PAGNI, Lorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PAGNI, Lorenzo

Vanna Arrighi

PAGNI, Lorenzo. – Nacque a Pescia nel 1490 da Andrea di Martino e da Piera di Benedetto di Pier Francesco da Pescia, di cui si ignora il cognome.

La famiglia Pagni, conosciuta fino al XVI secolo anche con il cognome alternativo Bordoni, apparteneva al patriziato pesciatino, e in particolare a quella cerchia ristretta di famiglie che dalla fine del secolo XV si alternavano nelle cariche di Comune. Il padre di Lorenzo (su cui Arch. di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 2424, cc. 43r, 45r, 53r, 56r, 92r; 15544, c. 32v; 2427, alla data 20 agosto 1496) era socio in una compagnia operante nel settore calzaturiero e titolare di una bottega di macellaio. Il benessere della famiglia fu in gran parte compromesso dalla sua prematura scomparsa, per la peste, nell’agosto 1496. Lasciò sette figli maschi, di cui solo il primogenito, Luca, in età adulta, e una figlia, Angela, andata sposa al notaio Angelo Testi di Pescia.

La formazione culturale di Pagni, diretta al conseguimento della qualifica di notaio, si svolse a Roma, dove lo zio paterno Francesco aveva acquistato fino dal 1494 uno dei banchi notarili presso la Curia (ibid., 3189 cc. 49r-51r) e dove anche Pagni iniziò a esercitare la professione notarile il 15 marzo 1507, autodefinendosi «publica, apostolica, archivii Romane Curie auctoritate notarius» (ibid., 3196, c. 1r). I suoi protocolli notarili documentano fedelmente gli spostamenti e gli incarichi, relativamente ai primi venticinque anni di attività professionale, sia pure con alcune lacune: dal 1507 fino all’autunno del 1512 rimase a Roma, poi tornò in patria, dove continuò a esercitare la professione notarile fino al 1519, esercitando parallelamente incarichi pubblici, tra i quali, nel 1513, quello di organizzare i festeggiamenti in occasione della visita di Giuliano de’ Medici, duca di Nemour.

A Pescia, probabilmente nel 1517, sposò Lisa di Giovan Michele da Sesto, ricevendone in dote una mezza casa sulla piazza principale della cittadina (ibid., 2425, c. 125r); la modesta consistenza della dote è una spia del modesto status sociale. Dal matrimonio nacquero almeno tre figli: Baldassarre, che prese gli ordini religiosi, diventando canonico della propositura di S. Maria a Pescia e priore dell’abbazia benedettina di S. Bartolomeo a Cappiano (di cui era commendatario perpetuo il pesciatino Baldassarre Turini, datario pontificio) e due figlie, Gherardina, sposata a Girolamo Orlandi di Pescia, e Piera, sposata al fiorentino Giovanni Brunetti.

Dal mese di novembre 1519 si trasferì nella vicina località di Fucecchio, essendo stato designato a cancelliere di quel Comune; vi rimase fino a tutto il 1523. Tornato in patria, cominciò ad affiancare alla professione notarile, quella di procuratore presso la locale corte del vicario della Valdinievole; contemporaneamente cominciò a essere designato a incarichi pubblici per il Comune, come quello di priore nel novembre 1527 o di membro dei Collegi nel novembre 1529. Svolse numerose ambascerie a Firenze e altrove: a esempio, nel luglio 1527 fu inviato al generale dell’Ordine dei francescani conventuali a perorare l’elezione di un pesciatino a padre guardiano del locale convento di S. Francesco. Di importanza cruciale furono le ambascerie del dicembre 1529 - agosto 1530, nel quale Firenze era assediata dagli eserciti imperiali e le città soggette erano incerte sul da farsi. L’ultima di queste ambascerie, affidata a Pagni, lo portò nel gennaio 1536 presso Alessandro de’ Medici, nuovo duca di Firenze, per informarlo sugli antichi privilegi della città di Pescia e impetrare che fossero mantenuti.

