LORENZETTO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LORENZETTO (Lorenzo di Ludovico, Lorenzo Lotti)

Monica Grasso

(Lorenzo di Ludovico, Lorenzo Lotti) Secondo l'elenco dei battezzati di S. Maria del Fiore, nacque a Firenze, da Ludovico di Guglielmo del Buono e da Maddalena, il 23 giugno 1490 (Nobis).

Questa data di nascita è stata recentemente contestata poiché non coincide con i quarantasette anni che L. avrebbe avuto nel 1541, anno della sua morte, come inciso sull'epigrafe funeraria (Nesselrath).

Il padre, nato a Firenze nel 1460 e morto nella stessa città nel 1519, fu orafo, campanaio e fonditore. Fece parte della commissione incaricata nel 1504 di decidere la collocazione del David di Michelangelo e fu coinvolto nella fusione della statua bronzea di Giulio II dello stesso Michelangelo. Inoltre fornì due campane per il duomo di Firenze, rispettivamente nel 1516 e nel 1518 e, per lo stesso duomo, nel 1519 fece alcuni candelabri di bronzo (Schottmüller).

Vasari ricorda L. tra gli artisti che, come Baccio Bandinelli, Andrea del Sarto, il Pontormo, il Rosso Fiorentino e altri, studiarono con accanimento il cartone michelangiolesco della Battaglia di Cascina (Vasari, VII); ma poco si sa della sua formazione giovanile. È probabile che abbia avuto un primo apprendistato nella bottega paterna e contatti precoci con scultori come Andrea Sansovino, l'influenza del quale riaffiora nelle sue opere mature (Nobis).

Le prime notizie documentarie riguardano infatti le sculture del monumento funebre per il cardinale Niccolò Forteguerri nel duomo di Pistoia.

Il monumento, commissionato dopo la morte del cardinale dal Consiglio cittadino e dalla Pia Casa di sapienza, era stato avviato nella bottega di Andrea del Verrocchio, nel 1476 circa. Proseguito dopo la morte di questo nel 1488 sotto la direzione di Lorenzo di Credi, era ancora incompleto quando L. fu contattato nel 1514. Nel contratto del 17 giugno, di cui fu garante G.F. Rustici, veniva richiesto a L. di rifare le figure della Carità e del Cardinale Forteguerri, di aggiungere due putti reggistemma e due angeli portacandelabri e di ritoccare tutte le figure già eseguite al fine di collocare il monumento nel duomo. Il lavoro fu però interrotto anche da L., poi probabilmente proseguito da Rustici, quindi nuovamente sospeso e terminato con pesanti aggiunte e modifiche solo nel Settecento (Butterfield, 1997). Oggi è comunemente accettata l'attribuzione a L. della Carità, già assegnatagli da Vasari, mentre è discussa quella del Cardinale Forteguerri, conservato nel Palazzo comunale di Pistoia; infine è stata di recente aggiunta l'attribuzione a L. di un putto reggifiaccola, appartenente al complesso del monumento ma oggi collocato su un plinto della cappella di S. Bartolomeo (Falletti). Colpisce nella figura della Carità un rigoroso linguaggio antiquariale, evidente soprattutto nel volto, e un'eleganza un po' artificiosa nel corpo panneggiato racchiuso tra le ali. I putti che accompagnano la personificazione mostrano invece un interessante riferimento alla rotondità e morbidezza dei putti michelangioleschi nei tondi Taddei e Pitti.

Confermata da un pagamento è l'esecuzione di una statua per la villa di Giovanni Bartolini, figlio del podestà di Prato, ricordata da Vasari e identificata da Nobis (p. 12) con un piccolo Bacco di marmo conservato al Museo del Bargello di Firenze datato agli anni 1515-16. Probabilmente nel 1516 L. si trasferì a Roma: diversi studiosi infatti ne ravvisano la mano nei cantieri raffaelleschi vaticani attivi in quella data. Sono stati attribuiti a L. alcuni stucchi delle logge (Dacos) e alcune decorazioni marmoree con mascheroni grotteschi nella stufetta del cardinale Bernardo Dovizi, detto il Bibbiena (Nobis). Vasari si limita a ricordare i primi anni romani di L. come fitti di interventi diversi, non precisati in quanto minori, fino all'importante commissione della cappella di Agostino Chigi in S. Maria del Popolo, ottenuta grazie all'appoggio di Raffaello. Non è precisabile l'esatto momento dell'avvio dei lavori, comunque bruscamente interrotti dalla morte di Raffaello e del committente nell'aprile del 1520.

