Giornali, lingua dei

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

giornali, lingua dei

Ilaria Bonomi

La lingua dei quotidiani a stampa

Il panorama dei quotidiani italiani a stampa è molto ricco, contando, oltre alle principali testate nazionali, più o meno indipendenti, ai quotidiani politici e a quelli sportivi, un elevato numero di testate regionali e locali. La presente sintesi è basata principalmente sulle testate nazionali a stampa; due paragrafi sono poi dedicati alla free press e ai quotidiani on line.

Cenni storici

Le gazzette, fogli di informazione di poche pagine e con periodicità irregolare, a partire dalla seconda metà del Settecento acquisirono una configurazione che consente di considerarli veri e propri strumenti di informazione. Le gazzette primo-settecentesche, precedute dagli avvisi del Cinquecento e del Seicento, consistevano in un disorganico coacervo di notizie ufficiali, interne ma soprattutto estere, del tutto prive di commento.

Nella seconda metà del secolo si ha un certo allargamento degli argomenti, ma le gazzette (per es., «La Gazzetta di Milano», sulla quale scrive Parini) restano un centone di notizie ufficiali, feste, cerimonie, partenze e arrivi di personaggi illustri, di spettacoli teatrali; manca quasi del tutto la cronaca locale, e le notizie politiche sono sottoposte a rigida censura. Lo stile è letterario. Nel periodo rivoluzionario si ha uno straordinario pullulare di gazzette, la maggior parte delle quali ha vita brevissima, e si verifica quel cambiamento per cui esse diventano strumenti di informazione politica, con una propria linea critica e interpretativa.

Anche dal punto di vista linguistico i giornali del periodo rivoluzionario (per es., «Corriere milanese», «Staffetta di Sciaffusa») presentano cambiamenti notevoli, scelti anche per farsi capire dal popolo. Si nota una tendenza alla chiarezza e alla semplicità, che però talvolta diventa sciatteria e povertà espressiva: rispetto alla lingua dei giornali letterari (per es., «Il Caffè») e tecnico-scientifici («Giornale di medicina»), quella meno controllata delle gazzette accentua la componente del francesismo, ricorre spesso a moduli tipici della lingua parlata, ma nel complesso è più moderna e disinvolta.

Con l’unificazione politica il quadro del giornalismo si modifica radicalmente, e si accentua e approfondisce il ruolo della stampa periodica nell’unificazione linguistica del paese e nella formazione di un italiano moderno. Alcuni studiosi (Tesi 2005) parlano infatti di una koinè burocratico-giornalistica come momento fondamentale nella formazione dell’italiano postunitario, attribuendo alla burocrazia e ai giornali un ruolo centrale nel processo di unificazione della lingua. Si pongono così le basi per la nascita di un linguaggio giornalistico autonomo, quale si formò tra Ottocento e Novecento, sulla spinta di fattori diversi, esterni e interni alla lingua. Determinanti per l’innovazione linguistica dei giornali furono i nuovi mezzi di trasmissione, come il telegrafo e il telefono, che indussero una semplificazione e abbreviazione del periodare. Decisivo fu poi l’allargamento dei contenuti, con l’ampliamento della cronaca e l’inserimento di notizie riguardanti sport, economia, spettacoli, pubblicità.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la lingua dei giornali cambia nella sintassi, affiancando al periodare tradizionale di matrice letterario-argomentativa una sintassi breve, nominale («A Spilimbergo cinque morti e molti feriti ieri, per una pacifica dimostrazione del caroviveri»), densa di costrutti sintetici, come i participi e i gerundi («hanno parlato gli avvocati [...] affermando prescritta la prova testimoniale invocata»); si arricchisce e si modernizza nel lessico, con neologismi, soprattutto politici (destra, sinistra, femminismo), e prestiti dal francese (chic, cabaret) e dall’inglese (meeting, football); si apre, anche se in misura molto contenuta, al parlato, nella morfosintassi con costrutti di tipo orale («se ne era sceso in Trinidad»; «il suo discorso alla Camera intorno alla Cina non lo si volle capire»), e nel lessico con voci di origine regionale (roggia, offelleria, borsarolo, provolone). Persiste, certamente, una componente tradizionale, che risulta evidente soprattutto nel tessuto fonomorfologico (dimanda, avea) e nel lessico (perocché, furare), ma nel complesso il linguaggio dei giornali si rinnova profondamente.

