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LOMBARDIA

di Giuseppe CARACI - Mario BENDISCIOLI - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)
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LOMBARDIA (XXI, p. 419)

Giuseppe CARACI
Mario BENDISCIOLI

Popolazione (p. 422). - La popolazione della Lombardia corrispondeva nel 1936 al 13,6 e nel 1947 al 13,7% della totale italiana. Nel quinquennio 1931-36 l'aumento medio annuo è stato del 9,3‰ (di contro all'8,46‰ per l'intera Italia). Nel quinquennio 1935-39 l'indice di nuzialità è stato del 7,6‰ all'anno (Italia: 7,5); quello di natalità del 20,8‰ (Italia: 23,2) e quello di mortalità 13,9 ‰ (Italia: 13,8); l'accrescimento naturale, quindi, del 6,9‰ (Italia: 9,3). Negli undici anni tra il 1936 e il 1947 l'accrescimento medio annuo è sceso a 5,9‰.

Economia (p. 423). - La popolazione attiva (di 10 anni e più) censita al 21 aprile 1936, che per l'Italia rappresentava il 54,4% dell'insieme della popolazione presente di 10 anni e più, per la Lombardia ammontava a 58,4%, di cui: agricoltura, caccia e pesca 16,7%; industria, trasporti e comunicazioni 29,4; commercio, credito e assicurazione 6,3; amministrazione pubblica 2,1; arti libere 0,6; diverse 3,3. Dei 768,3 mila addetti all'agricoltura (in sole aziende agricole), 405,8 mila nel 1936 erano coltivatori (per metà di terreni proprî); 262,9 mila lavoratori.

Nella tabella seguente sono riportate le cifre relative alle principali colture agrarie durante il quadriennio 1936-39 (fra parentesi, per confronto, alcuni dati relativi al 1946):

Il rendimento unitario di tre prodotti principali (frumento, granturco e patate) è poco men che doppio di quello medio italiano. Nello stesso periodo 1936-39 la produzione foraggera è stata, in media, di 52.070 mila q. annui; quella dell'uva di 3700 mila q. (3941 nel 1946), da cui si ricavarono 2288 mila hl. di vino (2916 mila nel 1946); quella dei bozzoli di 7842 mila kg. (solo 3358 nel 1945).

Per il patrimonio zootecnico si dànno queste cifre (migliaia di capi):

Il valore della produzione industriale lombarda (globalmente considerato) risultò, nel censimento industriale 1937-43, pari al 35% di quello nazionale (solo il 3% nelle industrie estrattive, ma oltre il 42 % nelle tessili, e il 37% nelle meccaniche). Nel periodo postbellico è probabile che questa preminenza si sia ancora accentuata, data la maggior mole di distruzioni operata dalla guerra sugl'impianti dell'Italia centrale, meridionale ed insulare in confronto con quella dell'Italia settentrionale.

Commercio, comunicazioni e trasporti (p. 425). - Alla fine del 1939 la Lombardia contava 1490 km. di ferrovie, di cui 447 a trazione elettrica, oltre a 749 km. (di cui 231 elettrificati) di ferrovie secondarie, e 683 km. di tranvie extraurbane. I servizî automobilistici coprivano una rete di 19.173 km. (di cui 154 urbani); vi erano 75.574 motocicli, 62.612 autovetture e 32.859 altri autoveicoli. Secondo il censimento commerciale del 1939, l'ammontare complessivo delle vendite e degl'introiti del 1938 fu pari al 22,7% del totale italiano.

Danni di guerra. - Per quanto anch'essa duramente provata dalla recente guerra, la Lombardia ne ha riportati danni materiali proporzionalmente meno gravi di altre regioni italiane. Un indice eloquente è dato dal numero degli edifici distrutti, che hanno ridotto di appena il 2,3% la capacità delle stanze di abitazione dell'intero compartimento.

