinciale; e ne può essere ordinata la chiusura in caso di negligenza o irregolarità (articolo 145 t. u. predetto).

I medicamenti di qualsiasi genere non possono costituire oggetto di privativa. Può concedersi privativa solo per particolari processi usati, e non può essere usato il nome, depositato a norma di legge (art. 16 t. u. sulle privative industriali, 13 settembre 1934, n. 1602).

A parte tali cautele, la produzione e la vendita all'ingrosso di sostanze medicinali è libera: invece la vendita di sostanze a dose o forma di medicamento non è concessa che ai farmacisti, e deve effettuarsi nella farmacia, sotto la responsabilità del titolare dell'esercizio (art. 122 del t. u. sanitario predetto). Appositi elenchi annessi alla farmacopea ufficiale denotano quali prodotti medicinali e in quali dosi (all'ingrosso) possono essere venduti dai non farmacisti.

La preparazione e vendita dei medicinali da parte dei famiacisti è, anche dal punto di vista tecnico, soggetta a cautele. I farmacisti debbono conservare copia di tutte le ricette (art. 123 t. u. sanitario); debbono controllare se eventualmente queste siano errate quanto alle dosi (articoli 43 e 49 reg. del 1914, n. 829) senza peraltro sostituirsi al giudizio del medico.

Veleni. - Speciali disposizioni vigono per la vendita dei veleni. Anzitutto vi sono dei veleni non medicinali (es., colori, sostanze per l'agricoltura); la vendita di questi è concessa anche ai non farmacisti, ma solo a persone ben cognite, e per necessità professionale dell'acquirente, e con obbligo di prender nota di ogni vendita in apposito registro (art. 147 t. u. sanitario). La vendita di veleni a forma e dose di medicamento è, invece, come si è detto, riservata ai farmacisti. Sia questi sia i droghieri, i fabbricanti, ecc., debbono tenere i veleni chiusi a chiave, con indicazione specifica, su ogni recipiente, che si tratta di veleno (art. 146 t. u. cit.). Nelle ricette prescriventi materie velenose, le dosi vanno segnate in lettere e non in cifre (articoli 48 e 49 reg. sulle farmacie).

Specialità medicinali. - Questa materia è assurta a speciale importanza dopo che, circa la produzione e il commercio delle specialità stesse, furono emanati un apposito provvedimento legislativo (decr.-legge 7 agosto 1925, n. 1732) e poscia un regolamento (r. decr. 3 marzo 1927, n. 478). Oggi essa è regolata dagli articoli 161 segg., e 122 t. u. sanitario del 1934.

Per produrre, a scopo di vendita, specialità medicinali, è necessaria l'autorizzazione del Ministero dell'interno. Non solo; lo stabilimento autorizzato non può mettere in commercio singole specialità, senza preventiva "registrazione" della specialità presso il ministero medesimo, sotto pena di arresto e di ammenda. Con tali restrizioni si è voluto colpire il frequente commercio di specialità ciarlatanesche, di cui era ignoto, ai profani, e spesso anche ai medici, il contenuto, e di cui si vantavano dai produttori mirabili quanto insussistenti proprietà terapeutiche, con non infrequente sorpresa alla buona fede, e talora con danno della pubblica salute. Per raggiungere i suddetti scopi, gli stabilimenti che producono specialità medicinali (e tale termine comprende anche le farmacie che producano specialità) sono sottoposti ad apposita vigilanza. L'etichetta di ogni specialità medicinale deve contenere l'indicazione, qualitativa e quantitativa, dei singoli componenti del farmaco, oltre che l'uso del medicamento, la dose di somministrazione, la data al di là della quale il farmaco può alterarsi, ecc. La registrazione è rifiutata se al farmaco non è riconosciuta la proprietà terapeutica vantata; se essa mira ad effetti anticoncezionali, ovvero offensivi per la morale e il buon costume; se, infine, il produttore asserisca che il farmaco abbia virtù terapeutica contro il cancro, il lupus, la tisi polmonare e altre malattie determinate con decreto ministeriale e che, siano, come le altre tre dianzi specificate, allo stato attuale della scienza ritenute incurabili.

