BELTRAMI, Luca

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 8 (1966)

BELTRAMI, Luca

Paolo Mezzanotte

Nacque a Milano il 13 nov. 1854 da Annibale e da Elisa Mazzuchelli. Frequentando il Politecnico di Milano conobbe L. Conconi che lo indusse allo studio dell'architettura; già allora introdotto nel gruppo della Scapigliatura, frequentò contemporaneamente al Politecnico l'Accademia di belle arti, e collaborò alla rivista parigina L'art. Sono di questo tempo le sue prime esperienze nell'acquaforte, alla quale lo iniziava il Conconi (cfr. il suo 15 Acqueforti 1876-1879, Milano 1909, e A. Mezzetti, L'acquaforte lombarda nella seconda metà dell'800, Milano 1935, pp. 99-101, 127-132).

Il 25 ag. 1875 il B. si diplomò architetto civile e presto lasciò Milano per Parigi: Ch. Garnier, il celebre architetto dell'Opéra, lo indusse a iscriversi all'Ecole nationale des Beaux-arts; nello stesso tempo frequentava lo studio dell'arch. Pascal. Era intanto sotto-ispettore nei lavori di ricostruzione dell'Hôtel de Ville, ma trovava tempo per coltivare l'acquaforte: l'incisione Cloître de St. Trophime d'Arles fu tra le prime da lui esposte nei Salons e poi nell'Esposizione universale del 1878. Lunghe ore dedicava inoltre a fruttuose ricerche nel fondo italiano dei manoscritti della Biblioteca nazionale di Parigi. E ancora si occupava, per conto del Comité des monuments historiques de France, di ricostruzioni di antichi monumenti, predisponendone i progetti grafici, e collaborava a giornali d'arte.

Dopo tre anni di permanenza a Parigi il B. ritornò a Milano per partecipare al concorso per il monumento alle Cinque Giornate. Il suo bozzetto, una torre coronata di vittorie, fu in un primo tempo prescelto fra centoquindici concorrenti; ma, poiché non rispondeva integralmente al programma di concorso, il verdetto fu annullato. In un secondo concorso vinse il bozzetto dello scultore G. Grandi sostenuto dallo stesso Beltrami. Questi frattanto, avendo vinto nel 1880 la cattedra di architettura e geometria descrittiva all'Accademia di Brera, si stabiliva definitivamente a Milano. Suo assistente era il pittore G. Mentessi, col quale ebbe poi continui contatti di collaborazione e di amicizia personale. Nel 1885 supplì A. Sacchi nella cattedra di architettura pratica, cattedra che poi, ottenuta la libera docenza, tenne fino all'anno 1890.

Dal 1880 il B. si dedicò allo studio, alla difesa, al restauro di monumenti non solo delle province lombarde, ma di tutta Italia. I suoi primi lavori furono dedicati agli avanzi dello smembrato Lazzaretto di Milano (1881) e alla Rocca di Soncino (1882-1885). Dal 1881 stavano già maturando intanto le premesse alla riapertura della secolare questione della facciata del duomo che l'improvvisata architettura di L. Pollack ripresa da C. Amati, e attuata in ossequio alla volontà di Napoleone, non aveva risolta.

Il problema della facciata del duomo fu il tema di uno degli annui concorsi di architettura dell'Accademia di belle arti: nel 1881 risultarono vincitori a pari merito il B. e C. Ferrario, il rinomato scenografo. Il consiglio accademico di Brera, aspramente giudicando la relazione che accompagnava il progetto del B. ritenuto troppo conservatore, gli preferì quello del Ferrario. In seguito al lascito di A. De Togni la Fabbrica bandì un nuovo concorso il 25 sett. 1886, questa volta internazionale e in due gradi. Emergeva dal concorso di primo grado, fra centoventi concorrenti, il progetto del B. per sicura padronanza di forme e di strutture dettata da studio approfondito del gotico italiano; ma nel secondo grado, contro ogni previsione, la scelta cadde sul progetto presentato dal giovane G. Brentano. Il verdetto diede luogo a polemiche appassionate che l'immatura morte del Brentano (31 dic. 1889) non doveva troncare; né valse a modificare il giudizio della Fabbrica un modello di legno egregiamente intagliato sotto la direzione di Gaetano Moretti del progetto beltramiano (luglio 1891). Per tutta la questione cfr.: Veneranda Fabbrica del duomo di Milano, L. B. e il duomo di Milano, Milano 1964 (contiene tutti gli scritti pubbl. tra il 1881 e il 1914, raccolti e ordinati a cura di A. Cassi Ramelli).

