Legumi

Universo del Corpo (2000)

Legumi

Luisa Marletta

I legumi sono un importante gruppo di alimenti di origine vegetale, costituito dai semi commestibili delle piante appartenenti alla famiglia delle Leguminose. La famiglia comprende numerose erbe, arbusti e alberi, caratterizzati dal tipico aspetto 'a farfallino' dei fiori e dalla presenza di un baccello, formato da due valve, che si apre a maturità lasciando liberi i semi. Delle 13.000 e più specie che compongono questa grande famiglia, solo alcune sono utilizzate regolarmente dall'uomo e rivestono quindi un importante ruolo alimentare.

Coltivazione e consumi

Le Leguminose sono diffuse in tutto il mondo e, per la loro elevata capacità di adattamento, si trovano abbondanti nelle zone a clima temperato, come in quelle tropicali o aride. Si tratta generalmente di piante erbacee, sulle cui radici vivono in simbiosi batteri capaci di fissare l'azoto atmosferico: per questo le Leguminose vengono spesso impiegate per arricchire il terreno agrario di composti azotati. Esse sono state senza dubbio tra i primi vegetali coltivati e consumati dall'uomo: vasi contenenti fagioli sono stati ritrovati in Perù nelle tombe del periodo preinca e resti sempre di fagioli, risalenti al 5° secolo a.C., sono stati rinvenuti in Messico. Anche le lenticchie sono state coltivate dall'uomo fin dai tempi più antichi: ne sono state trovate tracce in Turchia in scavi risalenti al 5500 a.C. e in tombe egizie del 2500 a.C. Nella tradizione alimentare italiana, l'uso dei semi delle Leguminose è antico e assai diffuso; le differenti condizioni geografiche del paese, infatti, hanno favorito lo sviluppo di diverse specie di Leguminose, alcune delle quali, come la fava e la cicerchia, anche in territori aridi come le isole. I legumi di interesse alimentare più diffusi nel nostro paese sono: i fagioli, i piselli, le lenticchie, i ceci; di uso più locale sono invece le fave, mentre hanno minor importanza le cicerchie, utilizzate principalmente in zootecnia, come pure i fagioli dall'occhio e i lupini, il cui consumo è circoscritto ad alcune zone. Infine, un importante legume utilizzato principalmente per l'estrazione dell'olio è l'arachide. Altre specie di Leguminose, sebbene rivestano un ruolo di minore importanza nella alimentazione, trovano largo impiego come foraggio, nel campo farmaceutico oppure nell'industria dolciaria, come avviene, per es., per la carruba.

La leguminosa di maggior importanza mondiale è comunque la soia, originaria dell'Asia ma ormai coltivata e impiegata anche in altri paesi. Essa presenta, all'interno di questa classe di alimenti, il maggiore valore calorico (400 kcal/100 g; v. oltre). Sebbene siano utilizzabili allo stato fresco, i legumi vengono commercializzati soprattutto secchi, e sotto tale forma questi prodotti occupano un posto fondamentale nella dieta di molte popolazioni dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina. Fino agli anni Cinquanta del 20° secolo, hanno rappresentato un'importante componente anche della dieta mediterranea, quando una discreta porzione dell'energia totale introdotta con il cibo proveniva abitualmente da questa fonte. Tuttavia, per motivi di carattere agronomico ed economico, oltre che culturale e sociale, nei decenni successivi il loro consumo è andato progressivamente diminuendo a favore di altri prodotti alimentari di maggior costo. Parallelamente al declino dei legumi secchi, si è verificato però un crescente consumo di legumi freschi, dovuto anche al miglioramento delle tecnologie di conservazione, in particolare della surgelazione, che ne ha reso possibile un utilizzo più pratico, nonché il consumo fuori stagione o nelle zone prive di una produzione locale. I legumi freschi hanno un valore calorico notevolmente inferiore rispetto a quelli secchi, nei quali si ha una maggiore concentrazione dei principi nutritivi in relazione al diminuito contenuto di acqua. Negli anni Novanta del 20° secolo, tuttavia, l'uso dei legumi secchi è andato riacquistando un ruolo più importante nella dieta dei paesi industrializzati, anche perché le loro proprietà sono state riconosciute pienamente in linea con le attuali raccomandazioni dei nutrizionisti. Anche nei paesi in via di sviluppo, questi alimenti, che hanno rappresentato da sempre la base dell'alimentazione per gli adulti, vengono attualmente raccomandati dalle organizzazioni internazionali (FAO, OMS) anche per l'alimentazione infantile. Tutti questi fattori hanno rinnovato l'interesse per la coltivazione dei legumi in molte zone; in particolare, nel bacino del Mediterraneo sono stati avviati progetti agronomici e di miglioramento genetico per una crescita quantitativa e qualitativa delle Leguminose da granella. Anche l'interesse dell'industria alimentare è stato stimolato, in vista della formulazione di nuovi prodotti a base di legumi, soli o in combinazione con i cereali, e ciò ha contribuito a incrementarne il consumo, analogamente a quanto già avvenuto per la soia, dalla quale sono stati ottenuti molti prodotti con le più svariate caratteristiche (v. anche biotecnologie).