Una parziale interruzione in questo processo è rappresentata dal ventennio fascista (➔ fascismo, lingua del). Si riduce in modo drastico quella commistione di componenti diverse che caratterizzava la lingua dei giornali dei primi decenni del secolo, nella direzione di un linguaggio scelto, elevato e ossequente all’ostracismo del regime nei confronti dell’elemento dialettale, ma anche in linea con le tendenze evolutive dell’italiano scritto, che si viene progressivamente affrancando dalla componente parlata e regionale. Si evidenzia, invece, soprattutto nel livello lessicale e in quello sintattico e stilistico, una spiccata predilezione per un tipo di lingua fortemente letteraria e retorica.

Dopo la seconda guerra mondiale, ai giornalisti apparve chiara la necessità di creare un vero linguaggio giornalistico, quale fino ad allora non era esistito: le condizioni politico-sociali del paese e l’evoluzione della lingua ormai lo consentivano e lo richiedevano. Ma se ci si liberò dalle pastoie linguistiche di un recente e doloroso passato, si imboccò subito una cattiva strada recuperando molto del lessico burocratico e stereotipato che già aveva ingombrato i giornali prima del ventennio, soprattutto adottando quel lessico politico difficile e oscuro che tanta parte avrebbe avuto nel cosiddetto giornalese dei decenni successivi.

La propensione per una lingua sostenuta e sorvegliata è in questo periodo generalizzata nella maggior parte dei quotidiani, con la parziale eccezione del «Giorno» e dei giornali del pomeriggio, che si aprono a maggiore informalità: la scelta di sorveglianza, di ‘tenuta’ rispetto al parlato, associandosi all’accoglimento di un lessico, soprattutto politico, difficile, contribuisce a creare un linguaggio innaturale, lontanissimo dalla lingua parlata. Per contro, va sottolineato un decisivo decremento del registro aulico e letterario, e nella direzione di una comunicazione più chiara e immediata si muovono alcune innovazioni giornalistiche.

La lingua dei giornali oggi

A partire dagli anni ’70 del Novecento, sulla spinta del quotidiano «La Repubblica» (dal 1976), giornale innovativo, il modo di scrivere i giornali si modifica sensibilmente, da un lato allontanandosi dal giornalese dei decenni precedenti e avvicinandosi alla lingua comune, dall’altro sviluppando uno stile brillante ed espressivo che può andare perfino a scapito di una buona informazione.

Elemento determinante a favorire le due tendenze appena citate è l’espansione del discorso diretto, che apre alla vivacità del parlato: esso si presenta sia nella forma dell’intervista, sia in quella del mosaico di citazioni (Dardano 20022) all’interno del pezzo, e porta a una evidente semplificazione sintattica, con l’esclusione del discorso riportato in forma indiretta, e a un’apertura alla spontaneità e all’informalità nel lessico.

L’espressività pervade la scrittura giornalistica pressoché in ogni suo settore, pur se in misura differente a seconda delle testate, e ne rappresenta una delle macrotendenze più evidenti. Ad essa si devono ricondurre certe punte estreme della componente parlata, esibite come segno di disinvoltura e disinibizione: lessico triviale, modalità testuali miranti a creare attesa e a colpire, eccessiva frammentazione sintattica, uso marcato e connotativo della punteggiatura (fenomeni che saranno esemplificati oltre). In ambito lessicale, vanno poi sottolineati altri elementi che concorrono alla caratterizzazione dello stile brillante: il neologismo effimero ed espressivo (cattivista, chiacchieroso) e soprattutto il traslato e la metafora («la sua corrente affila le armi»).

