Les enfants du paradis

Enciclopedia del Cinema (2004)

Les enfants du paradis

Sandro Toni

(Francia 1943-44, 1945, Amanti perduti, bianco e nero, 180m); regia: Marcel Carné; produzione: Raymond Borderie, Fred Orain per Pathé; sceneggiatura: Jacques Prévert; fotografia: Roger Hubert; montaggio: Henry Rust, Madeline Bonin; scenografia: Alexandre Trauner; musica: Joseph Kosma, Maurice Thiriet.

Le Boulevard du crime. Siamo attorno al 1830. Il Boulevard du crime (nome popolare del Boulevard du Temple), così chiamato perché vi venivano rappresentati drammi spesso neri e truculenti, è invaso da una folla festante che va in cerca di quelle emozioni che solo il teatro è in grado di offrire. Un ambiente del genere accoglie i personaggi più disparati e le più svariate professioni: la ragazza (Garance) che sbarca il lunario offrendosi in un baraccone come la Nuda Verità, il bandito e ricettatore (Lacenaire) che nasconde le sue reali attività sotto le vesti di scrivano a pagamento, il giovane attore in cerca di gloria e di contratti (Frédérick Lemaître), il venditore di stracci e cianfrusaglie, i capocomici e direttori di compagnie che cercano di invogliare la gente a entrare nei teatri a vedere i loro spettacoli o le loro pantomime (Anselme e il figlio Baptiste Debureau), gli sfaccendati, i banchieri, gli aristocratici, i poliziotti… La bella Garance, accusata da un tronfio riccone di avergli sottratto l'orologio, viene liberata grazie alla testimonianza di Baptiste: egli ha visto il vero ladro, Lacenaire, che spesso Garance frequenta per la sua straordinaria abilità oratoria e per le idee quanto meno originali. Baptiste fa parte della compagnia dei Funambules assieme al padre Anselme, alla giovane Nathalie, da sempre innamorata di lui, e a diversi altri artisti, croce e delizia del folto e appassionato pubblico (a cui allude il titolo del film, che suona, letteralmente, 'i ragazzi del loggione', ed è passibile tuttavia di doppia interpretazione: gli attori amati dal loggione, oppure il pubblico amato dagli attori). Pur innamorato, Baptiste rifiuta per timidezza e insicurezza l'amore di Garance, che, delusa, finisce per cedere alla corte frizzante di Frédérick, talentuoso attore drammatico, appena assunto ai Funambules e recente amico di Baptiste. Ma Garance sarà obbligata a cedere all'assidua corte del potente conte de Montray per salvarsi dall'accusa di concorso in tentato omicidio (ancora una volta a opera di Lacenaire).

L'homme blanc. Sei anni dopo Baptiste, che ha sposato Nathalie, e da lei ha avuto un bambino, è divenuto una celebrità il più grande mimo del teatro francese, così come Frédérick è all'apice del successo come attore drammatico. Garance, ormai amante ufficiale del conte de Montray, ritornata a Parigi incontra di nuovo Frédérick, e assiste di nascosto a tutti gli spettacoli di Baptiste. Garance e quest'ultimo, nonostante Lacenaire riveli al conte de Montray la verità sul loro rapporto, riescono a passare una notte assieme in una stanza della loro vecchia pensione. Al mattino, nel momento in cui la loro storia d'amore pare poter cominciare davvero, entra all'improvviso in camera Nathalie con il bambino. All'esterno impazza il carnevale. Mentre Lacenaire, in un bagno turco, uccide il conte de Montray, Garance, che ha capito l'impossibilità di realizzare il suo sogno d'amore, fugge dall'albergo e scompare tra la folla festante, vanamente inseguita da Baptiste.

Già salutato da Georges Sadoul alla sua uscita come "uno dei più importanti film che siano mai stati girati al mondo negli ultimi dieci anni", Les enfants du paradis non ha cessato di alimentare nel tempo il proprio mito, tanto che all'inizio degli anni Novanta i francesi lo ritenevano ancora il film più bello della loro cinematografia. Le ragioni sono molteplici e attengono, oltre che alla straordinaria felicità formale del film, alle particolari condizioni che presiedettero alla sua produzione.

