PICO, Lodovico I

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 83 (2015)

PICO, Lodovico I

Bruno Andreolli

PICO, Lodovico I. – Secondogenito di Galeotto I e di Bianca Maria d’Este, nacque a Mirandola verso il 1472.

Costretto dal padre a sottostare, contro le tradizioni di famiglia, alla successione per maggiorasco, ne sottoscrisse le disposizioni il 5 gennaio 1491, onde favorire il primogenito Giovan Francesco II, e si dedicò al mestiere delle armi, ponendosi al servizio degli Stati in competizione tra loro nel periodo delle guerre d’Italia. Il problema comunque rimaneva aperto, tant’è che la Cronaca Bratti-Papazzoni, pur favorevole al principio di primogenitura, nel segnalare con soddisfazione il diploma del 28 aprile 1494, con il quale l’imperatore Massimiliano d’Asburgo aveva assegnato al solo Galeotto il governo del feudo, ammetteva tuttavia che in precedenza «tutti erono signori egualmente del detto stato» (Cronaca della Mirandola, p. 115).

Accantonate per il momento le ambizioni legate alla successione, Lodovico è attestato nel 1494 al servizio del Regno di Napoli contro la Francia, assoldato con paga annua di 6000 ducati. Presto considerato uno dei più abili condottieri del suo tempo, prese parte alla lega antifrancese contro Carlo VIII in ritirata verso le Alpi e partecipò alla battaglia di Fornovo (6 luglio 1495); comandante in capo dell’esercito nemico era Gian Giacomo Trivulzio, padre di Francesca, futura moglie di Lodovico. Nell’aprile del 1496, assieme al padre, figurava al servizio di Ludovico il Moro nella guerra contro Firenze in soccorso dei Pisani, distinguendosi in operazioni a Castelnuovo di Garfagnana e Barga.

Nel 1498 figurava detenere l’incarico di cameriere del duca Ludovico Sforza e nel dicembre di quell’anno si distinse in una giostra organizzata a Milano da Galeazzo da San Severino, confermando le sue attitudini militari. Era nel frattempo passato al soldo dei fiorentini in guerra contro pisani e veneziani, ricavandone ulteriore prestigio e notorietà. Nell’occasione poté combattere a fianco di affermati capitani come Ottaviano Riario, Paolo Vitelli, Ranuccio da Marciano, Jacopo d’Appiano, Giampaolo Baglioni, Paolo e Vitellozzo Vitelli.

In riferimento alle vicende del luglio 1498, il cronista pisano Piero Vaglienti annotò che Lodovico era alla guida di 100 uomini d’arme e 150 balestrieri a cavallo: il che delinea tattiche militari basate su attacchi tempestivi onde evitare la ricarica delle artiglierie e portare scompiglio nelle truppe avversarie. Il dato risulta confermato dal cronista bolognese Cherubino Ghirardacci, il quale segnala che nel 1508 per catturare Manzino da Bologna, nemico dei Bentivoglio, il conte Lodovico si portò a Bondanello, al comando di circa 60 balestrieri.

Alla morte del padre (9 apr. 1499), lasciò il campo di battaglia che nel frattempo si era trasferito in Romagna per recarsi nelle Fiandre, presso l’imperatore Massimiliano d’Asburgo onde ottenere l’investitura di Mirandola, prestandosi in contraccambio ad appoggiare alcune missioni diplomatiche al fine di ottenere trattati di pace con gli svizzeri, ma la sua opera riscontrò scarso successo, a testimonianza delle limitate capacità di Lodovico in tale settore.

Nei due anni successivi, proseguì l’incessante avvicendamento degli ingaggi militari. Nel 1500 era alle dipendenze di Pisa e Firenze e venne fatto prigioniero nella battaglia di Novara, nella quale guerreggiava per Ludovico il Moro: catturato dai francesi, fu liberato per opera dello zio Anton Maria, dietro il riscatto di 2500 ducati. Nel 1501 era al servizio di Cesare Borgia, sostenendo nel contempo le proprie ragioni su Concordia, che alla morte di Anton Maria era stata occupata dal fratello Giovan Francesco.

