Bioattivi, lipidi

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Mauro Maccarrone

Gruppo di molecole lipofile che, a differenza di altre con funzione strutturale (fosfolipidi di membrana) o di deposito energetico (trigliceridi), svolgono il ruolo di segnali molecolari. Ciò avviene mediante il legame a (e la successiva attivazione di) specifici bersagli molecolari, quasi sempre recettori accoppiati a proteine G (G protein coupled receptor, GPCR o GPR), a seguito del quale si innesca una cascata di reazioni intracellulari che rappresentano la risposta allo stimolo. Tra i lipidi bioattivi si annoverano composti endogeni, naturalmente presenti nel nostro organismo, e composti esogeni per lo più di origine vegetale.

Lipidi bioattivi endogeni

Si tratta di una classe di molecole che agiscono come messaggeri a corto raggio, vale a dire sulle stesse cellule che le producono (segnali autocrini) o su quelle che si trovano nei loro pressi (segnali paracrini). Per questa loro capacità sono coinvolte in svariati processi cellulari e tissutali, dalla crescita e morte cellulare, alla risposta infiammatoria e a patologie diffusissime come cancro, diabete, aterosclerosi, asma, malattie autoimmuni e neurodegenerative. I lipidi bioattivi endogeni possono essere divisi in cinque classi principali, in base alla loro struttura e alle loro funzioni biologiche: eicosanoidi, endocannabinoidi, lisofosfolipidi, mediatori specializzati della risoluzione e steroidi. Per questi ultimi e per i loro derivati (composti steroidei) si rimanda alla voce specifica.

Eicosanoidi

Derivano dall’acido arachidonico, un acido grasso n-6 (ω-6) a 20 atomi di carbonio con 4 doppi legami (C20:4, acido eicosatetraenoico dal greco “εἴκοσι(ν)”, per 20, e “τέτταρες”, per 4), che è essenziale nella nostra dieta a meno che non si assuma il suo precursore acido linoleico (C18:2), anch’esso n-6. Gli eicosanoidi comprendono prostanoidi, leucotrieni, lipossine ed epossiline. Inoltre, appartengono a questo gruppo gli acidi epossieicosatrienoici, composti epossidici generati dagli enzimi P450 epossigenasi.

I prostanoidi sono stati identificati per la prima volta nell’apparato genitale maschile (seme e vescicole seminali), da cui hanno preso il nome, e per la loro scoperta nel 1982 Bengt Samuelsson, Sune Bergström e John Robert Vane ottennero il Premio Nobel per la Fisiologia o Medicina. Sono tutti prodotti dall’attività delle cicloossigenasi (COX, anche note come prostaglandina H2 sintasi) -1, -2 e -3, isozimi che contengono un gruppo eme (ferro-protoporfirina IX) e aggiungono ossigeno molecolare (O2) ai doppi legami dell’acido arachidonico, formando un composto ad anello. Il perossido che si forma viene ridotto a idrossido in presenza di glutatione ridotto (GSH), rilasciando prostaglandina H2 (PGH2), glutatione ossidato (GSSG) e acqua.

Reazione delle COX

acido arachidonico + 2GSH + 2O2  ⇄  prostaglandina H2 + GSSG + H2O

La PGH2 è il precursore di tutti i prostanoidi, che a loro volta si distinguono in prostaglandine (PGD2, PGE2 e PGF), prostaciclina (PGI2, una prostaglandina particolare) e trombossani (TXA2 e TXB2). Queste molecole attivano in modo specifico almeno nove diversi GPCR: DP1-2 (recettori 1-2 di PGD2), EP1-4 (recettori 1-4 di PGE2), FP (recettore di PGF), IP (recettore di PGI2) e TP (recettore di TXA2 e TXB2). Pertanto, i prostanoidi sono coinvolti in numerosi processi fisiologici, dal controllo del tono vascolare e dell’aggregazione piastrinica, alla percezione del dolore, all’ovulazione e all’impianto dell’embrione. Si può osservare che PGI2 ha effetti opposti a quelli di TXA2, inibendo l’aggregazione piastrinica e agendo come vasodilatatore. Vista l’importanza dei prostanoidi, le COX sono bersagli di farmaci assai rilevanti per la salute umana, quali gli anti-infiammatori non steroidei (FANS, come aspirina, ibuprofene e altri), attivi su tutte le COX, coxib ed altri di nuova generazione, che sono selettivi invece per la COX-2.