Nella direzione dell’avvicinamento alla lingua comune rientra la notevole diminuzione della componente burocratica e di quella letteraria. L’elemento letterario nella scrittura giornalistica odierna, da non confondere con la presenza della letteratura nel giornale, in brani narrativi o nel prestigioso elzeviro, appare ridotto e circoscritto alla cronaca, con metafore e stereotipi miranti a elevare il dettato (fitto riserbo, privo di vita), e allo sport, un settore in cui la fantasia creativa del giornalista è lasciata più libera di inserire tessere provenienti dal linguaggio letterario, oltre che da altre diverse risorse della lingua.

Una caratterizzazione linguistica dei quotidiani (Bonomi 2002 e 2003; Antonelli 2007; Gualdo 2007) non può non muovere da rilievi di ordine testuale (➔ testo, tipi di). La maggior parte degli articoli di giornale è da ascrivere al tipo informativo, mentre di tipo argomentativo può essere un articolo di fondo o di contenuto scientifico o culturale. Al tipo descrittivo e al tipo narrativo possono appartenere parti di articoli, e in questo senso è da rilevare la crescente tendenza alla descrizione, anche per influsso del medium televisivo.

Ma è opportuno sottolineare una sempre minore differenziazione tra gli articoli e una progressiva incertezza di confini, anche se, in contrasto solo apparente, si assiste a una crescente separazione fisica di alcuni dei componenti del quotidiano, gli inserti dedicati a specifici settori e ora anche, in certe testate, la cronaca cittadina. Oltre che gli argomenti e la struttura, la mescolanza investe il piano dello stile e, molto, quello del lessico, anche in conseguenza dello scambio tra i diversi sottocodici (lo sport accoglie termini scientifici, la lingua comune accoglie termini dello sport, e così via). Genere trasversale in netta espansione è l’intervista.

Se la struttura ideale di un articolo giornalistico dovrebbe prevedere, nell’ordine, la presentazione della notizia attraverso i suoi dati essenziali, le circostanze secondarie, la descrizione dei protagonisti, cui possono seguire i commenti del giornalista e altre notizie di contorno, in realtà l’organizzazione interna di un pezzo sui quotidiani italiani molto difficilmente la rispetta. In particolare, un elemento ricorrente è la posposizione del nucleo della notizia, preceduta, al fine di creare attesa, da elementi accessori. Gli articoli presentano spesso, infatti, quella che viene chiamata ellissi cataforica del tema (Mortara Garavelli 1996; Dardano 1999): il tema, il nucleo informativo, viene spostato in avanti, preceduto da elementi di contorno, spesso di carattere impressivo o descrittivo («Molto tentato. Ma anche molto incerto. Sergio D’Antoni deciderà nei prossimi giorni se candidarsi»; ➔ catafora).

Altra modalità testuale in espansione è la suddivisione in paragrafi con titoletti autonomi, a scandire segmenti del testo e cambi di argomento e a evidenziare una parola-tema.

Nell’ambito delle strategie che garantiscono la leggibilità e il potere informativo di un articolo un posto di rilievo ha la ripresa del tema, che può essere realizzata attraverso la ripetizione vera e propria, la ripresa con un pronome, un sinonimo, un nome generale, un sintagma sostitutivo, oppure l’ellissi.

Il raccordo tra le unità tematiche di un pezzo è ottenuto attraverso strategie come la ripresa di un argomento con il clitico neutro lo, i dimostrativi e le riprese lessicali sinonimiche o riassuntive. In espansione anche il particolare tipo di collegamento tematico svolto dai costrutti della sintassi marcata: le dislocazioni a sinistra e a destra e le frasi scisse hanno tra le loro funzioni anche quella di realizzare una ripresa anaforica del tema, al quale aggiungono elementi informativi nuovi. In speculare regresso, invece, appare l’impiego delle formule di tematizzazione tradizionali, come quanto a, riguardo a, in relazione a e simili.

Importanza crescente riveste nel quotidiano quella parte esterna all’articolo vero e proprio, il paratesto, che lo introduce e lo completa. Ai componenti tradizionali del paratesto di un articolo giornalistico (titolo, occhiello o sopratitolo, sommario o sottotitolo, catenaccio) si sono aggiunti in tempi recenti i titolini interni che separano sezioni testuali dell’articolo, e soprattutto quel ricco corredo di informazioni diverse contenute in schemi, riquadri e trafiletti collocati intorno al pezzo (disposizione cosiddetta a stella: Dardano 20022).