Altre particolari disposizioni regolano la revoca dell'autorizzazione allo stabilimento, la revoca della registrazione della specialità (art. 25 regol.), i sieri, virus, vaccini, fermenti e simili prodotti di delicatissima confezione e facilmente deperibili (art. 180 t. u., 31 e segg., regol. sulle spec. med.), le specialità estere, le tasse da corrispondere dagli stabilimenti e quelle da versare per la registrazione di ogni singola specialità.

Stupefacenti. - Anche questa materia, assai importante per la profilassi sociale e la difesa della razza (v. stupefacenti) è regolata da varie disposizioni del testo unico sanitario del 1934 (articoli 148 segg.), dal regolamento 11 aprile 1929, n. 1086, e da un decr. min. 10 febbraio 1930 (Gazz. Uff., 1° marzo 1930).

Anzitutto, per colpire la produzione e la vendita abusiva di stupefacenti, la legge colpisce con gravi sanzioni chi, all'infuori dei farmacisti e dei notorî produttori e commercianti, venda o somministri cocaina, morfina e altre sostanze del genere, specificate in appositi decreti ministeriali; colpisce ancora i medici che rilascino ricette prescriventi tali farmachi, senza indicazione del nome dell'infermo, e coloro che favoriscano in pubblici esercizî o altrove lo spaccio o il consumo di stupefacenti.

Molto più minute norme contiene il regolamento. Ogni attività inerente agli stupefacenti (produzione, commercio, coltivazione di piante, per es. papavero, importazione, esportazione, detenzione, specialmente sulle navi, di stupefacenti) è sottoposta a previa autorizzazione, a vigilanza e a rigorose restrizioni: è obbligatorio, fra l'altro, un registro di carico e scarico mostrante l'entrata e l'uscita di qualsiasi quantità dello stupefacente. L'autorizzazione non è necessaria per le farmacie: anche per queste è necessario invece il registro di carico e scarico. Prefetti, podestà, agenti di vigilanza possono accedere in qualunque momento negli stabilimenti, magazzini, ecc., ed esaminare i registri di carico e le sostanze stupefacenti detenute; per le farmacie, invece, valgono le norme di vigilanza particolari a esse.

Prodotti interessanti il buon costume. - Per l'art. 6 del regolam. 6 dicembre 1928, n. 3112, è vietato il commercio dei prodotti che vantino proprietà o effetti contrarî al buon costume, e in particolare di quelli miranti a interrompere o turbare il corso fisiologico della gestazione.

Si veda anche l'art. 189 testo unico sanitario del 1934.

Bibl.: Oltre a quella citata alla voce farmacia, v.: Relazione al Consiglio superiore di sanità, Roma 1928.

Convenzioni sanitarie internazionali.

La storia delle convenzioni sanitarie internazionali s'immedesima con quella della pubblica profilassi, la quale, a sua volta, aderisce e si salda con quella della nuova dottrina microbiologica, di cui si deve considerare, come una derivazione e una conseguenza diretta e necessaria. Tutte le convenzioni internazionali hanno caratteri comuni. Esse non sono vincolative in tutti i casi. Vi sono norme strettamente obbligatorie, altre sono facoltative; altre, infine, hanno carattere di semplice raccomandazione o indicazione. Le norme non obbligano che nei casi espressamente indicati e con le forme e garanzie stabilite. Esse rappresentano ordinariamente un massimo, oltre il quale non è consentito di andare, nell'applicazione. Le convenzioni non intaccano il principio di sovranità dei varî governi, poiché le norme si applicano alle provenienze da circoscrizioni infette prima che varchino le frontiere nazionali di terra e di mare. Superato il confine, le provenienze seguono le norme interne del paese salvo casi eccezionali, espressamente indicati.

Conferenza di Parigi del 1851. - La prima convenzione sanitaria internazionale sorse appunto dalla conferenza di Parigi, alla quale - pur essa prima nella serie delle conferenze internazionali - presero parte 14 stati. Il convegno si chiuse con un accordo e un regolamento di 137 articoli. Vi aderirono solo la Francia, il Regno Sardo e il Portogallo. Ma anche i due ultimi paesi dopo alcuni anni denunziarono la convenzione, per riprendere la propria libertà di azione.

