LUCERNA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

Vedi LUCERNA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995

LUCERNA

H. Menzel
J. Elgavish
H. Menzei
H. Menzel
J. Elvagish

La l. (λύχνος, lychnus, lucerna) è un utensile nel quale si brucia, per produrre la luce, olio o sego per mezzo di uno stoppino. L'invenzione della l. data da tempi remoti: una pietra in forma di coppa trovata nella grotta La Mouthe è stata infatti definita una lucerna. Accanto alla l. si mantenne anche la candela, non però in Grecia, ma in Italia, dove una estesa industria della cera favorì la sua fabbricazione e, per conseguenza, lo sviluppo dei suoi accessori, come i candelabri (v.).

1. Generalità. - Le possibilità di impiego della l. erano quasi illimitate. Oltre a servire per l'illuminazione della casa, del tempio e delle terme, esse soppiantano ben presto la fiaccola nel culto e le troviamo nel tempio come ex voto. Mentre il lavoro nelle saline preistoriche di Hallstatt è reso possibile con l'aiuto della scheggia di legno resinoso o della fiaccola, vediamo che nelle miniere etrusche si lavora già con la lucerna. Inoltre, la l. acquista una particolare importanza nei riti funebri: posta sulla tomba nei giorni della commemorazione del defunto o nella tomba stessa, come dono che accompagna il morto, la l. assume un carattere sia simbolico che di scongiuro contro il malanno. Infine, essa diviene l'immagine della luce divina e, con ciò simbolo di rinascita e resurrezione. Il materiale usato per la fabbricazione delle lucerne è, per la massima parte, l'argilla. Ma si usa anche il bronzo e conosciamo alcuni esemplari in argento, oro e vetro. Le forme variano come il materiale e, soprattutto nell'epoca romana, offrono ogni possibilità di sfogo alla fantasia creativa dei modellatori.

Per una prima, ma già fondamentale distinzione, dividiamo le l. in due grandi gruppi: lucerne aperte e lucerne chiuse. Le prime hanno la forma di una coppa con bordo alto (per evitare che l'olio trabocchi o si versi); un beccuccio o un incavo nell'orlo servivano per l'introduzione del lucignolo.

Generalmente in una l. si distinguono tre parti: il corpo, il beccuccio, l'ansa; la variazione di esse attraverso i tempi offre valido aiuto per una definizione cronologica.

Nella maggior parte dei casi il corpo, o rotondo o ovale, della l. chiusa reca al centro un foro per l'introduzione dell'olio; intorno a questo foro c'è il cosiddetto disco, per lo più leggermente concavo e nettamente distinto dalla spalla. Le lucerne greco-ellenistiche sono decorate sulla spalla, mentre quelle romane e tardo-antiche hanno una spalla più piccola, ridotta a favore di un disco decorato con figure, creando così il nuovo tipo della l. figurata.

Anche il beccuccio, che regge il lucignolo, può esercitare un'influenza essenziale sulla forma della lucerna. La l. più comunemente usata ha un unico becco, ma sono frequenti anche le lucerne con due o più beccucci. In questo caso, il corpo è, naturalmente, modellato in un modo particolare. Così, per esempio, può avere la forma di una stella, può essere rettangolare oppure ad anello. Non è raro, soprattutto nelle 1. in bronzo, che il piccolo foro di rifornimento, leggermente allargato, sia protetto da un coperchio.

Nello stesso modo notiamo varî tipi di anse: anse ad anello, cilindriche o piatte (a nastro), applicate in un secondo tempo; anse eseguite con il tornio insieme con il corpo della l. e poi perforate. Ci sono inoltre elementi decorativi sovrapposti, modellati separatamente, che servono da manico e possono essere a forma di foglia, palmetta, triangolo, crescente lunare e, perfino, di testa. Per controbilanciare un tale elemento sovrapposto, decorato in maniera così ricca, le lucerne in bronzo sono spesso curvate in avanti e, per la maggior parte, terminano in una maschera, una testa umana o una testa di animale.

Le prime l. erano modellate a mano, ma presto si passò all'uso del tornio. Al primo gruppo appartengono sia le remote lucerne a coppa che quelle greche classiche. Con l'evoluzione dalla l. aperta a quella chiusa e, soprattutto, con la creazione della l. figurata romana, avviene anche un cambiamento nel processo di fabbricazione. Il lavoro artigiano con il tornio è sostituito dalla fabbricazione con matrici. Il disco con una piccola spalla è montato su una base separata; dopo aver cancellato la giuntura con una piccola spatola da modellatore, si pone la l. nel forno per cuocerla insieme con numerose altre. Il calore del forno ha una grande influenza sul colore della vernice che spesso copre la l.; sono frequenti anche le lucerne senza vernice e con semplice ingubbiatura, quelle affumicate, dipinte o smaltate. Le lucerne incominciano ad essere firmate in epoca ellenistica; le firme sono più frequenti sulle lucerne figurate e quasi di regola su quelle fabbricate dalle grandi ditte. Nella tarda antichità questo uso è abbandonato. Il tentativo di circoscrivere la sfera di azione delle varie officine conosciute col nome è destinato a naufragare perché le lucerne potevano essere sempre rimodellate; era, quindi, possibile fare lucerne nuove anche lontano dal luogo di fabbricazione originario e, benché firmate, non avevano alcuna relazione con l'officina di origine.