Dal punto di vista della struttura linguistica, i titoli presentano sempre più spesso una struttura bipartita in due segmenti, separati dalla virgola o dai due punti, raramente dal punto fermo, con tema nominale al primo posto e rema nominale o verbale al secondo («Fazio show: faccia a faccia in stile Usa»). Molto frequente anche la presenza di una battuta di discorso diretto. Ancora usati il titolo nominale composto da un sostantivo determinato da attributi o espansione di complementi («La guardia giurata uccisa da un solo colpo alla nuca»), e il titolo costituito da una frase verbale («Torna in libertà la madre di Samuele»).

La sintassi del periodo con le sue varie implicazioni, in particolare l’uso dell’interpunzione, rappresenta, insieme alla testualità, il settore in cui l’evoluzione della scrittura giornalistica si manifesta con maggiore evidenza. Rispetto al lessico, infatti, che da sempre appare come l’elemento più in movimento, la sintassi presenta da qualche tempo dei cambiamenti più profondi.

Il periodare monoproposizionale appare sempre più caratterizzare una gran parte degli articoli. Esso è certamente da collegare all’influsso del parlato, ma le finalità sottese alla forte espansione di questo fenomeno sintattico nella scrittura giornalistica sono anche altre. Da un lato, infatti, la preferenza per periodi brevissimi, spesso coincidenti con una singola frase semplice o con la singola parola, è da ricondurre all’esigenza di incisività tipica della scrittura giornalistica, all’intento di un’informazione più diretta e semplice: dunque, a una finalità denotativa. Dall’altro lato, la tendenza anche esagerata a spezzare con il punto fermo è da leggere anche come un fatto espressivo. Talvolta la spezzatura con il punto fermo porta a dare ai due segmenti un senso in parte diverso, con effetti di focalizzazione dell’informazione e di valorizzazione dei contenuti informativi, come si verifica nell’esempio seguente:

A colpi di tritolo, di volantini, di rivendicazioni ideologiche, il nuovo terrorismo si presenta come una galassia di sigle in concorrenza, ma che al tempo stesso cercano di dialogare. Con l’obiettivo di rifondare «il partito armato» («Corriere della sera» 12 agosto 2001)

Nell’ambito del periodare monoproposizionale possiamo distinguere i seguenti tipi (Dardano 1994; Sabatini 1997; Ferrari 1997-1998 e 2001; Giovanardi 2000): successione di frasi semplici complete separate dal punto fermo, sempre più usato in articoli costruiti per immagini e flash; coordinate separate da punto fermo; subordinate separate con il punto fermo dalla propria reggente; spezzoni di frase, sintagmi singoli o singole parole tra due punti fermi.

Il periodare giornalistico odierno si avvale in larga misura dei diversi procedimenti di nominalizzazione, dalle frasi nominali vere e proprie, alle apposizioni, alle riprese nominali, che danno al periodo un andamento brachilogico e serrato. La frase nominale, tipica in particolare dei titoli, trova impiego anche negli articoli, di preferenza in apertura (anche di capoverso) per dare un immediato e incisivo avvio dall’argomento, ma anche in chiusura del pezzo, come conclusione riassuntiva o esplicativa (➔ stile nominale).

La frase nominale può essere formata da elementi nominali soltanto («Corteo pacifico ieri nelle vie della città») oppure da elementi nominali e verbali, con i secondi non in funzione di predicato («Occupate dagli studenti dieci scuole milanesi»).

La nominalizzazione, cioè la preferenza per nomi astratti in luogo di frasi verbali, è gradita soprattutto al linguaggio dell’economia:

Tra le novità previste dallo sfrondamento degli emendamenti anche l’eliminazione della contestata liberalizzazione delle «slot machine» («La Repubblica» 17 luglio 2002)

Accanto al periodare spezzato, si presenta la tipologia diversificata del periodare basato su coordinazione e subordinazione, caratteristico soprattutto dei brani argomentativi; anche gli articoli di economia e quelli settoriali gradiscono, per necessità contenutistiche, un periodare articolato.

