LIMES

Enciclopedia Italiana (1934)

LIMES (genit. limitis)

Wilhelm KUBITSCHEK
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La parola, di etimologia incerta, ma forse d'origine italica, significa propriamente una linea condotta trasversalmente attraverso una qualsiasi superficie, quindi soprattutto attraverso il terreno. Il tracciamento di tali linee, o limitatio, era l'operazione normale che faceva l'agrimensore quando misurava e divideva in lotti, da distribuire a coloni, una superficie di terreno. Poiché tali linee, tra lotto e lotto, erano segnate da strade, limes passò ad avere questo significato, che poi fondamentalmente mantenne sempre, quando anche il suo valore si allargò a indicare più precisamente una strada militare, fortificata, anzi l'insieme stesso delle fortificazioni; distese ai confini dell'impero (limes imperii), là dove questi non erano segnati dal mare o da un fiume, cioè da una ripa. In età bizantina il significato della parola si estese ancora, e limes fu, in generale, un distretto, una circoscrizione militare, anche se essa era fuori e lontana dal confine; tuttavia il termine viene oggi più comunemente adoperato nel senso di confine fortificato, non essendovi un corrispondente vocabolo italiano. Conviene infatti subito notare che mal si tradurrebbe il concetto latino di limes usando in sua vece la parola "confine" poiché il limes non è una linea ideale indicata da pochi termini posti a distanza fra loro, o nei punti di transito, come normalmente si segna oggi un confine fra stato e stato, ma è essenzialmente un'opera di difesa, la quale può essere costituita da uno o più elementi di fortificazione (muro, fossa, castelli, ecc.; e ognuno di questi elementi può essere continuo o limitato ai soli punti strategicamente più delicati), ma di cui elemento principale e fondamentale rimane sempre la strada, la quale naturalmente, tranne rare eccezioni, non può essere che continua. Il limes dell'impero si divide in sezioni, che prendono nome dalla regione che le sezioni attraversano o difendono: si ha il limes britannicus, il germanicus, il raeticus, l'arabicus; a loro volta alcuni di questi si frazionano in sottodivisioni, ad es., nel limes africano, limes numidicus, tripolitanus ecc.; in età bizantina, in dipendenza del già detto mutamento di significato della parola, si ha un limes Italiae, un limes Aegypti, ecc.

Lo sviluppo del limes è in dipendenza non soltanto dell'estensione delle conquiste dei Romani, ma altresì dello sviluppo della loro tecnica militare e della loro politica nei riguardi dei popoli non sottomessi situati fuori del territorio romano. Notiamo intanto che durante la repubblica il concetto del limes, quale si sviluppa nell'impero, si può dire ignoto ai Romani, per quanto non manchi un esempio di confine segnato materialmente e con linea continua ai margini di una provincia, quello della fossa regia, che nel 146 a. C. fu tracciata a dividere l'Africa Proconsolare dal regno di Numidia: fossa che seguiva, se non l'andamento, il modello di quelle fossae phoeniciae con cui già Cartagìne aveva chiuso il suo territorio.

Il limes, cioè la strada fortificata, comincia a comparire con l'impero, quando più chiaramente si delinea il distacco fra le terre di effettivo e sicuro dominio da un lato, e dall'altro le regioni e i popoli che rimangono fuori di questo dominio, e quando anche la lontananza e la difficoltà delle regioni da conquistare rendono necessario un mutamento di metodo nell'azione militare. Sennonché, nel periodo di Augusto e dei suoi primi successori, quando i Romani seguono ancora verso i popoli non sottomessi una politica offensiva, il limes è, più che una linea di difesa, una linea d'attacco, è cioè una via di accesso, opportunamente fortificata, che si diparte dal campo romano e si addentra nel territorio nemico: per quella via, che si prolunga talvolta per molte miglia, l'esercito romano si spinge alla conquista delle terre ancora non sottomesse, e si ritira a spedizione compiuta; il successo di questa è perciò subordinato all'efficienza e alla sicurezza della via, la cui durata è spesso limitata alla durata della campagna per cui fu aperta e costruita: allora le opere fortificatorie che accompagnano e guarniscono la strada hanno carattere provvisorio e sono costruite in terra battuta, legno e frasche.

