FIBONACCI, Leonardo

Enciclopedia Italiana (1932)

FIBONACCI, Leonardo (Leonardo Pisano o Leonardo Bigollo)

Ettore Bortolotti

Matematico, di Pisa, vissuto nella seconda metà del sec. XiI e nella prima metà del XIII. Nella prefazione al suo Liber Abbaci (1202) il F. racconta che essendo suo padre "assegnato dalla patria alla dogana di Bugia" (presso Algeri) lo fece colà istruire "nell'abbaco al modo degli Hindi". Appassionatosi poi di quell'arte, il F. indagò quanto in materia si studiava nell'Egitto, nella Siria, in Sicilia e nella Provenza, luoghi che egli "per cagion di commercio" dovette visitare. "Abbracciando poi più strettamente il modo degli Hindi, e aggiungendo qualche cosa del proprio pensiero, e qualche cosa prendendo dalle sottigliezze di Euclide, compose tutto ciò... nel suo Libro d'abbaco". L'immensa congerie di materiale frammentario e disperso che poté cosi raccogliere, fu da lui con mirabile magistero coordinata e rifusa in un organico corpo di dottrina, costituente un'enciclopedia, che valse a iniziare fra noi una scienza del tutto nuova, e a preparare i brillanti progressi che più tardi l'algebra fece in Italia. L'altezza degli argomenti, l'ordinamento della materia, il rigore delle dimostrazioni, la copia degli esempî, che svelano lo scopo didattico, fecero di quest'opera del F. il modello dei trattati di stile universitario, nel tempo in cui la Lectura Abbaci comprendeva tutto lo scibile in fatto di teorie analitiche. Mentre poi, per la chiara e accurata applicazione a tutti i casi occorrenti nella vita civile e nella pratica mercantile, fu il prototipo dei manuali di aritmetica pratica "ad uso dei mercanti", scritti da quei "maestri d'abbaco" tanto celebrati in Italia e fuori. E la ricchissima esemplificazione è fonte preziosa per la storia delle industrie, dei commerci, delle relazioni che intercedevano fra i popoli che abitavano il bacino mediterraneo nell'epoca dei comuni.

Il Liber Abbaci procurò al F. grande fama, tanto che l'imperatore Federico II ne studiò le opere, ricercò di lui e volle che disputasse in sua presenza coi filosofi di corte; e da quelle dispute il F. trasse argomento a ulteriori sviluppi, che inserì in opere posteriori e nella seconda edizione del suo libro (1228).

La materia contenuta nel Liber Abbaci comprende l'esposizione della numerazione posizionale indiana (volgarmente detta araba), prima ignorata o non seguita in Europa, e una diffusissima trattazione della teoria dei numeri interi e fratti e delle operazioni, secondo il nuovo sistema di numerazione, da farsi sopra di essi. Il F. è considerato, per questo suo libro, come l'introduttore fra noi dei numeri arabi. Oltre a ciò tratta delle progressioni, del calcolo dei radicali, e, con rigorosa giustificazione, delle regole pratiche del tre, della semplice e doppia falsa posizione, di miscuglio, di cambio, ecc. Anche i quesiti di analisi indeterminata, che nella applicazione di talune di queste regole si presentano, sono esposti con sicurezza di metodo e con generalità di vedute. La "Regola d'algebra" costituisce l'ultima parte del volume; espone le formule di risoluzione per le equazioni di 2° grado, dimostrate, al modo degli antichi, con costruzioni geometriche, e una copiosissima scelta di problemi, che si risolvono con equazioni, o con sistemi di equazioni riducibili al 2° grado, trattati con insuperabile eleganza e con magistrale sicurezza.

La Practica Geometriae, che il F. compose nel 1220, non è, come apparirebbe dal titolo, un semplice manuale di geometria pratica, poiché le regole per la misura delle lunghezze, delle aree, dei volumi, degli angoli di figure piane, e per le misurazioni agrimensorie ivi contenute, sono sempre accompagnate da accurata dimostrazione, al modo euclideo, e dagli opportuni svolgimenti di calcolo; i quali, specialmente nei riguardi delle operazioni sui radicali, costituiscono un interessante complemento al Liber Abbaci. Notevole in quest'opera è la Sezione IV, che tratta de divisione camporum inter consortes, perché in essa si è riconosciuta la riproduzione di un libro euclideo che si credeva perduto.

La genialità dello spirito inventivo del F. si dimostra specialmente nelle opere minori: il Liber quadratorum, il Flos e la Epistola ad Magistrum Theodorum Phylosophum domini imperatoris. Il Liber quadratorum, composto nel 1225 per generalizzare un difficile problema di analisi indeterminata di secondo grado, costituisce un importante capitolo della teoria dei numeri. Contiene risultati che costituiscono un essenziale progresso di quella difficile teoria, e che fecero giudicare il F. come il maggior genio matematico che, in quel ramo di scienza, sia apparso fra Diofanto e Fermat.

Il Flos e la Epistola contengono problemi di analisi indeterminata di 1° grado, risoluti con notevole generalità di risultamenti, e interessanti problemi determinati, nei quali le soluzioni negative s'interpretano, al modo moderno, col volgere in senso opposto alcune delle condizioni dell'enunciato, cambiando cioè l'avere in debito. Considera anche un'equazione completa del terzo grado, che risolve, con metodo a noi ignoto, per approssimazione, portando il calcolo fino ai minuti sesti sessagesimali, dopo di avere, con mirabile indagine, dimostrato che le radici delle equazioni di grado superiore al secondo non si possono esprimere razionalmente nel campo euclideo, cioè mediante espressioni razionali, o con irrazionalità quadratiche dei coefficienti.

L'influenza dell'opera del F. sullo sviluppo della scienza è stata tale da poterne segnare col suo nome il rinascimento in occidente. Dopo di lui, i metodi indiani di numerazione e d' indagine e la regola d'algebra rapidamente si divulgarono, prima in Italia, poi nelle altre nazioni dell'Europa.

Opere: Tre scritti inediti di L. Pisano, pubbl. da B. Boncompagni, Firenze 1854 e 1856; Scritti di L. P., pubbl. da B. Boncompagni: I, Il Liber. Abbaci, Roma 1857; II, la Practica Geometriae; Opuscoli di L. P., Roma 1862.

Bibl.: B. Boncompagni, Della vita e delle opere di L. P., Roma 1852; idem, Intorno ad alcune opere di L. P., Roma 1854.

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