Conferenza di Parigi del 1859. - Questa nuova riunione ebbe missione di rivedere l'opera della precedente conferenza dell'intento di non vincolare eccessivamente la libertà degli stati. Ma lo scoppio della guerra in Italia pose fine al convegno prima che si potesse venire a una conclusione definitiva sul testo modificato di convenzione.

Conferenza di Costantinopoli del 1866. - Riunita a iniziativa del governo francese dopo l'apparizione di una gravissima epidemia di colera, mostrò che le quarantene hanno un'efficacia tanto maggiore quanto più sono applicate nei punti di origine della malattia. Durò otto mesi senza giungere ad alcun progetto di convenzione, ma fece delle raccomandazioni ispirate a sensi di grande praticità.

Conferenza di Vienna del 1874. - Ebbe per scopo di elaborare due progetti di convenzione: uno relativo alle misure profilattiche contro il colera, l'altro per la nomina di una commissione permanente contro le epidemie. Ma le trattative diplomatiche che seguirono la conferenza non raggiunsero alcun risultato.

Conferenza di Washington del 1881. - S'occupò esclusivamente della profilassi della febbre gialla soprattutto per sopprimere il focolaio endemico della malattia a Cuba. Ma nessuna intesa internazionale si stabilì al riguardo.

Conferenza di Roma del 1885. - Anche questa conferenza si concluse solo con una serie di commendevoli raccomandazioni.

Conferenza di Venezia del 1892. - Ebbe per obiettivo la profilassi del colera nel passaggio del Canale di Suez. S'occupò anche delle modificazioni da apportare alla composizione e al funzionamento del Consiglio sanitario, marittimo e quarantenario di Egitto, nonché della revisione dei regolamenti del consiglio stesso. Tutto l'insieme di queste norme e disposizioni costituisce la materia dei cinque allegati alla convenzione e fanno parte integrante di essa, che porta la data del 30 gennaio 1892. Si fecero rappresentare a questa conferenza solo dieci potenze.

Conferenza di Dresda del 1893. - S'occupa pure del colera, ma in senso più largo, oltre i limiti del Mar Rosso e del Canale di Suez. Dà le norme di una compiuta profilassi interstatale di mare e di terra, e sulla grande arteria fluviale del Danubio. Vi presero parte dieci stati e si concluse con la convenzione del 15 aprile 1893.

Conferenza di Parigi del 1894. - Tornò a occuparsi, ma in modo più diretto e organico, dei pellegrinaggi musulmani in relazione alla difesa del colera, colmando le lacune della precedente convenzione di Venezia del 1892. Vi presero parte i rappresentanti di tredici potenze e si concluse con la convenzione del 3 aprile 1894.

Conferenza di Venezia del 1897. - S'occupò della peste. Vi presero parte 18 stati e si concluse con la convenzione del 19 marzo 1897.

Con queste quattro convenzioni sanitarie internazionali, stipulate nel volgere di soli sei anni, la profilassi internazionale, vinto il periodo delle inevitabili prime esitazioni del precedente quarantennio, entrò nella vera fase di realizzazione pratica ponendo come principî basilari la notificazione dei casi di colera e di peste, la limitazione delle misure sanitarie a quelle strettamente necessarie, contemperandole alle inderogabili esigenze dei traffici e del commercio. Come organi e istituti per la difesa del continente europeo sorsero il Consiglio superiore di sanità di Costantinopoli, il Consiglio sanitario marittimo e quarantenario di Alessandria d'Egitto, e si crearono stazioni sanitarie lungo le vie di comunicazione fra l'Europa e l'Asia nel Golfo Persico, sul confine turco-persiano, nel Mar Rosso. S'indicarono le misure speciali da adottarsi singolarmente dai varî stati relative alle navi infette, alle navi sospette, alle navi incolumi, al trattamento delle merci; al transito per la via di terra dei passeggeri, dei bagagli, della posta. In Italia si ebbero, come stazioni sanitarie per navi infette o sospette, Asinara e Poveglia e, per navi incolumi ma provenienti da località infette, Genova, Nisida e Brindisi; si ebbero speciali stazioni marittime di disinfezione nei porti di Livorno, Napoli, Palermo, Messina, Venezia. Seguendo il movimento sempre ascendente della scienza, le ultime convenzioni generali segnano nuovi progressi su quelle precedenti.

