INGENHEIM, Luciano von

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 62 (2004)

INGENHEIM, Luciano von (pseudonimo: Luciano Zuccoli)

Patrizia Bartoli Amici

Nacque a Calprino, nel Canton Ticino, il 5 dic. 1868, in una famiglia aristocratica di origine tedesca (questi i soli dati noti desunti dall'autobiografia). Ultimati gli studi classici a Milano, dove viveva con la madre e le due sorelle, si arruolò nell'esercito come ufficiale di cavalleria.

La vita militare, che si protrasse per alcuni anni, fu per l'I. fondamentale e rafforzò un patriottismo sincero che divenne il Leitmotiv del suo credo politico.

Al termine di questa esperienza rientrò a Milano, dove condusse vita brillante, ben introdotto sia negli ambienti mondani, sia in quelli intellettuali.

La sua giovinezza è un topos che sembra tratto da uno fra i tanti romanzi d'appendice dell'epoca. Egli stesso, nella già citata autobiografia Luciano Zuccoli raccontato da Luciano Zuccoli (Milano 1924), si descrive con una punta d'ironia: "riottoso, prepotente, bevitore, giocatore e libertino, beffardo e cinico" (p. 20); né manca l'esperienza dell'assenzio e della morfina, che faceva parte del "corredo" dell'eroe decadente in voga all'epoca. Tuttavia, reali interessi culturali finirono con l'indirizzarlo diversamente; prese a frequentare i luoghi d'incontro degli intellettuali milanesi, come il Savini, e divenne amico di G. Rovetta, E. Butti, M. Praga e di altri importanti esponenti dell'intellighenzia lombarda.

In tale ambiente l'I. tentò inizialmente la via del teatro, come dimostrano numerosi articoli apparsi nel Marzocco, a cui collaborò in qualità di critico letterario dal 1896 al 1905. Ma in seguito al clamoroso insuccesso della sua opera prima come drammaturgo, L'uragano, dramma in un atto rappresentato nel 1893, abbandonò questa strada per dedicarsi esclusivamente alla narrativa. Nello stesso anno era stato pubblicato il suo primo romanzo, I lussuriosi (Milano), cui seguirono Il designato (ibid. 1894) e Roberta (ibid. 1897).

In questi primi lavori si respira un'atmosfera tipicamente dannunziana: lo stesso I. riconosceva la portata dell'influenza di G. D'Annunzio sulla cultura e sul costume del tempo, ma in ambito strettamente letterario cercò di discostarsi da tale modello in favore di uno stile più asciutto e di scelte tematiche più aderenti alla realtà. Con ciò l'I. intendeva ricollegarsi al tardo romanticismo lombardo che contava, tra i suoi esponenti, A. Boito, A. Fogazzaro, Rovetta, E. De Marchi, G. Giacosa; tuttavia, nonostante le affermazioni programmatiche nei Lussuriosi e nelle prove successive di questo primo periodo, temi e personaggi riportano indubitabilmente al mondo dell'Andrea Sperelli del Piacere.

Contemporaneamente all'attività di narratore l'I. si cimentò con successo anche nel giornalismo. Oltre alla collaborazione con il Marzocco curò la rubrica "Uomini e cose della vita italiana" per La Rassegna internazionale; quindi, nel 1898, fondò a Modena un foglio di indirizzo conservatore, La Provincia di Modena, che diresse per due anni. Nel maggio 1898, in occasione della repressione delle manifestazioni popolari di Milano, si schierò apertamente a favore del generale F. Bava Beccaris.

In questi anni, in appendice a La Tribuna, pubblicò Il maleficio occulto (1901; poi in volume, Palermo 1902) e, in appendice alla Rassegna internazionale, Ufficiali, sottufficiali, caporali e soldati (1902; in volume, Torino-Roma 1904).

Nel 1903 venne chiamato a dirigere Il Giornale di Venezia che, nel 1906, si fuse con La Gazzetta di Venezia, di cui l'I. fu direttore fino al 1912.

