LIBIA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Libia

Anna Bordoni
Martina Teodoli
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(XXI, p. 57; App. I, p. 790; II, ii, p. 196; III, i, p. 990; IV, ii, p. 333; V, iii, p. 199)

geografia umana ed economica

di Anna Bordoni

Popolazione

Il penultimo censimento demografico risale al 1984 (3.642.576 ab.), mentre l'ultimo, di cui si hanno finora a disposizione solo dati provvisori, è stato effettuato nel 1995; secondo stime nel 1998 gli abitanti erano 5.339.000 (esclusi gli stranieri). L'incremento demografico continua a mantenersi su livelli elevati, anche se vanno scendendo i tassi di natalità; di conseguenza il tasso di incremento medio annuo, che nella prima metà degli anni Ottanta si aggirava sul 40‰, è oggi attestato attorno al 23‰.

Numerosi sono gli immigrati (più di 2 milioni, quasi uno ogni due Libici), ma negli ultimi anni è cresciuto un certo malcontento nei loro confronti, in quanto accusati di sottrarre posti di lavoro alla manodopera locale (secondo stime non ufficiali, nel 1997 i disoccupati rappresentavano il 20% della popolazione attiva). Una legge del giugno 1995 ha disposto l'espulsione dei lavoratori stranieri non provvisti di regolare contratto di lavoro: tale provvedimento ha riguardato circa un milione di persone, prevalentemente Palestinesi, Sudanesi, Ciadiani.

La densità media, se da un lato denuncia che si tratta di un territorio scarsamente popolato, nulla dice sull'effettiva distribuzione spaziale della popolazione, ancora più concentrata, rispetto al passato, nelle principali città e nella fascia settentrionale del paese. Nel 1995, secondo una stima, la capitale Tripoli presentava una popolazione di 1.682.000 ab. (ma si calcola che l'agglomerato urbano superi i 3,2 milioni). Nel 1984, Bengasi (circa 446.000 ab.) era la seconda città del paese; altre città importanti sono Misurata (Miṣurātah), al-Zāwiyya e al-Bayḍā'.

L'embargo decretato dall'ONU nell'aprile 1992 contro la L., che non aveva accettato di collaborare con Washington, Londra e Parigi nelle inchieste sugli attentati aerei di Lockerbie (Scozia, 1988) e del Ténéré (Ciad, 1989), nonché i freddi rapporti esistenti con i vicini stati arabi hanno confinato il paese in un progressivo isolamento internazionale, che pesa sotto il profilo economico, e ha alterato profondamente il quadro sociale e degli equilibri territoriali della Libia. Ne è un esempio la decisione governativa (marzo 1997) di istituire punizioni collettive per i complici di alcuni 'delitti', quali atti sovversivi, violenza armata e 'devianza' religiosa. Dato che le tribù svolgono nella società libica un ruolo determinante, è fatto preciso obbligo ai membri di queste collettività di denunciare coloro il cui comportamento viene giudicato incivile: se non lo dovessero fare, interi gruppi correrebbero il rischio di essere privati di acqua corrente, elettricità, telefono e servizi sociali.

Condizioni economiche

L'eccessiva dipendenza dell'economia libica dal settore degli idrocarburi ha determinato, nel corso degli anni Ottanta, una forte recessione che ha indotto il governo a un drastico taglio delle spese, all'abbandono di progetti di sviluppo e al rientro di molti investimenti fatti all'estero. Tale crisi si è ulteriormente aggravata in seguito all'embargo proclamato dall'ONU nel 1992, sebbene quest'ultimo non riguardi il petrolio, che continua ad assicurare oltre il 90% delle esportazioni. I prezzi al consumo sono aumentati notevolmente, la disoccupazione è elevatissima soprattutto tra i giovani, mentre le restrizioni al bilancio hanno ridotto la possibilità di creare nuovi impieghi e sono responsabili di una grave caduta nel livello dei servizi di salute pubblica ed educazione. Inoltre, le sanzioni economiche hanno determinato un approfondimento delle ineguaglianze sociali, con conseguente crescita del dissenso interno.

