GASTALDI, Lorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 52 (1999)

GASTALDI, Lorenzo

Maria Franca Mellano

Nacque a Torino il 18 marzo 1815 da Bartolomeo, avvocato di vaglia, e da Margherita Volpato. Primogenito di una famiglia di buona estrazione borghese (dei numerosi fratelli alcuni si distinsero nei settori della medicina, della geologia o in campo artistico), fu educato secondo criteri tradizionali e avviato agli studi classici presso i gesuiti nel collegio dei nobili a Torino. Una propensione tutta sua, di stampo nettamente moderno, si evidenziò più avanti, nel corso degli studi universitari, quando il G., per l'influsso di docenti quali G.A. Sciolla e P.A. Corte, fu segnato profondamente dal pensiero di A. Rosmini.

Di pari passo con il nascere e l'evolversi della vocazione religiosa che lo vedeva chierico nel 1829 e sacerdote nel 1837, procedeva la preparazione culturale che nel 1838 gli apriva la strada all'insegnamento nel collegio teologico. Le sue capacità nell'ambito dell'eloquenza e della predicazione lo portarono dieci anni dopo a entrare anche nel giornalismo (diresse nel 1848-49 il periodico Il Conciliatore torinese) nel quale condivise, con molti altri giovani, le speranze fiorite con il nuovo corso impresso da re Carlo Alberto alla politica piemontese nella seconda metà degli anni '40: speranze che la promulgazione dello Statuto (4 marzo 1848) avrebbe indirizzato sempre più risolutamente verso la realizzazione dell'ideale nazionale italiano.

In campo ecclesiastico il Rosmini fu una delle vittime della restaurazione con cui si chiuse il biennio di guerre e rivoluzioni del 1848-49. La condanna all'Indice della sua opera Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Lugano 1848) ebbe un duro contraccolpo sul G. ma fu pure elemento di chiarificazione per le sue convinzioni. Nel 1851 entrò nell'Istituto della carità, fondato dal Rosmini: ciò dischiuse per lui un decennio fondamentale (dal 1853 al 1863, quando ne uscì) trascorso in Inghilterra dove, incoraggiato dai fermenti favorevoli al cattolicesimo suscitati dal Movimento di Oxford, svolse intensa attività missionaria.

In questi anni il G. seguitò a rimanere saldamente in contatto a Torino con quella cerchia di cattolici (ecclesiastici e non) accomunati da un forte impegno di indole caritativa e sociale. Fra essi don Giovanni Bosco, L. Murialdo e i continuatori di G.B. Cottolengo. Alla luce dei rapporti difficili che molto più tardi il G. - da arcivescovo di Torino - ebbe con don Bosco, colpisce l'attaccamento che egli dimostra in questo periodo verso il fondatore della nascente opera salesiana, a favore della quale progetta (1853) di legare, in caso di morte, un cospicuo lascito di 70.000 lire traendolo dal proprio patrimonio familiare. Rimasto allo stadio di progetto, il proposito indicava tuttavia la generosa intenzione e soprattutto la sincera volontà di collaborare a iniziative di valore umanitario.

Nel 1862 il G. rientrò in patria. Cinque anni dopo iniziava la fase più impegnativa della sua vita, contraddistinta dalla promozione all'episcopato. Fu prima vescovo di Saluzzo (1867-71), poi arcivescovo di Torino (1871-83), sede prestigiosa e difficile. Qui ebbe modo di esplicare con maggiore completezza le direttive della sua attività.

La diocesi torinese aveva attraversato un notevole travaglio sotto il profilo politico. Tramontato il ruolo importante di capitale e di centro propulsore del moto unitario italiano, Torino si avviava faticosamente al trapasso che l'avrebbe portata a divenire una metropoli industriale in senso moderno. Sotto il profilo più prettamente ecclesiastico la sede torinese portava i segni della crisi che si era svolta tra poteri civile e religioso a causa dell'arcivescovo L. Fransoni, condannato ed espulso dallo Stato (1850-62): segnale paradigmatico del dissidio Chiesa-Stato nell'Italia risorgimentale.

Il G. era uomo di cultura ma anche di ferrea rigidezza, e non sorprende che a Torino non mancassero sin dall'inizio incomprensioni e contrasti con il clero. La sua fedeltà alla S. Sede era un dato fuori discussione, ed egli ne aveva dato prova nel corso del concilio Vaticano I, nel quale, a differenza di altri colleghi, specialmente subalpini, si era dichiarato con fermezza a favore del dogma dell'infallibilità pontificia. In lui questa convinzione coesisteva con il principio (di derivazione rosminiana) della centralità che il vescovo deve avere sul proprio terreno operativo, il che non mancò di sollevare contro di lui alcune resistenze, anche alla luce dell'energica opera di riforma del clero da lui subito intrapresa e attuata attraverso visite e sinodi (1873-81), accompagnati da conferenze episcopali nella provincia. Era una linea dinamica che intendeva rinnovare in profondità la diocesi per adeguarne la fisionomia ai tempi. Senonché taluni elementi del clero fecero appello a Roma e non rimasero totalmente inascoltati. Contemporaneamente si incominciarono a evidenziare i primi contrasti con don Bosco, che a Roma riscuoteva i più ampi consensi e che peraltro era stato fra i sostenitori della candidatura episcopale del G. a Torino. Nell'incomprensione tra i due c'era molto del "classico contrasto tra autorità episcopale e carisma religioso, vissuto e sofferto da due forti personalità, in un particolare momento storico ed ecclesiale" (Tuninetti, 1983-88, II, p. 259). In effetti, l'aristocratico rigore del presule, che pure era sensibile al significato sociale dell'opera salesiana, veniva fatalmente a collidere con l'irrefrenabile creatività realizzativa del salesiano, la cui opera, agli occhi del G., appariva poco in sintonia con le sue prerogative intoccabili di vescovo. Lo scontro, doloroso per entrambi, segnò in modo inconfondibile quest'ultimo periodo della vita del presule.