L’analisi della tipologia della subordinazione mostra tendenze comuni alla lingua scritta odierna di diversi generi, evidenziando la preponderanza assoluta delle relative, seguite nell’ordine da oggettive, temporali, causali e finali; decisamente più rare le soggettive, le condizionali, le comparative, le concessive, le modali. I nessi introduttori delle subordinate esplicite confermano la nota tendenza alla semplificazione.

La coordinazione ha un forte peso nella strutturazione del periodo, in linea con la semplificazione generale e con l’influsso del parlato, che tende a preferire l’accostamento o la giustapposizione alla concatenazione logica. Le modalità paratattiche sono quelle più facili, la coordinazione sindetica copulativa e avversativa, e, in espansione, quella asindetica, soprattutto con la virgola.

Per l’interpunzione, oltre all’espansione del punto fermo, si rileva l’impiego esteso della virgola, sia nelle funzioni coordinative ad essa proprie, sia come segno enfatizzante, nella separazione di costituenti sintatticamente legati come il soggetto e il predicato, o di complementi diversi, a creare una pausa attraverso cui il costituente da marcare viene isolato dalla catena sintattica: «Convocati in tutta fretta i giornalisti, il presidente dell’Istat Luigi Biggeri, legge la sua dichiarazione di guerra» («La Stampa» 4 gennaio 2003); «De Gennaro ha ricevuto il terzo rapporto, sugli scontri di piazza» («Corriere della sera» 2 agosto 2001). Anche i due punti, che appaiono in netta espansione, accanto alle normali funzioni logico-sintattiche assolvono spesso a una funzione di effetto. La netta flessione del punto e virgola, che appare generalizzata nella scrittura odierna, è da mettere in relazione principalmente con la riduzione del periodare articolato e con la dilatazione del dominio del punto fermo.

Nell’ambito morfosintattico, i quotidiani mostrano nel complesso una contenuta apertura verso il parlato. Infatti, se per alcuni fenomeni caratteristici dell’italiano dell’uso medio o neostandard i giornali mostrano adesione all’innovazione grammaticale e distacco dalla norma tradizionale, in altri si evidenzia al contrario la sua tenuta. In più o meno veloce evoluzione appaiono i seguenti fenomeni: l’uso del soggetto di terza persona, dove le forme tradizionali sono quasi scomparse a favore delle innovative lui / lei / loro, della sostituzione con elementi lessicali o della ripetizione del soggetto, e soprattutto a favore dell’ellissi; gli al dativo plurale, in alternanza con loro / a loro, mentre rarissimo è gli per le; le concordanze a senso, talvolta veri e propri errori di concordanza sintattica; i costrutti di sintassi marcata, che rappresentano uno dei più evidenti segni dell’apertura verso l’oralità, alla quale si associa una valenza testuale-informativa.

Meno soggetti a cambiamento e a scarto rispetto alla norma tradizionale appaiono invece altri fenomeni, tra i quali l’uso della -d eufonica; il ➔ che polivalente; l’indicativo in luogo del congiuntivo (nonostante le accuse mosse ai giornali di cedere al dilagante declino del congiuntivo, la scrittura giornalistica dimostra una buona fedeltà all’uso di questo modo verbale).

Per passare, infine, al lessico, il già notato avvicinamento alla lingua comune è evidente, oltre che nella riduzione delle voci letterarie e burocratiche, nell’aumento rilevantissimo delle voci di carattere colloquiale, particolarmente da parte delle testate che scelgono una linea linguistica accattivante e brillante. Questo tipo di voci risponde da un lato alla volontà di avvicinare il giornale al lettore, imitando la lingua d’uso quotidiano e informale, dall’altro a quella di immettere parole colorite. Esse ricorrono con maggiore frequenza in articoli di politica, cronaca, attualità, sport, non soltanto nel discorso diretto, dove hanno evidentemente finalità mimetica, ma anche nella scrittura del giornalista. La categoria comprende singole parole, aggettivi, sostantivi, verbi (tiggì, ripiombare, beccarsi), espressioni e sintagmi di carattere colloquiale, come fuori dai piedi, andare di lusso; sempre più frequenti trivialismi come balla, stronzo, incazzarsi.