Valore nutrizionale

I legumi, pur essendo dei vegetali, sono ottime fonti di proteine: secchi, ne contengono una quantità pari o anche superiore a quella della carne e doppia rispetto ai cereali. Il contenuto proteico varia comunque considerevolmente con le specie e con le varietà; esso cambia inoltre a seconda dello stato, fresco o essiccato, dei semi (per le diverse percentuali, v. oltre: Specie di maggiore diffusione). Le proteine dei legumi possono essere classificate in due gruppi: proteine di riserva, presenti soprattutto nei corpi proteici e rappresentate principalmente da globuline (circa il 70% delle proteine totali) e proteine metaboliche (strutturali ed enzimatiche), queste ultime costituite soprattutto da albumine (10-20%) e, più limitatamente, da gluteline (meno del 10%). L'insieme delle proteine risulta carente in aminoacidi solforati e in triptofano, mentre il contenuto in altri aminoacidi essenziali, quali la lisina e la treonina, è abbondante. Ciò spiega l'importanza di associare e integrare l'uso dei legumi con quello dei cereali (relativamente poveri di lisina), per ottenere una miscela il cui valore biologico è paragonabile a quello degli alimenti di origine animale, come avviene in tanti piatti tradizionali della dieta mediterranea, quali pasta e fagioli, pasta e ceci, riso e piselli ecc.

Sebbene le proteine siano presenti in notevole quantità, la loro biodisponibilità è piuttosto bassa, inferiore a quella delle proteine che si trovano in altri alimenti di origine vegetale. Questa bassa digeribilità (60-80%), le cui cause non sono ancora del tutto chiare, sembrerebbe legata principalmente a due fattori: la particolare struttura di alcune frazioni proteiche resistenti all'azione delle proteasi e la presenza di fattori endogeni (polifenoli, fitati, fibra, inibitori di proteasi, lectine), detti fattori antinutrizionali, capaci di interferire attraverso diversi meccanismi con l'utilizzazione delle proteine. In ogni modo, grazie ai lunghi tempi di cottura cui i legumi vengono abitualmente sottoposti, una buona parte di questi composti è in realtà assente al momento del consumo, e le proteine risultano denaturate, fatto che ne migliora la digeribilità e ne permette una buona utilizzazione.

Allo stato secco, i legumi presentano un elevato contenuto di glucidi (oltre il 50% mediamente), tra i quali il principale è l'amido (con contenuto superiore al 40%), seguito da pentosani, destrine, galattani. Il valore calorico è quindi elevato e rende questi alimenti un'ottima fonte di energia. Sono presenti, in percentuali diverse, raffinosio, stachiosio, verbascosio (gli zuccheri responsabili della flatulenza), saccarosio e piccole quantità di glucosio; il contenuto in fibra è sempre elevato: la frazione insolubile, localizzata prevalentemente nei tegumenti del seme e costituita da cellulosa, emicellulosa e lignina, è essenzialmente responsabile della regolazione delle funzioni intestinali, mentre a quella solubile, comprendente le pectine e una parte delle emicellulose, viene attribuita la proprietà di controllare i livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue. Il rapporto tra fibra solubile e insolubile varia nei diversi legumi ed è più alto nei fagioli, più basso nelle lenticchie.