Nel 1990, pochi anni dopo la scoperta dei prostanoidi, L. Jackson Roberts e Jason D. Morrow identificarono sostanze endogene “prostaglandina-simili”, che si formano in vivo dalla perossidazione dell’acido arachidonico catalizzata non dalle COX, ma dai radicali liberi: gli isoprostani. Questi composti sono caratterizzati da una potente attività biologica che li fa ritenere importanti mediatori dell’infiammazione, capaci di aumentare la percezione del dolore. Gli isoprostani potrebbero anche contribuire ad aumentare il rischio d’infarto nei pazienti cardiopatici che assumono coxib e potrebbero essere utili come biomarcatori di danno ossidativo nell’uomo (per esempio, a seguito del fumo di sigarette).

I leucotrieni e le lipossine sono, invece, prodotti dalle lipossigenasi (LOX), che contengono ferro non-eme (Fe2+/3+) e comprendono principalmente gli isozimi 5-, 12- e 15-LOX, denominati a seconda della posizione in cui inseriscono O2 ai doppi legami dell’acido arachidonico. A differenza dei prostanoidi, i prodotti delle LOX non sono ciclici ma lineari.

Reazione delle LOX

acido arachidonico (eicosatetraenoico) + O2  ⇄  acido idroperossieicosatetraenoico

Il nome leucotriene (dal greco “λευκός”, per globuli bianchi, e “trieni”, per i tre doppi legami) fu introdotto nel 1979 dal biochimico svedese Bengt Samuelsson, per indicare i prodotti dell’ossigenazione dell’acido arachidonico da parte della 5-LOX. I principali sono LTA4 e LTB4; dal primo di questi composti l’enzima LTC4 sintasi produce i cisteinil-leucotrieni (LTC4, LTD4 e LTE4). Anche i leucotrieni, come i prostanoidi, esercitano la loro attività biologica attraverso il legame a GPCR: BLT1-2 (recettori 1 e 2 del leucotriene B), che riconoscono LTB4 con alta affinità; CysLT1 (recettore 1 dei cisteinil-leucotrieni), che riconosce con maggior affinità LTD4 e con minor affinità LTC4 e LTE4 - questo è il bersaglio dei farmaci “antileucotrieni”, come Montelukast®, Zafirlukast® e altri antiasmatici e antiallergici; CysLT2 (recettore 2 dei cisteinil-leucotrieni), che riconosce per primi LTC4 e LTD4, poi con affinità minore LTE4. I leucotrieni sono coinvolti nell’infiammazione acuta (in particolare durante la formazione degli edemi), nell’asma, nelle manifestazioni allergiche e nei processi infiammatori cronici associati a patologie quali artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, psoriasi e aterosclerosi.

Le lipossine (LXA4 e LXB4) sono formate dalla 5-LOX, assieme alla 15-LOX, e sono coinvolte nel processo di risoluzione dell’infiammazione attraverso il recettore N-formil peptide 2 (FPR2), un GPCR. La 12-LOX, invece, è coinvolta nella formazione delle epossiline (HXA e HXB), scoperte nel 1984 in Canada da Cecil R. Pace-Asciak e Julio M. Martin. Sono molecole che possiedono sia un residuo epossidico (vale a dire con un atomo di ossigeno a ponte tra due atomi di carbonio) che uno alcolico e contribuiscono al controllo della barriera epidermica. Infine, gli acidi epossieicosatrienoici (EET) hanno 20 atomi di carbonio, 3 doppi legami e un gruppo epossidico; vengono generati dalle P450 epossigenasi, membri della superfamiglia enzimatica dei citocromi P450 (ossidasi a funzione mista contenenti un gruppo prostetico eme). Gli EET sono coinvolti nella segnalazione autocrina e paracrina, in modo analogo agli ormoni, e quindi possono influenzare una serie di risposte cellulari, da possibili effetti anti-infiammatori a possibili effetti stimolatori dell’angiogenesi e anti-aggreganti.

