ZANE, Lorenzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZANE, Lorenzo (Laurentius Zannius)

Guido De Blasi

Nacque a Venezia nella seconda metà del 1428 da Paolo, appartenente a una famiglia del patriziato della Serenissima, e da Lucia Condulmer (detta anche Beriola: Laneri, 2009, p. 105), esponente di quel clan Correr-Condulmer-Barbo dal quale provennero nel Quattrocento tre pontefici.

Beriola era figlia di Marco Condulmer, fratello di Gabriele (papa Eugenio IV, 1431-47) e di Simone (padre del cardinale Francesco), nipote di Angelo Condulmer e Beriola Correr (sorella di Angelo, papa Gregorio XII, 1406-15) e nipote di Polissena Condulmer (sorella di Eugenio IV e madre di Pietro, papa Paolo II, 1464-72). La coppia ebbe altri quattro figli oltre a Lorenzo: i maschi Andrea e Alvise, e le femmine, Vienna ed Elisabetta.

Poco si sa della sua giovinezza. Raggiunta la maggiore età venne presentato alla Balla d’oro il 26 novembre 1446 (Del Torre, 2010, p. 145). Destinato alla carriera ecclesiastica e posto sotto la protezione del cardinale Francesco Condulmer, entro il 1449 si portò a Roma, ove seguì presso lo Studium Urbis i corsi di Lorenzo Valla, di cui divenne amico. Il 1° settembre 1450, grazie ai buoni offici del prozio, fu nominato protonotario apostolico (Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Reg. Vat., 412, cc. 196rv) e il 5 giugno 1452 fu eletto arcivescovo di Spalato, in Dalmazia, dominio della Serenissima.

Non poté prendere immediatamente possesso della diocesi né esser consacrato vescovo a causa dell’età: solo raggiunti i ventisette anni era possibile ascendere all’episcopato. Per poter amministrare la propria sede e riceverne subito le rendite fu necessaria una delibera di nulla osta del Senato veneziano, della quale si fece promotore Francesco Barbaro (Farlati, 1765, p. 392).

Facendo spola tra Roma e Venezia negli anni 1452-53, il giovane arcivescovo si inserì nella polemica letteraria tra Poggio Bracciolini e il suo maestro, incaricandosi di rendere noti i testi di Valla nella sua città natale in modo da assicurargli l’appoggio dei dotti della Repubblica; scrisse pure una lettera al suo mentore, nel dicembre 1452, in cui gli garantì il suo sostegno (Laneri, 2009, pp. 118 s.).

Alla morte del cardinale Francesco Condulmer (30 ottobre 1453) fu erede del suo patrimonio e si pose sotto la protezione del cardinale Pietro Barbo, cugino della madre.

Sul finire del 1455, raggiunti i ventisette anni, Zane fu consacrato vescovo da Callisto III e poté così prendere possesso della sua diocesi, recandosi a Spalato già nel gennaio 1456, quando rogò «in archiepiscopali palatio» un atto dirimente una questione amministrativa (Farlati, pp. 392 s.).

Nel 1456 si prodigò a sponsorizzare presso il Senato veneziano la nomina di Lorenzo Valla per la nomina di storico ufficiale della Repubblica, in contrapposizione alla candidatura di Biondo Flavio. Per tale occasione, il 13 dicembre 1456, Zane compose il De difficillima doctrinae palma capescenda (ediz. in Laneri, 2009-2010, pp. 215-223), un’epistola-trattato indirizzata al veronese Giorgio Bevilacqua Lazise, che si configura come un «manuale teorico delle qualità indispensabili per ricoprire il prestigioso ruolo di storico di Venezia», che sono tutte monopolio del Valla (Laneri, 2009, p. 127).

Il 31 gennaio 1457 ebbe aumentate le sue rendite, ottenendo l’amministrazione del patriarcato di Gerusalemme e la commenda del monastero di S. Stefano de Pinis nella diocesi di Spalato (Reg. Vat., 464, cc. 107r, 108r).

Zane si dimostrò peraltro del tutto inadeguato e inaffidabile nell’amministrazione dell’arcidiocesi spalatina, ove pure aveva deciso di risiedere, e poco accorto anche nei rapporti con la società urbana. Nei primi anni di episcopato entrò in conflitto con le due componenti della cittadinanza, quella nobile e quella popolare, in merito alla gestione del tesoro e della fabbrica della cattedrale, mettendole l’una contro l’altra, tanto da esser convocato a Venezia nel marzo-aprile 1461 ed esortato a non turbare gli equilibri della comunità.