Con le eccezioni della soia e dell'arachide, questo gruppo di alimenti presenta un basso contenuto in lipidi (1-3%), che solo nei ceci risulta un po' più elevato (5-6%); generalmente abbondanti sono gli acidi grassi polinsaturi, in particolare l'acido linoleico. La lecitina è presente in quantità variabili: tra lo 0,5% e l'1% nei piselli, nelle fave e nei ceci, il 2,5% nella soia. Il contenuto in sali minerali di ferro, zinco e calcio è elevato, ma la disponibilità di questi micronutrienti appare limitata dalle interazioni con altri costituenti dei legumi stessi, principalmente fitati, tannini e fibra, che hanno un effetto negativo sulla loro utilizzazione. Comunque, sebbene la percentuale di ferro assorbito non sia alta (circa il 2%), i legumi secchi ne contengono quantità tali (8 mg/100 g nelle lenticchie e nei fagioli) da contribuire in modo significativo alla copertura del fabbisogno di questo nutriente. Inoltre, essi sono particolarmente ricchi di potassio, fosforo e magnesio; scarso è invece il contenuto in sodio. Variazioni di questi nutrienti, tra specie diverse o all'interno della stessa specie, sembrano essere legate a numerosi fattori, tra cui principalmente quelli climatici e geografici. Il contenuto vitaminico è apprezzabile soprattutto per quanto riguarda alcune vitamine del gruppo B (tiamina, riboflavina, niacina) e, nei legumi freschi, per la vitamina C (20-30 mg/100 g). Notevoli variazioni di questi contenuti si realizzano nel corso della germinazione, come pure durante le lunghe ore dell'ammollo praticato per ammorbidire le bucce e ridurre i tempi di cottura.

I legumi, come già accennato, contengono anche un grande numero di sostanze dotate di attività antinutrizionale (inibitori di proteasi e di amilasi, lectine, saponine, alcaloidi, fitati, polifenoli), che possono interferire direttamente con i processi di assorbimento dei nutrienti o ridurne la digeribilità attraverso l'inibizione di specifici enzimi digestivi; sono inoltre presenti, in quantità che differiscono molto a seconda delle specie e delle varietà, alcuni costituenti più propriamente tossici, come i fattori responsabili del favismo e del latirismo. La presenza di tali fattori sembra essere collegata all'elevata resistenza che tanto le piante quanto i semi mostrano nei confronti di insetti e di altri organismi patogeni, così da esercitare una funzione protettiva contro eventuali malattie che possano colpire la pianta. Sebbene questi composti non siano presenti nelle Leguminose in quantità tali da risultare di per sé dannosi per l'uomo, non vi è dubbio che possano esercitare un ruolo nutrizionale negativo, soprattutto se ingeriti in dosi elevate o in semi non trattati termicamente. Parte di essi vengono infatti distrutti dal calore ed è anche per questo motivo che i legumi richiedono lunghi tempi di cottura per divenire commestibili. Un altro fattore che riduce il consumo dei legumi, considerato da sempre il loro inconveniente tipico, è il fatto che essi possono indurre flatulenza: ciò è dovuto alla presenza di zuccheri che esistono in natura soltanto in questa famiglia di vegetali (raffinosio, stachiosio, verbascosio) e che, non venendo digeriti nell'intestino, passano nel colon, dove vanno incontro a processi fermentativi a opera della flora batterica, con formazione di gas intestinali. Questi zuccheri, stabili al calore, non vengono però distrutti con la cottura e a tutt'oggi non si conoscono delle tecniche valide in grado di eliminarne lo sgradevole effetto.