2. Decorazione. - Né le primitive lucerne a coppa o scodella, né le lucerne greche erano decorate. Solo alcune lucerne greche avevano degli anelli di vernice intorno alla spalla, che servivano da decorazione. Le lucerne ellenistiche, invece, sulla spalla molto ingrandita, presentano dei motivi decorativi a rilievo, applicati, per lo più, in un secondo tempo. Questi rilievi consistono in foglie di olivo, in delfini o putti e si accostano molto alle coppe megaresi. Le lucerne romane si evolvono organicamente da quelle ellenistiche. Nella sua opera fondamentale, il Deonna ne ha esaminato l'abbondanza di motivi, facendo la seguente suddivisione in varî gruppi: 1) personaggi mitologici: dèi, semidei, eroi, e figure leggendarie, nonché i varî attributi come il tirso, caduceo, cornucopia; 2) oggetti e scene di culto, come altari e sacrifizi; 3) scene tratte dalla vita pubblica e privata: scene di circo, di combattimenti di gladiatori, combattimenti con bestie feroci, tauromachie, acrobazie, giochi di prestigio, scene di caccia e pesca, della vita rustica, della vita militare, scene erotiche, ecc.; 4) il trasferimento di motivi della vita privata, e religiosa nel mondo mitologico: per esempio, amorini che combattono da gladiatori o dedicantisi ad altri giochi; a cavallo di delfini, offrenti sacrifizi; 5) il mondo del grottesco e delle caricature, i pigmei; 6) temi letterari: la favola della volpe e del corvo, scene pastorali ad imitazione di Virgilio, motivi omerici; 7) soggetti storici: Diogene nella botte, M. Curzio che si precipita nella voragine; 8) la fauna: c'è un abbondante uso di animali, sia soli che in gruppo, in riposo o in azione; 9) animali che imitano le azioni dell'uomo: scimmie in barca, grilli vestiti da gladiatori; 10) la flora: le piante (il mirto, l'edera, il melagrano, l'olivo, il lauro), rami e corone, piante soltanto o insieme con animali, per esempio, un uccello che becca un ramo, una lepre che mangia frutta; 11) oggetti fatti dall'uomo, come anfore, remi, ecc.; 12) gli astri, come le stelle, le mezzelune; 13) ornamenti geometrici, rosette, circoli, ecc.

Questi tredici gruppi circoscrivono l'intero complesso dei motivi. La loro frequenza è assai varia. Le scene tratte dalla vita di ogni giorno sono molto più frequenti di altre raffigurazioni con soggetti astratti, come, per esempio, i motivi storici e letterari. Benché la l. figurata romana prenda in prestito da quella ellenistica alcuni motivi - come amorini, delfini o ornamenti vegetali - essa sviluppa anche motivi tipicamente romani - come i combattimenti dei gladiatori - secondo i gusti contemporanei e, allo stesso tempo, ripete la decorazione della contemporanea ceramica sigillata.

Generalmente, sulle l. più antiche sono figurate scene con uno o due personaggi, eseguite con grande precisione e con abbondanza di particolari. Le lucerne più recenti tagliano ed abbreviano le scene, limitandosi a motivi o figure singole; in questo modo le loro raffigurazioni sono spesso incomprensibili e solo l'esame di tutta una serie può, alla fine, far comprendere il significato della scena. La vera ragione di questo processo di abbreviazione è probabilmente dovuta al fatto che la 1. diventa un articolo di massa. La l. figurata - che, in parte, aveva un grande valore artistico - diventa così una l. di fabbricazione in serie e a volte solo una maschera sul disco ricorda la sua origine dalla l. figurata. Infine si arriva anche alla completa assenza del quadro e ad una trasformazione della forma della lucerna.

Si potrà facilmente comprendere la grande importanza artistica delle l. figurate, soprattutto di quelle più antiche, se si considera che il disco riproduceva, in misure ridotte, le grandi opere della pittura e della scultura (come, per esempio, la Venere accosciata di Doidalsas) e perfino del teatro, con scene di tragedie e commedie, tramandandoci talora l'immagine di opere d'arte perdute e conosciute solo dalla letteratura.

Mentre in Italia la l. figurata decade alla fine del I sec. d. C. per passare alla fabbricazione in serie senza decorazione, in Grecia si sviluppa nel Il sec. d. C. una produzione, artisticamente molto elevata, di lucerne figurate che presentano contatti con la plastica fittile. Nei secoli III e IV d. C. notiamo una decadenza generale nella formazione artistica della l.: si ripetono sempre le stesse scene, si rimodellano sempre le stesse lucerne in modo che i rilievi diventano sempre più tenui ed incomprensibili. Infine, il disco è semplicemente ornato con strisce radiali e rosette. In questa fase appaiono i primi simboli cristiani, per quanto non sempre possiamo definirli come tali con assoluta sicurezza: per esempio, il Buon Pastore che porta l'agnello sulle spalle è un personaggio ben conosciuto anche nell'antichità precristiana.

Nell'occidente dell'Impero viene in uso un nuovo tipo: la cosiddetta l. africana, di argilla rossa che, godendo di una grande popolarità, si diffonde largamente ed è spesso imitata. Dalle lucerne antiche si prendono in prestito i motivi della fauna e della flora e poi, quando croce e monogramma assumono il loro posto definitivo sul disco, i soggetti si trasformano in motivi cristiani. Ora, sul disco troviamo la palma, rami di palma, la vite e il grappolo d'uva, pavoni, fenici, galli, i busti degli apostoli, i santi, i martiri ed i personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento. Il rilievo è molto basso e la decorazione della spalla - ora più larga - si accosta molto alla ceramica a stampo della stessa epoca.

Nel IV sec. d. C. l'Asia Minore inizia una propria produzione di l. che, però, non arriva ad una vera fioritura. Alcuni dei suoi motivi sono presi dalla l. figurata romana ma, del resto, queste lucerne sono decorate solamente con ornamenti a strisce e a puntini rilevati, con rosette e tralci di vite. In seguito le forme lisce introducono il nuovo tipo della l. bizantina.