Dall’ottobre 1530 all’aprile 1535 fu a Piacenza con l’incarico di notaio degli atti criminali presso la Curia del governatore, facente parte in quel periodo dello Stato Pontificio e precisamente della legazione della Gallia Cispadana. Sia come governatore di Piacenza sia come legato cispadano erano in quel periodo in carica due fiorentini, rispettivamente Alessandro Del Caccia e il cardinale Giovanni Salviati, ma non è noto per quali mediazioni Pagni sia potuto entrare in rapporto con loro.

Tornato in Toscana, ripartì nell’ottobre 1536, per incarico di Alessandro de’ Medici, che lo utilizzò come agente per comunicare informazioni riservate al proprio ambasciatore a Milano Giovanni Bandini. Presumibilmente fu la morte del giovane duca di Firenze nel gennaio 1537 a porre fine alla missione, dato che Pagni risulta a Pescia nei mesi successivi.

Fu di nuovo chiamato per un incarico diplomatico dal successore di Alessandro, Cosimo I, nel luglio 1537: fu infatti scelto come segretario di ambasciata in corte imperiale. L’ambasciatore titolare designato da Cosimo per questa missione era Averardo Serristori, membro del patriziato e più consono come rango per l’importante incarico, cui il duca aveva dato incarichi riservati, non fidandosi di Bandini, che vi si trovava dai tempi di Alessandro. Si doveva far ratificare dall’imperatore Carlo V l’elezione di Cosimo a nuovo duca, effettuata dai membri dall’oligarchia fiorentina, con diritto di successione per gli eventuali eredi; negoziare un eventuale matrimonio del nuovo duca con la vedova di Alessandro, Margherita, figlia naturale dello stesso Carlo V; decidere la sorte dei figli illegittimi di Alessandro.

A far cadere la scelta del duca su Pagni fu presumibilmente Ugolino Grifoni, cui sono indirizzate alcune lettere di Pagni del luglio 1537 con le quali lo informava di essere pronto a partire, ma la partenza per l’Aragona, dove allora si trovava Carlo V, fu ritardata prima dalle allarmanti notizie giunte a Cosimo sui preparativi militari dei fuoriusciti, e dopo la vittoria di Montemurlo (1° agosto 1537) da una malattia di Pagni, che solo ai primi di settembre riuscì a partire. A questo punto agli argomenti a carattere familiare e dinastico che erano stati alla base della missione, se ne erano aggiunti altri squisitamente politici, come quello di annunciare all’imperatore la vittoria di Montemurlo sulle forze antimedicee, discutere della sorte dell’avversario più importante, Filippo Strozzi, e premere affinché le fortezze di Firenze, comandate da Alessandro Vitelli in nome dell’imperatore, passassero sotto il diretto controllo di Cosimo. Data la delicatezza di queste ultime questioni, Pagni, oltre che per scrivere lettere a nome dei due ambasciatori, tradurne in cifra i passi più riservati e attuare l’operazione inversa sulle lettere cifrate che giungevano da Firenze, fu utilizzato anche come corriere, per portare personalmente ordini e informazioni confidenziali, che non ci si fidava a mettere per scritto. Fu così che, giunto in Aragona ai primi di ottobre 1537, ripartì alla volta di Firenze il successivo 30 dicembre e poi di nuovo fu inviato in Spagna ai primi di marzo 1538. La missione di Serristori e di Pagni fu coronata da successo parziale (si ottenne infatti la conferma della concessione a Cosimo dello Stato fiorentino e la trasmissione ereditaria dello stesso, ma non la mano di Margherita, che fu promessa a Ottavio Farnese, né il controllo sulle fortezze, che gli fu concesso solo alcuni anni più tardi), e si concluse definitivamente nell’aprile 1538. Fu presumibilmente all’atto di lasciare la corte imperiale che Pagni ricevette il titolo di conte palatino, con il quale appare designato in un contratto notarile del 28 marzo 1539 (Arch. di Stato di Firenze, Notarile antecosimiano, 8344, c. 148r).