Conferenza di Parigi del 1903. - Fu convocata a iniziativa dell'Italia; ebbe per scopo di temperare in senso più conciliante le norme di diritto internazionale regolatrici della profilassi della peste. Vi parteciparono venticinque stati. Si tenne particolarmente conto dell'importanza dei topi come agenti propagatori dell'infezione pestosa, e del periodo d'incubazione che, in luogo di dieci giorni, risultò essere appena da tre a cinque giorni. Per la prima volta si presero provvedimenti anche contro la febbre gialla. Ma la decisione più importante fu la creazione di un ufficio internazionale d'igiene. La convenzione di Roma del dicembre 1907 stabilì le modalità dell'impianto di questo ufficio stabilito a Parigi, finanziato dagli stati aderenti (fino a oggi 54).

Una nuova conferenza internazionale, con la partecipazione di 40 stati, si tenne a Parigi nel gennaio 1912 e si provvide particolarmente alla profilassi della febbre gialla, della peste e del colera. Dopo la guerra mondiale, per riparare in parte alle perturbazioni che ne seguirono si preparò una conferenza internazionale che si tenne a Parigi nel maggio-giugno 1926, mentre si annunziava l'avvento di un nuovo organismo internazionale per la profilassi: il comitato d'igiene della Società delle nazioni.

Comitato d'igiene della Società delle nazioni. - L'organizzazione tecnica dell'igiene, presso la Società delle nazioni comprende: a) un comitato d'igiene, che si rinnova ogni tre anni, corrispondente più o meno al Consiglio della Società delle nazioni; b) una conferenza generale, corrispondente all'assemblea della Società delle nazioni, e costituita dal comitato permanente dell'ufficio di Parigi, creato come abbiamo visto nella conferenza di Roma del 1907. Esso consta di membri delegati dei rispettivi governi rappresentati; c) una sezione tecnica d'igiene, costituita in seno al segretariato della Società delle nazioni, sotto l'autorità del segretario generale.

Convenzione sanitaria internazionale di Parigi del 21 giugno 1926. - A questa conferenza internazionale, che è la più notevole di quante siano state tenute per l'innanzi, parteciparono settantadue stati con centocinquantasei delegati. Fu capo della delegazione italiana A. Lutrario. È significativo soprattutto l'intervento delle grandi nazioni dell'Estremo Oriente, che si erano sempre appartate dalle precedenti conferenze. Può considerarsi la magna charta del diritto sanitario internazionale. Per ciò che riguarda la parte maestra della convenzione e cioè il Titolo I - Disposizioni generali - i vantaggi conseguiti si possono così riassumere:

1. è stata ammessa la necessità dell'intervento di un organismo tecnico centrale - l'Ufficio internazionale d'igiene pubblica di Parigi - come centro di raccolta e diffusione di informazioni epidemiologiche, organo animatore e propulsore del movimento di profilassi internazionale; funzione alla quale cooperarono altri organismi internazionali, primo fra essi l'organizzazione tecnica d'igiene della Società delle nazioni;

2. l'orientamento patrocinato, per prima, dall'Italia, consistente nel portare, per quanto possibile, lo sforzo sanitario nel porto di origine delle navi e durante la traversata, ha fatto un deciso passo avanti, pur non avendo raggiunto pieno sviluppo;

3. è stato ampliato il numero delle malattie contemplate dalla nuova convenzione con l'aggiunta di due altre gravi malattie: il tifo esantematico e il vaiuolo;

4. è stata resa obbligatoria - nell'interno degli stati partecipanti - la denunzia delle malattie infettive contemplate dalla convenzione;

5. all'attributo di "contaminato" con cui si soleva designare, secondo le convenzioni pregresse, una grande città per la scoperta di qualche caso di malattia esotica, si sostituì la parola convenzionale "atteint";

6. è stata abolita l'esenzione delle navi da misure sanitarie, quando avessero lasciato circoscrizioni colpite cinque giorni prima della constatazione del primo caso: esenzione, questa, derivante da un'errata applicazione del principio che concerne il periodo d'incubazione e contraddetta quasi costantemente dall'esperienza epidemiologica;

