CAVANI, Liliana

Enciclopedia del Cinema (2003)

Cavani, Liliana

Flavio De Bernardinis

Regista cinematografica, televisiva e teatrale, nata a Carpi (Modena) il 12 gennaio 1937. Autrice di lucida intelligenza e con un senso rigoroso del dramma, ha legato la sua notorietà soprattutto al primo film Francesco di Assisi (1966), impostato con spirito laico e contestatorio, e a Il portiere di notte (1974), dove ha affrontato il tema del nazismo ponendosi in un'ottica deliberatamente al di fuori della morale tradizionale, per esplorare da un'angolazione intimista gli abissi della storia e della psiche umana.

Laureata in lettere antiche all'Università di Bologna, diplomata al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, nel 1962 fu assunta in RAI come regista nel neonato secondo canale, dove realizzò programmi dalle tematiche forti e coinvolgenti, fra i quali Storia del Terzo Reich (1962), L'età di Stalin (1963), La casa in Italia (1964), Philippe Pétain: processo a Vichy, che ottenne il Leone d'oro nella sezione documentari della Mostra del cinema di Venezia nel 1965 e, nello stesso anno, La donna nella Resistenza e Gesù mio fratello. Malgrado la sua educazio-ne laica, che la condusse inizialmente ad accettare con qualche riserva la proposta della RAI di girare un film sulla vita di Francesco d'Assisi, la C. intravide la possibilità di privilegiare la carica eversiva della figura del santo, accogliendo infine il progetto, che realizzò con l'allora giovane Lou Castel come protagonista. Rifiutò però di girare l'opera in studio con le telecamere, ottenendo di utilizzare la pellicola a 16 mm in esterni: ne sortì quello che gli studiosi definiscono il primo telefilm della televisione italiana, trasmesso in due puntate, elevato a manifesto del dissenso cattolico che si andava in quegli anni affermando, debitore dell'atmosfera poetica e radicale di Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini. Frutto di una coproduzione con la Bulgaria, nei cui teatri di posa venne interamente girato, fu il successivo Galileo (1968), dove più che il ritratto dello scienziato, afflitto dalla pesante repressione ecclesiastica, emerge l'inquieta figura, irruenta e visionaria, di Giordano Bruno. Il personaggio di Antigone è invece al centro di I cannibali (1970), opera allegorica sul potere e la rivoluzione, spostata nel contesto di un regime totalitario contemporaneo. Attraverso il Mito e non più la Storia, così presente nei precedenti lavori, la C. compie in questo film una lucida analisi della realtà, in cui il rivoluzionario di domani ‒ interpretato da Pierre Clementi ‒ non deve parlare, perché la parola è già l'inizio di un compromesso e, quindi, di una sconfitta. Dopo l'insuccesso commerciale di quest'ultimo film, la regista tornò a lavorare per la RAI, realizzando L'ospite (1972), interpretato da Lucia Bosè, sul tema della sofferenza psichica, e specialmente Milarepa (1974), limpido film sull'illuminazione del sé, in cui il mito orientale assume una funzione salvifica rispetto a una civiltà capitalistica svuotata di prospettive ascetiche e sapienziali. Seguì poi Il portiere di notte, un'idea maturata sin dal periodo dei programmi televisivi sul Terzo Reich, che rappresentò il grande successo della C. presso il pubblico e la critica, divisa comunque sul giudizio. Il rapporto sadomasochista tra Max e Lucia, un torturatore delle SS e una prigioniera ebrea, vissuto nuovamente dodici anni dopo la fine della guerra, fa affiorare il nucleo tematico dominante del cinema della C., cioè un'analisi del potere che conduce direttamente all'ambiguità insita nella natura umana. In questa direzione sono confluite anche le opere successive: Al di là del bene e del male (1977), film irrisolto sul rapporto privato tra F. Nietzsche, P. Rée e L. Andreas Salomé, e quindi sui fondamenti filosofici, prima che sociali, dell'eros sadomasochista; La pelle (1981), tratto dal romanzo di C. Malaparte; Oltre la porta (1982), inutile variazione sul tema ricorrente nella sua filmografia dell'incesto; Interno berlinese (1985), tratto da un romanzo dello scrittore giapponese Tanizaki Jun'ichirō; Francesco (1989), in cui il divo emergente statunitense Mickey Rourke, con fama di maudit, cerca di rinnovare l'interpretazione che aveva offerto Lou Castel nel precedente Francesco di Assisi, in un'amplificazione visiva della scarna sobrietà del film del 1966; Dove siete? Io sono qui (1993), delicata incursione nell'universo poetico dei non udenti. La C. si è dedicata anche alla regia di opere liriche, di cui spesso ha curato la messa in onda televisiva (La traviata, 1992; Cavalleria rusticana, 1996; Manon Lescaut, 1999; Un ballo in maschera, 2001).

Bibliografia

C. Tiso, Liliana Cavani, Firenze 1975.

A. García del Vall, Liliana Cavani, Madrid 1980.

Lo sguardo libero: il cinema di Liliana Cavani, a cura di P. Tallarigo, L. Gasparini, Firenze 1990.

Il cinema di Liliana Cavani, Atti del convegno, Carpi 25 febbraio-3 marzo 1990, a cura di P. Goldoni, Casalecchio di Reno (Bologna) 1993.

F. Buscemi, Invito al cinema di Liliana Cavani, Milano 1996.

G. Marrone, The gaze and the labyrinth: the cinema of Liliana Cavani, Princeton 2000.

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