SVILUPPO, Limiti dello

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

SVILUPPO, Limiti dello

Roberto Vacca

L'esistenza di l. dello s., almeno della popolazione, fu già intuita da G. Botero alla fine del Cinquecento. Alla metà del Settecento R. Wallace, precorrendo T.R. Malthus, calcolò, in base all'aumento del numero degli uomini in progressione geometrica (partendo dai 3 figli di Noè dopo il diluvio) la popolazione mondiale in oltre 400 miliardi e sostenne che essa doveva poi essere diminuita per effetto di vari fattori limitanti fino a ridursi al suo tempo a circa 900 milioni. Le note teorie di Malthus (XXII, p. 49) suggerivano che l'aumento della popolazione s'interrompe quando tutta la terra coltivabile è sfruttata: la legge della redditività decrescente impedisce alla produzione agricola di crescere proporzionalmente a ulteriori disponibilità di mano d'opera. L'equilibrio è raggiunto e la popolazione resta costante quando i salari scendono al livello minimo di sussistenza. Storicamente invece l'innovazione tecnica e industriale hanno più che compensato le diminuzioni di redditività, mentre i progressi della medicina e dell'igiene hanno ridotto i tassi di mortalità: conseguentemente sono cresciuti notevolmente popolazione e livelli salariali. Corrispondentemente i problemi di sviluppo economico (v. App. III, 11, p. 880), sui quali si è più concentrata l'attenzione, sono stati: adeguatezza degl'investimenti per sostenere lo sviluppo, condizioni di decollo (take off) dell'economia in paesi sottosviluppati, confronti fra lo sviluppo economico in paesi a economia mista e a economia pianificata centralmente, mezzi atti a evitare crisi economiche e conseguenti interruzioni dello sviluppo. Si teme che una ripresa dell'economia statunitense venga inibita dalla scarsità dei capitali d'investimento, che sarebbero necessari nella misura di 4500 miliardi di dollari dal 1975 al 1985.

Alla fine degli anni Sessanta si diffusero largamente serie preoccupazioni motivate: dall'incessante aumento della popolazione mondiale e dai rischi crescenti di gravi carestie, dalla previsione dell'esaurimento di risorse naturali (minerali, petrolio), dall'inquinamento crescente, dalla proliferazione della complicazione dei grandi sistemi tecnologici, dalla sperequazione nello sfruttamento delle risorse e dalle tensioni sociali e politiche conseguenti ai fattori citati. Nel. 1968 A. Peccei fondava il Club di Roma, associazione informale che conta oggi 100 membri in tutto il mondo, fra i quali: A. Buzzati Traverso, U. Colombo, B. de Jouvenel, J. W. Forrester, D. Gabor, T. Heyerdahl, K. Tange. Il Club di Roma è sorto con l'intento di: a) stimolare ricerche atte a chiarire funzionamento e interazioni dei sottosistemi che costituiscono il sistema mondiale con particolare riguardo alle aree critiche sopra citate; b) definire strategie atte a evitare gravi crisi socioeconomiche e degradazioni irreversibili della società e dell'ambiente; c) dialogare con politici, industriali, scienziati, movimenti di opinione perché siano definite nuove linee d'azione per risolvere i critici problemi dei paesi sottosviluppati e dei paesi avanzati e in ultima analisi per garantire la continuità del genere umano in condizioni accettabili, civili ed eque.

Nel 1970 J. W. Forrester del MIT (Massachusetts Institute of Technology) cominciò a preparare per il Club di Roma un modello dinamico del sistema mondiale, basato sull'uso di tecniche sistemistiche ideate da lui e già applicate con successo all'analisi dei sistemi industriali e dei sistemi urbani. Il modello, ulteriormente elaborato da D.L. Meadows e collaboratori, permette di determinare quantitativamente, mediante elaborazioni eseguite con calcolatore elettronico, le conseguenze socioeconomiche di varie politiche o strategie di gestione del nostro pianeta. Il modello non è necessariamente predittivo, ma consente almeno di esplicitare le conseguenze di certe politiche (o di certe mancanze di politiche) al meglio delle conoscenze attuali sulle interdipendenze e sui modi in cui storicamente sono variati i fattori considerati. Questo studio del MIT è il primo tentativo massiccio di analizzare globalmente certi fattori essenziali dello sviluppo esponenziale (cioè a ritmo percentuale costante di crescita annuale) che, agendo su lunghi periodi, possono condurre a situazioni d'instabilità e quindi di regresso e collasso.