Specie di maggiore diffusione

a) Fagioli. Con questo termine si indica un gruppo di legumi di cui fanno parte vari generi e specie: i più diffusi sono il genere Phaseolus, con numerosissime varietà, e il genere Vigna, le cui cultivar si trovano maggiormente nelle zone tropicali dell'Africa, dell'Asia e delle Americhe. Originari dell'America Centrale, i fagioli furono introdotti in Europa nel 16° secolo. I semi, caratteristicamente reniformi, hanno buccia resistente e colorata, spesso variegata o screziata. Anche le dimensioni variano notevolmente: il fagiolo messicano è piccolo, nero e tondeggiante, mentre il fagiolo di Spagna è grande, bianco e schiacciato. Di questa leguminosa si possono consumare sia i baccelli ancora giovani e teneri, i fagiolini, sia i semi lasciati ingrossare e colti a maturità, che possono essere utilizzati allo stato fresco o essiccati. Il contenuto proteico è notevolmente diverso a seconda delle varietà, con una media del 2% nei fagiolini e del 6,4% nei fagioli freschi, fino a raggiungere il 23,4% in quelli secchi. Anche le relative proporzioni di albumine e globuline differiscono con le varietà: la frazione proteica più rilevante (46-81%) è rappresentata dalle globuline, tra le quali la faseolina è la principale proteina di riserva. Seguono le albumine (11-31%) e, in minori quantità, le prolamine e le gluteline (4% e 2%, rispettivamente). La digeribilità delle proteine varia con le specie e le varietà dal 60% all'84% ed è legata sia alla presenza dei fattori antinutrizionali, sia ai processi tecnologici (ammollo, tipo di cottura, fermentazione, decorticazione) ai quali i semi possono essere stati sottoposti. Rilevante è anche il contenuto percentuale in carboidrati (60-70% nel seme secco), di cui l'amido e la fibra rappresentano la maggior quota. I fagioli sono poi un'ottima fonte di minerali, soprattutto ferro, calcio e potassio, anche se la considerevole quantità di acido fitico in essi presente ne riduce l'utilizzazione.

b) Lenticchie. Questo tipo di legumi è rappresentato dai semi di piante appartenenti alla specie Lens esculenta. Si tratta di una pianta annuale, ricca di varietà e originaria della zona orientale dell'area mediterranea, che ebbe larga diffusione nei paesi dell'Asia Minore per poi giungere anche in Europa. Per quanto riguarda il valore nutrizionale, le lenticchie hanno un contenuto medio molto elevato in protidi (20-25%) e in glucidi (50-60%); la legumina è la proteina di riserva presente in maggiore quantità. Il contenuto in antinutrienti, quali gli inibitori della tripsina e l'acido fitico, è più basso che in altri legumi, e la normale cottura risulta sufficiente a distruggerli, così da permettere una buona utilizzazione sia delle proteine sia dei minerali, in particolar modo del ferro e del calcio, di cui questi legumi sono un'importante fonte.

c) Piselli. Le specie del genere Pisum usate nell'alimentazione umana sono il Pisum sativum, i cui semi vengono consumati anche immaturi, cotti come ortaggi, e il Pisum arvense, i cui semi, più duri, vengono abitualmente fatti crescere fino a maturità e utilizzati secchi. Diffusissime in Italia, entrambe le specie sono originarie dell'Europa e dell'Asia. I piselli sono disponibili nelle varietà gialla o verde, liscia o rugosa, e i semi allo stato immaturo sono impiegati freschi, surgelati o conservati in scatola, e ciò ne permette l'utilizzazione durante tutto l'anno. I piselli secchi, interi o spezzettati, sono spesso utilizzati previa decorticazione. Il valore nutritivo varia in relazione allo stato di maturazione ed è strettamente legato al contenuto in acqua (79% nei semi freschi e 13% in quelli secchi). Nel seme secco, le proteine raggiungono il 22% e l'apporto calorico sale a più di 300 kcal/100 g di parte edibile, da un valore di 50 kcal nei semi freschi. Notevole è il contenuto in glucidi (64,3%), potassio e fosforo; discreto quello in tiamina e niacina. I semi freschi possiedono anche un buon contenuto di vitamina C e carotene.