La commissione fu confermata da un contratto stipulato il 10 febbr. 1521 con Sigismondo Chigi, fratello di Agostino, al quale seguirono alcuni pagamenti (ibid.). Ma i lavori dovettero proseguire con lentezza poiché Raffaello da Montelupo trovò L. intento all'opera ancora nel 1523-24 circa. Un documento stipulato da Montelupo tra gli eredi di L. e gli eredi Chigi l'8 marzo 1552, molti anni dopo la morte di L., cita tra le opere le statue di Giona e di Elia, una delle due piramidi funerarie, un Ritratto di Agostino Chigi e una Testa femminile recentemente indicata come possibile ritratto della vedova di Agostino Chigi (Shearmann, 2003, p. 1019). Viene inoltre attribuito a L. il bassorilievo bronzeo con Cristo e la samaritana destinato alla tomba del committente e oggi collocato sull'altare. Il complesso scultoreo della cappella fu comunque notevolmente modificato, rispetto al progetto originario, anche dagli interventi seicenteschi di G.L. Bernini. Di estrema raffinatezza la figura di Giona sul pistrice (1516-20) con le sue citazioni antiquariali del Fanciullo sul delfino (Roma, Galleria Borghese) e dell'Antinoo Farnese (Napoli, Museo archeologico nazionale), da molti attribuito all'invenzione di Raffaello; di grande eleganza la ritmica sequenza delle figure panneggiate nel Cristo e la samaritana (1524-25) che cita il rilievo neoattico delle Danzatrici Borghese (Parigi, Louvre); mentre l'Elia terminato da Montelupo (1516-25) risulta più massiccio. In relazione alle committenze Chigi, sono stati attribuiti a L. anche due tondi bronzei raffiguranti Cristo al limbo e Cristo e s. Tommaso, in origine posti sui pilastri dell'arco della cappella Chigi in S. Maria della Pace e oggi conservati nell'abbazia di Chiaravalle Milanese (Poeschke).

Dopo la morte di Raffaello fu commissionata a L. la sistemazione della tomba del maestro al Pantheon, per la quale restaurò il tabernacolo e scolpì la Madonna con Bambino, detta Madonna del Sasso.

Quest'ultima, databile al 1520-24, fu rifinita da un suo aiutante di nome Bartolomeo e da Raffaello da Montelupo. L'imponente figura, che prende il nome dal frammento di marmo grezzo su cui poggia il piede, è un'impressionante testimonianza della passione antiquaria di L., qui anche probabile omaggio alla sensibilità archeologica di Raffaello. La figura campeggia nell'edicola con un piglio matronale ereditato dai prototipi greco-romani citati quasi pedissequamente nella capigliatura, nel manto che le copre il capo, nel ricco panneggio, rendendola simile a una pagana dea madre.

Vasari ricorda le figure di due fanciulli in bassorilievo, scolpite da L. per la sepoltura del mercante fiorentino Francesco Perini in Trinità dei Monti, databile intorno al 1522 e oggi scomparsa (Nobis). Tra il 1522 e il 1523 L. si allontanò da Roma a causa della peste e soggiornò a Firenze, dove conobbe Raffaello da Montelupo.

Una lettera del 7 maggio 1522, scritta da Baldassarre Castiglione al cardinale Giulio de' Medici, informa sul progetto di matrimonio tra L. e la sorella di Giulio Romano, Girolama (o Geronima), che giunse al contratto di nozze il 22 febbr. 1523. Il L. ebbe da Girolama cinque figli: Flaminio, Fulvia, Silvia, Elena e Lorenzo (ibid.). Si è ipotizzato che la stretta parentela con Giulio Romano abbia condotto L. a lavorare nei cantieri romani del cognato, prima della partenza di questo per Mantova nel 1524 (Frommel, Palazzo Caffarelli ...).

Vasari ricorda solo genericamente che L. progettò numerose abitazioni romane, e gli attribuisce la paternità, comunemente accettata dalla critica, del palazzo di Bernardino Caffarelli, oggi Caffarelli Vidoni.

Alcuni documenti certificano l'erezione della facciata su via del Sudario negli anni 1525-26; ma la progettazione e l'avvio dei lavori dovettero essere di qualche anno prima (Garella; Frommel, Palazzo Caffarelli ...). L'edificio, pur molto ampliato nei secoli successivi, mantiene l'impronta rinascimentale nel piano terra a robusto bugnato e nel piano nobile ritmato da eleganti lesene doriche binate. Cita nella struttura alcuni illustri prototipi come il palazzo Caprini di Donato Bramante e il palazzo Branconio Dell'Aquila di Raffaello.

Contemporaneamente, o poco dopo, L. dovette lavorare nella chiesa di S. Stefano Rotondo al monumento funebre di Bernardino Capella, canonico di S. Pietro, databile al 1524-27, a cui collaborò ancora Raffaello da Montelupo (Nobis).