L'approccio di Forrester considera due classi di grandezze: i livelli e i tassi. I livelli sono grandezze integrali (cioè cumulative) e sono misura di varie grandezze rappresentative del sistema mondiale; per es.: popolazione, capitale investito in agricoltura, nell'industria, nei servizi, estensione delle terre arabili, potenzialmente arabili o usate per lo sviluppo urbano e industriale, risorse naturali non rinnovabili, inquinamento. I tassi sono le grandezze che definiscono le variazioni nel tempo, in aumento o in diminuzione, dei livelli. Ogni livello è influenzato da più tassi e la somma algebrica dei tassi relativi a un livello equivale alla derivata di esso rispetto al tempo. I tassi sono a loro volta funzione di vari livelli, ma nessun livello ne influenza direttamente un altro, né alcun tasso ne influenza direttamente un altro. Le relazioni funzionali del sistema, organizzate in catene di livelli e tassi, costituiscono molti anelli di reazione, positiva e negativa, che fanno variare le grandezze rappresentative del sistema mondiale nel relativo modello matematico. Ogni passo del modello elaborato sul calcolatore ha durata di un anno e in esso i valori precedenti dei livelli vengono usati per determinare i nuovi valori dei tassi e questi vengono, quindi, usati per determinare le variazioni dei livelli durante l'anno considerato. Alcuni livelli non variano secondo il tasso attuale, ma secondo tassi anteriori, percepiti con un certo ritardo. Per es., il tasso di natalità è funzione diretta del livello di popolazione in età fra 16 e 45 anni e inoltre della fertilità. A sua volta la fertilità è funzione del tasso biologico massimo di natalità, dell'efficacia delle propagande contraccettive e del tasso di natalità desiderato, il quale è funzione ritardata del reddito industriale pro capite e della durata media della vita. A sua volta infine la durata media della vita è funzione della densità di popolazione, dell'inquinamento, della disponibilità di cibo e della qualità dei servizi sanitari. La dipendenza della durata media della vita dai livelli ora citati è espressa in forma tabellare; ogni livello agisce sulla durata della vita modificando un moltiplicatore, che in condizioni normali ha valore uno e cresce, o cala, nel tempo in funzione del livello: il prodotto fra i moltiplicatori determina le variazioni della funzione intermedia durata della vita. In tal modo anche un solo parametro può dominare gli altri, mentre anche piccole variazioni dei. parametri nello stesso senso si rinforzano mutuamente. Naturalmente di ogni livello è definito un valore iniziale, ma i valori a regime dei livelli non dipendono in modo sostanziale da quelli iniziali, né dalle costanti di tempo dei ritardi, a causa dell'esistenza di molti anelli di reazione nel sistema. Lo stato a regime del sistema dipende essenzialmente solo dai legami funzionali fra livelli, tassi e variabili intermedie.