Anche le lucerne egiziane sono caratterizzate da una evoluzione propria. All'inizio la produzione locale è molto influenzata dai motivi delle lucerne figurate romane importate in gran numero - infatti incontriamo spesso raffigurazioni di combattimenti di gladiatori - ma ben presto prevalgono le immagini delle divinità popolari, come Iside, Serapide e Arpocrate. A causa del ritorno alle forme ellenistiche si avverte anche un cambiamento della forma delle lucerne, soprattutto per quanto riguarda gli esemplari in bronzo.

Le lucerne palestinesi e della Siria dei secoli seguenti preferiscono, per lo più, una forma ovale appuntita, ornamenti geometrici e vegetali, raramente personaggi e, per la maggior parte, croce e monogramma.

Le più antiche lucerne bizantine sono ancora decorate con circoli e puntini, poi, più tardi, sono prive di ogni decorazione. In questo stato la l. è adottata dagli Arabi, terminando così lo-sviluppo della l. antica. Ma, al di fuori delle lucerne che seguono lo sviluppo generale, ci sono le lucerne con forme particolari, sia in creta che in bronzo, che meritano una considerazione particolare. Si tratta delle cosiddette lucerne a statuetta. Grazie alla esuberanza decorativa propria ai Romani, che fa sì che anche gli utensili comuni abbiano un aspetto artistico, non soltanto i pesi delle bilance, i recipienti in bronzo per l'incenso o le boccette di vetro per il profumo assumono forma di testa, ma anche le lucerne sono modellate in questo modo. Tali lucerne a testa sono molto frequenti, con numerose variazioni che vanno dalla maschera teatrale alla testa di un negro - un motivo molto popolare anche in altri campi. Le lucerne possono anche assumere la forma di statuette intere, preferibilmente di personaggi grotteschi con un membro virile esageratamente grande che funge da beccuccio. Inoltre, le lucerne in bronzo sono spesso modellate a forma di animali, come pavoni, gatti, scimmie, ecc. L'Egitto, infine, sviluppa un altro tipo nuovo: la l. a rana che, in seguito, è sottoposta ad una totale stilizzazione, ma che rappresenta sempre un simbolo di resurrezione.

3. Cronologia. - Le pietre naturalmente incavate, riempite di sego e munite di uno stoppino, che costituivano le prime lucerne, servirono da modello per le lucerne a coppa o scodella, nate probabilmente in Egitto e predodominanti nell'intera sfera mediterranea per molti secoli, nell'Occidente anche fino all'epoca ellenistica. Questo vale tanto per la Palestina, dove queste lucerne venivano in uso nel XV sec. a. C. circa, mantenendosi fino al VI sec. a. C., quanto per l'Africa settentrionale dove questo tipo di lampada fu introdotto come 1. fenicia per poi continuare la sua esistenza come l. punica. Infine, vale anche per la cultura cretese-micenea dove la l. è ulteriormente sviluppata: si rafforza l'orlo e si approfondisce il corpo della l., creando, in questo modo, i tipi di lusso come le lampade a piede di Festo e Cnosso.

4. Lucerne greche. - Gli esami e le valutazioni delle lucerne rinvenute nell'agorà di Atene, eseguiti con tanta cura da R. H. Howland, completano ed allargano molto la nostra conoscenza dello sviluppo della l. greca, già tracciato dal Broneer in base alle lucerne trovate a Corinto. Il declino della cultura cretese-micenea segnò anche la fine della l. già tanto evoluta. L'epoca geometrica non conosce lucerne ed i primi esempî rinvenuti in Attica sono dell'inizio del VII sec. a. C., cioè, di un periodo in cui l'Attica aveva relazioni certe con la Siria e la Palestina. Probabilmente queste relazioni introdussero la l., insieme con altri beni culturali. Le prime lucerne sono fatte a mano, a forma di coppa, con un beccuccio più o meno lungo protratto dall'orlo; sono prive di vernice protettiva. Rimangono in uso fino al terzo venticinquennio del VI sec. a. C., ma già nel terzo venticinquennio del VII sec. a. C. troviamo una l. con beccuccio a ponticello, importata dall'Asia Minore e chiamata tipo di Smirne dal luogo di ritrovamento. Ora, con il ponticello del beccuccio inizia l'evoluzione vera e propria della 1. greca. Sempre nel terzo venticinquennio del VII sec. a. C. vengono in uso le prime lucerne fatte con il tornio, che sono anche le prime ad avere uno strato di vernice interna. L'applicazione di una vernice esterna invece incomincia solo dopo la metà del VI sec. a. C. Fino al terzo venticinquennio del VI sec. a. C. troviamo sia la l. fatta a mano che la l. a tornio; in seguito, resta solo la l. a tornio che rimane in uso fino al I sec. d. C., insieme con le lampade fabbricate con matrici che si introducono nel primo venticinquennio del III sec. a. C. L'evoluzione dalla l. greca alla l. ellenistica - documentata con cura dallo Howland con una moltitudine di tipi - è caratterizzata dallo sforzo dei figuli di arrivare ad un massimo grado di perfezione. Ora la l. è munita di una base ben pronunciata, ed il suo corpo è più alto. In principio l'orlo del corpo era voltato in dentro per proteggere l'olio, in seguito un disco chiude l'intera l., eccetto il foretto più o meno largo che serve per il rifornimento dell'olio. Per quanto riguarda l'uso della vernice, si nota che in un primo tempo essa veniva applicata all'interno della l. per rendere le pareti impermeabili, e soltanto in un secondo periodo si verniciarono le l. anche esternamente, con intento decorativo.

