VISCONTI, Luchino

Enciclopedia Italiana (1937)

VISCONTI, Luchino

Luigi Simeoni

, Quartogenito di Matteo I e Bonacossa Borri, nacque nel 1292. Appare accanto al padre al suo ritorno nel 1310 a Milano, poi, fino alla sua ascesa al potere nel 1339, è ricordato solo come condottiero: condusse milizie milanesi a Uguccione della Faggiuola nel 1315 e partecipò alla battaglia di Montecatini (29 agosto), restando ferito, e in seguito fu spesso a fianco del fratello Marco nelle lotte in Piemonte contro guelfi ed angioini. La sua più nota azione militare fu il comando nella sanguinosa battaglia di Parabiago (21 febbraio 1339) contro la Compagnia di S. Giorgio in cui però Luchino era già vinto e catturato quando la vittoria fu decisa dal sopraggiungere di Ettore da Pànico. Alla morte del nipote Azzone senza figli il 16 agosto 1339, fu, col fratello Giovanni, proclamato signore dal Consiglio generale dei 900: in realtà Giovanni, benché più vecchio, lasciò il governo al fratello, salvo che per Novara di cui era vescovo e signore. L'opera di Luchino nell'ampliare il dominio fu meno brillante e celebre di quella successiva del fratello, benché in realtà ne sia stata la necessaria lenta preparazione, con nuovi acquisti di città, che permise poi a Giovanni di volgersi a obiettivi più importanti. Le dieci città che già teneva Azzone furono saldamente mantenute e ad esse furono aggiunte Bellinzona e Locarno ('40-41) nella val del Ticino; in Piemonte Asti ('41), Tortona, Alessandria, Alba, Cherasco ('47), lottando contro Angioini e Savoia; egli riaffermò la sua autorità su Pavia tenuta dai Beccaria (1341); e gli fu ceduta nel '40 Parma dagli Estensi. L'acquisto di Pontremoli ('39) gli permise d'intervenire in Toscana e aiutare Pisa ad impedire a Firenze l'acquisto di Lucca (1342); ma avendo i Pisani più tardi osteggiato l'azione di Luchino, furono, dopo una guerra ('44-45), obbligati a pagare 80.000 fiorini e a presentare ogni anno l'omaggio di un cavallo e due falconi. Nel 1349 le truppe di Luchino erano sotto Genova, comandate da Bruzio, suo figlio naturale, quando l'assedio fu sciolto dalla sua morte.

Luchino migliorò assai le condizioni interne del dominio: assicurò le strade dai masnadieri e dalle esazioni feudali che furono abolite. Ottenne finalmente nel 1341 l'assoluzione dal papa per la sua famiglia e per Milano, dalle scomuniche e interdetti del 1321, solo sospesi nel 1329; accettò dal papa il titolo di vicario imperiale pagando un censo di 10.000 fiorini. Istituì la magistratura dello sgravatore contro le ingiuste gravezze, permise il ritorno degli esuli (salvo i Torriani) e abolì per i cittadini l'obbligo del servizio militare. La potenza della sua casa fu da lui accresciuta col costituire un fortissimo patrimonio privato nelle varie parti del dominio, con acquisti e confische; queste specie dopo la congiura di Francesco Pusterla (1340), che finì per essere giustiziato con molti complici e, pare, anche con la moglie Margherita, figlia di Uberto Visconti.

Luchino morì a 57 anni il 24 gennaio 1349, si disse per veleno datogli dalla sua terza moglie, Isabella Fieschi. Oltre ad alcuni figli naturali, gli sopravvisse un figlio di Isabella, Luchino Novello, che fu dichiarato non suo e spodestato. Le prime due mogli erano state Violante di Saluzzo, e Caterina Spinola. Nel 1347 egli aveva allontanato da Milano, come sospetti, i tre nipoti, probabilmente per assicurare il trono ai figli.

Bibl.: V. bibl. generale alla voce visconti.