Storia (p. 430). - Milano era considerata dal regime fascista la sua capitale morale, col "Covo", la "Scuola di mistica fascista", Il Popolo d'Italia. Ma era insieme anche uno dei centri dei movimenti antifascisti. I cattolici ex popolari, dopo l'insuccesso di "parte guelfa" (1932), agivano nel campo di Azione cattolica, i comunisti ed i socialisti mantenevano vivo lo spirito di resistenza nelle fabbriche; elementi che poi costituirono il Partito d'azione alimentavano la critica specialmente nella classe media.

L'euforia per l'intensificazione della produzione e dei traffici nei primi anni della guerra, che fu di molti anche in Lombardia, durò con alterne vicende fino all'ottobre del 1942 quando cominciarono i bombardamenti, si determinarono paralisi frequenti nei traffici, il vettovagliamento dei generi tesserati si fece sempre più irregolare ed inadeguato. I gruppi politici antifascisti si riorganizzarono e diedero prova della loro esistenza negli scioperi del febbraio-marzo 1943 e con la ripresa della stampa clandestina. Così la crisi del 25 luglio era psicologicamente preparata ed era avvertita non solo dai politici, ma anche dagli alti comandi militari. La caduta del fascismo fu celebrata con entusiasmo nelle provincie, con una certa accentuazione del lealismo monarchico, con qualche incidente tra gruppi politici ed autorità militari - quando i primi ritenevano di poter agire alla luce del sole -, con rare vendette e violenze generalmente deplorate. I partiti d'opposizione formarono una giunta dei partiti antifascisti, furono pubblicati in forma semiclandestina programmi del Partito d'azione, della Democrazia cristiana, del Partito comunista, del Partito liberale, del Partito socialista. I tentativi di ripubblicare i giornali antifascisti, Unità, Avanti, Popolo, furono repressi obbligando i quotidiani ad accontentarsi di una vita semiclandestina di tolleranza. Proprio nell'agosto del 1943 Milano, Pavia furono rudemente provate da massicci bombardamenti notturni che devastarono diversi quartieri. Nel frattempo l'occupazione tedesca si faceva sempre più vasta e sistematica: reparti germanici si dislocavano nei centri delle comunicazioni ferroviarie anche delle valli, il controllo del sistema industriale si intensificava, attuando scopertamente il piano di una subordinazione integrale dell'economia italiana a quella tedesca, già del tutto dipendente per le forniture di carbone e di ferro.

L'8 settembre colse di sorpresa tanto i politici quanto i militari anche nelle città lombarde. In diversi capoluoghi ci fu, come a Milano, la fase illusoria delle trattative tra comandi italiani e comandi tedeschi preoccupati di guadagnar tempo in attesa di rinforzi; il disorientamento e l'incertezza dei comandi militari più elevati, che rifiutarono la collaborazione armata delle forze operaie, provocò la demoralizzazione e lo sbandamento dei reparti minori con la conclusione finale del disarmo e della deportazione in Germania di numerosi reparti. Qua e là, ad es. a Cremona, ci furono atti di resistenza violentemente repressi dalle truppe tedesche.

La crisi politico-economica accrebbe l'importanza della Lombardia, sia dal punto di vista della repubblica sociale italiana sia da quello della resistenza (v. resistenza, in questa App.). Tutti i ministeri si trasferirono alla fine del 1943 nel nord insediandosi nella quasi totalità a Milano, Brescia, Bergamo, Como e Varese e organizzando febbrilmente forze di polizia fedeli, raccolte senza discriminazione. Accanto alle forze regolari ottennero riconoscimento ufficiale organizzazioni terroristiche sotto veste di forze di polizia, come la "legione Muti", la "Decima Mas" (organizzata nel Veneto ma con prevalente azione e reclutamento in Lombardia) e bande varie che si chiamavano Uffici di polizia investigativa (UPI), squadre politiche che arrestavano, ricattavano, seviziavano, non senza cercar di prendere contatto ed eventualmente di prestar qualche servizio alla parte avversa. Le autorità tedesche assunsero di fatto il controllo di tutta l'attività economica e amministrativa pur lasciando figurare per il pubblico le autorità italiane locali. Più tardi la distruzione totale dei ponti sul Po, sul Ticino, sull'Adda accentuò l'isolamento economico della Lombardia, determinando tentativi autarchici regionali, e in qualche caso addirittura provinciali.