Tanto il corpo della l. che può essere cilindrico, a doppio cono o rotondo, quanto il beccuccio possono subire una serie di variazioni. Così il becco può essere più o meno lungo, dritto o ricurvo, scanalato o liscio e può terminare con un'estremità arcuata o dritta. Dall'abbondanza delle forme ellenistiche ne emergono alcune che sono particolari dell'Attica, ma, come risulta dai marchi, erano importate, poi imitate e largamente diffuse anche altrove. A questi tipi appartengono le lucerne di Delo databili tra il secondo venticinquennio del Il sec. ed il primo del I sec. a. C. Esse hanno base ad anello, corpo rotondo e disco leggermente abbassato. Sono prive di anse, ma hanno una presa laterale. Alla stessa epoca appartengono le lucerne di Cnido (che mancano del tutto a Corinto), di cui solo alcuni esemplari si sono trovati ad Atene, imitati, in seguito, da un figulo locale. Hanno corpo biconico, beccuccio smussato con le estremità curvate leggermente all'infuori, disco ribassato; inoltre una vernice con riflessi metallici è indice di uno stretto accostamento alle lucerne in bronzo. La spalla - ora larga ed arrotondata - è decorata con ornamenti a forma di foglia o uovo, applicati in un secondo tempo. Infine, tra l'ultimo venticinquennio del Il sec. a. C. ed il primo del I sec. a. C. abbiamo la l. di Efeso con corpo biconico, disco piano con il foretto al centro, beccuccio piatto a forma di vanga con un ponticello che lo unisce al disco e base ad anello. Queste proprietà sono caratteristiche per tutte le varianti di questo tipo, ma caratteristica principale è la ricca e varia decorazione della spalla. Insieme con la l. a rilievo - importata fin dalla metà del III sec. a. C. e poi fabbricata localmente - che ha decorazioni fatte con matrici e poi, in un secondo tempo, unite alla l. già modellata con il tornio (più tardi fatta interamente con matrici), vengono in uso le lampade plastiche, sia antropomorfe che zoomorfe (incluse già le teste di negro), che giungono alla loro vera fioritura in epoca romana.

La conquista di Atene da parte di Silla nell'anno 86 a. C. non pone ancora una fine immediata all'attività dei modellatori di lucerne, i quali fino al I sec. d. C. continuano e variano i loro modelli ellenistici. Solo con l'importazione della l. figurata romana termina del tutto questa produzione.

5. Lucerne romane. - In Italia una produzione propria ha inizio soltanto molto tardi: i ritrovamenti dell'Esquilino ne sono la prima testimonianza. Si sviluppano due tipi di lucerne che durano fino alla seconda metà del I sec. a. C.: l'uno ha un corpo molto panciuto, l'altro è più slanciato. Tutti e due hanno un piede ad anello sul quale sono spesso impressi nomi, lettere o circoli. Il disco rotondo è spesso figurato, il beccuccio è piatto, molto protratto, con due lati scanalati in modo più o meno marcato, con estremità talvolta quasi dritta. Inoltre, a volte, questa l. è munita di anse piatte (a nastro), e profilate. Da questi tipi derivano le l. decorate con puntini rilevati e le l. cosiddette a testa d'uccello; esse si estinguono rispettivamente in età augustea ed in età tiberiana. Il primo tipo ha un corpo quasi a forma biconica, prese laterali, un'ansa piatta (a nastro). La spalla larga è decorata con punti rilevati, mentre il beccuccio scanalato è privo di decorazioni; il foretto di rifornimento si trova nel disco ribassato. La l. a testa d'uccello presenta in origine un corpo cilindrico con pareti lievemente incurvate, ansa a nastro con scanalature; manca di prese laterali. Nel punto di attacco del beccuccio al disco si notano due teste di cigno contrapposte, a rilievo, onde il nome di "Vogelkopflampen" (l. a testa d'uccello). In un secondo tempo questa forma subì un processo di stilizzazione: il corpo diviene cuneiforme, il disco non è più nettamente delineato, la base si appiattisce e si estende, l'ansa scompare; le teste di cigno si schematizzano fino a sostituirle con una semplice decorazione a linee incise. La maggior parte di queste lucerne a testa di uccello è firmata.

L'evoluzione della l. figurata romana segue due linee principali. La prima si accosta ai tipi dell' Esquilino. Il grande disco offre lo spazio necessario per le decorazioni figurate, mentre dal beccuccio scanalato deriverà il becco ottusangolo. L'altra linea, riscontrata nelle l. più antiche, conserva il gusto della l. ellenistica di elaborare la spalla, riducendo e trascurando il disco. Presentano becco a volute, anse particolarmente eleborate, manici laterali e, a volte, due beccucci. Questo tipo si mantiene dalla seconda metà del I sec. a. C. fino al I sec. d. C.

Nel periodo augusteo ha inizio la fabbricazione della l. munita di un beccuccio caratteristico: esso è largo, termina ad angolo ottuso, ed è fiancheggiato da due volute che si appoggiano sul corpo della lucerna. Questo tipo può essere suddiviso ancora in tre gruppi: a) l. con beccuccio molto rastremato; b) l. con beccuccio meno rastremato; c) l. con beccuccio avente la stessa larghezza alla base e all'estremità. La prima forma, che si mantiene fino all'epoca tiberiana circa, presenta una linguetta che, interrompendo gli anelli che circondano il disco, arriva fino al beccuccio. La terza forma sostituisce la seconda verso la metà del I sec. d. C. e rimane in voga fino al Il sec. d. C. Un altro gruppo di breve durata appartenente all'epoca postaugustea è costituito dalle lucerne con un beccuccio, angolato o a spigoli, che esce direttamente dalla spalla, per lo più cadente e decorata a ovuli. Una variante più antica ha ancora un'altra voluta sulla spalla.

