Lia

Enciclopedia Dantesca (1970)

Lia

Angelo Penna

Figlia di Labano e moglie del patriarca Giacobbe. Isacco inviò il figlio Giacobbe dalla Palestina in Mesopotamia perché si scegliesse la moglie tra le figlie di suo cognato Labano, della famiglia di Abramo. Il giovane chiede la mano di Rachele; Labano gliela concede, ma con uno stratagemma gli consegna prima la figlia maggiore, L. (Gen. 28, 1 ss; 29, 9 ss.).

Rachele partorì a Giacobbe solo due figli, mentre L. divenne madre di otto figli (Gen. 29, 31 ss.; 35, 23 ss.). Da questa prolificità diversa delle due donne l'interpretazione allegorica della Bibbia fu spinta a vedere in L. il simbolo della vita attiva e in Rachele quello della vita contemplativa. L'idea, sfruttata spesso anche nell'arte, si può qualificare come tradizionale nella storia dell'esegesi allegorica. Già s. Tommaso (Sum. theol. II II 179 2), distinti i due generi di vita, poteva limitarsi alla semplice indicazione che la vita attiva è simboleggiata da L. e quella contemplativa da Rachele. Mentre s. Gerolamo (Epist. CXXIII 13) preferisce segnalare nelle due donne rispettivamente il tipo della sinagoga e quello della chiesa, s. Gregorio Magno (Homeliae in Ezechielem, II II 10), sviluppando un'allusione di s. Agostino (Contra Faustum XXII 52; De Consensu Evangelistarum I 5, 8), svolge a lungo i motivi che giustificano l'interpretazione con riferimento alla vita attiva e a quella contemplativa.

L'interpretazione fu accolta anche da D., che la descrive nella visione profetica avuta alla fine del viaggio attraverso il Purgatorio. L. appare al poeta nell'atto di formarsi una ghirlanda, mentre così descrive il proprio simbolismo e quello della sorella: Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno; / ma mia suora Rachel mai non si smaga / dal suo miraglio, e siede tutto giorno. / Ell'è d'i suoi belli occhi veder vaga / com'io de l'addornarmi con le mani; / lei lo veder, e me l'ovrare appaga (Pg XXVII 103-108). L. è prefigurazione di Matelda, anche nell'aspetto esterno; le sue ghirlande simboleggiano le buone opere, " il suo specchio sarà la sua propria coscienza " (Leo), la sua apparizione rappresenta la fine, ormai, nel viaggio dantesco, di figure terrestri e la loro sostituzione con figure simboliche, avvolte in una ineffabile temperie di sogno e di visione estatica, e significanti le varie stazioni del processo purificatorio di D. viator.

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