Levante

Enciclopedia Dantesca (1970)

levante

Giovanni Buti-Renzo Bertagni

L. e ponente (v.) stanno in D., regolarmente, per oriente e occidente. Nella Commedia il termine l. ricorre tre volte: quel fiume c'ha proprio cammino / prima dal Monte Viso ʼnverʼ levante (If XVI 95); a levante mi rendei (Pg XXIX 12); vòlti a levante ond'eravam saliti (IV 53), che pone un problema interpretativo in rapporto al verso seguente che suole a riguardar giovare altrui. Questo ‛ giovamento ' o ‛ piacere ' (secondo il duplice fondamentale significato del latino iuvare) può riferirsi sia all'oriente che al cammino percorso.

La prima di questeinterpretazioni è sostenuta dal Barbi (" Bull. " XII [1905] 270 e XVIII [1911] 13-14), che allega Pg VIII 11, dove un'anima della valletta che si alza a pregare ficca li occhi verso l'oriente, e Rime LXXIV 11 mi segna' verso 'l levante, oltre a buon numero di testi antichi che confermano la diffusa venerazione popolare per l'oriente. Si ricordi d'altra parte che i templi antichi e le chiese primitive erano " orientali ". Tuttavia ciò non rientra nel contesto nel quale invece è a suo luogo il compiacimento per aver compiuto un duro cammino, il che incoraggia a proseguire. Inoltre, guardando l'oriente, D. si accorge che il sole procede a sinistra, e di qui prende lo spunto per la lunga spiegazione sul carro de la luce (Pg IV 55-84). In questo senso il l. può apparire come un pretesto per la dissertazione astronomica sugli antipodi. Il termine ricorre ancora in Rime LXXXIII 97 dal levante / ... infino a tanto che [il sole] s'asconde.

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