Ben più gravi furono le accuse a lui mosse due anni dopo: nei primi mesi del 1463, il Consiglio dei Dieci scoprì l’esistenza di trattative segrete tra Lorenzo e Stefano Kosacha, duca di S. Sabba e gran voivoda di Bosnia, che mirava a impossessarsi della fortezza di Clissa, posta a difesa di Spalato e Traù dalle minacce turche provenienti dall’entroterra.

L’arcivescovo, in cambio di 30.000 ducati – dei quali 5000 erano stati già versati – voleva facilitare un colpo di mano del duca d’Erzegovina contro la fortezza, controllata da Pietro Thalovitz, feudatario del re di Ungheria Mattia Corvino, nel quale i Veneziani vedevano un potenziale alleato contro i Turchi che stavano avanzando nei Balcani, avvicinandosi alle coste dalmate.

Zane fu quindi condotto a Venezia dove confessò e venne condannato al bando per dieci anni dalla Dalmazia con la proibizione di ripresentarsi nella sua sede arcivescovile. Si trasferì dunque a Roma, dove il parente Pietro Barbo era stato eletto pontefice (1464), e iniziò una nuova carriera come rappresentante del papa nelle aree dello Stato della Chiesa, nelle quali Paolo II stava cercando di riaffermare con la forza la propria sovranità contro i signori locali che gli rifiutavano l’obbedienza. Nominato il 3 settembre 1464 tesoriere pontificio (Reg. Vat., 542, c. 2r), fu dapprima inviato insieme al cardinale Niccolò Forteguerri a sedare la ribellione dei conti d’Anguillara; quindi il 15 gennaio 1466 fu trasferito in Romagna come commissario generale e nella Marca anconitana in qualità di vicario generale, col mandato esplicito di requisire i beni di Domenico Malatesta detto Novello in favore della Camera apostolica (Reg. Vat., 525, cc. 47v-48r, 91r-92v). L’11 luglio 1470 fu nominato governatore di Cesena (Reg. Vat., 542, cc. 75r-77v). Nel frattempo aveva svolto anche una funzione inquirente nel processo contro Pomponio Leto e gli accademici (1468).

All’elezione di Sisto IV (1471) la posizione di Zane nella Curia romana non mutò: il nuovo papa lo mantenne nei suoi incarichi e lo nominò vescovo di Treviso (grazie anche al benestare del Senato veneziano, che di fatto lo riabilitò), assegnandogli anche la titolarità del patriarcato di Antiochia (28 aprile 1473). Continuò inoltre a servirsi di lui per organizzare spedizioni militari: sia nella spedizione antiturca del 1473, quando Zane fu a capo del contingente pontificio che affiancava quello veneziano (segno ancor più lampante della pacificazione con la Serenissima), sia nello Stato pontificio, in Umbria (ove fu inviato a sedare una rivolta delle città) nel 1474 e in Romagna nel 1475.

Nel 1476 Sisto IV, col sostegno di Rodrigo Borgia, era intenzionato a creare Zane cardinale, ma l’opposizione provenne proprio dai cardinali veneziani: Marco Barbo, Giovanni Michiel e Giovanni Battista Zeno, incaricati dal Senato veneto di appoggiare la candidatura di Pietro Foscari, posero in concistoro un veto fermissimo. A parziale ricompensa della mancata promozione, dal patriarcato fu trasferito al più redditizio vescovado di Brescia il 27 febbraio 1478.

Pochi mesi dopo venne alla luce una macchinazione politica tessuta dallo Zane. Subito dopo la congiura dei Pazzi (aprile 1478), la repubblica marciana sostenne i Medici contro il papa; il neo-vescovo di Brescia tramite esponenti del suo entourage familiare venne a conoscenza di quanto si discuteva nei consessi veneziani. A Roma trasmise le notizie a Girolamo Riario, nipote di Sisto IV, con il quale aveva da tempo stretto un rapporto di amicizia.

Fatto oggetto di un ordine di arresto il 1° agosto 1478, Zane fuggì rapidamente in terra mantovana, ma anziché esiliarsi subito nello Stato pontificio, si portò in laguna in gran segreto con l’appoggio della famiglia e degli amici veneziani, forse con l’intenzione di trattare con i Dieci. Successivamente riparò a Cesena. Poco dopo fu condannato all’esilio perpetuo dallo Stato veneziano, con la minaccia di due anni di carcere in caso di violazione del bando, e privato delle sue rendite.