Nel secondo venticinquennio del I sec. d. C. ha inizio la produzione di lucerne con un beccuccio a volute, arrotondato all'estremità. Il loro segno distintivo non è tanto nel becco che termina con una linea curva, quanto nella spalla fortemente cadente od arrotondata, che documenta un accostamento ai modelli ellenistici. Questo tipo già raro verso la fine del I sec. quasi scompare nel Il sec. d. C. La maggior parte delle lucerne con volute che si innestano sulla spalla e terminano con un piccolo rigonfio appartiene al secondo e terzo venticinquennio del I sec. d. C. Anche qui la spalla è molto cadente, e, per lo più, decorata con elementi ovoidali, mentre il disco è spesso privo di decorazioni. Una variante ha prese laterali a forma di coda di rondine o di nastro. Un gruppo a parte è formato da lucerne ansate piuttosto piccole, con beccucci quasi triangolari e bottoncini alla giuntura con il corpo della lampada. Poggia sempre su una base. La spalla è orizzontale o cadente e, spesso, porta decorazioni ad ovolo. Questo tipo nacque in Gallia, non prima della metà del I sec. d. C. e si mantenne fino al Il sec. d. C.

L'ultimo tipo di l. figurata creata nel I sec. - probabilmente nel secondo trentennio - è molto semplificato. Consiste in un recipiente circolare per l'olio con un becco che termina a semicerchio. Le diverse forme della giuntura che unisce il becco con il recipiente - a forma rotonda, circolare o a cuore - possono servire per una suddivisione in gruppi. Anche la decorazione figurata del disco è semplificata ed usata con più parsimonia; le raffigurazioni grandi mancano quasi del tutto: troviamo soltanto animali oppure oggetti singoli e, per la maggior parte, rosette. La spalla è più o meno larga e, se la l. è priva di immagini, è decorata a ovolo. Alcune di queste lucerne sono munite di prese laterali. Le lucerne figurate sono frequentemente firmate, o con un marchio o con il nome intero, come quello di un certo Romanesis (questa officina è stata recentemente presa in esame da R. Haken).

Quanto siano state forti le influenze ellenistiche, soprattutto nelle regioni orientali dell'Impero, risulta dalle lucerne rinvenute a Mileto, che datano dall'epoca postaugustea. Si distinguono per la loro spalla larga e cadente - decorata in varî modi - e per un disco piccolo, generalmente privo di decorazioni figurative, mentre il beccuccio è modellato in modo molto capriccioso.

6. Lucerne col marchio di fabbrica (Firmalampen). - Un gruppo di lucerne non decorate, per lo più di argilla rossa, si distingue per il fatto che sul fondo ha impresso un marchio con il nome della ditta che le ha fabbricate. Le caratteristiche esterne di queste lucerne sono le seguenti: forma più allungata, recipiente per l'olio quasi sferico, beccuccio molto protratto - quasi un terzo della lunghezza totale - spalla relativamente larga, munita di borchie che, nei primi esemplari, sono perforate per poter appendere la lampada. Generalmente le lucerne ansate hanno due di queste borchie, le lucerne prive di anse ne hanno tre. In seguito, quando non sono più perforate, le borchie sono spostate al centro ed insieme con il foretto centrale, esse accentuano l'asse trasversale della lucerna. Il piede è quasi sempre formato da una base con due o tre anelli a rilievo. Probabilmente questo tipo nacque dopo il 75 d. C. A giudicare dalle lucerne trovate imballate in una cassetta a Pompei, queste furono create dal ceramista Strobilis; probabilmente perché più economiche delle lucerne figurate, e più adatte per la massa del popolo. Si distinguono due tipi: IX e X della classificazione del Loeschke. Nel tipo IX il beccuccio è attraversato longitudinalmente da un solco, chiuso ad un'estremità da un anello rilevato che circonda il disco. A volte questa scanalatura è triangolare e si innesta nel disco interrompendo l'anello. Nel tipo X il solco si amplia tanto da formare un piccolo canale, aperto, limitato dalla linea a rilievo che circonda il disco e che in questo tipo continua anche intorno al beccuccio. Del tipo X esiste anche una variante più corta con un becco poco allungato. Il tipo IX è l'unico che sia in uso accanto alla l. figurata nell'ultimo venticinquennio del I sec. d. C. Poi, verso l'anno 100, il ceramista Fortis creò il tipo X, che si mantenne fino al III sec. d. C., e che fu sottoposto a nuovi sviluppi: infatti, gli angoli divengono più smussati, le borchie si trasformano in ponticelli ed il corpo della l. diventa meno regolare e più alto. La diffusione di questa l. firmata con il marchio di numerosi ceramisti, è limitata all'Italia ed al Settentrione. Nell'ultimo venticinquennio del I sec. d. C. notiamo lo sviluppo della l. a sego, aperta, a forma di 8, in uso anche nel Il secolo. In seguito si diffonde anche la l. a padella; in epoca flavia è munita di un corpo quasi conico e una base ben distinta, nel Il sec. d. C. è a forma di lente con un fondo piatto.