Dopo di allora Pagni sembra essere entrato in pianta stabile nello staff dei segretari medicei, divenendo uno dei «modesti, ma fedeli e non inutili strumenti della segreteria ducale» (Spini, 1945, p. 93). Fu Cosimo I, infatti, a fondare la Segreteria medicea, che sotto Alessandro era solo allo stato embrionale, creando un gruppo, progressivamente sempre più nutrito, di persone di rango modesto ma dotate di cognizioni giuridiche, provenienti da fuori Firenze e pertanto prive di relazioni con il patriziato cittadino, ma soprattutto dipendenti direttamente da lui, di cui Pagni fu il tipico esponente. Dal 1538 in poi egli compare continuativamente come mittente e destinatario di lettere, sia quando seguiva gli spostamenti della corte, sia in occasione delle molteplici missioni diplomatiche che gli furono affidate. Particolarmente numerose furono quelle, a carattere riservato, in cui il contenuto politico e confidenziale prevaleva sugli aspetti onorifici e protocollari. In particolare, a Pagni risultano affidate in via preferenziale le relazioni con la vicina repubblica di Lucca, caratterizzate da continue tensioni e di recente inasprite dall’alterno dominio su Pietrasanta, sottomessa dai Fiorentini nel 1484, passata poi alla Repubblica di Lucca e infine ripassata sotto Firenze nel 1513. La costante diffidenza fra i due Stati si acutizzò per opera di Pagni, che in quanto nativo di Pescia e presumibilmente permeato di sentimenti ostili verso Lucca, era giudicato dai rappresentanti della Repubblica di Lucca «il più maldisposto e pericoloso» dei segretari medicei nei loro confronti (Berengo, 1965, p. 183).

Fu inviato per la prima volta a Lucca nel luglio-agosto 1538 per occuparsi di una controversia di confini fra la marchesa di Massa, Ricciarda Cybo Malaspina, e la Repubblica. Si trattava di un piccolo conflitto locale, ma rischiava di avere conseguenze incalcolabili a causa degli accordi dei Lucchesi con papa Paolo III, che aveva antichi legami con la Repubblica e dell’appoggio incondizionato di Cosimo alla marchesa. Pagni accompagnava nella missione Bernardo Santi da Rieti, vescovo dell’Aquila e rappresentante imperiale, con lo scopo di convincere il governo della Repubblica a deporre le armi e in particolare doveva informare il governo che il duca di Firenze avrebbe impedito il transito di armi e soldati lucchesi attraverso Pietrasanta. I due inviati infine riuscirono a far accettare alle due parti l’arbitrato di Ippolito Quinzio, auditore del marchese del Vasto Alfonso d’Avalos.

Nel gennaio 1542 Pagni fu inviato a Genova, dove si trovava Antoine Perrenot, rappresentante in Italia dell’imperatore Carlo V, in procinto di partire per la Spagna. Prima di lasciare l’Italia egli aveva voluto riunire i principali rappresentanti degli interessi imperiali in Italia: Andrea Doria, il marchese del Vasto, l’ambasciatore imperiale a Genova Gomez Figueroa e, appunto, il duca di Firenze, rappresentato da Pagni. Con l’occasione, questi pose sul tappeto, per conto del suo sovrano, la questione della scelta di un comandante delle forze militari stanziate in Toscana, fino a poco prima affidato a Pirro Colonna, poi allontanato da Cosimo, che avrebbe voluto sostituirlo con un condottiero gradito all’imperatore, ma che prendesse ordini soprattutto da lui. La sua scelta era caduta su Stefano Colonna, ma per farla accettare all’imperatore e ai suoi rappresentanti occorsero diversi mesi, fino al giugno successivo. Nel viaggio verso Genova Pagni fece tappa a Lucca per rispondere negativamente alle richieste di estradizione inviate a Cosimo I di Vincenzo di Poggio, cospiratore contro il governo della Repubblica, ospitato e protetto dal duca di Firenze, che lo aveva nominato castellano della fortezza di Pisa.