Sulle ali dell'entusiasmo per il successo di Les visiteurs du soir (L'amore e il diavolo, 1942), Marcel Carné e Jacques Prévert stavano cercando argomenti suscettibili di ottenere gli stessi consensi. Fu un aneddoto raccontato da Jean-Louis Barrault a proposito del mimo Baptiste Debureau che li convinse a fare delle ricerche su storie e figure del teatro francese dell'Ottocento. Dopo sei mesi di lavoro il grande affresco sul teatro al tempo di Luigi Filippo era pronto. Le riprese iniziarono nell'agosto del 1943 agli Studios de la Victorine a Nizza, nella zona libera dall'occupazione tedesca. Le difficoltà di muoversi tra la zona occupata e la zona libera, le interruzioni dovute agli impegni di Barrault con il teatro, i costi crescenti del film, i problemi causati dalla imponente ricostruzione dell'intero Boulevard du crime, la cacciata del primo produttore André Paulvé, voluta dai tedeschi perché Paulvé era ebreo (in realtà per i suoi stretti rapporti con l'italiana Scalera film), il coprifuoco, i controlli della Gestapo, la fuga in Germania di Robert Le Vigan, l'attore poi sostituito da Pierre Renoir, furono tutti elementi che ritardarono la lavorazione. Ma gli ostacoli e l'attesa contribuirono a creare il mito.

Presentato poco dopo la liberazione di Parigi, il film (uno dei più costosi della storia del cinema francese) fu subito un trionfo. Ma non fu solo l'avventurosa vicenda della sua lavorazione a farne la fortuna. Carné e Prévert avevano messo in scena le grandi figure dell'Ottocento francese (Baptiste Debureau è stato il più grande mimo della storia francese, Frédérick Lemaître un attore tanto geniale da meritarsi l'elogio funebre di Victor Hugo, mentre il bandito-poeta Lacenaire aveva già eccitato le fantasie di Théophile Gautier), immergendole in un contesto popolare sviluppato in chiave surrealista e facendole interpretare dai più grandi nomi del cinema e del teatro francese. Era l'indicazione della continuità tra Storia e contemporaneità, tra le grandi figure del passato e quelle del presente (Barrault, Brasseur, Prévert e il surrealismo, Guitry, che aveva già messo in scena Debureau, ecc.). E finiva per essere la rivendicazione della cultura e della civiltà francese, orgogliosamente gettata in faccia alla barbarie dell'invasore tedesco.

Ma tutto questo fu possibile solo grazie alla straordinaria fusione tra la sceneggiatura di Prévert e la regia di Carné, che riuscirono a governare fin nei dettagli una struttura estremamente complessa e ricca di sfumature narrative e psicologiche. Jean-Louis Barrault, Pierre Brasseur e Arletty diedero in questo film la più grande interpretazione della loro carriera, tanto che nell'immaginario popolare rimasero per sempre legati a quei personaggi così intensamente tesi verso un amore che la società, o il destino, gli sottrae. La sequenza conclusiva del film è in questo senso talmente intensa che se ne ricorderà Rossellini per il finale di Viaggio in Italia. La rabbia esistenziale del film è condensata nella figura di Lacenaire, il poeta assassino 'per vocazione', perennemente in rivolta contro la società, sotto le cui vesti non è difficile scorgere rappresentato lo stesso Jacques Prévert. Il film uscì in Italia ridotto a novanta minuti.

Interpreti e personaggi: Arletty (Garance), Jean-Louis Barrault (Baptiste Debureau), Pierre Brasseur (Frédérick Lemaître), Maria Casares (Nathalie), Marcel Herrand (Lacenaire), Louis Salou (conte Édouard de Montray), Pierre Renoir (Jéricho, lo straccivendolo), Étienne Decroux (Anselme Debureau), Gaston Modot (Filo di seta), Jane Marken (M.me Hermine), Marcel Pérès (direttore dei Funambules), Paul Frankeur (commissario), Fabien Loris (Avril).

Bibliografia

E. Chaumeton, Les enfants du paradis, in "Cahiers de la cinémathèque", n. 8, hiver 1973.

M.J. Affron, 'Les enfants du paradis': Play of Genres, in "Cinema Journal", n. 1, fall 1978.

M. Carné, La vie à belles dents. Souvenirs, Paris 1979 (trad. it. Roma 1990).

M. Oms, 'Les enfants du paradis' ou la mutation cinématographique du mélodrame, in "Cahiers de la cinémathèque", n. 28, mai 1979.

M. Chion, Le dernier mot du muet, in "Cahiers du cinéma", n. 330, décembre 1981.

A. Freadman, Reading the visual, in "Framework", n. 30-31, 1986.

E. Baron Turk, Child of Paradise. Marcel Carné and the Golden Age of French Cinema, Harvard 1989.

S. Toni, Le petit acte de Lacenaire, in "Cineforum", n. 318, ottobre 1992.

Sceneggiatura: in "L'avant-scène du cinéma", n. 72-73, juillet-septembre 1967; J. Prévert, Les enfants du paradis, Paris 1999.

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