Tutte le entrate beneficiali nello Stato veneziano – quelle della diocesi bresciana e le altre prebende di cui godeva – furono requisite e amministrate dalla Repubblica; i proventi furono destinati alla guerra contro il Turco, così da lenire le proteste del papa. Si proibì la concessione dei suoi benefici ad altri, durante la sua vita; inoltre si vietò la riapertura del caso e la ridiscussione delle sentenze, pena l’interdizione dagli uffici e una cospicua multa a chi lo richiedesse.

I suoi complici, tra cui i fratelli Andrea e Alvise e i cognati Vitale Lando e Giacomo Malipiero, furono arrestati e sottoposti a tortura, quindi condannati a brevi esili ed esclusi dalla vita politica, dagli uffici e dai consigli della Repubblica (con scadenze diverse per ciascuno).

Trasferitosi a Roma, Zane non fu più riabilitato dalla Repubblica, nonostante i ripetuti interventi in suo favore da parte di Sisto IV. Delle istanze del papa, la Serenissima accettò solo, nel 1480, che il nipote Paolo, figlio di Andrea, prendesse il posto dello zio sulla cattedra bresciana e nel 1481 che i redditi dei benefici di Lorenzo tornassero al papa, il quale nel 1482 lo nominò governatore di Perugia.

Morì il 2 ottobre 1484 a Roma nel convento di S. Maria sopra Minerva, ove fu sepolto (Burckardi, 1911-1942, I, p. 85).

Figlio di quel nepotismo quattrocentesco su cui si basò la fortuna di interi pontificati, Lorenzo Zane incarna perfettamente il ‘tipo’ dello spregiudicato prelato del XV secolo, caratterizzato da un temperamento battagliero e poco incline al compromesso, e da una grande attenzione alle ricchezze terrene. Si legò in modo strettissimo al potere pontificio e al doppiogiochismo della Curia, anziché praticare una dialettica diplomazia con l’ambiente lagunare; e ciò gli impedì di giungere a più alte posizioni e mansioni.

Fu riconosciuto dai contemporanei quale uomo di raffinata cultura umanistica, e fu stimato esperto di astrologia; possedette una ricchissima biblioteca. Protesse numerosi letterati, tra cui Leonardo Montagna e Francesco Maturanzio, ed ebbe scambi epistolari con i maggiori umanisti a lui contemporanei.

Fonti e bibliografia

Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Reg. Vat, 412, cc. 196r-v; 464, cc. 107r, 108r; 525, cc. 47v-48r, 91r-92v; 538, cc. 261r-267r; 542, cc. 75r-77v; 545, c. 2r; Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, a cura di G. Zippel, in RIS, Città di Castello 1904-1911, III, 16, ad ind.; Johannis Burckardi Liber notarum, a cura di E. Celani, in RIS, XXXII, 1, Città di Castello-Bologna 1911-1942, I, pp. 85 s.; Iacopo Ammannati Piccolomini, Lettere (1444-1479), I-III, a cura di P. Cherubini, Roma 1999, ad indicem.

G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita, e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, pp. 177-204; D. Farlati, lllyrici sacri, III, Venetiis 1765, pp. 390-402; C. Eubel, Hierarchia Catholica medii aevi, II, Monasterii 1914, pp. 89, 111, 164, 240, 249; R. Weiss, L. Zane arcivescovo di Spalato e governatore di Cesena, in Studi romagnoli, XVI (1965), pp. 163-169; Th. Frenz, Die Kanzlei der Päpste der Hochrenaissance (1471-1527), Tübingen 1986, p. 396; M.L. King, Umanesimo e patriziato a Venezia nel Quattrocento, II, trad. it., Roma 1992, pp. 661-663; M.T. Laneri, L. Zane. Allievo, amico e protettore di Lorenzo Valla, in Quaderni Veneti, XLIX-L (2009), pp. 103-130; Ead., L. Zane, De difficillima doctrinae palma capescenda. Tradizione del testo ed edizione, in Sandalion, XXXII-XXXIII (2009-2010), pp. 181-223; G. Del Torre, Patrizi e cardinali. Venezia e le istituzioni ecclesiastiche nella prima età moderna, Milano 2010, ad ind.; M.T. Laneri, De difficillima doctrinae palma capescenda. L’auctoritas di Lorenzo Valla nell’epistola-trattato di L. Zane a Giorgio Bevilacqua da Lazise (1456), in Auctor et Auctoritas in Latinis Medii Aevi Litteris. Author and authorship in medieval latin literature, a cura di E. D’Angelo - J. Ziolkowski, Firenze 2014, pp. 583-600; G. De Blasi, Il nepotismo pontificio nei decenni centrali del Quattrocento. Tesi di dottorato, tutor G.M. Varanini, Verona 2015, pp. 133 s., 303 s.

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