Consapevoli del malanimo di Pagni verso il loro governo e contemporaneamente della grande influenza che poteva vantare alla corte medicea, gli Anziani di Lucca ai primi del 1545 inviarono istruzioni segrete a un loro agente di stanza a Firenze, Girolamo Lucchesini, invitandolo a cercare di corromperlo, avvertendo che «non si guarderebbe a qualche spesa per poterlo guadagnare» (cit. in Berengo, 1965, p. 183), ma il tentativo, se pure fu fatto, non ebbe esito.

Nel corso dello stesso 1545 la morte di Iacopo V d’Appiano, principe di Piombino, che aveva lasciato un figlio minorenne sotto la tutela della madre, Elena Salviati, fece intravedere a Cosimo I la possibilità di ampliare i suoi stati, annettendosi il piccolo principato, che era feudo imperiale dal 1509. Pagni fu quindi inviato a Siena, dove risiedeva don Giovanni de Luna, uno dei principali rappresentanti in Italia dell’imperatore, a perorarne la causa. La vicenda sembrò arridere al successo per Cosimo, dato che l’imperatore, impressionato dalle scorrerie turche sulla costa piombinese e sull’isola d’Elba, alle quali gli Appiano poco avevano potuto opporre, decise di investirne il duca di Firenze, che avrebbe potuto provvedere a sue spese alle necessarie difese (4 maggio 1548). Dopo poco però (24 luglio) si pentì di tale decisione, sia perché la reggente si era rivolta per aiuto ai Genovesi, sia perché convinto in tal senso da un altro dei suoi potenti ministri in Italia: Diego Hurtado de Mendoza, che nel 1547 sostituì don Giovanni de Luna come governatore di Siena. Il principato di Piombino restò allora agli Appiano, con la sola eccezione di Portoferraio, che fu annessa al Ducato mediceo: Pagni fu inviato, poco dopo la revoca dell’investitura imperiale allo stesso don Diego a esprimere le rimostranze del duca di Firenze.

Nel novembre 1548 partì per Genova, per accompagnare il figlio primogenito di Cosimo, Francesco, che aveva allora sette anni e che si recava in quella città per rendere omaggio a Filippo, figlio dell’imperatore Carlo V, inviato dal padre nei vari Paesi che componevano il suo variegato impero, per essere riconosciuto e salutato come successore designato. Francesco de’ Medici e la sua scorta arrivarono a Genova il 30 novembre e si fermarono in città per una decina di giorni; dopo un breve incontro con Filippo, fecero ritorno a Firenze.

Di un’altra missione a carattere più familiare che diplomatico Pagni fu investito subito dopo la morte, avvenuta a Firenze il 21 settembre 1549, di Benedetto Accolti. Questi aveva lasciato erede universale il duca di Firenze, in segno di gratitudine per averlo ospitato, ponendo fine a un periodo di peregrinazioni e traversie. Pagni fu inviato presso il governo della Repubblica di Lucca, al quale il defunto cardinale aveva prestato la ragguardevole somma di 10.800 scudi, per esigere il credito, ma la questione subì una serie di rinvii e controversie procedurali e fu risolta più tardi.

Ai primi di giugno 1553 fu affidata a Pagni un’altra missione riservata, quella di consegnare all’ambasciatore fiorentino residente presso la curia pontificia, Averardo Serristori, i documenti atti a far incriminare ed estradare a Firenze l’esule antimediceo Paolo Del Rosso. Questi, allontanatosi da Firenze alla caduta del regime repubblicano, era diventato cavaliere gerosolimitano e aveva militato qualche tempo per gli Strozzi. La notizia del suo arrivo a Roma, il 19 maggio 1553, fu tempestivamente comunicata a Cosimo I, il quale si attivò per ottenerne l’incarcerazione, in attesa che gli atti del processo a suo tempo formato contro Del Rosso dal magistrato fiorentino degli Otto di Guardia e balia consegnati da Pagni ne consentissero l’estradizione. Pagni e Serristori perorarono personalmente questa causa, durante l’udienza loro concessa il 17 giugno dal pontefice a Viterbo e infine ottennero la consegna di Del Rosso. Oltre a questo, che era lo scopo principale della missione, Pagni consegnò a Serristori l’atto di procura per stipulare il contratto matrimoniale fra Isabella de’ Medici e Paolo Giordano Orsino, che fu poi perfezionato il successivo 11 luglio.