7. Lucerne tardo-antiche e cristiane (v. più oltre, anche n. 10). - Mentre in Italia la l. figurata romana è quasi totalmente soppiantata dalla più economica l. del tipo Firmalampen, vediamo che nel Il sec. d. C. essa ispira in Grecia lo sviluppo di un nuovo tipo che porta il rilievo del disco ad una notevole altezza artistica, soprattutto in epoca adrianea, unendo alcune caratteristiche tipiche delle Firmalampen alla forma tradizionale della l. figurata romana. La spalla è allargata, resa più piatta e, quindi, più adatta per essere decorata; inoltre, come le Firmalampen, è munita di due ponticelli e, almeno per quanto riguarda un gruppo particolare, perfino del canale sul beccuccio. Il beccuccio è rotondo. L'ansa perforata ha due o tre scanalature ed il piede è diviso dal corpo della l. per mezzo di un anello intaccato. Quasi sempre questa l. ha un marchio, mai una vernice colorata. In via generale, possiamo suddividere i tipi che si sviluppano in Grecia nei secoli III e IV d. C. in due gruppi: il primo, che ha inizio verso la metà del III sec., è simile al tipo in uso nel Il sec., ma è di inferiore qualità artistica. Il secondo gruppo, che nasce nel primo venticinquennio del IV sec. e si mantiene fino al V sec. d. C. è sottoposto ad un processo progressivo di ornamentalizzazione. La decorazione a ovuli si disintegra in singole intaccature, i tralci di vite diventano più rozzi ed alla fine, rimangono soltanto disegni a spina di pesce che coprono sinanche i ponticelli. Le poche raffigurazioni sul disco non sono creazioni nuove, ma solo motivi rimodellati e sempre più appiattiti. Presto sono sostituite da ornamenti a conchiglia, da strisce radiali e da bucrani. Per correggere la poca chiarezza delle raffigurazioni e degli ornamenti, i ceramisti incidono i contorni dei rilievi dopo che questi sono stati stampati. Il corpo della lucerna diventa sempre più ovale, la giuntura del beccuccio è meno distinta e guarnita con scanalature profonde e con circoli, volute false e semicerchi. I simboli e motivi cristiani sono molto rari.

8. Lucerne dell'Asia Minore. - Il Miltner ha potuto raggruppare le numerose lucerne rinvenute al Coemeterium di Efeso soltanto con criterio tipologico e non stratigrafico. Perciò la validità dei suoi raggruppamenti e la loro definizione cronologica è soltanto relativa, anche se fino ad oggi non è stata seriamente contrastata. Qui ci basti tracciare le linee generali dello sviluppo di questo tipo di lucerna. Quando non sono addirittura dei soggetti importati o delle semplici imitazioni di esemplari greci del III e IV sec. d. C., le lucerne dell'Asia Minore prendono in prestito, dalla l. figurata romana, il disco decorato e la spalla stretta; da quella greca - tornando ai modelli ellenistici - la forma del becco, cioè una fusione del beccuccio rotondo e a triangolo. Nella prima metà del V sec. croce e monogramma appaiono sul disco, la spalla diventa più larga e, in conseguenza, decorata. Le caratteristiche del tipo del V sec. d. C. sono una riduzione del disco (ora diviso dalla spalla cadente a mezzo di un anello rigonfio), una linguetta che unisce il disco con il beccuccio - un motivo preso in prestito dalle Firmalampen ed un corpo a forma sempre più ovoide. Quasi tutte queste l. hanno un manico a forma di pigna. Questa evoluzione sbocca nella l. bizantina, caratterizzata da un corpo basso e da una linguetta che unisce il disco con il beccuccio.

9. Lucerne africane. - Nell'occidente dell'Impero troviamo un nuovo tipo di l., nato dalla lampada della tarda epoca romana. I suoi segni distintivi sono: un corpo ovoide, non alto, una semplice presa piena, robusta ed appuntita, un largo margine spiovente verso l'interno con decorazioni impresse, e, per lo più, con due foretti per il rifornimento dell'olio sul disco. Questo è anche decorato con piante ed animali, o con simboli specificamente cristiani; inoltre continua in un piccolo canale, largo ma non profondo, che arriva fino all'estremità del beccuccio. Il colore è di un rosso acceso. Questo tipo di lampada nasce all'inizio del IV sec. e si mantiene fino al VI e VII sec. d. C. Generalmente si chiamano lucerne africane - a causa dei numerosi ritrovamenti nell'Africa settentrionale - ma sembra che il luogo d'origine sia Alessandria e che da li siano state esportate ed in seguito imitate dalla produzione locale.

Accanto alle lucerne cristiane, l'Egitto crea un nuovo tipo caratteristico, cioè la l. a rana. Le sue due varianti principali sono già pienamente sviluppate tra il III ed il IV sec.: la l. ovale con una rana - interamente modellata - seduta o accosciata e la l. quasi sferica con la rana eseguita a rilievo e quasi completamente stilizzata. La l. a rana è limitata. all'Egitto ed i pochi soggetti occasionalmente trovati altrove sono, in ogni caso, prodotti di esportazione egiziana, da valutare allo stesso modo dei monumenti copti del primo Medioevo.

(H. Menzel)

10. Lucerne della Palestina. - Anche le lucerne siro-palestinesi seguono una propria evoluzione, molto contrastata soprattutto riguardo la datazione. La mancanza di ritrovamenti tra loro collegati consente di tracciare soltanto per sommi capi un profilo della l. di età ellenistica in Palestina. Per la maggior parte di questo periodo non sembra che si sia sviluppato un tipo di l. esclusivo; i tipi principali che erano in uso ad Atene sono infatti documentati abbondantemente in questa regione. Alcune varianti locali si manifestano solamente nella tarda età ellenistica, e tutte sono fedeli alla forma sostanziale di un piccolo corpo rotondo e di un manico relativamente lungo. Vi è tuttavia una eccezione: lucerne del tipo a conchiglia (Schalelampen), la cui tradizione risale all'Età del Bronzo, continuarono ad essere in uso in Palestina anche durante l'età ellenistica; generalmente esse sono molto più piccole dei loro prototipi.