Con l'aiuto del modello sono state analizzate molte ipotesi di proseguimento delle tendenze attuali e si è trovato che ogni ipotesi implica un crollo del sistema mondiale entro un secolo circa (con tragica diminuzione della popolazione fino a valori inferiori agli attuali) se continuerà a mancare una pianificazione informata. La crisi potrà dipendere: da un arresto dell'industria dovuto a esaurimento delle materie prime e dall'impossibilità di continuare ad aumentare la meccanizzazione dell'agricoltura e la produzione agricola che non potrà bastare per la popolazione crescente; oppure (se le materie prime non si esauriranno per la scoperta di nuovi giacimenti o per un migliore riciclaggio degli scarti) da un aumento della mortalità dovuto alla crescita degl'inquinamenti. Anche nell'ipotesi che le risorse naturali non si esauriscano e che l'inquinamento di ogni processo industriale sia ridotto al minimo, la crisi si verificherebbe ugualmente perché l'aumento della popolazione aumenterebbe le estensioni degl'insediamenti riducendo le terre coltivabili e perché l'aumento della produzione industriale farebbe crescere inaccettabilmente l'inquinamento totale malgrado la riduzione degl'inquinamenti unitari. Si potrebbe raggiungere una situazione di equilibrio solo stabilizzando la popolazione mondiale (con tassi di natalità identici ai tassi di mortalità) e insieme: a) limitando la produzione industriale per contenere inquinamenti e consumo delle risorse naturali; b) depurando gli scarichi industriali e limitandone la nocività a un quarto dell'attuale; c) riutilizzando le materie prime degli scarti onde ritardare l'esaurimento delle scorte mondiali; d) conservando i suoli per evitarne erosione e sfruttamento eccessivo.

Lo studio del MIT sui l. dello s. ha destato vasta eco e numerose polemiche. Esso è stato ragionevolmente criticato perché è troppo aggregato; non considera, cioè, le disparità di distribuzione di popolazione, risorse, capitali, produzione e consumi fra i vari paesi e regioni del mondo. Alcuni hanno indebitamente voluto leggere nello studio la giustificazione di queste disparità e l'intento di mantenerle. Una delle critiche più serie al modello Forrester-Meadows è stata fatta da M. Jahoda e dai suoi collaboratori dell'università del Sussex (Brighton, Gran Bret.), secondo i quali il modello non tiene sufficientemente conto dei vantaggi conseguibili con l'innovazione scientifica e tecnologica, né della riduzione della domanda per l'azione regolatrice dei prezzi che salgono quando l'offerta decresce, né dell'aumentata motivazione alla ricerca e allo sviluppo di risorse e fonti di energia alternative man mano che quelle tradizionali vengono a mancare.

Un più vasto e completo modello matematico del mondo è stato sviluppato, di nuovo per iniziativa del Club di Roma, da due gruppi condotti da M. Mesarovič alla Case western reserve university (Cleveland, Ohio) e da E. Pestel all'università di Hanover (SUA).

Questo modello disaggrega il mondo in dieci regioni, grosso modo omogenee, che sono: 1) Nord America; 2) Europa occidentale; 3) Giappone; 4) Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Israele; 5) URSS e satelliti; 6) Sud America; 7) Nord Africa e Medio Oriente; 8) Africa centrale; 9) Asia del Sud e Sud-Est; 10) Cina e satelliti. Per ogni regione i parametri socioeconomici sono disaggregati su vari livelli e su vari settori. Gli alimenti sono disaggregati secondo il contenuto proteico; gl'investimenti secondo l'origine e la distribuzione nelle varie industrie, in agricoltura, nei servizi, nelle opere pubbliche. L'energia è studiata nelle sue fonti (idrauliche, termiche, nucleari, solare), negli usi e nella distribuzione. Ciascun modello regionale ha una struttura gerarchica ai livelli: geofisico, ecologico, tecnico, economico, istituzionale, sociopolitico, culturale, umano-biologico. A ciascun livello gerarchico i modelli regionali s'interconnettono a produrre modelli mondiali: economico, demografico, energetico, agricolo. Corrispondentemente le dimensioni globali del modello Mesarovič-Pestel sono circa 100 volte maggiori di quelle del modello Forrester-Meadows.

Il modello Mesarovič-Pestel può essere usato in due modi diversi. Nel primo, le possibili politiche sono interiorizzate, cioè ipotizzate a priori e usate come dati di base. Se supponiamo, per es., che le esportazioni di petrolio dalla regione 7 siano ridotte ancora più drasticamente di quanto è avvenuto e che le regioni da 1 a 4 investano pesantemente nella ricerca di fonti alternative di energia, il modello indica che nelle nazioni avanzate l'inflazione continuerà a galoppare e la capacità produttiva sarà bloccata, mentre i paesi produttori di greggio si svilupperanno lentamente e potranno non raggiungere una soddisfacente stabilità a lungo termine. Se supponiamo invece una piena e razionale cooperazione fra nazioni avanzate e paesi produttori di greggio, si potrà raggiungere un'accettabile stabilità economica e un'adeguata disponibilità di risorse e di produzione sia nelle regioni da 1 a 4, sia nella regione 7. Il modello Forrester-Meadows indicava come necessaria la tendenza all'equilibrio; le conclusioni preliminari di Mesarovič e Pestel indicano che i governi non possono più prendere decisioni indipendenti, ma devono coordinarsi ed egualizzare tenore di vita, disponibilità di risorse, produzione e interventi tecnici.