Per quanto riguarda i settori produttivi, l'agricoltura, nonostante i considerevoli investimenti per estendere la superficie irrigua, continua ad avere un ruolo del tutto trascurabile: la maggior parte delle terre fertili viene utilizzata per coltivare prodotti destinati all'autoconsumo; tuttavia, dato il rilevante aumento della domanda interna, legato alla rapida crescita demografica degli anni passati, si è andata via via registrando una forte diminuzione della capacità di autosostentamento del paese. L'industria è rimasta in gran parte ancorata alla lavorazione del petrolio; è stato potenziato il settore siderurgico, considerato di rilevanza strategica in virtù delle sue caratteristiche di propulsività nei confronti di altri comparti industriali, ma l'attuale produzione di acciaio dell'impianto di Misurata è alquanto modesta e non compensa i costi sostenuti.

Il vero fulcro delle attività economiche libiche continuano a essere gli idrocarburi: nel 1997 sono state estratte 70.200.000 t di petrolio e 6298 milioni di m³ di gas naturale; nello stesso anno sono state accertate riserve del primo per 4025 milioni di t e del secondo per 1310 miliardi di m³. Un oleodotto di 175 km collega i pozzi di Ziltin con il terminale di carico a Marsa Brega (Marsa al-Burayqa), sul Golfo della Sirte; un altro oleodotto di 200 km immette nell'oleodotto di Ziltin-Marsa Brega il petrolio estratto da al-Rāqūba. Al terminale di Ra's Lānūf fa capo l'oleodotto Sirtica, alimentato dal petrolio dei giacimenti di al-Ḥufra e Ora e collegato anche con i giacimenti di al-Bayḍā', al-Samāḥ, al-Wāḥa, Ǧālū. Altri oleodotti collegano il giacimento di Amal con il terminale di Ra's Lānūf, il giacimento di Sarīr con il terminale di al-Ḥarīqa, presso Tobruch, e il giacimento di Awǧila con il terminale di al-Zuwaytīna.

bibliografia

J. Bisson, La Libye entre clientélisme et régionalisme tribal, in Géographies. Bulletin de l'Association des géographes français, 1997, 1, pp. 7-82.

J. Fontaine, Libye: les premiers résultats du recensement de 1995, in L'information géographique, 1998, 1, pp. 34-39.

Storia

di Martina Teodoli

Nata nel 1969, in seguito al rovesciamento della monarchia a opera di un gruppo di giovani ufficiali nazionalisti, la repubblica libica vide ininterrottamente alla propria guida, dal 1979 con il ruolo di 'leader della rivoluzione', il colonnello M. Gheddafi (al-Qadhdhāfī). L'intensa attività dispiegata sul piano internazionale, ispirata a un nazionalismo arabo dai caratteri fortemente anti-israeliani, se da un parte rese la L. uno dei principali promotori dell'anticolonialismo e degli ideali panarabi, dall'altra la pose in contrasto con diversi Stati occidentali e alcuni paesi dello stesso mondo arabo, ma anche, in alcune fasi, con la stessa Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP). Mentre dalla seconda metà degli anni Ottanta si registrava un miglioramento delle relazioni sul piano regionale, furono soprattutto i contrasti con gli Stati Uniti e con altri paesi occidentali, che accusavano la L. di essere coinvolta in episodi di terrorismo internazionale, a determinarne il crescente isolamento. Nella seconda metà degli anni Novanta, tale isolamento aggravò le difficoltà economiche che, legate al calo delle esportazioni petrolifere, segnarono la crisi del programma di modernizzazione promosso fin dagli anni Settanta, alimentando squilibri e tensioni sociali. Nel 1991 Stati Uniti e Gran Bretagna richiesero l'estradizione di due cittadini libici, accusati di essere responsabili dell'esplosione di un aereo di linea statunitense avvenuta sopra la cittadina scozzese di Lockerbie nel dicembre 1988.