Dai tempi di Augusto in poi, durante il I sec. d. C., nel paese sono correnti i principali tipi romani. La grande maggioranza delle l. di questo tipo sono prodotti locali, ma per lo stile, la scelta della creta, la vernice e altri aspetti sono assolutamente simili a quelle prodotte in Italia. Anche i motivi sono fedelmente copiati, ma si ritrovano solamente nelle grandi città con comunità pagane, mentre la popolazione giudaica usava una semplice l. eseguita al tornio, che consisteva in un corpo rotondo con un ampio foro di riempimento e un manico a ventaglio assolutamente privo di decorazione (la cosiddetta l. erodiana).

Questo tipo appare al tempo di Augusto, cioè nel momento in cui incomincia il tipo romano di l., e si conserva come genere semplice di l. fino circa all'età di Adriano. Non si basa su alcuna tradizione e non può neppure essere collegato all'economica l. al tornio prodotta in quel tempo in Grecia e in Italia; può quindi essere considerata come una nuova l. che compare come reazione ai tipi romani diffusisi con tanta rapidità. Per il resto, l. di forma ellenistica continuarono ad essere in uso, senza altre innovazioni, sino alla fine del I sec. d. C. Nel Il sec. appaiono nuovi tipi, permettendoci di distinguere tre gruppi fondamentali: 1) grandi l. che sono, anche nei particolari, fedeli copie (non semplicemente imitazioni) di differenti tipi di l. bronzee, molto probabilmente contemporanee. 2) Tre o quattro tipi del genere della l. a disco romana. Sono tutti sviluppi locali di tipi del I sec. d. C. Hanno gli stessi punti comuni con la Grecia e con l'Asia Minore nella decorazione in rilievo. 3) Il terzo gruppo comprende un gran numero di tipi e di varianti, tutti basati sul cosiddetto tipo "erodiano" del secolo precedente. Non sono eseguite l. al tornio. Sono di fabbricazione accurata e decorate con puri ornamenti neutrali o con corone e tralci di vite. Vi è un'affinità di forme, di stile e di gusto con le l. prodotte in questo periodo a Dura Europos e a Palmira; non sono comunque usate esclusivamente dalla popolazione giudaica.

La varietà dei tipi e delle varianti assicura alla Palestina nel Il sec. un posto affatto preminente in questo campo. La tradizione locale cedette però al tempo dei Severi. Soltanto un singolo tipo di l., di tradizione romana con un disco decorato in rilievo, fu allora in uso in tutto il paese. Il tipo appare come una continuazione di uno dei tipi del Il sec. e tutti i suoi esempi sono sostanzialmente fedeli a una determinata forma basilare.

L'adesione alla tradizione romana non si mantiene a lungo. Circa alla metà del III sec. d. C. il disco scompare da tutte le lampade. Continuano l. dalla stessa forma, ma con un buco per l'olio tanto largo da occupare tutto lo spazio del disco, e l'apparizione di questo nuovo tipo segna la fine alla diffusione della l. a disco romana in Palestina.

Nel quarto secolo, a partire dal regno di Diocleziano, si assiste a una grande ripresa dell'arte della l.; furono allora inventati numerosi nuovi tipi che si succedono l'uno all'altro a breve intervallo di tempo durante tutto il secolo. Un fenomeno notevole di questo periodo è l'uso di alcuni tipi soltanto in aree geografiche assai limitate. Si può anche ricercare la linea di sviluppo, dal tipo della fine del III sec., della maggior parte dei tipi del IV, specialmente di quelli che presentano la forma oblunga "a uovo", ma essi sono in realtà così differenti che non è possibile considerarli tutti entro la stessa tradizione. Un tipo importante della prima metà del secolo è una l. con un complicato profilo nella spalla e un manico relativamente largo e lungo decorato con complicati; motivi iconografici, in qualche modo paragonabili a quelli sui mosaici contemporanei. Un ampio gruppo di l. a più becchi appartiene a questo tipo, con varî motivi decorativi, in taluni casi anche un pesce, inquadrati da un'arcata; talora si ritrova anche il candelabro a sette bracci. Le rimanenti l. hanno decorazioni assai semplici; raggi, rosette, tralci d'uva, rami di palma, ecc.; alcuni tipi presentano palmette e rosette impresse.

Anche un particolare tipo di l. cristiana si sviluppò dalla prima metà del IV secolo. È una l. eseguita con cura che mostra, in contrasto con gli altri tipi contemporanei, una austera semplicità di forme e di decorazioni. È ornata da pochi raggi sul corpo della l. e da una croce posta tra il foro per l'olio e quello per il lucignolo. Spesso al posto della croce è un ramo di palma (perciò la l. è erroneamente detta del tipo "a candelabro") e raramente compaiono due uccelli ai lati di un'anfora. Questo tipo è documentato soltanto in Palestina e la sua popolarità risulta talmente radicata da durare fino al principio del VII sec. con sviluppi ancora più tardi. È sicuramente il tipo più caratteristico in Palestina dal tardo IV sec. alla fine del V d. C.

Le cosiddette l. "africane" non sono state rinvenute nel paese e non vi è traccia dell'influenza dei loro cicli di decorazione; comunque un tipo di l. cristiana decorata più riccamente si sviluppò sulla costa fenicia verso la fine del IV sec. d. C., con influssi, nel repertorio decorativo, soprattutto dei mosaici. Le lucerne arabe che seguono sono, invece, molto simili alle bizantine. Hanno un corpo rotondo, biconico, con un beccuccio appuntito. Questo tipo ritorna anche all'uso di un'ansa che, però, in questo caso appoggia sull'anello rigonfio che circonda il foretto centrale per il rifornimento dell'olio.