L'azione clandestina rivelava la sua efficacia nel sabotaggio sistematico della produzione, specialmente bellica, ridotta in qualche caso al 20-30% di quella prevista, negli scioperi politici del 1945, nella resistenza al prelievo della mano d'opera specializzata per l'invio in Germania, nell'opposizione al giuramento di fedeltà alla repubblica, chiesto a impiegati, magistrati, insegnanti. Essa riuscì anche ad arginare la suggestione di alcune proposte demagogiche della R.S.I., come quella della costituzione di consigli di gestione nelle fabbriche e del trasferimento agli inquilini della proprietà degli appartamenti degli enti pubblici.

Il 25 aprile 1945, il CLN Lombardia si costituì in giunta regionale di governo come emanazione del CLNAI, a sua volta in possesso di poteri delegati dal governo di Roma, proclamando l'assunzione dei poteri e procedendo alla nomina delle più alte cariche nella regione, secondo le designazioni in precedenza concordate tra i partiti, con rigidi criterî paritetici e promulgando decreti di natura giudiziaria, economica e amministrativa. Il governo a base regionale era stato suggerito, oltre che dalle rideste tradizioni regionalistiche e dall'isolamento determinato dalla crisi delle comunicazioni, dal fatto che l'Amministrazione militare alleata era a base regionale; costituito da due rappresentanti per ognuno dei cinque partiti della Resistenza, esso aveva creato al proprio fianco dei commissarî regionali, per tutte le attività pubbliche corrispondenti ai ministeri esistenti, dando loro anche funzioni di conservatori degli archivî dei ministeri trasferitisi nel nord.

Le truppe alleate occuparono in forza la Lombardia a cominciare dal 26 aprile e fecero la loro entrata in Milano il 30 aprile. L'assunzione formale dei poteri da parte dell'Amministrazione militare alleata (AMG; v. in questa App.) avvenne il 7 maggio. In questo periodo e oltre, fino al termine di maggio, la vita ebbe anche in Lombardia un ritmo sovraeccitato ed eccezionale. Alla esecuzione sommaria dei criminali già denunciati e condannati in precedenza per decisione del CLNAI o ad opera di tribunali del popolo autocostituitisi in seno alle formazioni militari e a quelle inflitte dalle recenti corti straordinarie di giustizia, si mescolarono le vendette private in numero purtroppo notevole, che in certi giorni della prima metà di maggio raggiunse il centinaio. Alle formazioni partigiane della vigilia si erano aggiunte quelle di avventurieri che si abbandonarono a soprusi ed arbitrî difficilmente repressi dai comandi di piazza.

L'Amministrazione militare alleata mantenne il CLN Lombardia come organo consultivo e i singoli commissarî del CLN regionale divennero organi consultivi degli uffici corrispondenti dell'AMG. I rapporti tra l'AMG e il CLN regionale si mantennero generalmente cordiali: sorsero divergenze solo per talune nomine commissariali a grandi industrie. Qualche attrito invece si ebbe nelle provincie per la tendenza dei CLN periferici a uscire dalla loro sfera di organi consultivi ed imporre decisioui al potere esecutivo in materia di epurazione, di nomine a pubblici uffici, di gestione di imprese; solo a Cremona si ebbe un incidente clamoroso a causa dell'ordine del Comando militare alle autorità amministrative di resistere a qualsiasi interferenza dei CLN. Nel 1945-46, specie nei centri industriali, si fece il tentativo di organizzare la vita politica e amministrativa sulla base dei CLN di azienda, di categoria e di località, mobilitando a questo fine le masse, specialmente in convegni provinciali e regionali di CLN, il più notevole dei quali fu quello di Milano nell'agosto 1945.