7. il criterio della "decontaminazione" è stato completamente modificato. Prima si ricorreva al termine meccanico di alcuni giorni senza nuovi casi per dichiarare che una località era ridivenuta sana. Concetto, questo, privo di ogni contenuto scientifico e pratico. Nella nuova convenzione, il governo che ha notificato l'esistenza della malattia, è riconosciuto solo in possesso di tutti gli elementi per dichiarare quando il pericolo di un'ulteriore espansione sia presumibilmente cessato;

8. si è accentuato, nei riguardi delle merci, il criterio della loro innocuità, almeno nella grande maggioranza dei casi;

9. nell'esecuzione dei provvedimenti di osservazione e di vigilanza sanitaria, cui possono essere sottoposti i passeggeri e gli equipaggi, viene data la facoltà di avvalersi degli accertamenti di laboratorio;

10. ai fini della classificazione sanitaria delle navi, non viene più tenuto conto di casi verificatisi a bordo prima della partenza;

11. l'emigrazione, che nella precedente convenzione era confusa con gli stormi degli zingari e vagabondi, forma oggetto di particolari raccomandazioni, nel senso di considerare: l'opportunità di accordi speciali fra paesi di emigrazione, di immigrazione e di transito; la necessità di un adeguato assetto igienico-sanitario nei porti d'imbarco degli emigranti; l'opportunità di dotare le navi durante la traversata di mezzi di prevenzione contro le malattie infettive;

12. è stata riconosciuta l'impossibilità di abolire fin da ora la patente di sanità, come sarebbe stato nel desiderio di molte delegazioni;

13. viene fatto obbligo agli stati partecipanti di emanare istruzioni speciali per mettere i capitani di navi, che non hanno medico a bordo, in grado di applicare le disposizioni contenute nella convenzione;

14. viene infine affermato che le misure prescritte devono essere interpretate come un massimo, oltre il quale non è possibile andare salvo casi speciali, quali, ad es., le navi in cattivissime condizioni igieniche (articoli 15 e 53);

15. ai fini della distinzione fra nave infetta e sospetta di peste viene tenuto giustamente conto della manifestazione a bordo di casi importanti e di casi autoctoni, trasportando sulla nave il criterio già acquisito per le circoscrizioni territoriali. È stata sancita una più decisa graduazione nelle misure di cui devono essere oggetto le navi, a seconda del loro stato sanitario. Un rilievo spiccatissimo è stato dato alla parte concernente la peste murina. Fra i requisiti cui debbono soddisfare i porti figurano anche quelli propugnati dalla delegazione italiana che riguardano la necessità di separare con adatti dispositivi la fognatura dei porti da quella cittadina, nonché la costruzione di magazzini "rat-proof" (al sicuro dai topi), pratica già in attuazione in Italia;

16. è stata definita la grave questione dei "portatori" di vibrioni colerigeni. Partendo dalla concezione, scientificamente acquisita, che si deve attribuire loro indubbia importanza nella diffusione locale del colera, ma non in quella "a distanza"; riconoscendo nella vaccinazione anticolerica uno dei mezzi più efficaci di lotta contro la grave malattia, la convenzione concede ai vaccinati da non oltre sei mesi il diritto di essere dispensati dal periodo di osservazione sanitaria all'arrivo, sostituendo a questo provvedimento quello della vigilanza sanitaria, secondo la proposta della delegazione italiana. Infine, la nuova convenzione fa un accenno a taluni alimenti crudi, specie ai frutti di mare largamente responsabili della diffusione del colera, prevedendo l'eventualità di un trattamento inteso a liberarli dal vibrione colerigeno;

17. nessuna innovazione di rilievo è contenuta nella nuova convenzione per ciò che concerne la febbre gialla, ove se ne eccettui un'ingiustificata tendenza ad aggravare le misure di difesa, malgrado la tendenza della malattia a scomparire;

18. a proposito del tifo esantematico talune delegazioni pretendevano di colpire le navi, oltre che in ragione della loro provenienza da circoscrizioni colpite, anche e soprattutto in ragione della provenienza delle singole persone su di esse imbarcate. Ma tale proposta, in contrasto con i principî fondamentali della convenzione, fu bocciata soprattutto per l'intervento della delegazione italiana;

19. l'inclusione del vaiuolo nella convenzione può dirsi opera quasi esclusiva della delegazione italiana. Il quadro delle misure può ritenersi completo, prima fra esse la vaccinazione jenneriana, alla quale, anche nel testo riveduto dell'"Office International d'Hygiène", non era fatto alcun cenno.

