Lìsia

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Oratore attico (n. dopo il 440 a. C. - m. poco dopo il 380 a. C.). Fu anteposto a Demostene dalle correnti estreme dell'atticismo come rappresentante del cosiddetto stile attico per la semplicità, purezza e linearità dell'espressione; nella storia dell'eloquenza L. fu considerato creatore di quel "genere tenue" (γένος ἰσχνόν) preso poi a modello, per molti secoli, perché ritenuto pura espressione del classicismo. Delle numerosissime orazioni di cui si ha notizia, ne sono giunte a noi 34, non tutte autentiche.

Vita

Era figlio di Cefalo siracusano, meteco in Atene, dove aveva una fabbrica di scudi. La signoria dei Trenta tiranni fu attratta dalle ricchezze dei figli di Cefalo: il fratello maggiore, Polemarco, dovette bere la cicuta, mentre Lisia si salvò fuggendo a Megara, ma perdette tutto il patrimonio. Al momento della restaurazione della democrazia il capo di questa, Trasibulo, ottenne per lui la piena cittadinanza, ma il decreto fu reso vano da un'eccezione giuridica. Ridotto in povertà, privo della cittadinanza e per questo impossibilitato ad accedere alla politica, visse facendo il maestro di retorica e il logografo.

Opere

Di L. ci sono giunte 34 orazioni (delle 233 attribuitegli dai critici antichi), non tutte autentiche. La 2a, non autentica, è un epitaffio per i morti della guerra corinzia. Delle altre, giudiziarie, solo la 12a fu pronunciata dall'oratore contro Eratostene, uno dei Trenta che aveva fatto morire suo fratello Polemarco. Le rimanenti sono scritte per altri, perché la legge ateniese non ammetteva la difesa per mezzo di avvocato difensore. Sono importanti la 13a, contro Agorato che sotto i Trenta causò la morte di parecchi cittadini; la 22a contro i mercanti di grano, accaparratori durante la guerra corinzia; la 1a "per l'uccisione di Eratostene", in difesa di un marito che aveva sorpreso e ucciso l'amante della moglie. Nell'eloquenza di L. si rileva la etopea (ἠϑοποιία) o descrizione del carattere, per cui egli argomenta ed espone secondo i varî personaggi che difende. La lingua è l'attico senza influssi letterari e poetici.

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