Resta sempre centrale la categoria del neologismo (Adamo & Della Valle 2003), che, oltre a riflettere i contenuti nuovi veicolati dai quotidiani, evidenzia le modalità di formazione delle parole più produttive. Nell’ambito della prefissazione, ricorrono oggi con frequenza soprattutto anti- (antiscafista), co- (cofinanziamento), contro- (controindagine), de- / dis- (deburocratizzazione, dissalazione), mega- (meganegozio), mini- (minibomba), tele- (teledivo, ma anche telecomando «comando a distanza», teletraduttore «traduttore telematico», telecarta «carta telefonica»), super- (superpagato), iper- (ipermoderno), ultra- (ultraortodosso), con una certa inclinazione per i prefissi elativi. Relativamente alla suffissazione, si citano per i nomi -ismo (ribaltonismo), -ista (cassettista, giuslavorista), -istica (effettistica), -izzazione (ottimizzazione), per i verbi -are (stoppare, cortocircuitare), -izzare (ottimizzare), per gli aggettivi -ale (digitale), -ano (morettiano), -ese (benignese), -abile (scannerizzabile), -ico (massmediatico). Sono molto frequenti i composti, come teatronovela, ripara-cellule.

Da citare ancora neologismi politici molto frequenti, come i già datati correntone, girotondini, o i più attuali scudo fiscale, teodem. Naturalmente, se alcuni dei neologismi dei giornali entrano nella lingua comune, altri invece sono effimeri o restano ai margini dell’uso.

Anche i forestierismi rappresentano da sempre una categoria privilegiata del lessico giornalistico, invadendo l’intero quotidiano, con più significativa presenza negli articoli di politica interna (convention, bipartisan) e soprattutto estera (intelligence, peace enforcing), di economia (fondi hedge, blue chip), di spettacolo (audience, pièce) e di attualità. Quanto alla provenienza, dominano nell’italiano di oggi gli angloamericanismi, che invadono la politica e gli ambiti tecnico-settoriali, mentre i francesismi hanno ancora un certa presenza nello spettacolo.

Sul fronte opposto, quello delle voci ed espressioni di tipo elevato, in declino appaiono le voci letterarie, se si eccettua la presenza di sinonimi ricercati in brani di tipo descrittivo-narrativo, come i reportage. Vitale, poi, la componente letteraria nell’ambito delle metafore, che rappresentano uno degli strumenti lessicali di maggiore impiego nella direzione del cosiddetto «stile brillante». Ma se l’immagine è spenta per il suo abuso, si cade nell’ambito della stereotipia (ago della bilancia: Serianni 2007). I tecnicismi, infine, trovano luogo negli articoli di carattere settoriale, da quello economico, largamente presente su tutti i quotidiani principali, a quelli dell’informatica, delle scienze, della salute.

La lingua dei quotidiani gratuiti

I fogli gratuiti (ingl. free press), di recente nascita (2000) ma già concorrenziali nelle grandi città e soprattutto presso determinate fasce di popolazione nei confronti dei quotidiani a stampa, mostrano caratteri linguistici, oltre che strutturali, significativamente differenziati rispetto a questi.

Gli articoli, per la maggior parte a firma redazionale, riproducono con minima rielaborazione le notizie di agenzia: ciò favorisce una notevole omogeneità nella scrittura dei diversi pezzi che compongono il giornale. Specie in alcune testate, significativa è la componente visiva, fotografica. Molto ampio è, inoltre, lo spazio dedicato alla pubblicità, che contribuisce largamente al sostegno finanziario necessario per tenere in vita le testate.

Va sottolineata una notevole densità informativa: le notizie sono molte e gli articoli brevi, il che evidentemente determina sul piano linguistico una condensazione e una tendenza alla sintesi. Si privilegia un’informazione essenziale ma anche frammentaria, che sacrifica il commento e suggerisce una lettura sincopata e poco continuativa, quasi come lo zapping televisivo o la fruizione veloce e poco meditata dell’utente di Internet (Antonelli 2007).