Come siffatti limites dobbiamo pensare, pur senza la menzione esplicita delle fonti, le linee d'attacco lungo le quali, con azione combinata, mossero sotto Augusto, nei primi anni dell'era volgare, Tiberio da Carnunto sul Danubio, Senzio Saturnino dal Reno, per raggiungere l'Elba e porre fine al regno di Marobod nella regione della Boemia attuale; e come tali altresì la via fortificata tracciata da Druso Maggiore per l'alta valle dell'Adige, il passo di Resia e la valle del Lech fino ad Augusta sul Danubio, e l'altra, pure diretta al Danubio, che dall'Italia settentrionale, per le Alpi Giulie, si dirigeva, per Savaria e Scarbantia, a Carnunto. Quando invece la spinta dell'impero si attenua e si arresta, il limes diventa sostanzialmente una linea di difesa, che può anche subire spostamenti in avanti, se la regione conquistata si allarga, ma che non cessa mai peraltro di avere tale carattere difensivo. Il momento in cui questa linea comincia a costituirsi varia da regione a regione, ma in via generale sono i Flavî quelli che per i primi vi dànno mano: in Britannia con Agricola, nella Germania superiore e nella Rezia con l'apertura di una strada di arroccamento da Argentoratum (Strasburgo) sul Reno alle rive del Danubio, e l'inclusione nel territorio dell'impero prima della zona compresa fra il medio corso del Reno e il Lago di Costanza, poi, con Domiziano, della regione dei Catti e dei Mattiaci e di quella delle Alpi bavaresi, nella Mesia inferiore con la costruzione del "grande vallo", nell'Africa con lo spostamento della legione da Tebessa verso le pendici settentrionali dell'Aurès.

L'opera dei Flavî è continuata e intensificata da Traiano e particolarmente da Adriano, il quale si può a ragione considerare come il principale costruttore del limes imperii. D'altronde è noto che proprio con Adriano, dopo il più ampio volo d'aquile guidato da Traiano, e dopo la costituzione delle nuove provincie da lui aggiunte all'impero sia a settentrione del Danubio (la Dacia), sia in Oriente (l'Armenia, la Mesopotamia, l'Arabia), si afferma in maniera inequivocabile la politica di arresto delle conquiste: gli allargamenti che la frontiera avrà dopo Adriano non saranno in generale che allargamenti limitati nello spazio, e spesso anche nel tempo, con valore più che altro di rettifica o di sistemazione della frontiera già esistente, e frutto, più che di larghe azioni militari, del pacifico, graduale espandersi della civiltà portata da Roma nelle provincie.

L'opera di Adriano nei riguardi del limes ci è innanzi tutto testimoniata dal suo biografo (Sparziano, Hadr., 12), il quale ci dà insieme anche qualche indicazione intorno alla più comune struttura di queste difese: "per ea tempora (circa il 120-121 d. C.) et alias frequenter in plurimis locis in quibus barbari non fluminibus sed limitibus dividuntur stipitibus magnis in modum muralis saepis funditus iactis atque connexis barbaros separavit", ma soprattutto essa ci è mostrata con ogni evidenza dai monumenti superstiti e dai testi epigrafici a questi relativi.

Adriano costruisce a settentrione della Britannia il vallo che porta il suo nome (v. adriano, 1, p. 538 seg.), e alza le palizzate sui confini della Germania superiore e della Rezia; in Africa stabilisce la terza legione Augusta nel campo di Lambesi, dove essa resterà fino alla fine dell'impero. I successori di Adriano continuano e completano l'opera sua, in Britannia (vallo di Antonino), in Germania (aggere e fossato), nella Rezia (muro), fra il Norico e la Pannonia (castelli di M. Aurelio a nord del Danubio), in Dacia (linea di forti e muro in mattoni fra il Danubio e le Alpi transilvaniche), fino ai Severi che, soprattutto in Oriente e nell'Africa, perfezionano e spingono innanzi la linea tenuta fino allora. Con la seconda metà del sec. III, sotto la pressione delle invasioni barbariche, le difese cominciano a spezzarsi in varî punti e arretrano ovunque: ultimo è Valentiniano a rivolgere ad esse la sua attenzione. I Bizantini ne trarranno ancora vantaggio, in Oriente, sull'Eufrate, come nell'Africa.