d) Ceci. Le diverse varietà di ceci provengono da un'unica specie, il Cicer arietinum, originaria del Mediterraneo orientale e dell'Africa settentrionale e ora diffusa in molti paesi tropicali e nel Medio Oriente. Per quanto riguarda le caratteristiche nutrizionali, i ceci presentano un contenuto in protidi lievemente più basso degli altri legumi (20,9%), mentre quello in lipidi è più elevato (5-6%). Tale abbondante presenza di lipidi, oltre a essere responsabile del particolare sapore di questo legume, dà origine anche a qualche problema per quanto riguarda la sua conservabilità e trasformazione tecnologica. Come per gli altri legumi, il contenuto in fibra totale è abbastanza elevato (13-14%), con una buona percentuale di componente insolubile, per cui i ceci risultano alimenti interessanti anche per i soggetti diabetici. La presenza di composti indesiderati, quali polifenoli, fitati, inibitori di tripsina, nonché fattori della flatulenza, ne limita tuttavia l'utilizzazione.

e) Fave. Questo tipo di legumi, i cui semi vengono impiegati sia freschi sia secchi, appartengono alla specie Vicia faba, originaria dell'Africa settentrionale: la varietà maior, con semi larghi e piatti, è quella usata nell'alimentazione umana, mentre la Vicia equina o minor, con semi piccoli, globulari e di colore scuro, è impiegata principalmente in zootecnia. Il valore nutritivo delle fave è rilevante, soprattutto per quanto riguarda il contenuto proteico del seme secco (circa 27%, contro il 5% nel seme fresco); buono è anche l'apporto di glucidi (62,3%) e di niacina. In Italia, il consumo di questo legume, notevole all'inizio del 20° secolo, è andato poi calando gradualmente. La presenza piuttosto elevata di polifenoli conferisce ai semi un tipico gusto astringente, e ciò può limitarne l'uso, ma il grosso limite al consumo di questo legume, in particolare dei semi freschi, è rappresentato dalla sua capacità di provocare una particolare forma di anemia emolitica: il favismo. Alcuni composti (vicina e convicina) presenti nella fava sono, infatti, i responsabili dello stato morboso, che colpisce in seguito all'inalazione del polline o all'ingestione dei semi freschi da parte di soggetti geneticamente predisposti.

f) Soia. Originaria dell'Asia Orientale (Cina, Giappone, Corea), dove è coltivata da tempi antichissimi, questa leguminosa, appartenente alla specie Glicyne max, è stata portata in tutto il mondo raggiungendo la sua massima diffusione intorno agli anni Trenta del 20° secolo, con lo sviluppo dell'industria chimica. I maggiori produttori mondiali sono gli Stati Uniti e il Brasile, ma la sua coltivazione, pur se limitata, è stata introdotta anche in molti paesi europei, come la Francia, la Russia, la Romania e l'Italia. La soia è il prodotto vegetale che, per complessità di composizione e proprietà funzionali, dà origine alla più estesa serie di prodotti alimentari e derivati industriali di elevato valore nutrizionale. Considerata soprattutto come fonte di olio vegetale e di proteine, è conosciuta oggi anche per la varietà di prodotti trasformati, dalle caratteristiche estremamente differenziate: è utilizzata fermentata (miscelata con il riso come nel miso o da sola come natto o anche come salsa), oppure come bevanda (il latte di soia), nei formaggi di soia (noti come tofu) o, ancora, negli strutturati di vario tipo (spezzatino, bistecca). Pur appartenendo alla stessa famiglia degli altri legumi, la soia se ne differenzia nettamente per la caratteristica composizione chimica. Le proteine, il cui contenuto, particolarmente elevato (oltre il 35%), furono estratte per la prima volta, nel 1903, dai panelli disoleati. In seguito, ottenute per precipitazione con caglio o acido cloridrico, esse furono identificate in base al coefficiente di sedimentazione in quattro principali frazioni: la 2S, che rappresenta circa il 10-20% delle proteine totali ed è costituita principalmente da inibitori della tripsina; le frazioni 7S (emoagglutinine, lipossigenasi e globulina 7S) e 11S (glicinina) che rappresentano il 60-80%; la 15S (ureasi e globuline), che costituisce il rimanente. La composizione in aminoacidi appare particolarmente interessante e simile a quella di alcune proteine animali, come indica il loro buon valore biologico; tra gli aminoacidi essenziali abbondano la lisina, la leucina e la fenilalanina, mentre è relativamente bassa la quantità di quelli solforati. Anche il contenuto in lipidi è elevato (18%), con una buona quantità di acidi grassi insaturi (il 4% di monoinsaturi e il 10% di polinsaturi), che svolgono un'azione regolatrice dell'assetto lipidico del sangue. Sono inoltre ben rappresentati i minerali, soprattutto per quanto riguarda fosforo, calcio e ferro.

