LENTINI

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

Vedi LENTINI dell'anno: 1961 - 1995

LENTINI (Λεοντῖνοι, Leontini)

G. V. Gentili

Antico centro in Sicilia, di origine sicula, accolse i Calcidesi di Thukles sei anni dopo la fondazione di Naxos (735 a. C.?) (Polyaen., v, 5, 2): questi ultimi cacciarono i Siculi (Thucyd., vi, 3-4) e grecizzarono il nome in Leontìnoi, derivandone l'immagine del leone quale paràsemon della città nella monetazione.

Stretta fra potenti vicini, principalmente da Siracusa a S, L. non poté godere di troppo lunghi periodi di autonomia. Soggiacque infatti al dominio del tiranno di Gela Ippocrate, nel 495 a. C., e quindi dei Dinomenidi siracusani. Libera nel 466, di fronte alle nuove minacce di Siracusa stringe con Atene due alleanze, di cui la seconda perorata dal celebre oratore Gorgia, che indusse gli Ateniesi a mandare a L. gli aiuti richiesti (427 a. C.: Diod., xii, 53) e ad intraprendere la lotta contro Siracusa. Indipendente tuttavia anche dopo la sconfitta ateniese, L. è più tardi occupata da Dionigi. Gli eventi posteriori registrano ancora periodi di libertà e periodi di soggezione ai sovrani siracusani, l'ultimo dei quali, Geronimo, è ucciso nella città, che nel 215 a. C. verrà conquistata dai Romani.

Leontìnoi, edificata a S del fiume Terias, comprendeva, fra due serie di colli dai fianchi scoscesi, una grande valle centrale (oggi valle di S. Mauro), ove era l'agorà, mentre delle due valli esterne l'occidentale (detta di S. Eligio) era attraversata dal fiume Lyssos (Polyb., vii, 6).

Gli scavi recenti hanno restituito le testimonianze della vita sicula sul colle S. Mauro (resti di ceramiche) e sul colle Metapiccola; del villaggio esistente sulla sua spianata si sono identificati i fondi, incassati nella roccia, di numerose capanne rettangolari, tipologicamente simili a quelle del primo periodo del Ferro trovate sul Palatino. Dell'impianto calcidese, la cinta difensiva più arcaica è quella che correva lungo i margini del colle S. Mauro, parzialmente messa in luce verso la valle omonima.

Il muro a filari di grossi conci di arenaria, disposti per testa, delle dimensioni medie di m 1,50 × 0,50 × o,6o, racchiudeva la città più antica delle origini e del VII sec. a. C. limitata nell'ambito del colle ricordato. Alla fine del secolo ed agli inizî del successivo, quando l'abitato calcidese si ampliò inglobando ad E l'opposto colle di Metapiccola, almeno nel versante affacciato all'imbocco della valle S. Mauro si creò un'ala di nuovo muro a doppio tronco rettilineo raccordato da una torre a pianta semicircolare. Questo muro, alquanto più avanzato e sempre più divergente verso S rispetto all'antico, costruito ad assise molto regolari di conci alti mezzo metro, si appoggiò a rivestire come un paramento il declivio naturale dell'altura, con accentuata inclinazione a scarpa. Sopra lo sbocco meridionale della valle S. Mauro piegava decisamente ad angolo retto scendendo fino al piede, con un tratto lungo m 31, a costituire il muro traverso di chiusura della valle e di allacciamento assieme alla porta urbica, che vi si apriva, larga m 3,80, alla identica fortificazione che dopo un dente, formante una specie di torre a difesa dell'ingresso, risaliva il declivio del colle Metapiccola procedendo verso S a fronte della corrispondente ala del colle S. Mauro. La fortificazione, che si adattò al terreno sfruttandone al massimo le possibilità difensive, veniva quindi a costituire all'imbocco meridionale della valle, un poderoso dispositivo a tenaglia avanzato per circa 200 m oltre la porta, attraverso cui entrava la strada proveniente da Siracusa. Il gelòo Ippocrate ebbe tuttavia ragione di questa difesa, che, nella prima metà del sec. V a. C. fu distrutta. Il rifacimento, che ne seguì poco prima della metà del secolo, mantenne inalterato lo schema, ma avanzò il muro trasverso che, portato sulla linea esterna del dente del muro di Metapiccola, salì sul S. Mauro fino ad appoggiarsi alla muraglia del colle con un angolo ottuso. La porta siracusana risultò così spostata in avanti (m 6) e venne ampliata (m 6,80), il muro orientale fu in corrispondenza di essa rafforzato all'interno da un saldo sperone, mentre all'esterno, alquanto più avanti all'ingresso urbano, fu appoggiata una grande torre quadrata (m 9 di lato), che ne assicurava la protezione. Queste robustissime strutture murarie, di grandi conci con disposizioni alternate per un più efficace concatenamento, dovettero essere distrutte nell'ultimo venticinquennio del secolo (probabilmente dopo il 422 a. C.). Un affrettato rifacimento del sistema, con un'opera avanzata sul muro trasverso, costruita in scadente opera incerta, fu attuato evidentemente nella seconda metà del sec. III a. C. a difesa contro i Romani, di cui non valse però ad infrangere l'impeto.