L'elemento principale e costante delle fortificazioni del limes è, come si è giì accennato, la strada, ma a questa si accompagnano quasi sempre altri elementi di carattere difensivo, i quali talvolta si stendono in linea continua, anche per più centinaia di km., e costituiscono quelle che si dicono propriamente praetenturae o clausurae, e altra volta invece si limitano ai soli punti della frontiera strategicamente più delicati. Nel vallo di Antonino, nella Scozia, tale elemento è costituito da un aggere di terra, preceduto da un fossato, dinnanzi al quale è un secondo aggere più basso; nel vallo di Adriano, posto più a mezzogiorno, dal vallo propriamente detto (un fossato con un terrapieno davanti verso nord e due dietro verso sud) e da un muro di pietra, accompagnato da un fossato; nella Germania superiore dapprima da una palizzata semplice, poi, con Caracalla, da un fossato, largo circa 6 m. e rafforzato da un terrapieno (il Pfahlgraben); nella Rezia da un semplice muro di pietra (la Teufelsmauer). Altre difese consimili, della cui attribuzione ai Romani non si è sempre sicuri, si riscontrano nella Dacia (aggere con fossato antistante, o muro di pietra) e nella Dobrugia: il cosiddetto "grande vallo".

Nell'Africa il fossato è limitato ad alcuni punti della frontiera più meridionale della Numidia, e di quella della Mauritania Tingitana. In Oriente (Armenia, Mesopotamia, Siria e Arabia), non si ha traccia di alcuna fortificazione continua: la difesa era esercitata mediante castelli, fortini e torri, distribuiti lungo la frontiera e congiunti tra loro dalla strada; della strada del limes arabico aperta da Traiano nel 111 a finibus Syriae usque ad Mare Rubrum, abbiamo ricordo in più d'uno dei miliarî che ne segnavano il corso. Castelli e torri non mancano mai d'altronde, come è naturale, su nessuna delle altre frontiere: ne costituiscono anzi la parte integrante e necessaria. I castelli potevano essere di varia forma e e ampiezza, in dipendenza sia della natura del terreno su cui erano impiantati, sia della guarnigione che dovevano ospitare. Le torri, più piccole, potevano servire sia di alloggio a presidî minori, sia per le segnalazioni da un castello all'altro. Gli uni e le altre nei tempi più antichi, fin circa l'età dei Flavî, erano fatti quasi sempre di terra e di legname, soprattutto nelle regioni settentrionali ricche di foreste; ma via via si sostituisce la costruzione ìn pietra. Essi erano in generale disposti lungo la linea stessa della difesa continua, o poco dietro come in Britannia, in Africa, e a nord del Danubio, ai confini del Norico e della Pannonia, alcuni castelli erano situati davanti alla linea del limes vero e proprio, nel territorio non ancora o solo parzialmente sottomesso, a guardia delle vie di penetrazione commerciale e militare; altri ancora erano sulle strade che, dietro la linea stessa del limes, congiungevano questa con il territorio pacificato, e, particolarmente, con i grandi accampamenti legionarî che costituivano come la base di operazione necessaria alla difesa della frontiera. Quando, anche dietro la linea di questa, qualche regione, per la natura del terreno o per l'indole delle popolazionii doveva essere più particolarmente sorvegliata o difesa, linee sussidiarie di castelli e di opere fortificatorie venivano distese trasversalmente o all'intorno di essa: così era, ad es., in Africa per i massicci montuosi del Mons Aurasius (Aurès) e del Mons Ferratus (Djurdjura, regione della Cabilia); così al confine orientale dell'Italia, più linee di muri e castelli, distese l'una dietro l'altra, da Oberlaibach (Nauporto) alla Selva Piro, guardavano i passaggi attraverso la Selva Piro, e costituivano, forse dal tempo della guerra marcomannica di M. Aurelio, una difesa secondaria dell'Italia, in caso di forzamento da parte dei barbari della frontiera della Rezia e della Pannonia.