Quanto agli argomenti, il ruolo maggiore, in linea con le aspettative dei lettori, è rivestito dalla cronaca e dall’attualità, specie di ambito cittadino, seguite dalla politica interna ed estera, dallo sport, dagli spettacoli, dall’economia.

Caratteri linguistici complessivi di questi giornali sono la leggibilità, l’essenzialità, la medietà, la scarsa espressività, che li differenziano significativamente dai quotidiani a pagamento. Mancano gli elementi che, nei grandi quotidiani nazionali, vanno verso l’animazione e la vivacità, e permangono invece caratteri attardati (Antonelli 2007) come la preferenza per il discorso indiretto, lo stereotipo e il burocratismo.

Sul piano della sintassi, spicca la tendenza alla brevità e alla frammentazione, con prevalenza di periodi monoproposizionali e frasi nominali e larga presenza di modi impliciti (participi, gerundi), che favoriscono la brachilogia. Sul piano del lessico, se si evidenzia in generale la preferenza per voci comuni, alla portata della comprensione di lettori di ogni livello, spicca la persistenza di stereotipi (tragico incidente, a nulla sono valsi i soccorsi, clamorosa protesta) e di voci ed espressioni indotte dall’influsso burocratico (in stato di detenzione, proseguono gli accertamenti, soggetti privi di permesso di soggiorno); non trascurabile l’affioramento del parlato («la ragazza è a spasso»; «risultati che arrivano da uno studio sulla psicologia»). Moderato, invece, l’adeguamento al parlato nella morfosintassi.

La lingua dei quotidiani on line

La scrittura dei quotidiani on line (Bonomi 2003; Antonelli 2007; Gualdo 2007; Pratellesi 2008) entra nella categoria dello scritto trasmesso, e si dovrebbe quindi avvalere di modalità comunicative specifiche. Ma la stretta dipendenza dai quotidiani cartacei ne determina una solo parziale specificità scrittoria, e la storia di questi sempre più importanti e diffusi strumenti di comunicazione, in veloce evoluzione, deve essere vista come una progressiva distanziazione dai loro modelli di partenza. All’inizio, infatti, quasi tutti i quotidiani on line erano la versione in rete del quotidiano cartaceo, e se ne differenziavano solo in parte dal punto di vista redazionale, strutturale e linguistico. Ora, acquisendo una sempre maggiore indipendenza, si caratterizzano come strumenti diversi, sia relativamente alla lingua degli articoli, sia, con una crescita esponenziale, relativamente alle forme comunicative interattive presenti al loro interno, il blog e il forum. Alcune caratteristiche strutturali e linguistiche sono specifiche del mezzo e connotano inequivocabilmente la scrittura dei quotidiani on line: l’immediatezza e l’aggiornamento continuo delle informazioni, l’ipertestualità, la leggibilità, la chiarezza, la brevità.

Sotto il profilo della testualità, emergono significative peculiarità del canale: i collegamenti intertestuali tra i pezzi; la struttura a blocchi, sui quali si opera l’aggiornamento; le modalità di coesione interna diverse rispetto ai quotidiani a stampa; l’evidenziazione grafica con la sottolineatura che rimanda ai link e il grassetto variamente utilizzato; le caratteristiche specifiche del paratesto (titoli e trafiletti). Di particolare importanza nei quotidiani on line appaiono poi la struttura e la centralità della pagina iniziale (home page), e la gerarchia dei contenuti, per la diversa lettura, più veloce e cursoria, rispetto a un quotidiano a stampa, di cui si sfogliano facilmente all’indietro le pagine, e per il quale è più comune una concentrazione su singoli pezzi.

Minori segni della specificità del medium emergono nell’ambito della sintassi, che ricalca in buona parte le linee di tendenza dei quotidiani cartacei: preferenza per il periodare monoproposizionale e per la paratassi rispetto all’ipotassi, con accentuazione di una linea ‘orizzontale’ giustappositiva; notevole ricorso allo stile nominale e agli incisi. Poco curato l’uso dei segni di punteggiatura, improntato a una marcatezza che riflette il parlato, e spesso anomalo per l’omissione della virgola o la sua errata collocazione (ma si deve considerare l’alta incidenza dei refusi).