Fu questa con ogni probabilità l’ultima missione esterna di Pagni: la sua corrispondenza posteriore lo mostra costantemente presente a Firenze e si limita alla trasmissione di ordini e informazioni ai suoi collaboratori.

Fra costoro fu il nipote ex fratre Cristiano di Luca Pagni, da lui cooptato nella Segreteria medicea almeno dal 1542. Erra quindi Del Piazzo (1953, p. 78) ad attribuirgli una nuova missione in corte imperiale nel 1557, come segretario di legazione con l’ambasciatore Averardo Serristori. In precedenza Pagni aveva propiziato l’assunzione al servizio ducale anche di un altro nipote, Baldassarre Orlandi, che risulta segretario ducale nel 1552-54 (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 202, c. 139r), nonché del fratello Bernardino, comandante militare, cui il duca di Firenze affidò nel 1539 la supervisione sulle fortezze dello Stato.

Partito da condizioni economiche modeste, Pagni fu protagonista di una rapida ascesa, dal momento che nel 1551 appare destinatario di uno stipendio di 150 scudi l’anno, secondo solo a quello di Francesco Torelli, primo auditore di Cosimo I (Ibid., Depositeria generale-parte antica, 391, c. 132r). A partire dagli anni Quaranta aveva iniziato una politica di acquisizioni immobiliari, soprattutto terreni agricoli, nella zona di Pescia e nei dintorni di Fucecchio; a questi si aggiunsero i donativi di Cosimo I che nel 1547 gli donò un palazzo a Firenze in via Maggio e una villa suburbana a Maiano; quest’ultima era stata confiscata nel 1537, dopo Montemurlo, al ribelle antimediceo Francesco Valori.

Il 7 febbraio 1566 gli fu concessa la cittadinanza fiorentina, privilegio che lo parificò ai membri del patriziato cittadino e gli dette accesso alle cariche pubbliche a esso riservate. Fece in tempo a usufruire una sola volta di questa opportunità: il 1° giugno 1566 fu designato a membro degli Ufficiali delle vendite per un anno.

Pagni morì a Firenze il 30 maggio 1568 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria Novella.

Di Pagni ha lasciato un ritratto Giorgio Vasari in un affresco eseguito nel 1548 nella sala detta di Cosimo I in Palazzo Vecchio, che ricorda la visita di Cosimo I a Portoferraio; in compagnia del duca sono ritratti Giovanni Camerini, architetto delle fortificazioni dell’isola d’Elba, Luca Martini, provveditore, e, appunto, Pagni. Un’altra effigie è stata recentemente individuata da Louis A. Waldman (2005) in un quadro del Museo nazionale di Capodimonte a Napoli, opera del pittore fiorentino Tommaso Manzuoli, detto Maso da San Friano.