Nel 1501 fu celebrato il matrimonio fra Lodovico e Francesca, figlia naturale di Gian Giacomo Trivulzio, dal quale venne legittimata in occasione delle nozze (Cronaca della Mirandola, p. 160, nota 99.), sulla base di un progetto egemonico, che vedeva quasi contemporaneamente le nozze di Giovan Niccolò Trivulzio, altro figlio di Gian Giacomo, con Paola Gonzaga di Luzzara, figlia di Caterina Pico, a sua volta zia di Lodovico (Arcangeli, 2003, pp. 38 s.).

In seguito alla morte dello zio Anton Maria (il 6 o 10 marzo 1501), signore della vicina Concordia, si determinarono le condizioni per un attacco a Mirandola. D’accordo con il fratello minore Federico, con l’appoggio del marchese Francesco Gonzaga e del duca Ercole d’Este, e con il sostegno del Trivulzio, il 17 giugno 1502 cinse d’assedio il borgo e ne tolse il dominio al fratello. La dedizione avvenne il 6 agosto 1502, dopo 50 giorni di assedio, ed ebbe una certa eco nelle fonti cronistiche, non solo locali. Francesco Guicciardini segnalò l’importanza di questo ‘colpo di Stato’: «non accadde in questo anno altra cosa memorabile, eccetto che Lodovico e Federico della famiglia de’ Pichi della Mirandola, essendo stati prima cacciati da Giovan Francesco loro fratello, e pretendendo avervi, con tutto che fusse maggiore di età, le medesime ragioni che lui, ottenute genti in aiuto loro dal duca di Ferrara, di una sorella naturale del quale erano nati, e da Gianiacopo da Triulzi suocero di Lodovico, ne cacciarono per forza il fratello: cosa non tanto degna di memoria per se stessa quanto perché poi, negli anni seguenti, le controversie tra questi fratelli produssero effetti di qualche momento» (F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di F. Catalano, I, 1975, p. 177).

A Mirandola gli effetti della presa di potere da parte di Lodovico furono particolarmente drammatici. Sostenuto dalla madre Bianca e da numerosi notabili della città, per dare un segnale forte fece imprigionare il rivale, poi liberato solo in seguito alle insistenze della madre e della cognata Giovanna Carafa. Per gli stessi motivi fece catturare i seguaci del Savonarola, rifugiatisi a Mirandola sotto la protezione di Giovan Francesco e della moglie, e mise al rogo Pietro Bernardino, uno dei più accesi esponenti del movimento piagnone, dietro accusa di sodomia ed eresia; fece giustiziare inoltre Cristoforo Grisolfi con otto uomini colpevoli di avere congiurato per restituire Mirandola a Giovan Francesco. Costui nel frattempo si era rifugiato a Roma sotto la protezione del papa, e Lodovico cercò di eliminarlo; i suoi sicari, scoperti e incarcerati, furono graziati e rimessi in libertà, il che fa supporre che Giovan Francesco avesse sottovalutato il pericolo e ritenesse possibile un accordo con il rivale.

Nel 1503, in occasione del conclave in cui venne proclamato papa Pio III, i territori limitrofi alla città di Roma furono presidiati da alcune truppe dell’esercito francese sotto la guida di Lodovico e del cognato Alessandro Trivulzio (F. Guicciardini, Storia d’Italia, cit., I, p. 194). Nel medesimo anno figurava al servizio del duca Valentino Cesare Borgia e partecipò all’assedio del castello di Ceri, che, dopo 38 giorni di resistenza, fu occupato e raso al suolo per cui Giulio Orsini dovette cedere le armi. Al servizio di Cesare Borgia, combatté anche contro gli spagnoli a Napoli.

L’8 agosto 1504 morì Federico; qualche studioso sospetta sia stato avvelenato per volere dal fratello ma va precisato che l’accordo fra i due era sempre stato perfetto e che Lodovico nel testamento del 10 novembre 1502 lo aveva nominato suo erede. Lodovico restò pertanto unico signore e sotto il suo dominio si venne ulteriormente rafforzando l’avvicinamento di Mirandola alla Francia, già avviato dal padre Galeotto, ora assicurato da alleanze con gli Este, i Gonzaga e il ducato di Milano.