Dal 1880 il restauro dei più importanti edifici pubblici in Milano fu opera del B., o porta l'impronta del suo intervento e della sua assistenza. Il nuovo spirito introdotto nel restauro consisteva nel coordinare gli interventi all'approfondita documentazione storica del monumento.

Secondo progetti elaborati dal B. fu restaurato, a partire dal 1886, il palazzo Marino e dotato di nuova fronte verso piazza della Scala. Nel 1883 ebbe inizio una campagna, nella quale egli ebbe parte principale, per la conservazione del Castello sforzesco, condannato ad essere demolito quasi per intero per dar luogo ad un viale tracciato fra il duomo e l'Arco della pace. Provvidamente il ministero della Pubblica Istruzione incaricò il B. di un rilievo del Castello e di un progetto di restauro. E dai restauri che seguirono emersero insospettate bellezze del celebre monumento, dove (1896) furono raccolte le opere d'arte del Comune e fu insediato il Museo del Risorgimento. Seguì più tardi la ricostruzione della Torre detta del Filarete, che, ricomposta secondo le memorie di quella originaria crollata nel 1521, si inaugurò il 24 sett. 1901.

Le aule del Castello accolsero un importante centro di studi, quando il B., dopo aver collaborato all'edizione nazionale degli scritti vinciani e annotato il codice Atlantico, chiamò i competenti di ogni nazione a fondare la "Raccolta Vinciana" (25 nov. 1894); egli stesso ne fu tra i generosi donatori.

Nel 1885 Gaetano Negri, sindaco di Milano, lo volle assessore all'edilizia; il B., pur riconoscendosi liberale conservatore, si riservava libertà di giudizio e non si asteneva dal denunciare gli errori dell'Amministrazione nella sua collaborazione all'umoristico periodico Guerin Meschino, che già aveva iniziata con una serie di parodie dantesche, illustrate dalla matita del pittore A. Cagnoni. Fu questa una parte soltanto della sua attività molteplice e ininterrotta nel giornalismo, che si spiegò nei quotidiani La Perseveranza, La Riforma, L'Italia, nel Pungolo della Domenica, nel Convegno e più di frequente nel Corriere della Sera (di cui fu comproprietario, con Crespi, Torelli, Pirelli e De Angeli per breve tempo), che diresse nel 1896 e nel quale fra l'altro pubblicò una serie di corrispondenze satiriche da un immaginario borgo di Casate Olona; nel 1892 fondò la Edilizia moderna, utile rassegna dell'architettura contemporanea; scrisse in Perseo, Nuova Antologia, Rassegna d'arte, L'Illustrazione italiana e in altre riviste d'arte o di politica, anche straniere. Usava spesso nei suoi scritti lo pseudonimo "Polifilo" o le iniziali "L. B."; più raramente, in polemica con la Francia, l'anagramma "Marcel Libaut". Dopo cinque anni intendeva abbandonare ogni attività politica quando, proposto nel novembre1890 alla candidatura del I collegio di Milano, fu deputato per tre legislature successive (XVII-XIX) militando nell'ala moderata, ma distinguendosene per un atteggiamento piuttosto favorevole agli ultimi governi Crispi; chiuse la parentesi di vita pubblica soltanto nel 1896 per riprendere il lavoro professionale che aveva frattanto trascurato, finché Giolitti lo volle senatore del Regno (1905).

Nel maggio del 1891 un intervento del B. al parlamento, discutendosi il bilancio della Pubblica Istruzione, aveva ottenuto dal ministro Villari l'impegno di utili riforme nell'amministrazione dell'arte antica; successivamente, un decreto del 19 agosto di quell'anno aboliva i commissariati per le belle arti e li sostituiva con gli "uffici regionali" con attribuzioni e poteri meglio precisati. Dell'ufficio regionale lombardo fu primo direttore il B. e vice direttore l'arch. G. Moretti; tuttavia egli, non trovando anche questa volta gli appoggi e la comprensione che sperava, alieno come era dai compromessi, si dimetteva dalla carica, dolendosi di "dover lottare colla indifferenza del pubblico e le continue mutazioni di indirizzo e le incertezze del Governo" .