Fonti e Bibl.: Fonte essenziale per la biografia di Pagni sono i suoi protocolli notarili, inventariati sotto il cognome Bordoni e conservati nell’Arch. di Stato di Firenze, Notarile Antecosimiano, 3196-3202, nonché la sua corrispondenza con la corte medicea nel fondo Mediceo del Principato, per la quale si veda: Carteggio Universale di Cosimo I de’ Medici, Inventario, I-X, Firenze 1980-99, ad indices, e Mediceo del Principato. Inventario sommario, Roma 1951, pp. 6, 29, 147; inoltre: Mediceo del Principato, 202, c. 139r; 2634, inserti 116, 319; 4299, cc. 1r, 32r; 4299 bis, c. 457r; Notarile antecosimiano, 2425, cc. 6r, 16r, 125r; 2427, alla data 20 agosto 1496; 4493, cc.18r, 407r; 7283, c. 133r; 7758, cc. 78r, 88r, 188r; 8542, c. 280r; 8543, cc. 97r, 114r, 115r, 122r, 272r; 8544, cc. 97r, 111r, 148r, 297v, 358r; 8545, cc. 497v-501r; 8546, cc. 102v ss.; Carte Sebregondi, 3971; Carte Ceramelli Papiani, 3537; Depositeria generale-parte antica, 391, c. 132r; Senato dei Quarantotto, 16, c. 23r; Arte dei medici e speziali, 252, c. 102r. Legazioni di Averardo Serristori, ambasciatore di Cosimo I a Carlo quinto in corte di Roma (1537-1568), a cura di G. Canestrini, Firenze, 1853, pp.18, 25, 41 s., 48, 52, 90, 304, 322 s.; G. Ansaldi, Cenni biografici dei personaggi illustri della città di Pescia, Pescia 1872, p. 261; G.E. Saltini, Di una visita che fece in Genova nel 1548 il fanciullo don Francesco, in Archivio storico italiano, s. 4, IV (1879), pp. 19-34; Le carte Strozziane del R. Archivio di Stato in Firenze, I, Firenze 1884, pp. 181, 267, 322, 384, 389, 393, 397, 401 s., 405 s., 408, 414, 418, 424, 426, 427, 431, 463, 461, 464, 465; II, ibid. 1891, pp. 676, 689; G.E. Saltini, Due lettere del segretario L. P.… risguardanti gli Accademici Pianigiani, in Miscellanea fiorentina di erudizione e di storia, IV (1890), pp. 54-60; Inventari dei manoscritti delle biblioteche italiane, a cura di G. Mazzatinti, XLVIII, Firenze 1931, p. 75; L. von Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1942, p. 455; G. Spini, Cosimo I de’ Medici: e la indipendenza del principato Mediceo, Firenze 1945; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato, Roma 1953, pp. 8, 31, 33, 75 s., 78, 155; Le deliberazioni del comune di Pescia (1526-1532). Regesti, a cura di M. Braccini, Roma 2000, ad ind.; Miscellanea Medicea I-200, a cura di S. Baggio - P. Marchi, Roma 2002, ad ind.;  Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’“Italia spagnola” (1536-1648). I, 1536-1586, a cura di A. Contini - P. Volpini, Roma 2007, pp. 3, 26, 77, 82, 86, 89, 120 s.; A. Gotti, Storia del Palazzo Vecchio in Firenze Firenze 1889, p. 200; C. Stiavelli, La storia di Pescia nella vita privata dal secolo XIV al XVIII, Firenze 1903, p. 194; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, I, Paris 1913, pp. 17,157; C.O. Tosi, Spigolature d’archivio: L. P. e la cancelleria dell’Arte di Por Santa Maria, in Arte e storia, XXXV/4 (15 aprile 1916), pp. 112 s.; R. Cantagalli, La guerra di Siena. 1552-1559, Firenze 1962, p. 165; F. Nicolini, Scritti di archivistica e di ricerca storica, Roma 1971, p. 265; G.C. Lensi Orlandi, Le ville di Firenze, I, Firenze 1978, pp. 18, 108; G. Spini, Cosimo I de’Medici e l’indipendenza del principato mediceo, Firenze 1980, pp. 69, 103, 116, 143 s., 161, 232; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, pp. 173, 179 s.,183, 221, 223; P. Simoncelli, Il cavaliere dimezzato: Paolo Del Rosso “fiorentino e letterato”, Milano 1992, pp. 66, 103-106, 108 s., 112-117, 126, 137, 141 s., 148 s., 168; J.C. Brown, Pescia nel Rinascimento, Pescia 1992, pp. 235-237; A. Contini, Aspects of medicean diplomacy in the sixteenth century, in Politics and diplomacy in early modern Italy, a cura di D. Frigo, Cambridge 2000, pp. 75 s.; L.A. Waldmann, Patronage, lineage and selfpromotion in Maso da San Friano’s Naples double portrait, in I Tatti studies. Essays in the Renaissance, X (2005), pp. 152-154; L’Archivio preunitario del comune di Fucecchio, a cura di S. Nannipieri - A. Orlandi, Firenze 2007, ad indicem.

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