La difesa del limes era affidata normalmente, specie nelle provincie occidentali, alle truppe ausiliarie, ali, coorti, e numeri: le truppe legionarie vi concorrevano in circostanze speciali; esse ne costituivano invece sempre il punto d'appoggio, alloggiate nei grandi campi dietro il limes stesso: a Eboracum (York) e Deva (Chester) in Britannia; a Argentoratum (Strasburgo) e a Vindonissa (Windisch) nella Germania superiore, a Lauriaco e Carnunto in Pannonia, a Lambesi nell'Africa, ad Apulum in Dacia, a Satala e Melitene in Armenia, a Bostra in Arabia. Il comando delle truppe spettava normalmente al governatore della provincia; ma non di rado, specie a cominciare dal sec. III, le diverse sezioni di un limes venivano poste sotto la sorveglianza e il comando di singoli ufficiali, che erano detti praepositi limitum. La loro istituzione si diffuse e divenne consueta quando, circa lo stesso tempo, s'iniziò il sistema di affidare la difesa del limes a nuclei di popolazione residenti dietro la linea di esso, in un terreno che le popolazioni stesse venivano in tal modo a coltivare e a difendere insieme: erano queste i limitanei, molto spesso costituiti da gruppi di genti barbare, stanziati, per concessione dell'imperatore, nel territorio dell'impero.

Attraverso le successive e varie opere di rafforzamento e di perfezionamento il limes finì col costituire intorno all'impero a settentrione, a oriente, a mezzogiorno (a occidente faceva da confine l'Oceano) tutta un'ampia, vigorosa cintura di difesa, di cui si può dire non vi sia eguale esempio nella storia, né prima né poi: la muraglia cinese è, al paragone, opera più modesta, perché di estensione assai piu limitata.

Cominciava tale cintura a settentrione della Britannia, tagliando l'isola da mare a mare, con Adriano, dalla baia di Solway alla foce della Tyne; con Antonino Pio dal golfo della Clyde (Clota) a quello del Forth (Bodoria). A oriente della Gallia e della Germania, il confine dell'impero si appoggiava nella Germania inferiore al corso dell'Amisa (Ems), alle paludi e ai canali della Frisia e al corso del Reno, ed era perciò privo di ogni opera di fortificazione. Il limes riprendeva invece con la Germania superiore, staccandosi dal Reno, sulla destra di esso, presso la confluenza del Vinxtbach, a valle di Coblenza. Correva dapprima quasi parallelo al Reno stesso, girava quindi a nord della catena del Tauno, chiudendo la regione dei Mattiaci e il corso inferiore del Meno; piegava quindi verso mezzogiorno lungo le valli del Meno e del Neckar, e a Lorch si univa col limes raeticus. La sua lunghezza era di 382 km. Il limes della Rezia, da Lorch, correva da ovest verso est per 166 km. fino a scendere sul Danubio alquanto a monte di Castra Regina (Ratisbona): gran parte del Baden, del Württemberg e la Baviera meridionale nel territorio dell'impero.

Da Castra Regina verso oriente il Danubio segnava il confine delle provincie del Norico e della Pannonia: è dubbio se lungo esso fossero anche delle palizzate; certo una strada congiungeva fra loro i grandi accampamenti (Lauriaco, Vindobona [Vienna], Carnunto) e i minori castelli distribuiti sulla sua riva; a settentrione del fiume, poi, nel territorio dei Marcomanni e dei Quadi, delle fortezze isolate costruite dopo le guerre di M. Aurelio costituivano l'avanguardia della difesa della frontiera (Stampfen, Muschau, Oberleiserberg).