Della sua opera di conservazione e restauro del Castello di Milano il B. ebbe incontrastato riconoscimento. Non così del suo operato per la ricostruzione del campanile di S. Marco a Venezia, crollato il 14 luglio 1902 (cfr. Venezia e L. B., a proposito della questione del campanile di S. Marco: relazione documentata della giunta al consiglio comunale, Venezia 1903). In seguito a malintesi, dopo i suoi primi studi sull'argomento, egli diede le dimissioni dai lavori del campanile, ultimati nel 1912 con altri interventi, ma secondo il programma da lui stesso tracciato.

A scopo di restauro furono da lui studiati e illustrati, oltre ai monumenti citati, a Milano: la basilica di S. Ambrogio, la chiesa delle Grazie, la Torre di S. Gottardo, il Palazzo dei giureconsulti, l'abbazia di Chiaravalle; fuori Milano: il Palazzo ducale di Mantova, il duomo di Monza, la Loggia di Brescia, il Pantheon di Roma e soprattutto la certosa di Pavia. Questa sua azione di difesa delle cose d'arte gli procurò numerosi avversari e qualche volta fallì di fronte alle pretese della speculazione edilizia; così vane furono le sue difese appassionate per il rispetto della Pusterla dei Fabbri, rimasto superstite saggio dell'architettura comunale milanese.

Nei nuovi assetti dell'edilizia milanese alla fine del sec. XIX e ai primi del XX ebbero particolare rilievo le architetture del B., incline in genere a modi rinascimentali, sempre però con note personali. Non ebbero invece per lui interesse i tentativi e le audacie dello stile fioreale (per le rare indulgenze al liberty, v. Meeks, 1961). Sua prima opera a Milano fu il palazzetto per la Permanente, eretto tra il 1880 e il 1885 in un suo stile neorinascimentale che doveva seguire e poi riprendere in tarda età; poco ne è rimasto, salvo la facciata privata dell'originaria decorazione pittorica dai successivi rimaneggiamenti dell'edificio. Vivace policromia accentuata da mosaici e marmi colorati è nel tempio israelitico in via Guastalla a Milano con sobri richiami a modi orientali. Il Cordusio, rialzato su pianta ellittica, ebbe dignità dai due palazzi da lui disegnati: il maggiore per le Assicurazioni di Venezia (cfr. Il palazzo Venezia…, Milano 1900), l'altro per privati. A tacere di costruzioni minori, quali una casa signorile in via del Cappuccio e l'edificio del Corriere della Sera in via Solferino, diede carattere unitario alla piazza della Scala compresa fra i due edifici della Banca Commerciale; ma nella sistemazione della piazza fu soppressa la chiesa di S. Giovanni alle Case Rotte, distruzione deprecata dalla quasi totalità degli artisti milanesi, ragione non ultima di malintesi che rattristarono nell'età matura il Beltrami. Egli infatti nel 1920 lasciava la città natale per stabilirsi a Roma, dichiarando apertamente di essersi risolto a quel passo "non per transitori impegni personali, ma per dimenticare".

Dopo l'elevazione alla cattedra pontificia di Achille Ratti, a cui il B. era legato da vincoli di amicizia (per gli interessanti aspetti di un suo colloquio col papa prima dell'annuncio della Conciliazione, cfr. M. M. Armato, 1952), fu nominato architetto del Vaticano e in tale qualità, dopo aver provveduto con fortuna al consolidamento della cupola michelangiolesca, costruì a nuovo nella città vaticana l'ala del palazzo dedicata alla pinacoteca che, nello stile e nella policromia ottenuta con ceramiche e mosaici, si riallaccia alle prime composiziom milanesi; la pinacoteca fu inaugurata da Pio XI con un discorso pubblicato su L'Osservatore romano del 28 ott. 1932.

Il B. morì a Roma l'8 ag. 1933.

Durante gli ultimi anni della sua permanenza nella capitale, in occasione del XXV anniversario della sua nomina a senatore, un gruppo di amici raccolse oltre un migliaio di schede e pubblicò un'accurata bibliografia dei suoi scritti completata da un indice analitico, che, nonostante qualche lacuna inevitabile, documenta la vastità e la varietà dei temi e delle opere: Bibliografla degli scritti di L. B. dal marzo 1881 al marzo 1930…, Milano 1930. Ad essa venne aggiunto un Supplemento alla bibliografia degli scritti di L. B., Milano 1934.

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