Leno

Enciclopedia Dantesca (1970)

leno

Antonio Lanci

Forma arcaica, metaplasmo per ‛ lene ' (Parodi, Lingua 245), che ricorre in rima in Pd XXVIII 81 rimane splendido e sereno / l'emisperio de l'aere, quando soffia / Borea da quella guancia ond'è più leno, " idest, a tramontana, ubi est suavior " (Benvenuto), " più delicato " (Buti).

Così anche molti altri commentatori, che precisano trattarsi del maestrale, " vento lene per lo suo buon effetto... e sarà allora il ‛ lenis ' latino " (Venturi, Torraca; cfr. anche Tommaseo, Scartazzini-Vandelli, Casini-Barbi, Porena, Sapegno, ecc. La mitezza del vento ha diversa origine secondo il Lana, che spiega: " çoè dove nasce, imperçò che i venti dove elli nasceno sono più levi "). Ma il Daniello aveva inteso: " onde ha maggior lena e forza "; e il Cesari: " più temperato, dicono i commentatori; ma leggete il Forcellini alla voce ‛ Circius ', e troverete ben altro ". Il Forcellini, infatti, definisce il ‛ circio ' come un vento " peculiaris Galliae Narbonensis ceterorum clarissimus, nec ulli violentia inferior ".

Per Cv IV II 13 e l'uso linguistico-retorico dell'aggettivo, v. LENITAS.

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