Il secondo modo in cui può essere usato il modello Mesarovič-Pestel è quello interattivo, in cui i governanti (o i decisori in genere) specificano politiche e strategie che suppongono di adottare e attendono che il modello, funzionando nel calcolatore, determini quantitativamente le conseguenze di quelle politiche su un arco di 5 anni. In base a questi risultati intermedi il governante potrà definire una nuova politica per il quinquennio seguente e così via di lustro in lustro sarà informato sui futuri possibili per la sua regione e per il mondo intero. Per es., se il subcontinente indiano concentrasse tutti gli sforzi sull'agricoltura prescindendo da aiuti esterni, potrebbe triplicare la produzione agricola in 30 anni: per ciò stesso sarebbero inibiti adeguati investimenti industriali e si avrebbe una degradazione economica generale e, a più lunga scadenza, anche la produzione agricola scenderebbe di nuovo fino a raggiungere nel 2025 il livello del 1985.

È naturalmente discutibile se questi modelli globali possano effettivamente servire a fornire previsioni esatte di avvenimenti futuri. Il problema della loro validità è molto critico. Anche se s'inseriscono nel modello i dati storici, per es., fino al 1960 e se su questa base il modello produce extrapolazioni corrette di quelli che sono stati gli eventi già noti fra il 1960 e il 1980, ciò non garantisce che il modello continui a produrre extrapolazioni corrette anche per gli anni seguenti il 1980. L'impiego di modelli globali volti ad analizzare l'eventuale esistenza di l. dello s. è tuttavia importante, in quanto impone di raccogliere e analizzare dati rilevanti e permette di esplicitare conseguenze non ovvie d'ipotesi, non vaghe, ma necessariamente formalizzate, e di politiche eventualmente perseguibili. A partire dal 1976 una versione specializzata del modello Mesarovič-Pestel è stata impiegata da un gruppo di lavoro istituito dal governo della Rep. Fed. di Germania. L'impiego è interattivo e i risultati sono revisionati periodicamente e confrontati con i dati reali.

Un altro modello globale, concepito con l'intento di determinare i modi e le politiche atti a garantire fabbisogni minimi di alimenti, alloggi, servizi sanitari, istruzione, comunicazioni, lavoro, ottimizzando volta a volta parametri specifici, è il modello latino-americano del mondo sviluppato dalla Fondazione Bariloche in Argentina. Sempre patrocinato dal Club di Roma e finanziato dal governo dei Paesi Bassi è il progetto RIO (Renewing the International Order), guidato dall'economista J. Tinbergen. Il progetto RIO, completato nel 1976, è volto a determinare, attraverso modelli, le necessarie innovazioni (anche di diritto internazionale) nei rapporti fra le nazioni, atte a rispondere a bisogni attuali e a quelli futuri, sottolineando la circostanza che larghe masse di popolazione incontrano l. al loro s. molto più stringenti di quelli medi mondiali in conseguenza degli squilibri di distribuzione di ricchezze e risorse in generale.

Limiti dello sviluppo urbano. - Appare altamente probabile che esistano limiti delle dimensioni delle grandi città (in termini di popolazione, di flussi di energia, di sistemi di trasporto e approvvigionamento, di comunicazioni, ecc.), oltre i quali le megalopoli raggiungono condizioni instabili e corrono il rischio di subire blocchi congestivi, parziali o totali, del loro funzionamento.