Non meno difficile fu per il G. il pontificato leoniano. Nel 1879 Leone XIII fissava con l'enciclica Aeterni Patris la sua assoluta predilezione per il tomismo, che comportava di conseguenza un netto rifiuto della filosofia rosminiana. Una indicazione così precisa collocava il G., sempre fedele al filosofo della sua giovinezza, in una posizione assai delicata, sia nei confronti della suprema autorità romana, sia con gli oppositori annidati in seno al clero, diocesano e non, e in particolare con gli intransigenti. Su questo atteggiamento c'è però da osservare che la coerente e tenace adesione del G. al pensiero del maestro, consentendogli di sollevarsi da un bagaglio di tipo tradizionale e di aprirsi a una visione più moderna, segnava decisamente un punto a suo favore.

La visione filosofica del G., mantenuta anche nel corso dell'episcopato, lo espose logicamente agli attacchi degli avversari, proprio per l'acuirsi della "questione rosminiana", che non aveva in Leone XIII un sostenitore. Altro aspetto di modernità del G. vescovo riguarda il suo modo di confrontarsi con la questione operaia, non più eludibile in una città come Torino ormai destinata a divenire un grande centro industriale. Al G. non sfuggì l'importanza di promuovere nell'ambito dei servizi sociali un impegno di presenza religiosa e nel 1874 diede la sua approvazione all'Unione degli operai cattolici, che L. Murialdo aveva fondato tre anni prima con finalità assistenziali che anticipavano l'iniziativa laica socialista. L'adozione di strumenti di intervento innovativi conferiva al presule maggiore credibilità rispetto all'azione di tipo tradizionale dell'Opera dei congressi, sostenuta invece dagli intransigenti. Unitamente ai rapporti intrattenuti con casa Savoia, in realtà molto corretti e misurati, tale orientamento non lo avvantaggiò nell'aspirazione al titolo cardinalizio, che infatti non conseguì, come era successo ai suoi immediati predecessori e diversamente, invece, dal suo successore G. Alimonda.

Il G. si spense all'improvviso a Torino il 25 marzo 1883.

Fonti e Bibl.: Fondamentale risulta la recente opera di G. Tuninetti, L. G. (1815-1883), I-II, Casale Monferrato 1983-88, sia per l'analisi puntuale del personaggio, sia per le fonti che pubblica. Per le fonti inedite relative all'attività episcopale si veda Torino, Arch. arcivescovile, Fondo Gastaldi, n. 8, e documentazione del periodo 1871-83 (v. anche G. Briacca, Archivio arcivescovile di Torino, Torino 1980); Saluzzo, Arch. vescovile, B 81-85, e documentazione del periodo 1867-71. Le lettere pastorali del G. sono pubblicate: Lettere pastorali, commemorazioni funebri e panegirici, Torino 1883 (in parte anche in Lettere pastorali dei vescovi torinesi, a cura di W. Crivellin - G. Tuninetti, Torino 1992, pp. 33-46). Per il periodo precedente risulta importante la consultazione dell'Arch. stor. dell'Ist. della carità (Stresa), specialmente A1, P.1. Per le pubblicazioni del G. sono utili la Bibliografia rosminiana, I-IV, a cura di C. Bergamaschi, Milano 1967-74, ad indicem, e A. Rosmini-Serbati, Epistolario completo, VIII-XIII, Casale Monferrato 1891-94, ad indicem. Per la corrispondenza con don Bosco si veda E. Ceria, Epistolario di s. Giovanni Bosco, I-IV, Torino 1955-59, ad indicem. Anche l'esplorazione dell'Arch. segreto Vaticano in varie sezioni (soprattutto l'Arch. della Nunziatura di Torino, rubr. 257, anni 1871-83) offre materiale documentario. Per gli interventi del G. al concilio Vaticano I, vedi Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, a cura di J.-B. Martin - L. Petit, XLIX-LIII, passim. Riferimenti all'opera e alla vita del G. sono inoltre presenti in T. Chiuso, La Chiesa in Piemonte dal 1798 ai giorni nostri, V, Torino [1904], passim; M.F. Mellano, Giovanni Bosco e mons. L. G. in alcuni documenti inediti, 1851-55, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XIV (1960), pp. 299-310; A. Castellani, Leonardo Murialdo, I-II, Roma 1966-68, ad indicem; P. Stella, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, I, Zurigo 1968, ad indicem; F. Traniello, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione lombardo-piemontese (1825-1870), Milano 1970, ad indicem; G. Tuninetti, Mons. L. G., vescovo di Saluzzo (1867-1871) ed arcivescovo di Torino (1871-1883), tra rosminianesimo ed ultramontanismo, in Chiesa e società nella seconda metà del XIX secolo in Piemonte, a cura di F.N. Appendino, Casale Monferrato 1982, pp. 106-136; Id., L. G., in Diz. stor. del movimento cattolico in Italia 1860-1980, III, 1, Le figure rappresentative, Casale Monferrato 1984, sub voce.

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