Oppostasi all'estradizione, Tripoli si rivolse alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja e, richiamandosi alla Convenzione di Montreal del 1971, rivendicò il diritto di giudicare i due libici o, in via subordinata, di sottoporli al giudizio della stessa Corte internazionale o comunque di un tribunale indipendente. La posizione di Londra e Washington fu tuttavia accolta dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, che varò ai danni della L. sanzioni economiche, regolarmente rinnovate a partire dal 1992. Mentre i due paesi occidentali contestavano la competenza della Corte internazionale dell'Aja a pronunciarsi su una disputa già oggetto di diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, la stessa Corte dell'Aja emise nel febbraio 1998 un pronunciamento che stabiliva la propria competenza a giudicare la tesi libica, e il mese successivo fissava al 30 dicembre 1998 il limite massimo per il deposito da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna delle loro 'memorie' contro Tripoli.

Le sanzioni varate nel 1992, in particolare il bando dei collegamenti aerei e l'embargo sul commercio delle armi, furono ampliate nel 1993, quando il Consiglio di sicurezza vietò la vendita alla L. di macchinari destinati all'industria petrolifera e decise il congelamento di alcune proprietà libiche all'estero. Invece, la richiesta statunitense di un ampliamento dell'embargo alle esportazioni petrolifere non venne accolta dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, e dal 1995 Washington impose unilateralmente ulteriori sanzioni economiche. Un crescente sostegno alla posizione libica emerse nel 1997-98 da parte dell'Organizzazione dell'unità africana, dell'Organizzazione della conferenza islamica e della Lega araba, e nell'agosto 1998 i governi di Washington e Londra accettarono la proposta libica di far processare i due accusati in un paese terzo (i Paesi Bassi). Nei mesi successivi la situazione rimase comunque bloccata per il rifiuto dei due paesi occidentali di discutere le misure di sicurezza richieste da Tripoli, insieme alla garanzia che un'eventuale pena non sarebbe stata scontata in Gran Bretagna ma nei Paesi Bassi. Intanto, un netto miglioramento si era registrato nelle relazioni con il Ciad, dopo che la Corte internazionale di giustizia dell'Aja aveva riconosciuto la sovranità di quest'ultimo sulla striscia di Ūzū (gennaio 1994); nel maggio 1994 le forze libiche si ritiravano dalla zona contesa e nel giugno dello stesso anno i due paesi concludevano un trattato di amicizia e cooperazione. La problematica situazione internazionale si ripercosse sulla stabilità interna, rafforzando il dissenso nei confronti del regime: si registrò in particolare una crescita dei gruppi fondamentalisti islamici, a fronte della quale il regime libico adottò una politica repressiva, alternata a misure conciliatorie e di islamizzazione della società, in virtù di una più stretta applicazione dei provvedimenti ispirati alla šarī῾a. Rimasero comunque difficili i rapporti fra il regime, che con un'interpretazione per certi versi riformista dell'Islam aveva minato il potere dell'élite religiosa tradizionale, e quest'ultima, che rivendicava un maggior controllo sulla vita religiosa del paese. Nell'aprile 1999 il governo estradò nei Paesi Bassi i due libici accusati dell'attentato di Lockerbie perché fossero processati da un tribunale scozzese in presenza di osservatori internazionali nominati dalle Nazioni Unite. Contestualmente vennero sospese le sanzioni in vigore dal 1992. Nel luglio 1999 L. e Gran Bretagna ristabilirono completamente le relazioni diplomatiche.

bibliografia

D. Sammut, Libya and the islamic challenge, in The world today, 1994, pp. 198-200.

M. Djaziri, État et société en Libye. Islam, politique et modernité, Paris 1996.

D.J. Vanderwalle, Libya since independence. Oil and state building, Ithaca (N.Y.) 1998.

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