Il monumento si compone di un'edicola quadrangolare chiusa ai lati da due robuste colonne e coronata da un timpano semicircolare, con al centro la statua del defunto giacente sul sarcofago e nelle nicchie laterali le figure di S. Bernardino e S. Stefano. Si caratterizza per la composizione pacata e razionale, per le figure più statiche e levigate dal sintetico panneggio, apparentemente lontane dalla concitazione archeologica della cappella Chigi e della Madonna del Sasso.

Raffaello da Montelupo abitò presso L. per circa tre anni, dal 1523-24 al 1526-27, nella sua casa al "Macello de' Corbi", che secondo Vasari aveva lui stesso costruito. Vasari ricorda inoltre che con L. abitavano la madre, una sorella e un fratello e che egli possedeva una casetta e una vigna ai Ss. Quattro Coronati e un'altra casetta in Borgo, dove si trasferì Montelupo. Ciò sembra confermare una certa tranquillità economica raggiunta da L. che fu paterno con Montelupo, aiutandolo quando si ammalò di peste e convincendolo ad arruolarsi con lui nell'esercito pontificio impegnato nella difesa della porta S. Angelo, nei giorni del sacco di Roma (1527).

Vasari ricorda quindi con particolare enfasi gli interventi di L. nel palazzo del cardinale Andrea Della Valle.

Avrebbe costruito per il cardinale un giardino pensile, nel quale collocò la collezione di sculture antiche con attenzione scenografica, restaurandone e completandone le figure. Il giardino, collocato nel nucleo dell'edificio oggi distrutto, circa nella posizione dell'attuale teatro Valle, è noto da disegni, di cui quello di Martin van Heemskeerck inciso da Jeronimus Kock nel 1553, e a detta di Vasari suscitò un tale apprezzamento da lanciare una moda tra i nobili collezionisti romani. Vasari cita inoltre la "facciata interna" del palazzo e le sue stalle.

L'edificio che si affaccia oggi su piazza di S. Andrea Della Valle consta di uno splendido cortile, ornato di marmi variopinti e di pezzi di recupero, che non tutti gli studiosi attribuiscono però a L. (Pericoli Ridolfini). Gli interventi nel palazzo, ancora oggi non ben definiti, dovettero probabilmente avvenire in due riprese, prima e dopo il sacco di Roma, tra il 1524 e il 1534 (Nobis; Frommel, Palazzo Caffarelli ...).

Tra il 1530 e il 1535 L. dovette lavorare anche alla statua di S. Pietro, commissionatagli da Clemente VII per l'ingresso del ponte S. Angelo, da porre simmetricamente alla più antica statua di S. Paolo eseguita da Paolo Romano.

La figura, di potente gigantismo, è lavorata più ruvidamente con tratti e panneggi quasi di sapore arcaico ma di grande forza espressiva, motivati anche dalla sua funzione apotropaica poiché l'ingresso del ponte fu ripristinato in seguito alla distruzione causata dal sacco di Roma.

Con un contratto del 27 dic. 1530 L. fu incaricato di scolpire una Pietà per la chiesa di S. Maria dell'Anima.

La statua, eseguita per ottemperare alle volontà testamentarie di Johannes Schutz von Ellenbogen, doveva replicare fedelmente la Pietà di Michelangelo posta nella cappella di S. Maria della Febbre in S. Pietro, il che L. fece, ma introducendo significative varianti. Diverse sono infatti la posizione della mano sinistra della Vergine e del suo capo, dal volto assai più sofferto, la testa del Cristo inclinata sul petto della madre e il suo braccio sinistro. Il risultato è una composizione più strettamente racchiusa nello schema piramidale e improntata a un composto rigorismo devozionale. Il gruppo, concluso nel 1532, fu temporaneamente collocato sull'altar maggiore e oggi si trova nella quarta cappella a destra.

Nel 1536 L. partecipò con Raffaello da Montelupo all'allestimento degli apparati trionfali per l'ingresso di Carlo V a Roma, eseguendo alcune statue in stucco per porta S. Sebastiano, porta S. Angelo e per l'arco di S. Marco, lavori documentati (Nobis). Nello stesso anno fu incaricato di condurre il "lavoro di quadro" (Vasari, VI) nei monumenti funebri di Leone X e Clemente VII nel coro di S. Maria sopra Minerva, secondo il disegno di Antonio Cordini da Sangallo il Giovane. Secondo Vasari, gli intermediari dei Medici che seguirono la commissione vollero affiancare l'esperto L. a Baccio Bandinelli, incaricato di eseguire le sculture, nel quale non avevano piena fiducia.