(J. Elgavish)

11. Lucerne di bronzo. - Nei tratti principali, la fabbricazione di lucerne in bronzo segue una linea parallela allo sviluppo delle lampade in argilla, anche se la grande resistenza del materiale cagiona una più lunga sopravvivenza delle forme della lucerna. Imitando la l. ellenistica in argilla con il beccuccio ben pronunciato e lungo, si sviluppa un tipo di l. in bronzo che resta in uso per lungo tempo. Si distingue in modo particolare per il beccuccio tubolare con orli spessi e per il corpo molto gonfio. Il piede è alto ed il foro di rifornimento è quasi sempre chiuso con un coperchio, spesso decorato con una maschera. Per controbilanciare il beccuccio lungo e pesante, si dà una decorazione particolarmente ricca all'ansa: essa, cioè, reca una mezzaluna o una staffa, divisa in più parti, inclinata indietro oppure in avanti sul corpo della l., terminando, per lo più, in forma di una testa di uomo o di animale. Poi, nella prima epoca imperiale, si evolvono nuovi tipi - in linea parallela con lo sviluppo delle lucerne in argilla. In questo sviluppo è probabile che le lucerne in creta abbiano seguito l'esempio delle lampade in bronzo. È di particolare importanza che la base ad anello sia ridotta in misura, che il corpo diventi più sferico, mentre il beccuccio termina a forma rotonda o angolare. C'è anche una variante con uno scudetto piano e ribassato. Inoltre, troviamo una forma con volute che terminano in un bottone. Le lucerne con volute molto marcate di Dura Europos appartengono al Il sec. d. C. Ma la forma più frequente è quella a pera, con un beccuccio che esce fuori dal corpo della lucerna e che termina con una estremità rotonda o angolosa. La superficie è piana e circondata da un anello. Le lucerne grandi di questo gruppo hanno un manico curvato in avanti - che può terminare in vari modi - mentre le lampade più piccole hanno un'ansa ad anello con una mezzaluna sovrapposta. Come, del resto, nel caso delle l. in argilla, anche per quelle in bronzo vi era un'infinità di altre possibilità: a parte le lampade aperte a sego, a forma di 8, che esistono anche in ferro, vi sono, soprattutto, le lucerne in bronzo con la sagoma di varie figure, preferibilmente a forma di animale.

I varî tipi delle lucerne cristiane in bronzo si accostano alle lucerne ellenistiche. A volte, l'unica variante è un'ansa ed una croce che dà loro un carattere cristiano.

12. Basi per lucerne. - Molte lucerne, soprattutto le lucerne in bronzo, ma anche quelle in argilla, potevano essere appese. L'esempio più monumentale è il lampadario di Cortona (v. arredamento). Ma, per la maggior parte, erano semplicemente poste sul tavolo o vicino al posto di lavoro. Per proteggerle contro le correnti d'aria, si mettevano in apposite "casette", con un tetto rotondo ed aperte da un lato. Negli ambienti chiusi si usavano anche i candelabri (v.) per porre le lucerne in posizioni più alte. Infatti, i candelabri di epoca imperiale erano fatti in modo da poter essere usati come lucerne, mentre quelli etruschi erano muniti di una spina per le candele. Accanto ai candelabri vi erano delle basi apposite per l'esclusivo uso delle lucerne. Erano dei sottolumi rotondi, alti circa 15-20 cm, con un bordo alto intorno al piano superiore per evitare che la l. cadesse. Bisogna notare, però, che non sempre le lucerne che vediamo poste su tali basi nei varî musei sono ben accompagnate nel senso che l. e base appartengono veramente l'una all'altra, anche se dello stesso tipo. Le basi possono essere suddivise in tre gruppi: il primo ha inizio nel III sec. a. C., mentre l'ultimo, documentato da soggetti più recenti rinvenuti nelle città del Vesuvio, è di epoca augustea e del primo periodo imperiale. Le basi hanno tutte piedi a forma di zampe di leoni. Il segno distintivo del terzo gruppo è che, al di sopra delle zampe di leone, le gambe si dividono in due tralci che terminano ciascuno in una spirale; il cuneo che si forma è riempito con una palmetta o una testa di toro. Altri tralci, più o meno grandi, si diramano dai due tralci principali ed arrivano fino al piede vicino. Il secondo gruppo è caratterizzato da foglie arcuate che pendono dalla piastra sulla quale è posta la lucerna. Finalmente, il primo gruppo - per la massima parte appartenente al Il sec. a. C. - è decorato con ornamenti vegetali, soprattutto con tralci di vite molto naturalistici che si stendono tre le gambe della base. In contrasto con gli altri due gruppi, questa base è bassa e, nell'insieme, piana e larga. Le basi sono molto rare nei tempi più recenti.

(H. Menzei)

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Per la Palestina: K. Galling, in Zeitschr. d. deutschen Palästina Vereius, XLVI, 1923, p. I ss.; J. H. Iliffe, A Tomb at El-Bassa of c. A. D. 396, in Quar. Dep. Ant. Palestine, III, 1934, p. 81 ss., fig. 2 ss.; id., Imperial Art in Trans-Jordan, ibid., XI, 1944, p. i ss., tav. VII ss.; O. R. Sellers-D. C. Baramki, A Roman-Byzantine Byrial Cave in Northern Palestine, in Bull. Amer. Schools of Orient. Research, Suppl. St., 1953, n. 15-16; G. M. Crowfoot, Samaria-Sebaste, III, The Lamps, Londra 1957, pp. 365-378, figg. 85-89.

(H. Menzel - J. Elvagish)

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