LESDIGUIÈRES, François de Bonne, duca di

Enciclopedia Italiana (1933)

LESDIGUIÈRES, François de Bonne, duca di

Romolo Quazza

Nacque a Saint-Bonnet-de-Champsaur probabilmente nel 1543. Orfano di padre a cinque anni, studiò a spese dello zio materno, Francesco di Castellane, ad Avignone e a Parigi (1560). Morto lo zio, si volse alle armi. Incline al calvinismo, seguì l'ugonotto capitano Furmeyer, appena si accese la lotta religiosa, e combatté nel Delfinato. Si segnalò a Jarnac (13 marzo 1569), fu notato da Enrico di Navarra, divenne il primo dei capi agli ordini di Ch. de Montbrun. Invitato a Parigi, fuggì appena in tempo per sottrarsi alla strage di S. Bartolomeo. Dopo la morte del Montbrun, fu il capo dei protestanti del Delfinato (1577). In ottimi rapporti con Emanuele Filiberto, il L. lo assecondò nell'istigare R. de Bellegarde a impadronirsi del marchesato di Saluzzo (1579). Dinanzi alla politica lusingatrice di Caterina de'Medici, si mostrò accortissimo politico. Nel 1580-81 subì una dura prova per la vittoria del duca di Mayenne a La Mure e per l'invidia di protestanti dissidenti. Nel 1588, mentre giungeva al colmo la confusione del governo centrale, il L. si accordò col duca d'Èpernon e l'anno dopo con Alfonso d'Ornano, luogotenente di Enrico III, e, scomparso quest'ultimo, essi s'impegnarono a conservare il Delfinato a Enrico IV. In questo momento Carlo Emanuele tentò di staccare il L. da Enrico; ricevuto un reciso rifiuto, si volse alla Lega. Dal 1590 s'inizia la serie delle guerre tra il L. e Carlo Emanuele. Nello stesso tempo il L. sconfigge pienamente la Lega nel Delfinato, s'impadronisce di Grenoble. Nel settembre 1592 porta la guerra in Piemonte e occupa Cavour; ma nella primavera del 1593 Carlo Emanuele riesce a prendere Exilles; dopo le campagne del 1594-95 Carlo Emanuele accede al trattato di Bourgoing (23 ottobre 1595). Il L. è ancora il capo della spedizione del 1597 contro il duca sabaudo, a cui strappa il forte Barraux; dopo la pace di Vervins è sempre il L. a porre in guardia Enrico IV contro Carlo Emanuele e a capitanare la guerra in Savoia. Anche dopo il trattato di Lione (1601), mentre come luogotenente generale del Delfinato compie sapiente opera amministrativa, continua a vigilare l'attività del duca, contribuisce al fallimento della scalata di Ginevra; per tutta la zona alpina e quindi anche per la questione valtellinica, al tempo del Fuentes, esercita una parte importantissima.

Nel 1608 è creato maresciallo di Francia; muta il vecchio atteggiamento verso la politica sabauda, assecondando l'alleanza di Carlo Emanuele con Enrico IV. A Bruzolo tratta egli stesso col duca e prepara la spedizione in Italia. Morto Enrico IV, insiste per l'esecuzione dei patti di Bruzolo; poi, anche obbedendo agli ordini della reggente, dalla quale è creato duca e pari di Francia, continua le relazioni amichevoli con Carlo Emanuele e gl'invia aiuti segreti, durante la guerra del Monferrato, lo sostiene contro la Spagna, nonostante il divieto della corte francese.

Nel 1617 combatte a fianco di Carlo Emanuele, senza che vi sia vera rottura tra Francia e Spagna, asseconda le nozze di Vittorio Amedeo con Cristina di Francia; è col duca sabaudo illuso sulle intenzioni del duca P. d'Ossuna. Il suo sogno è sempre l'abbattimento della Spagna.

Negli anni seguenti, 1621 e '22, cerca di conciliare l'interesse degli ugonotti con quello della Monarchia. Morto il duca C. di Luynes, il L. nel luglio 1622 si decide all'abiura e il giorno stesso riceve a mezzo di C. de Créquy, suo genero, le lettere regie che lo nominano connestabile. In seguito continua l'opera conciliativa all'interno; e all'esterno è sempre contro la Spagna. Ai disegni di Richelieu si rallegra e propugna la guerra in Italia e nel 1625 partecipa con Carlo Emanuele all'impresa di Genova. Nascono dissensi sulla condotta della campagna, ma alla vittoria di Carlo Emanuele a Voltaggio corrisponde la presa di Gavi da parte del L., che si distingue nella ritirata e nel soccorrere Verrua. Nel 1626 fa ancora uno sforzo per reprimere una ribellione protestante, ma, affranto dagli anni, muore poche settimane dopo, il 28 settembre 1626. Figura tra le più singolari, egli è considerato come maestro nella guerra di montagna: in politica ebbe visione lucidissima degl'interessi francesi.

Bibl.: C. Dufayard, Le connét. de L., Parigi 1892.