L. fu impiegato da papa Paolo III in lavori di fortificazione, come testimoniano alcuni pagamenti degli anni 1538-40 riguardanti un intervento sul bastione di S. Sebastiano con un baluardo ornato dagli stemmi del pontefice e del Comune di Roma (Nobis). Secondo Vasari (IV, p. 581) L. si trovò in quegli anni in ristrettezze economiche e per aiutarlo Antonio da Sangallo il Giovane lo chiamò a lavorare nel cantiere di S. Pietro, là "dove si facevano le mura in cottimo a tanto la canna", permettendogli così di recuperare una certa floridezza economica. La notizia è suffragata da una serie di pagamenti fatti al L. dalla Fabbrica di S. Pietro negli anni 1539-41 (Nobis).

L. morì, secondo Vasari di febbre, nel dicembre del 1541 e fu sepolto in S. Pietro nel gennaio successivo.

Vasari riporta l'iscrizione apposta sulla sua tomba, nella quale lo si dice morto all'età di 47 anni, 2 mesi e 16 giorni. Il sepolcro fu completato nel 1546 dal pittore Benedetto di Pietro Bramante, che vi dipinse le figure allegoriche della Scultura e dell'Architettura, come documentato da un pagamento. Costituito da una tomba piramidale sul modello dei sepolcri Chigi, con un busto-ritratto del defunto, il monumento è oggi scomparso ma è riprodotto, completo dell'iscrizione citata da Vasari, in due disegni fatti dall'antiquario francese Jean-Jacques Boissard (1528-1602), conservati rispettivamente presso la Biblioteca reale di Stoccolma e presso la Bibliothèque nationale di Parigi.

Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite ...(1568), a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, pp. 577-581, 587; VI, ibid. 1881, p. 163; VII, ibid. 1881, p. 161; Raffaello da Montelupo, Autobiografia, ibid., IV, Firenze 1879, pp. 557-559; F. Schottmüller, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIII, Leipzig 1929, p. 410; L. Grassi, Vita di L., in G. Vasari, Le vite ..., IV, Milano 1963, pp. 241 s.; K. Weil - H. Posner, Notes on S. Maria dell'Anima, in Storia dell'arte, II (1970), pp. 121, 129-136; N. Dacos, Le logge di Raffaello, Roma 1977, ad indicem; A. Chastel, Two Roman statues: saints Peter and Paul, in Collaboration in Italian Renaissance art, a cura di W. Stedman Sheard - J.T. Paoletti, New Haven-London 1978, pp. 59-76; N.W. Nobis, L. als Bildhauer, Bonn 1979 (con regesto dei documenti); S. Filippi, La cappella Chigi, in Fabbriche romane del primo '500. Cinque secoli di restauri (catal.), Roma 1984, pp. 16, 114; L. Garella, Palazzo Caffarelli Vidoni, ibid., pp. 259, 261, 263, 270; S. Pellizzari, Lorenzo Lotti detto il L., in I luoghi di Raffaello a Roma (catal., 1984), a cura di L. Cassanelli - S. Rossi, Roma 1983, pp. 106-109; N. Agostini, I tondi di L. a Chiaravalle, ibid., pp. 132-134; J. Poeschke, Die Skulptur der Renaissance in Italien, II, München 1992, ad indicem; C. Pericoli Ridolfini, Rione VII. S. Eustachio, II, Roma 1993, pp. 8, 10, 20; G. Grimm, Antinous renatus et felix? Überlegungen zur Statue des Antinous-Jonas in S. Maria del Popolo, in Aspekte spätägyptischer Kultur. Festschrift für E. Winter, Mainz a. R. 1994, pp. 103-112; J. Pope Hennessy, Italian Renaissance sculpture, London-New York 1996, p. 387; S. Bulle, in The Dictionary of art, XIX, London 1996, p. 710; F. Falletti, Note storiche sul monumento Forteguerri dopo la morte del Verrocchio, in I Medici, il Verrocchio e Pistoia ..., a cura di F. Falletti Livorno 1996, pp. 28 s.; A. Butterfield, Il monumento Forteguerri di Andrea Verrocchio, ibid., pp. 20, 23; Id., The sculpture of Andrea del Verrocchio, New Haven-London 1997, ad indicem; R. Gatteschi, Vita di Raffaello da Montelupo, Firenze 1998, ad indicem; A. Nesselrath, Memory and memorial: L.'s tomb in Old St. Peter's, in Coming About ... A Festschrift for John Shearman, Cambridge, MA, 2001, pp. 251-254; C.L. Frommel - S. Ray - M. Tafuri, Raffaello architetto, Milano 2002, ad indicem; C.L. Frommel, Palazzo Caffarelli, L. e i palazzetti del Rinascimento romano, in Palazzo Caffarelli Vidoni, a cura di L.R. Luciani, Roma 2002, pp. 59-61; J. Shearman, Raphael in early modern sources (1483-1602), New Haven-London 2003, ad indicem; C. Acidini Luchinat, La cattedrale di S. Zeno a Pistoia, Milano 2003, p. 91.

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