Durante la guerra della lega di Cambrai Lodovico si trovò a militare per il papa Giulio II contro i veneziani e il 19 giugno 1509 morì alla Polesella (Rovigo) durante una perlustrazione, in seguito a un colpo di colubrina che gli staccò la testa dal corpo. Il feretro, accompagnato da Nicolò d’Este e Mesino dal Forno, fu trasportato a Mirandola, dove il defunto fu sepolto nella chiesa di S. Francesco.

Nonostante le verbose pressioni di Giovan Francesco, che invocò il sostegno da parte dell’Impero, della Francia e di Mantova, il 6 gennaio 1510 l’imperatore Massimiliano riconobbe la successione al figlio Galeotto (1508-1550), mentre la reggenza venne affidata alla moglie Francesca Trivulzio, che seppe seguire con cura anche l’amministrazione dei beni patrimoniali di Lodovico, difendendo i diritti di Galeotto II sulla ricca corte delle Segnate contro le pretese del potente monastero di S. Benedetto Polirone (Mantova).

A parte il cinico giudizio di papa Giulio II che nell’assicurare la propria protezione alla vedova, scrive che «dovea guardar come l’andava», Ghidoni, 2011, pp. 83 s., n. 13), Lodovico Pico – che non mostrò nel complesso grandi attitudini diplomatiche – fu nel complesso giudicato positivamente dai contemporanei, in primo luogo dal punto di vista delle capacità militari: «huomo molto strenuo e pratico nelle armi» (Manfredi, 1903, p. 118), «huomo nell’armi valorosissimo, et esercitatissimo» (Cronaca della Mirandola, p. 93). Anche il Guicciardini ne sottolineò sagacia e tempestività, mentre Niccolò Machiavelli nei Discorsi (II, 17) lo menzionò tra i condottieri morti in battaglia al tempo delle guerre d’Italia. Le capacità militari di Lodovico vennero ripetute tralatiziamente anche in opere letterarie popolari come le Guerre in ottava rima, diffuse durante le campagne italiane di Carlo VIII e Luigi XII di Francia, nelle quali il conte venne elogiato costantemente sulla base di uno stereotipo che lo definiva apprezzato, abile e indefesso condottiero: «el Conte Ludovico el guerrier franco/ el sir della Mirandola Soprano/ Fracasso che giammai in guerra stanco /combatte con la lanza e ’l brando in mano». Ai tempi di G. Tiraboschi, una orazione funebre di autore anonimo era presente nella biblioteca degli agostiniani di Bergamo (Biblioteca modenese, IV, p. 109). È da segnalare infine il carme latino di Baldassarre Castiglione intitolato Prosopopeja Ludovici Pici Mirandulani (non datato, ma scritto o ideato forse nel gennaio 1511 quanto il poeta era presente al campo, oppure nel periodo in cui il Castiglione, caduto in disgrazia presso la Corte pontifica, aveva fatto ritorno a Mantova): nella finzione letteraria il fantasma del conte compariva al poeta sotto le mura della Mirandola all’epoca del celebre assedio condotto contro la fortezza da papa Giulio II.

Fonti e Bibl.: Opere volgari, e latine del Conte Baldessar Castiglione novellamente raccolte, ordinate, ricorrette ed illustrate..., Padova 1733, pp. 340-342; P. Bembo, Istoria Veneziana, Venezia 1747, p. 497; Poesie volgari, e latine del Conte Baldessar Castiglione corrette, illustrate ed accresciute..., Roma 1760, pp. 131-134 (testo), pp. 177 s. (annotazione), pp. 206-210 (note); G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese, IV, Modena 1783, p. 109; G. Battista Manfredi, Cronaca della Mirandola, dei Figliuoli di Manfredo e della Corte di Quarantola, Mirandola 1872; Cronaca della Mirandola, dei Figli di Manfredo e della Corte di Quarantola, scritta da Ingrano Bratti, continuata da Battista Papazzoni, a cura di F. Ceretti, Mirandola 1892; G.B. Manfredi, Cronaca della Mirandola, dei Figliuoli di Manfredi e della Corte di Quarantola, a cura di F. Molinari, Mirandola 1903; Cherubino Ghirardacci, Historia di Bologna, III, a cura di A. Sorbelli, in RIS2, XXXIII/1, Città di Castello-Bologna 1915-1932, p. 391; F. Guicciardini, Storia d’Italia, Introduzione, scelta e note a cura di F. Catalano, 3 voll., Milano 1975; Guerre in ottava rima, III. Guerre d’Italia (1528-1559), a cura di M. Bardini - M.C. Cabani - D. Diamanti, Modena 1989, p. 872.