Fuori della porta, compresa nell'ambito del sistema a tenaglia, e spostando le sue sepolture da O ad E, a seconda delle variazioni dell'andamento stradale esterno, si sviluppò la necropoli nelle sue varie fasi (metà VI-V sec. a. C.; IV sec.; III sec.; fine III-II sec. a. C.). Di fronte alle più antiche tombe prevalentemente ad inumazione entro la nuda terra, in qualche caso protette da tegoloni, formanti cassa o disposti "a cappuccina" o a semplice copertura della fossa, con corredi poveri, nella seconda fase, che continua la tipologia della precedente, si incontrano sepolture in qualche caso di maggiore monumentalità (epitymbia a piramide gradinata di arenaria). La fase recenziore della necropoli (sec. III-II a. C.) pone le sue povere tombe, ancora del tipo ad inumazione, ma, con più frequenza, ad incinerazione, indiscriminatamente su tutta l'area dal livello notevolmente rialzato sui piani delle precedenti deposizioni. Entro il perimetro delle fortificazioni della topografia dell'abitato greco gli scavi hanno portato a riconoscere l'esistenza di un'area sacra al sommo del colle S. Mauro, attorno all'altura di Casa Aletta, ove terrecotte architettoniche, già trovate dall'Orsi (Museo Nazionale di Siracusa), portarono a supporre l'esistenza di qualche tempio arcaico. Le recenti ricerche incontrarono un altro gruppo di questi rivestimenti fittili (Antiquarium di L.) di edifici sacri tra il materiale di colmata di due ambienti scavati nella roccia e affacciati a N in una terrazza sottostante a quella dove sorgeva il tempio. I resti di un piccolo tempio del sec. VI a. C. sono stati scoperti anche sul colle di Metapiccola: la costruzione sacra, che s'ornava di terrecotte architettoniche, venne a sovrapporsi al villaggio siculo sopra ricordato assieme ad alcune case di abitazione della stessa epoca, conservanti nella pianta generalmente rettangolare parte dell'alzato dei muretti perimetrali di pietrame e fanghiglia. Altre abitazioni della antica Leontìnoi, scavate in parte sul fianco roccioso, sono state riconosciute sul colle S. Mauro. La città greca, oltre alle copiose ceramiche di fabbriche corinzie, ioniche, attiche, ha restituito, in vari tempi, preziosi cimeli d'arte. Nella scultura marmorea, con il koùros (Museo Naz. di Siracusa) dalla plastica delicata, di scuola insulare dell'Egeo, e con la testa Biscari (Museo di Castello Ursino a Catania) dalla massa quadrata, non improbabile prodotto questo, attesa la somiglianza con una testa fittile da Medma (museo di Reggio), di artista siceliota, L. ha restituito due fra i principali incunaboli dell'arte greca arcaica. Per la toreutica è noto il lebete (museo di Berlino), prodotto d'importazione al pari delle ceramiche ioniche ed attiche, largamente rappresentate queste ultime. Notevole è la monetazione, nella quale, dopo la bella testa leonina del periodo arcaico, subentra l'eco del tipo siracusano del Damareteion, con la comparsa della nobile testa di Apollo, e più tardi l'influsso della monetazione di Catana, con i tipi dell'Apollo e di un dio fluviale, forse il Terias o il Lyssos.

Alla Leontìnoi del sec. VII a. C. va attribuita una produzione di ceramica locale con motivi decorativi del repertorio subgeometrico o orientalizzante, talora ornata con riquadri contenenti rappresentazioni più complesse a figure - esseri umani, animali, uccelli - delineate con la sola linea di contorno. Viene attribuita anche ad origine locale una ceramica con forme piccole, distinta da un disegno mediocre, con la caratteristica della palmetta campanulata, e da vernice scadente rossastra, produzione che tocca l'età ellenistica.

Dopo il I sec. a. C. l'abitato di L. dovette spostarsi definitivamente verso N scendendo verso la pianura, dove s'incontrano le vestigia della città romana e cristiana.

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