AGRESTI, Livio

Enciclopedia Italiana (1929)

AGRESTI, Livio

Géza de Francovich

Pittore di Forlì, morto a Roma circa il 1580. Ebbe a maestro Francesco Menzocchi, modesto pittore locale, scolaro di Girolamo Genga. Lavorò a Ravenna in concorrenza con Luca Longhi (1517-1580), poi, a parecchie riprese, nell'Umbria meridionale, a Collescipoli (il Battista in S. Maria Maggiore), a Terni (la Circoncisione, datata 1560, nel Duomo), a Narni (la Consegna delle chiavi, datata 1560, nel Duomo), e ad Amelia (il Crocifisso con S. Francesco e S. Olimpiade, firmato e datato 1557, ora nel Palazzo comunale, e la Decollazione, datata 1571, nella chiesa di S. Giovanni Battista). Quest'ultimo quadro è una ripetizione della Decollazione eseguita nel 1971 per la Confraternita della misericordia nella vicina Lugnano. La presenza dell'A. in Amelia viene anche confermata da due documenti d'archivio, che ricordano pitture da lui eseguite nella cappella del Falazzo degli Anziani, ora distrutta, e pitture d'armi, anch'esse scomparse. Meglio conosciute sono le opere lasciate dall'A. a Roma, ove divenne scolaro di Pierino del Vaga, e dipinse, dopo il 1560, nella Sala regia del Vaticano, Pietro d'Aragona che fa omaggio del suo Regno al Papa. Altri dipinti dell'A. a Roma sono in S. Maria della Consolazione (Madonna col Bambino, S. Giuseppe e un devoto) in S. Caterina de' Funari (Martirio di S. Caterina), nell'Oratorio del Gonfalone (Cenacolo e Andata al Calvario), e in S. Spirito in Sassia, dove gli vengono attribuite diverse pitture in tre cappelle. Nulla rimane degli affreschi con cui l'A. decorò le facciate di alcuni palazzi romani, né sappiamo dove siano andati a finire i "sette pezzi di storie dipinti sopra tele d'argento" che, secondo il Vasari, avrebbe fatto per il cardinale d'Augusta suo protettore, che gli commise numerosi lavori. Pitture su tavola dell'A. si conservano anche nella Pinacoteca di Forlì. Stilisticamente l'A. appartiene alla corrente del manierismo romano, ma rimase un provinciale ritardatario, di modesta levatura. Mentre la pittura romana del tardo Cinquecento è dominata dalla "maniera dolce e pastosa" di Taddeo Zuccari, abilissimo decoratore che nei suoi vasti cicli di affreschi concilia in una felice fusione l'arte di Michelangelo, di Raffaello e del Correggio, l'A., quasi senza tener conto di quest'ecletticismo zuccariano, ritorna ad una pedissequa e sciatta imitazione del modellato e del disegno michelangiolesco. Il colorito è freddo e piatto; la composizione, in generale, stentata e artificiosa; contiene però a volte, specie nelle prospettive architettoniche dei fondi, particolari eseguiti con cura e abilità, se anche offuscati dall'insieme macchinoso e affollato. Tra le sue opere migliori va ricordato il Cenacolo nell'Oratorio del Gonfalone (Roma) disposto con una certa larghezza compositiva, e il Crocifisso con angeli, firmato, nella Pinacoteca di Forlì, di colorito abbastanza fuso ed equilibrato.

Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, I, Lipsia 1907 (con la bibl. precedente); H. Voss, Die Malerei d. Spätrenaissance in Rom u. Florenz, Berlino 1920, II; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923.

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