F. Ceretti, L. I P. Principe della Mirandola, Marchese di Concordia, in La Fenice. Strenna mirandolese per l’anno 1874, III (1873), pp. 61-71; Id., Francesca Trivulzio, in Atti e memorie delle RR. deputazioni di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., V, 2 (1880), pp. 103-176.; Id., L. I P., in Atti e memorie delle RR. deputazioni di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., VII, 2 (1882), pp. 93-199; Id., Federico I Pico, in La Fenice. Strenna mirandolese per l’anno 1891, (1890), pp. 7-17; Id., Diploma di Luigi XII di Francia a Francesca Trivulzio-Pico, in Atti e memorie della R. deputazione di storia patria per le antiche provincie modenesi, s. 4, VIII (1897), pp. 147-150; Id. Biografie Pichensi, III, Mirandola 1911, pp. 55-57; A. Rezzaghi, La terra di Segnate e limitrofi. Ricerche e documenti, Modena 1928, pp. 80-108; E. Ghidoni, Il diritto dalle armi, in Quaderni della Bassa Modenese, XLVIII (2005), pp. 9-46; Id., La Mirandola e Giulio II..., in I Pico: 1311-1711. Quattrocento anni di potere alla Mirandola, in Quaderni della Bassa Modenese, LX (2011), pp. 81-117; Id., Pichianerie (6), in Quaderni della Bassa Modenese, LXIV (2013), pp. 71-82, in partic. p. 75.

Per l’assedio del 1502 e le vicende che ne seguirono: F. Ceretti, L’assedio della Mirandola nel 1502. Narrazione storica scritta su documenti inediti, in La Fenice. Strenna mirandolese per l’anno 1878, VII (1877), pp. 49-79; C. Vasoli, Pietro Bernardino e Gianfrancesco Pico, in L’opera e il pensiero di Giovanni Pico della Mirandola nella storia dell’Umanesimo, I-II, Firenze 1965, II, pp. 281-299.

Approfondimenti in relazione al contesto politico e alle condotte militari: M. Mallett, Signori e mercenari. La guerra nell’Italia del Rinascimento, Bologna 1983 (ed. orig. London-Sidney-Toronto 1974); P. Balbino, Ceri. Un borgo, una storia, s.l. 1992-1993; L. Arcangeli, Gian Giacomo Trivulzio marchese di Vigevano e il governo francese nello Stato di Milano (1499-1518), in Vigevano e i territori circostanti alla fine del Medioevo, a cura di G. Chittolini, Milano 1997; A. Astolfi, Polesella 22 dicembre 1509. La guerra sul Po, Ferrara 2000; M. Pellegrini, Ascanio Maria Sforza. La parabola politica di un cardinale-principe del Rinascimento, Roma 2002; L. Arcangeli, Gentiluomini di Lombardia. Ricerche sull’aristocrazia padana nel Rinascimento, Milano 2003, pp. 38 s., 54, 57 s.; C. Rendina, I capitani di ventura, Roma 2004; G. Spagnoletti, Donne di governo tra sventura, fermezza e rassegnazione nell’Italia della prima metà del ’500, in Donne di potere nel Rinascimento, a cura di L. Arcangeli - S. Peyronel, Roma 2008, pp. 313-332; M. Pellegrini, Le guerre d’Italia. 1494-1530, Bologna 2009; P. Golinelli, Mirandola 1507 nel racconto di un viaggiatore fiorentino, in Quaderni della Bassa Modenese. Storia, tradizione, ambiente, LVI (2009), p. 48; T. Herzig, Le donne di Savonarola. Spiritualità e devozione nell’Italia del Rinascimento, Roma 2014 (ed. orig. London 2008), p. 133.

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