Lenizione

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In linguistica, trasformazione fonetica di consonante, che diviene lene (tenue, lieve), acquistando sonorità (per es., lo spagn. amigo dal lat. amicum) o passando, se occlusiva, nella serie delle fricative (per es., aveva dal lat. habebat).

In particolare, l. romanza, quella avvenuta in tutta la Romania occidentale (Iberia, Gallia, Italia settentrionale), consistente, secondo i casi, in sonorizzazione di consonanti sorde del latino classico (sempre in posizione debole) o in spirantizzazione e dileguo di consonanti sonore o sonorizzate. Quella che in origine era una pronuncia trascurata del latino si è poi fissata stabilmente nelle lingue romanze occidentali. Ai primordi della lingua letteraria sparirono le ultime oscillazioni, prevalendo la consonante sorda nella maggior parte delle parole di tradizione ininterrotta (come in amico, vita, capello), sopravvivendo in minoranza le forme lenite (come in pagare, spada, ricevere), e in qualche caso entrambe le forme con distinzione di significato (come in ripa e riva).

I dialetti conservano in gran parte le condizioni antiche, salvo qualche modificazione dovuta a influsso della lingua letteraria e della scrittura: i settentrionali con la l. e con lo scempiamento delle doppie, i centro-meridionali senza né l’una né l’altro. Anche l’Italia centro-meridionale conosce fenomeni di l., ma di origine più recente e tuttora produttivi: tra cui quello romano tra vocali (dato quasi come dado) e quello napoletano dopo nasale (un campo quasi come un gambo).

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