Endocannabinoidi

Gli endocannabinoidi sono stati scoperti nel 1992 da Raphael Mechoulam in Israele. Insieme ai loro recettori, trasportatori ed enzimi metabolici, essi formano una complessa rete di segnalazione nota come sistema endocannabinoide. Quest’ultimo è presente in tutto l’organismo ed è coinvolto nelle sue reazioni adattative a eventi stressanti, sia interni che provenienti dall’ambiente, con una funzione pro-omeostatica. Gli endocannabinoidi devono il nome alla loro capacità di legare gli stessi recettori attivati dal principale composto psicoattivo della marjuana e di altri estratti della canapa (Cannabis sativa o indica), cioè il Δ9-tetraidrocannabinolo (THC). I due più studiati sono la N-arachidoniletanolammina (o anandamide, dal sanscrito “Ānanda”, per beatitudine; AEA) e il 2-arachidonilglicerolo (2-AG), rispettivamente un’ammide e un estere dell’acido arachidonico (AA). Gli endocannabinoidi sono prodotti per idrolisi di precursori fosfolipidici della membrana cellulare: fosfatidilcolina e fosfatidiletanolammina per l’AEA, fosfatidilinositolo e acido fosfatidico per il 2-AG. Gli enzimi responsabili di tale idrolisi sono soprattutto una fosfolipasi D specifica per le N-acilfosfatidiletanolammine (NAPE-PLD), per la biosintesi dell’AEA, e le diacilglicerolo lipasi (DAGL) α e β, per quella del 2-AG. L’AEA è poi degradata ad AA ed etanolammina per lo più da un’idrolasi delle ammidi degli acidi grassi (FAAH), mentre il 2-AG è scisso in AA e glicerolo soprattutto da una monoacilglicerolo lipasi (MAGL). Vi sono, però, numerose vie alternative per la sintesi e degradazione di questi e altri endocannabinoidi, con un’apparente ridondanza. Inoltre, COX-2, 12- e 15-LOX e P450 epossigenasi possono operare biotrasformazioni di questi lipidi, con produzione di composti ossigenati dotati di attività biologica distinta. Tra i bersagli principali di AEA e 2-AG vi sono due GPCR, noti come recettori cannabici di tipo 1 e di tipo 2 (CB1 e CB2), e altri quali il recettore-canale a potenziale transiente vanilloide 1 (TRPV1) e i recettori nucleari attivati da proliferatori perossisomiali (PPAR) α, γ e δ. Si può, infine, ricordare che esistono composti endocannabinoide-simili, come la N-palmitiletanolammina (PEA) e l’N-oleiletanolammina (OEA), che sono ammidi dell’acido palmitico (C16:0) e dell’acido oleico (C18:1); questi composti sono capaci d’interagire con elementi del sistema endocannabinoide diversi dai recettori CB1 e CB2 (per esempio gli enzimi metabolici), aumentando così la stabilità di AEA e 2-AG e prolungandone l’attività biologica.

Gli endocannabinoidi sono tra i più potenti segnali endogeni del nostro corpo, deputati a mantenere l’omeostasi di tutti gli organi e a veicolare informazioni a corto raggio ad altri sistemi specifici di segnalazione: neurotrasmettitori/neuromodulatori nel sistema nervoso centrale; interleuchine, miochine, citochine e ormoni vari in periferia. Non sorprende, quindi, che alterazioni del sistema endocannabinoide siano state correlate a patologie che vanno dal cancro, alle malattie gastrointestinali, autoimmuni e neuroinfiammatorie quali morbo di Alzheimer e sclerosi multipla, per le quali farmaci in grado di regolare questo sistema complesso potrebbero rappresentare una valida opzione terapeutica.

Lisofosfolipidi

Questa famiglia di segnali svolge svariate funzioni nel nostro organismo, dal controllo della cascata infiammatoria a quello della crescita e della morte cellulare. Essa comprende due gruppi principali di molecole, che differiscono per la presenza di uno scheletro di sfingosina e di fosfoglicerolo, rispettivamente: lisosfingolipidi e lisoglicerofosfolipidi.

I lisosfingolipidi includono varie molecole, tra cui il ceramide, la sfingosina e i loro derivati fosforilati ceramide-1-fosfato (C1P) e sfingosina-1-fosfato (S1P). Quest’ultima esercita la sua attività biologica attraverso cinque recettori GPCR, gli S1PR1-5 (recettori 1-5 di S1P), mediante i quali è coinvolta in patologie associate all’infiammazione cronica come la malattia polmonare cronica ostruttiva, la malattia infiammatoria dell’intestino, il diabete e l’obesità. Inoltre, sia C1P che S1P sono capaci di amplificare le risposte infiammatorie acute e croniche, promuovendo la sintesi di eicosanoidi da parte della COX-2.

I lisoglicerofosfolipidi sono sintetizzati a partire dai fosfolipidi di membrana, idrolizzati a livello dell’acido grasso legato al carbonio centrale (sn-2) del glicerolo per formare 1-acil-lisoglicerofosfolipide; per esempio, la lisofosfatidilcolina (LPC) è generata dall’idrolisi della fosfatidilcolina. Mediante un’ulteriore idrolisi, che porta al distacco del gruppo polare dal fosfato, la LPC libera acido lisofosfatidico (LPA), composto anch’esso molto attivo. Sia LPC che LPA esercitano la loro attività biologica mediante recettori GPCR: GPR132 e recettori Toll-like (TLR) 2 e 4, per la prima; sei diversi recettori LPA1-6, per la seconda. Sia LPC che LPA sono coinvolte in molti processi cellulari e tissutali, quali l’acquisizione della forma (shaping) della membrana plasmatica, la cascata infiammatoria e la crescita e morte programmata (apoptosi) delle cellule; esse modulano, inoltre, la risposta immunitaria, risultando potenzialmente importanti per patologie infiammatorie croniche quali obesità, diabete, cancro, aterosclerosi e artrite reumatoide.