La raffinazione delle proteine di soia, ottenuta utilizzando alcune sue caratteristiche funzionali importanti dal punto di vista tecnologico, ha reso possibile la produzione, a costi relativamente bassi, di alimenti notevolmente migliorati sotto il profilo organolettico e nutrizionale. In questo tipo di prodotti, il contenuto proteico raggiunge valori molto elevati, fino al 60-70% nei concentrati e l'85-90% negli isolati proteici. Essi vengono principalmente usati come correttori di alimenti a base di carne; nella carne tritata, per es., hanno il ruolo di emulsionanti e omogenizzanti. La farina di soia sgrassata può essere inoltre strutturata per mezzo di particolari tecnologie di cottura e di estrusione, ottenendo i TVP (Textured vegetable protein), che vengono commercializzati come succedanei della carne. Il latte di soia è impiegato principalmente in pediatria e nei casi di intolleranza al latte vaccino. Per precipitazione delle proteine del latte di soia si ottiene il tofu, particolarmente popolare nella dieta cinese e giapponese, ma ora diffuso anche in altri paesi; simile ai formaggi freschi e privo di un sapore proprio, può essere utilizzato in zuppe o cotto e insaporito in vario modo quale base di molte preparazioni culinarie. I semi di soia maturi hanno invece un sapore molto forte e un notevole contenuto di composti con attività antinutrizionale (inibitori delle proteasi, emoagglutinine, saponine, ureasi) e non possono quindi essere consumati se non dopo essere stati sottoposti a trattamento termico oppure chimico, come la fermentazione.

g) Arachide. L'arachide (Arachis hypogaea), originaria dell'America centromeridionale, è caratterizzata da semi avvolti da una sottile pellicola sericea di colore rosso-violaceo e racchiusi in un legume corto, fibroso e reticolato, che si sviluppa sotto terra. Essi vengono utilizzati principalmente per l'estrazione dell'olio, largamente diffuso e apprezzato nel mondo come uno dei migliori oli alimentari di origine vegetale, usato come tale o idrogenato per la preparazione di margarine; l'olio greggio di arachide contiene una quantità inferiore di fosfolipidi e pigmenti rispetto all'olio di cotone o di soia, e può quindi essere usato per l'alimentazione senza bisogno di essere raffinato. Esso presenta il 76-82% di acidi grassi insaturi, di cui circa il 50% è rappresentato dall'acido oleico e circa il 28% dall'acido linoleico, mentre è praticamente assente l'acido linolenico. Tra gli acidi grassi saturi prevalgono il palmitico (circa 9%) e l'arachidico (2,3%). I semi di arachide hanno un contenuto calorico molto elevato, dovuto alla presenza di una notevole quantità di lipidi (superiore al 50%), protidi (23,5%) e glucidi (circa il 18%); caratteristica è la mancanza degli zuccheri responsabili della flatulenza. Tra le proteine isolate, le due principali globuline, l'arachina e la conarachina, che costituiscono circa il 95% del totale, presentano un buon contenuto in aminoacidi solforati. La digeribilità proteica risulta buona, tanto nei semi crudi quanto in quelli trattati termicamente. Il contenuto di minerali (superiore al 3%), di vitamine E e K e di acido nicotinico fa di questi legumi una ricca fonte di micronutrienti. Crudi, tuttavia, i semi possono risultare tossici per la presenza di una aflatossina, prodotta dall'Aspergillus flavus in condizioni di umidità particolari; questo problema, che viene superato sottoponendo i semi a trattamento termico, ha portato a consumare principalmente le arachidi tostate. Altre forme utilizzate nell'alimentazione umana sono il burro, usato soprattutto negli Stati Uniti, e le farine, impiegate in alcuni paesi africani. Dopo l'estrazione dell'olio, dai panelli si ottengono concentrati e isolati proteici dotati di caratteristiche funzionali simili a quelle della soia, utilizzati principalmente in zootecnia.

Bibliografia

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