Per ciò che concerne il resto della convenzione, i titoli II e III possono considerarsi in gran parte come una filiazione del titolo I. Tuttavia vi si riscontrano questioni speciali relative a territorî extraeuropei (Levante ed Estremo Oriente).

Con la conferenza internazionale di Parigi del 1926 si conchiude il ciclo delle 14 grandi conferenze internazionali sanitarie, da cui - come si è visto - ebbero vita nuove convenzioni sanitarie internazionali a carattere generale. Oltre a queste categorie di convenzioni, ve ne sono tuttavia delle altre: a) aventi un raggio di influenza territoriale meno esteso; che si applicano - cioè - a un solo continente, ovvero a due o più stati, confinanti o comunque aventi interessi comuni; b) aventi una finalità particolare, come l'accordo per il siero antidifterico; c) che si applicano a una categoria particolare di persone, come l'accordo per le facilitazioni alla gente di mare nel trattamento delle malattie veneree; d) che costituiscono dei semplici modelli, o tipi di convenzioni destinati a servire di orientamento ai varî paesi, come ad esempio convenzione per le vie fluviali e lacuali.

Convenzione sanitaria internazionale per il traffico sulle vie fluviali e lacuali. - Nella prima fase dell'era delle convenzioni, l'attenzione dei governi si concentrò, come si è visto, quasi esclusivamente sulle vie del mare, come quelle che si ritenevano le più pericolose. Quanto alle vie di terra le opinioni erano discordi; sporadici e inefficaci i provvedimenti.

Fu merito della Conferenza internazionale di Varsavia del marzo 1922 di avere fortemente richiamato l'attenzione dei governi su questa grave lacuna. La quale, sino ad allora, non era stata considerata che sulla base di accordi peculiari fra singoli stati, come l'accordo fra la Germania e la Russia, e quello fra l'Austria-Ungheria e la Serbia. La cosa appariva singolarmente urgente anche in relazione al nuovo aspetto politico e alla ripresa dei rapporti fra i varî stati prima in conflitto, e in relazione anche all'ampia rete di canali, che avevano aperto nuovi e larghi varchi di comunicazione fra i bacini fluviali e lacuali delle varie nazioni europee. L'iniziativa, dunque, della conferenza di Varsavia fu quanto mai provvida e ispirata a una necessità reale della pubblica difesa sanitaria: iniziativa ripresa e assecondata dalla Conferenza internazionale di Genova, indetta quasi subito dopo, la quale ne investì la Società delle nazioni, e per essa il Comitato d'igiene. Fu nominata un'apposita commissione di studio, che stabilì i criterî direttivi, successivamente approvati a unanimità dal Sottocomitato del transito e poi dal Comitato d'igiene della Società delle nazioni, e una convenzione tipo.

La prima parte del progetto di convenzione comprende l'oggetto della convenzione, che si sostanzia nell'uniformità ed efficacia delle misure sanitarie; gli organi di esecuzione (amministrazioni sanitarie) e le relazioni fra di essi; le informazioni sulle condizioni sanitarie abituali e le notificazioni obbligatorie dei casi, anche isolati, di colera o di peste; dei focolai di tifo esantematico, di febbre ricorrente, di dissenteria bacillare e di vaiuolo; dell'influenza in forma pandemica, della moria insolita dei topi. La seconda parte tratta dell'assetto profilattico delle imbarcazioni, dei posti sanitarî, del rifornimento d'acqua potabile. La terza parte si occupa in generale del funzionamento dei servizi in tempo normale e quando vi sia minaccia d'epidemia, e precisa le norme profilattiche per le singole malattie infettive. La parte quarta accenna alle questioni generali, tra cui la procedura da seguire in caso di divergenza nelle interpretazioni ed applicazioni della convenzione. Seguono in appendice la lista dei disinfettanti obbligatorî a bordo e i modelli dei certificati e delle patenti sanitarie.