Mediatori specializzati della risoluzione

I mediatori specializzati della risoluzione (specialized pro-resolving mediator, SPM) sono prodotti durante il picco della risposta infiammatoria acuta attraverso l’azione coordinata di cellule immunitarie (macrofagi e neutrofili), piastrine ed endotelio. Essi sono responsabili della terminazione (o “risoluzione”) dell’infiammazione, grazie all’inibizione della produzione di citochine proinfiammatorie e alla promozione di quella di citochine anti-infiammatorie.

Gli SPM vengono sintetizzati a partire dall’acido arachidonico (AA) e da acidi grassi poli-insaturi n-3 (ω-3) come l’eicosapentaenoico (EPA, C20:5), il docosaesaenoico (DHA, C22:6) ed il docosapentaenoico (DPA, C22:5), mediante l’azione degli stessi enzimi coinvolti nella produzione degli eicosanoidi: COX-2, varie LOX e P450 epossigenasi. In generale, possiamo dividere gli SPM in quattro classi principali: 1) quelli derivanti dall’AA comprendono le lipossine (LXA4 e LXB4), di cui si è parlato in precedenza; 2) quelli derivanti dal DHA comprendono le resolvine della serie D (RvD1-6), le maresine (MaR1 e MaR2) con le loro isoforme solfate (MCTR1-3) e le (neuro)protettine (NPD1/PD1 and PDX) con le loro isoforme solfate (PCTR). Vengono sintetizzati da 5-, 12- e 15-LOX; 3) quelli derivanti dell’EPA sono un piccolo gruppo di resolvine della serie E (RvE1-3), sintetizzate dagli enzimi COX-2, 5-, 12-, 15-LOX e P450 epossigenasi; 4) quelli derivanti dal DPA includono le resolvine della serie T (RvT1-4), sintetizzate grazie all’azione di COX-2 e 5-LOX.

Anche gli SPM esercitano la propria attività biologica attraverso recettori GPCR, che sono: FPR2 (già citato di sopra) per il primo gruppo; GPR32/DRV1 (recettore di RvD1), GPR18/DRV2 (recettore di RvD2) e LGR6/BLT1 (recettore accoppiato a proteine G contenente una ripetizione ricca di leucine/recettore del leucotriene B) per il secondo; ChemR23 (recettore della chimerina 23) per il terzo; GPR101 per il quarto. Come anticipato, gli SPM sono coinvolti nella risoluzione attiva dell’infiammazione, nella riduzione del dolore e nella protezione degli organi dal danno derivante da ischemia-riperfusione.

 Lipidi bioattivi esogeni

Anche alcuni composti esogeni, per lo più introdotti con la dieta a partire da alimenti vegetali, hanno attività biologica sulle nostre cellule. Tra questi si possono ricordare terpeni, terpenoidi e carotenoidi.

I terpeni sono biomolecole con struttura lineare, ciclica o mista (lineare e ciclica). Quando sono modificati con reazioni tali da portare alla formazione di gruppi funzionali contenenti atomi diversi dal carbonio (per esempio gruppi idrossilici, carbonilici o azotati), vengono chiamati terpenoidi. Tra questi ultimi vengono annoverati anche i fitocannabinoidi, costituenti della canapa (Cannabis sativa o indica) di cui il più noto per la sua attività psicotropa è il Δ9-tetraidrocannabinolo (THC) già menzionato. Molti aromi usati nei cibi o nei profumi sono derivati da terpeni o terpenoidi naturali, che sono anche precursori biosintetici degli steroidi e dei carotenoidi.

I carotenoidi sono una classe di pigmenti organici che contengono almeno un anello di β-ionone non sostituito e sono considerati precursori della vitamina A, potendo essere convertiti in retinolo dagli animali che si cibano di vegetali. Essi vengono normalmente suddivisi in due classi: i caroteni, che sono idrocarburi privi di ossigeno, e le xantofille che invece lo contengono.

Bibliografia

M. Maccarrone, V. Gasperi, M. Bari, L. Avigliano, A. Finazzi Agrò, Gli endocannabinoidi: nuovi mediatori lipidici di rilevanza biomedica, Padova 2009, pp. 1-222; A. Leuti, D. Fazio, M. Fava, A. Piccoli, S. Oddi, M. Maccarrone, Bioactive lipids, inflammation and chronic diseases, in Advanced drug delivery reviews, 159 (2020), pp. 133-69; M. Maccarrone, Fondamenti di biochimica umana, Bologna 2021.

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