Opere fortificatorie romane si debbono riconoscere con molta probabilità negli aggeri, con fossato antistante, esistenti nella Bačka, fra il Danubio e il Tibisco, e nel Banato, a oriente del Tibisco: essi dovettero essere alzati a guardare i confini dell'impero, quando questi furono allargati in questo punto al di là del Danubio, fra la Pannonia inferiore e la Mesia superiore. Guarnita di difese, da varî lati, appare la Dacia: ma né è certo che tutte queste difese si debbano ritenere di costruzione romana, né si deve credere, in ogni caso, che esse siano tutte contemporanee: poiché esse corrispondono certamente, almeno alcune, alle successive fasi di espansione del dominio romano. A NO., sulla linea detta di Meszes, che si stende per circa 70 km. da Kis-Sebes alla regione di Tihó, correva un limes costituito in alcuni tratti da un aggere con fossato antistante, in altri da un muro di pietra senza fossato: su esso erano torri, castelli e il campo di Porolissum. Verso oriente, quando il confine della provincia scendeva dai Carpazî nella pianura valacca, una prima linea di castelli congiunti da una strada era sulla destra dell'Aluta; fu probabilmente stabilita da Traiano; una seconda linea di difesa, circa 50 km. più a est, fra il Danubio e le Alpi Transilvaniche, fu forse costruita in seguito all'espansione della colonizzazione romana: era formata da un muro di mattoni, alto tre metri e spesso due, dietro al quale si distribuivano altri castelli.

Aggeri di terra simili a quelli ungheresi sono alle pendici meridionali delle Alpi Transilvaniche, attraverso la pianura valacca, nella Moldavia e in Bessarabia: può essere formassero la difesa settentrionale della Mesia inferiore.

Tre opere di difesa, che in parte si sovrappongono e si intersecano a vicenda, tagliano trasversalmente la Dobrugia fra il Danubio e il mare: il cosiddetto "piccolo vallo", aggere di terra largo 18 m. e alto 2, con fossato sul lato meridionale, che lo Schuchhardt ritiene preromano, e il cosiddetto "grande vallo", largo tra i 14 e i 16 m., e alto da 2 a 4, che corre per una lunghezza di circa 55 km. fra Cernavoda e Costanza: esso è fiancheggiato da due fossati, uno profondo verso nord, l'altro basso verso sud, ed è rafforzato da castelli, alcuni più antichi, costruiti, al pari del vallo, dopo la sconfitta di Cornelio Fusco nell'87 d. C., altri di poco più recenti, alzati per dare stanza alle truppe lasciate nella regione dopo l'abbandono della Mesia da parte di Domiziano. Tale linea dovette essere abbandonata quando Traiano portò più innanzi, alla foce del Danubio, il confine dell'impero. A un tempo più tardo, forse posteriore a Costantino, va con probabilità riferita la terza opera fortificatoria, costituita da un muro in pietra, spesso poco più di due metri, al quale si appoggiano numerosi castelli. Le tre difese sono conosciute col nome di Valli di Traiano.

Sui confini orientali il limes è costituito esclusivamente dalla strada e dai castelli disposti lungo o dietro di essa. Dalle coste del Ponto Eusino, dove guarnigioni romane erano stanziate al di là di Trapezunte, ad Apsaro, Phasis, Sebastopolis, il confine, attraverso Satala, sede di una legione, raggiungeva lo spartiacque fra l'alta valle del Lico e quella dell'Eufrate scendeva quindi su questo a Zimara e, lungo di esso, correva fino a Samosata, chiudendo nel territorio dell'impero l'Armenia Minore e la Cappadocia: poco dietro l'Eufrate era Melitene, anch'essa sede di legione. La riva dell'Eufrate assolveva qui la stessa funzione che la riva del Danubio nella Rezia, nel Norico e nella Pannonia, e così pure a sud di Samosata fino a Tapsaco, e più tardi fino a Circesium, a oriente della provincia della Siria. Il limes della Mesopotamia, al tempo di Traiano, si appoggiò probabilmente al Tigri, ma la provincia ebbe, com'è noto, breve durata; e nulla di preciso si può dire al riguardo; ben noto per studî recenti, compiuti in gran parte per mezzo di esplorazioni aeree, è il limes sud-orientale della provincia ricostituita da Settimio Severo: esso era costituito da una linea di castelli distesa dal Tigri alle radici del Singara e al fiume Chaboras (Khābūr), e appoggiata alla città fortificata di Nisibi. Dopo l'abbandono di questa, nel 363, la difesa fu portata subito sotto Dara e dietro il Khābūr. Da Circesium una strada, la grande via carovaniera di Palmira, scendeva per Palmira stessa fino all'estremità settentrionale del limes arabico. Questo fu dapprima segnato dalla Via Nova aperta da Traiano ma, tra la fine del sec. II e il principio del III, soprattutto nella regione del Ḫaurān, la colonizzazione romana si avanzò verso oriente, onde a levante della prima altre strade furono aperte e altri castelli costruiti a guardia del confine della provincia: l'estremità meridionale del limes era al Mar Rosso.