Nelle aree urbane in nazioni avanzate grandi masse di popolazione affidano la loro sopravvivenza al funzionamento di grandi sistemi tecnologici, la complessità e l'interdipendenza dei quali proliferano in modo che sempre più spesso un sistema deve surrogare le funzioni di un altro sistema adiacente inaccettabilmente congestionato. È necessario applicare l'analisi sistemistica anche ai problemi di stabilità (o instabilità) e di capacità di ripresa dalle perturbazioni di questi grandi sistemi per definire le innovazioni e riprogettazioni necessarie per evitare epidemie di situazioni congestive che potrebbero condurre a blocchi parziali o totali delle città maggiori.

I modi d'interazione dei grandi sistemi tecnologici urbani fra loro sono noti solo superficialmente, né essi possono essere analizzati per mezzo di modelli globali macroscopici, i quali lavorano su parametri a variazione lenta considerandone i valori medi su periodi abbastanza lunghi (tipicamente un anno). I modelli macroscopici non sono atti a considerare grandi perturbazioni localizzate (per es., in una città) poiché le includono in medie talmente allargate da renderle irriconoscibili. Le crisi localizzate possono essere analizzate e previste solo prendendo in considerazione valori istantanei locali dei parametri e valutando le loro variazioni in funzione di rilevanti perturbazioni locali. I problemi di questo tipo sono vitali, poiché si riferiscono ad aree, in cui viene prodotta la maggior parte delle innovazioni scientifiche, tecniche, industriali e culturali, che sono le più vulnerabili da fenomeni rapidi di degradazione. Naturalmente i rischi maggiori non sono corsi quando una crisi economica rallenta lo sviluppo, ma si verificherebbero, a crisi superata, in occasione di nuovi boom con crescita proliferante verso esiziali instabilità.

Lo studio dei l. dello s. urbano dovrebbe analizzare: rendimenti, coefficienti di utilizzazione, capacità di servizio, interazioni, reazioni a perturbazioni dei sistemi di comunicazione, produzione e distribuzione di energia, trasporti, rifornimenti, elaborazione dati, informazione, eliminazione dei rifiuti, allocazione di risorse. Lo studio, eventualmente con l'aiuto di modelli matematici, dovrebbe permettere di definire le leggi secondo le quali insiemi di sistemi possono degradarsi e di prevedere gli effetti dei possibili interventi di razionalizzazione e di risanamento, fino a definire le strategie che potranno evitare situazioni catastrofiche. Va sottolineata la circostanza che non sono ancora disponibili risultati di studi che rispondano alle esigenze citate e che analisi dei l. dello s. urbano sono solo qualitative o restano al livello di proposte. Un nuovo approccio sistemistico promettente è stato suggerito da J.N. Warfield. Consiste nell'usare strumenti come l'algebra booleana e la teoria dei grafi per analizzare le interazioni di fattori tecnici, economici e sociali e per controllare la compatibilità e l'adeguatezza di interventi socio-economici nuovi.

Bibl.: R. Wallace, Saggio sopra la differenza nel numero degli uomini nei tempi antichi e moderni (trad. it.), Livorno 1757; V. Pareto, Corso di economia politica, Torino 1949; P.A. Samuelson, Economics (cap. 35-37, sulla teoria dello sviluppo economico), New York 1964; J. W. Forrester, World dynamics, Cambridge, Mass., 1971; MIT-Club di Roma, I limiti dello sviluppo, Milano 1972; L. Brown, I limiti della popolazione mondiale (trad. it.), Milano 1973; H. S. D. Cole e altri, Thinking about the future. A critique of the limits to growth, Brighton (G.B.) 1973; D. Meadows e altri, Verso un equilibrio globale (trad. it.), Milano 1973; Appendice del Club di Roma, Verso una visione globale dei problemi umani, in Enciclopedia della scienza e della tecnica, Annuario, ivi 1974; M. Mesarovič, E. Pestel, Strategie per sopravvivere (trad. it.), ivi 1974; A. Peccei, Quale futuro?, ivi 1974; J. N. Warfield, Societal systems, New York 1976; R. Vacca, Il medioevo prossimo venturo, Milano 1978.

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