Nel campo economico, mentre dal basso venivano fatti esperimenti di controllo operaio sulle aziende mediante consigli di gestione variamente costituiti, dall'alto, secondo i piani predisposti in periodo clandestino dalla Commissione centrale economica del CLNAI, veniva organizzata la distribuzione delle materie prime e dei manufatti attraverso il Congiglio industriale alta Italia, trasformazione dei Comitati industriali facenti capo al Ministero dell'industria nel nord. In questo ambito l'AMG non poté mantenere i criterî regionali, ma fin dal 9 luglio 1945 ordinò la predisposizione di un piano di riforma per il controllo della fabbricazione e vendita dei prodotti industriali per tutta l'Italia settentrionale, disponendo che le decisioni dell'Amministrazione militare alleata della Lombardia prese in collegamento col CIAI (Consiglio industriale Alta Italia) venissero fatte proprie dagli altri AMG regionali.

Attraverso le sottocommissioni della Commissione alleata sedente a Roma si vennero ristabilendo i rapporti col governo centrale: a partire dal settembre 1945 le diverse amministrazioni, a cominciare da quella delle Belle Arti, furono restituite ai competenti ministeri di Roma. L'Amministrazione alleata cessò formalmente il 31 dicembre del 1945.

Man mano che si veniva ricostruendo il tessuto amministrativo degli organi statali, diminuiva il prestigio, l'efficienza e la funzione dei CLN, che erano delle cosiddette organizzazioni di massa.

Le elezioni amministrative nei grandi centri confermarono la prevalenza dei partiti di massa e diedero luogo, fatta eccezione per Bergamo, ad amministrazioni di coalizione non sempre efficienti, perché esposte alle ripercussioni della politica governativa e delle crisi interne dei partiti.

Le elezioni per l'Assemblea costituente ed il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 diedero il 38,54% dei voti alla DC, il 30,52% al PSI, il 20,07% al PCI.

Risolta la questione istituzionale, normalizzatosi rapidamente il collegamento ferroviario con le altre regioni, ristabilita l'efficienza del sistema amministrativo centralizzato, le vicende della Lombardia hanno cessato di distinguersi da quelle della vita italiana in generale. Solo nel campo della politica economica è rimasto il Consiglio industriale Alta Italia (CIAI), poi trasformatosi in sottocommissione del Ministero dell'industria col compito di pianificare la distribuzione delle materie prime e dei manufatti.

Per i danni di guerra ai monumenti e alle opere d'arte, v., in questa App., le voci brescia; mantova; milano; pavia.

Bibl.: Decreti ed atti del CNL Lombardia in periodo clandestino, Milano 1945; Documenti ufficiali del CLNAI, Milano 1945; La guerra partigiana in Italia, con i bollettini di guerra del Comando generale del Corpo volontari della libertà, Milano 1945; Argomenti (serie di 30 opuscoli a cura dei CLNAI su problemi e strutture dei CLN), Milano 1945-46; Ministero Italia occupata, I CLN dell'Alta Italia, Formazione e funzionamento, Roma 1945, n. 1; Presidenza del Consiglio, Bollettini del Comando piazza di Milano. Azioni GAP e SAP dall'agosto 1944 all'aprile 1945, doc. n. 11; Il ribelle, Milano-Brescia 1944-45; Nuovi quaderni di Giustizia e Libertà, n. 1-6, Milano 1944-45; La nostra lotta, ottobre 1943-aprile 1945; Commissione economica nel CLNAI, Atti e documenti 1945, a cura di C. Merzagora; Il Combattente (alla macchia dal 1943-45, varie edizioni regionali e provinciali); Fiamme verdi, edizioni del Comando raggruppamento divisioni Fiamme verdi, 1945; Brigate del popolo, Milano 1946; La resistenza gallaratese, Gallarate 1945; Dalla tragedia dell'8 settembre all'insurrezione del 26 aprile 1945, Crema 1945; E. Tibaldi, Relazione ufficiale sull'opera della Giunta provvisoria d'Ossola, Domodossola 1945; G. Beltrami, Il capitano, Milano 1946; Fr. Leone, Le brigate Garibaldi nel movimento partigiano in Italia, Roma 1944; E. Petrini, Piccole fiamme verdi, Brescia 1946.

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