Nell'Egitto e in Cirenaica non esisteva alcun limes. Questo riprendeva invece a occidente della Grande Sirte, a sud delle provincie africane. Nella Tripolitania esso partiva da Leptis Magna e, seguendo la cresta del Gebel, ridiscendeva sul mare a Tacape (Gabes); di qui continuava verso occidente a sud della linea degli chotts tunisini e del massiccio dell'Aurès, risaliva verso settentrione, appoggiandosi allo chott di Hodna e toccando a Zarai il confine fra la Numidia e la Mauretania: lungo l'uadi el Diedid si sono riconosciute le tracce di un fossato lungo una sessantina di chilometri e largo 10 m. Nella Mauretania Cesariense, data la natura del paese e l'indole delle popolazioni, esisteva una triplice linea di difese: la prima, più settentrionale, era costituita dalle città costiere fortificate; la seconda dalla serie di posti militari disseminati lungo la valle del Chinalaph, la terza, meridionale, dai forti costruiti, al tempo dei Severi, sulla cresta della catena dell'Ouarsenis. Linee secondarie di castelli cingevano o attraversavano, lungo il corso delle valli intermedie, i massicci dell'Aurès e del Djurdjura, e nella Mauretania Tingitana quello del Riff. In quest'ultima provincia, all'estremo limite occidentale dell'impero, una linea di castelli o città fortificate correva sulle coste, sia su quella del Mediterraneo, sia su quella dell'Atlantico da Tingi a Sala; altre linee, interne, chiudevano da mezzogiorno la penisola: l'una da Sala, per Thamusida e Volubilis, all'attuale Fez, un'altra, rafforzata da una fossa e da un muro, più a settentrione, sotto Rabat.

Bibl.: Limes in generale: H. F. Pelham, The Roman frontier system (1895), in Essays editi da F. Haverfield, p. 164 segg.; E. Fabricius, s. v. Limes, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII (1926), coll. 572-671; J. Kromayer-G. Veith, Heerwesen und Kriegführung der Griechen und Römer, Monaco 1928, pp. 555-564; R. Grosse, Röm. Militärgeschichte von Gallienus bis zum Beginn der byzantinischen Themenverfassung, Berlino 1920; E. Kornemann, Die neueste Limesforschung (1900-1906) im Lichte der römisch-kaiserlichen Grenzpolitik, in Klio, VII (1907), p. 73 segg.; R. Cagnat, Limes imperii, in Daremberg e Saglio, Dict. des antiquités, III, p. 1255 segg.; importanti anche gli accenni di E. Ritterling nel suo eccellente articolo sulle legioni, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, col. 1186 segg.

Limes della Britannia: Oltre alle pubblicazioni già cit. sotto le v. adriano, vallo di, e antonino, vallo di, v.: G. MacDonald, Forschungen in röm. Britannien, in XIX. Bericht d. deustch. arch. Inst. Röm.-Germ. Kommission, Francoforte 1929; id., The building of the Antonine Wall, in Journ. Rom. Stud., XI (1921), p. 1 segg.; R. G. Collingwood, Hadrian's Wall: 1921-1930, in Journ. Rom. Stud., XXI (1931), p. 36 segg.; I. A. Richmond, Recenti lavori lungo il limes d'Inghilterra, in Boll. Museo Impero Rom., II, p. 11 segg. (Appendice al Boll. Comm. Arch. com. Roma, LIX, 1931); R. G. Collingwood, Roman Britain, Oxford 1928; e molti rapporti, in Journ. Rom. Stud., fra cui: Hadrian's Wall, a hist. of the problem, XI (1921), p. 37 segg.; J. Mothersole, Hadrian's Wall, XII (1922); J. Ward, Romano-British Buildings and Eartworks, Londra 1911; M. Rostowzev, St. econ. e sociale dell'imp. romano, trad. it., Firenze 1933, p. 416.