Quanto al lessico, caratteri generali dei diversi tipi di articoli sono l’apertura alla colloquialità e la forte presenza dell’attualità (neologismi e forestierismi angloamericani: per es. termini bellici come tank, raid, ranger, termini informatici più o meno noti come notebook, crash, geek, termini economici come beige book, briefing, rating), mentre cifra peculiare dei pezzi sportivi sono le metafore e il lessico brillante ed espressivo. Contenuta è la persistenza dei burocratismi e del retaggio giornalistico, come recarsi, operare un arresto o gli stereotipi come fitta nebbia, bruciante ricordo, tunnel della droga.

Fonti

Adamo, Giovanni & Della Valle, Valeria (2003), Neologismi quotidiani. Un dizionario a cavallo del millennio, 1998-2003, Firenze, Olschki.

Studi

Antonelli, Giuseppe (2007), L’italiano nella società della comunicazione, Bologna, il Mulino.

Bonomi, Ilaria (2002), L’italiano giornalistico. Dall’inizio del ’900 ai quotidiani on line, Firenze, Cesati.

Bonomi, Ilaria (2003), La lingua dei quotidiani, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi, A. Masini & S. Morgana, Roma, Carocci, pp. 127-164.

Dardano, Maurizio (1994), Profilo dell’italiano contemporaneo, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni & P. Trifone, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 2° (Scritto e parlato), pp. 343-430.

Dardano, Maurizio (1999), I linguaggi non letterari, in Storia generale della letteratura italiana, diretta da N. Borsellino & W. Pedullà, Milano, Motta, 16 voll., vol. 12° (Il Novecento. Sperimentalismo e tradizione del nuovo), pp. 414-448.

Dardano, Maurizio (20022), La lingua dei media, in La stampa italiana nell’età delle TV. Dagli anni Settanta a oggi, a cura di V. Castronovo & N. Tranfaglia, Roma - Bari, Laterza, pp. 243-285 (1a ed. in La stampa italiana nell’età della TV: 1975-1994, Roma - Bari, Laterza, 1994, pp. 209-235).

Ferrari, Angela (1997-1998), Quando il punto spezza la sintassi, «Nuova secondaria» 15, 1, pp. 47-56.

Ferrari, Angela (2001), La frammentazione nominale della sintassi, «Vox Romanica» 60, pp. 51-68.

Giovanardi, Claudio (2000), Interpunzione e testualità. Fenomeni innovativi dell’italiano in confronto con altre lingue europee, in L’italiano oltre frontiera. Atti del V convegno internazionale dell’AISLLI (Leuven, 22-25 aprile 1998), a cura di S. Vanvolsem et al., Leuven, University Press; Firenze, Cesati, 2 voll., vol. 1º, pp. 89-107.

Gualdo, Riccardo (2007), L’italiano dei giornali, Roma, Carocci.

Mortara Garavelli, Bice (1993), Strutture testuali e retoriche, in Introduzione all’italiano contemporaneo, a cura di A.A. Sobrero, Roma - Bari, Laterza, 2 voll., vol. 2° (Le strutture), pp. 371-402.

Mortara Garavelli, Bice (1996), L’interpunzione nella costruzione del testo, in La costruzione del testo in italiano: sistemi costruttivi e testi costruiti. Atti del seminario internazionale (Barcellona, 24-29 aprile 1995), a cura di M. de las Nieves Muñiz & F. Amella, Barcelona, Universitat de Barcelona; Firenze, Cesati, pp. 93-112.

Pratellesi, Marco (2008), New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Milano, Mondadori.

Sabatini, Francesco (1997), Pause e congiunzioni nel testo. Quel ‘ma’ a inizio di frase …, in Norma e lingua in Italia. Alcune riflessioni fra passato e presente, Milano, Istituto lombardo - Accademia di Scienze e Lettere, pp. 111-146.

Serianni, Luca (2007), Italiani scritti, Bologna, il Mulino (1a ed. 2003).

Tesi, Riccardo (2005), Storia dell’italiano. La lingua moderna e contemporanea, Bologna, Zanichelli.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE
TAG

Seconda guerra mondiale

Forestierismi

Suffissazione

Prefissazione

Frasi scisse