Medici, Lorenzo de' detto il Magnifico

Dizionario di Storia (2010)

Medici, Lorenzo de' detto il Magnifico


Medici, Lorenzo de’

detto il Magnifico Figlio di Piero di Cosimo il Vecchio e di Lucrezia Tornabuoni (Firenze 1449-Careggi 1492). Ebbe presto incarichi politici: nel 1466 entrò a far parte della balìa e del consiglio dei Cento. Nel 1469 sposò la nobile Clarice Orsini. Alla morte del padre (2 dic. 1469), accettò «la cura della città e dello Stato», pur restando ufficialmente privato cittadino: da quel momento fu il vero signore di Firenze. Modificati in parte gli ordinamenti di Firenze, per acquistare più saldo e legale potere, divenne membro a vita del potenziato consiglio dei Cento. Le relazioni con papa Sisto IV, buone fino alla guerra di Volterra (1472), voluta per rafforzare l’unità del dominio, finirono col guastarsi, per le mire di Girolamo Riario, nipote del papa, riguardo a Imola: fu allora che i Pazzi, rivali anche negli affari dei Medici, accordatisi con l’ambizioso Francesco Salviati, arcivescovo di Pisa, e ordita una congiura, consapevole il papa, uccisero in S. Maria del Fiore il 26 apr. 1478 Giuliano de’ Medici, mentre Lorenzo riuscì a porsi in salvo. La violenta reazione dei fiorentini, mentre Sisto IV lanciava la scomunica contro Lorenzo e l’interdetto contro la città, si tramutò in piena guerra, con l’appoggio di Venezia e di Milano contro il papa e il suo alleato Ferdinando di Napoli. La situazione, fattasi molto critica per Firenze, fu risolta da Lorenzo che, recatosi personalmente a Napoli (6 dic. 1479-15 marzo 1480), riuscì a staccare dalla lega nemica il re Ferdinando, costringendo così il papa alla pace. Il successo gli consentì una nuova modifica degli statuti con incremento della sua potenza. Iniziò allora in Italia, dove era considerato il capo assoluto dello Stato fiorentino, una politica di alleanza, di accordi, di equilibrio, rafforzando la sua posizione col rendersi amiche Lucca, Siena, Perugia e Bologna, acquistando Pietrasanta (1484), Sarzana (1487) e Piancaldoli (1488), ristabilendo una normalità di rapporti con Forlì e Faenza, dopo che ne erano stati uccisi i signori Girolamo Riario e Galeotto Manfredi, e soprattutto coltivando l’amicizia con Napoli. Durante la guerra di Ferrara (1482-84) si alleò con Ercole d’Este, il duca di Milano e il re Ferdinando per frenare le mire espansionistiche del papa e dei veneziani, partecipando anche, come oratore ufficiale di Firenze, alla Dieta di Cremona (febbr. 1483). Quando poi Innocenzo VIII (succeduto nel 1484 a Sisto IV) mosse guerra al re di Napoli, Lorenzo concorse a salvarlo alleandosi con lui. La pace (1486) così instaurata fu riconosciuta gran merito di Lorenzo, il quale costituì «l’ago della bilancia d’Italia», in quanto la potenza politica di Firenze divenne quella determinante l’equilibrio delle forze della penisola. Si impegnò a quel punto a rendere potenti i membri della sua famiglia: il figlio Giovanni divenne cardinale e la figlia Maddalena sposò Franceschetto Cybo, figlio di Innocenzo VIII. La salute malferma, l’impegno politico, la cura continua degli affari della sua casa, per l’interesse economico della quale il tesoro pubblico finì col confondersi con le finanze private dei Medici, non gli impedirono di partecipare con gusto e fervore a quella vita tipicamente rinascimentale di cultura, di splendori e di feste, della quale a Firenze fu il solerte animatore. Intorno a lui si formò un circolo di poeti, di artisti, di filosofi che egli sosteneva e di cui era amico: i tre fratelli Pulci, soprattutto il maggiore Luigi, il Poliziano, il Verrocchio, il Pollaiolo, Giuliano da Sangallo, Filippo e Filippino Lippi, Sandro Botticelli, Ficino, Landino, Pico della Mirandola, Benozzo Gozzoli, Benedetto da Maiano, Mino da Fiesole, per ricordarne solo alcuni. Certo il mecenatismo fu per Lorenzo anche arte di governo, oltre che sincero bisogno della sua anima. Ricche la sua biblioteca e la collezione di gemme, cammei, bronzi, statue. Per lui Giuliano da Sangallo costruì la villa di Poggio a Caiano e il castello di Poggio Imperiale. Da lui furono chiamati allo studio di Firenze e di Pisa i più famosi maestri di filologia, filosofia, diritto. Mai Firenze era apparsa così fervida di operosità di studi e di arti come al suo tempo. Egli stesso, pur tra le molteplici cure di politica e di amministrazione, partecipò a questa operosità. La sua intensa attività letteraria fu non subordinata ma congiunta, come disse Machiavelli, all’attività politica. Espertissimo e raffinato letterato, talvolta anche genuinamente poeta, Lorenzo contribuì in primo piano al passaggio dell’Umanesimo da latino in volgare, che è il fatto storicamente più notevole del secondo Quattrocento.

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