Limites della Germania superiore e della Rezia: La bibliografia è al riguardo copiosissima e varia: il lavoro fondamentale è quello della Reichslimeskommission, Der obergermanisch- raetische Limes des Römerreiches, di cui il primo fascicolo è uscito nel 1897, il 48° nel 1931; il lavoro, non ancora finito, è dovuto a O. di Sarwey (morto), a F. Hettner (morto) e a E. Fabricius, che, dopo il 1902, unico superstite, lo dirige e continua; mancano ancora parecchie sezioni. Ciascuna dispensa contiene la carta prospettiva del limes della Germania superiore e della Rezia (v. anche s. v. germania, XVI, p. 760). Per il castello della Saalburg, restaurato in gran parte per iniziativa dell'imperatore Guglielmo II, v. L. Jacobi, Das Römerkastell Saalburg, voll. 2, Homburg 1897; H. Jacobi, Die Saalburg. Führer durch das Kastell und seine Sammlung, 12ª ed., Homburg 1930; Saalburg-Jahrbuch, I-VII (1910-1930, in contin.).

Norico e Pannonia superiore: Sul modello della Reichslimeskommission anche l'Accademia delle scienze di Vienna ha nominato nel 1897 una commissione speciale per le indagini intorno al limes nella valle del Danubio. Ne furono pubblicati finora 16 voll. (1900-1926), Der römische Limes in Österreich; W. Kubitschek, Ältere Berichte über dem röm. Limes in Pannonien, in Sitzungsberichte der Akad. d. Wissensch. in Wien, CCIX (1929), n. 1; id. e S. Frankfurter, Führer durch Carnuntum, 6ª ed., Vienna 1923; E. Nowotny, Römische Spuren nördlich der Donau, in Sitzungsberichte der Wiener Akademie, CLXXXVII (1918), n. 2; per i castelli a nord del Danubio, v. A. Gnirs, in Sudeta, Zeitschr. für Vor- und Frühgesch., IV, Elbogen 1929, pp. 120-153 e 171-174, ecc. - Per le fortificazioni al confine orientale d'Italia: U. Antonielli, In Alpe Iulia, in Roma, 1924, pp. 1-19.

Pannonia inferiore, Dacia e Basso Danubio: Varî articoli del Buday, in Dolgozatok az Erdélyi Museum (Travaux du Musée nation. de Transylvanie), 1913-19; C. Schuchhardt, in Abh. d. preuss. Akad. d. Wissensch., 1918, n. 12; B. Filow, Legionen der Provinz Moesien, Suppl. VI di Klio (1906); J. Weiss, Die Dobrudscha im Alterthum, in Zur Kunde der Balkanhalbinsel, s. 1ª, Sarajevo 1911, n. 12.

Asia Minore, Siria, Egitto: R. E. Brünnow e A. v. Domaszewski, Die Provinz Arabia, I-III, Strasburgo 1904-1909; Brinkmann, Der. röm. Limes im Orient, in Bonner Jahrbücher, IC (1896), p. 232 segg.; F. Sarre e E. Herzfeld, Archäologische Reise im Euphrat- und Tigris-Gebiet, Berlino 1911; V. Chapot, La frontière de l'Euphrate, in Bibliothèque des écoles franåaises, IC (1907); F. Cumont, Studia Pontica, I-III (1903-19). Per le ricerche aeree più recenti: A. Poidebard, La trace de Rome dans le désert de Syrie. Le limes de Trajan à la conquête arabe. Recherches aériennes (1925-1931), Parigi 1932; I. G. Milne, History of Egypt under Roman rule, Londra 1898; U. Wilcken, Grundzüge der Papyruskunde, I, Lipsia 1912, p. 29; eccellente è la trattazione della questione delle difese dell'Egitto in J. Lesquier, L'armée romaine d'Égypte d'Auguste à Dioclétien (vol. IV dei Mémoires de l'Institut franåais du Caire, 1918), p. 378 segg.

Per la Provincia d'Africa tranne l'Egitto: S. Gsell, Atlas archéologique de l'Algérie, Algeri 1911; E. Babelon, R. Cagnat, S. Reinach, Atlas archéol. de la Tunisie, Parigi 1892-1900; R. Cagnat, L'armée romaine d'Afrique, 2ª ed., Parigi 1912-13; Ch. Diehl, L'Afrique byzantine, Parigi 1896.