Dalle pagine del giornale veneziano, l'I. condusse accese campagne contro i liberali moderati, giudicati fautori di una politica molle e arrendevole. D'idee più reazionarie che conservatrici, fu programmaticamente ostile ai governi di indirizzo democratico, definendo G. Giolitti "uomo senza anima, politico senza ideali" (Il Giornale di Venezia, 16 marzo 1903). Nel 1911, in occasione della spedizione italiana in Libia, reagì alla presa di posizione anticolonialista dell'Avanti!, diretto allora dall'ebreo Claudio Treves, con veementi attacchi caratterizzati da un antisemitismo che sollevò notevole scalpore. In seguito riconobbe che in tale circostanza la sua condotta non era stata propriamente corretta e volle giustificarla dicendola dettata non da razzismo ma dalla passione politica.

Dopo la raccolta di novelle La compagnia della Leggera (Milano 1907), e i romanzi L'amore di Loredana (ibid. 1908) e Donne e fanciulle (ibid. 1911), seguì un catalogo fitto di titoli che ottennero quasi sempre un notevole successo di pubblico. L'I. collaborò anche assiduamente al Corriere della sera con racconti, note di cronaca e, nel 1913, con il romanzo d'appendice L'occhio del fanciullo (in volume, ibid. 1914). Nello stesso anno pubblicò sempre a puntate ne La Lettura uno dei suoi romanzi più fortunati, La freccia nel fianco (in volume, ibid. 1913).

In queste prove narrative, come già in Farfui (ibid. 1909), l'I. affronta uno dei temi a lui più cari: l'infanzia, colta con fine anche se "morbido" disegno psicologico nel suo stupore di fronte ai grandi misteri della vita. I primi e indistinti turbamenti sessuali di Brunello, il piccolo protagonista della Freccia nel fianco - romanzo in cui viene adombrata l'infanzia dell'autore -, permeano tutta la prima parte del libro e segnano per sempre il destino del protagonista, indissolubilmente legato alla fanciulla con cui da bambino aveva vissuto un ambiguo rapporto. Il genuino interesse dell'I. nei confronti del mondo infantile è ulteriormente testimoniato dall'esordio nella vera e propria narrativa per ragazzi con I piaceri e i dispiaceri di Trottapiano (ibid. 1914) e Il segreto per essere felici (Firenze 1922).

Oltre al grande consenso di pubblico, che fece dell'I. uno degli scrittori più seguiti del primo Novecento, anche la critica letteraria contemporanea si mostrò quasi sempre benevola nei suoi confronti.

L. Capuana, recensendo il romanzo Il maleficio occulto, osservava: "Non posso trattenermi di rallegrarmi con lei del suo accostarsi alla realtà e di vedergli adoperare quella efficacissima semplicità di forma che è fra le più grandi difficoltà da superare, specialmente in Italia al tempo d'oggi" (in Nuova Antologia, 1° maggio 1903, p. 49); L. Federzoni (G. De Frenzi) lo incluse fra i dieci Candidati all'immortalità (Bologna 1904) e ancora nel 1923 L. Russo riconosceva nell'I. un degno erede del romanticismo lombardo, apprezzandone il garbo nel tratteggiare dolci figure femminili e la sensibilità nell'affrontare i temi dell'infanzia e dell'adolescenza. Una voce dissidente, fra tanto plauso, fu quella di G. Papini, che (in Stroncature, Firenze 1916, pp. 167 ss.), dopo averlo liquidato con un incipit lapidario - "Ufficiale di cavalleria avrebbe dovuto rimanere tale per sempre" (p. 167) -, proseguiva negando ogni qualità letteraria all'I., che considerava tipico rappresentante di una facile letteratura di consumo destinata a un pubblico becero in cerca di facili emozioni.

Nel 1917 l'I. si trasferì a Roma per collaborare al quotidiano, da poco fondato da F. Naldi, Il Tempo, che abbandonò presto per divergenze politiche con il direttore. Negli anni successivi sperimentò strade diverse, a cominciare dal cinema, nel quale si cimentò dapprima come produttore - e forse anche regista - di L'antica fiamma (1917) e L'edera senza quercia (1918), quindi come sceneggiatore, adattando per lo schermo il suo romanzo L'amore di Loredana per l'omonimo film del 1919 diretto da M. Corsi.

Con il romanzo Le cose più grandi di lui (Milano 1922) l'I. affrontò ancora una volta, con vena intimista, il tema del difficile passaggio dall'infanzia alla maturità. Nel 1923 si recò in Tripolitania, al seguito di un reparto di soldati italiani, e da questa esperienza, con l'appoggio dell'amico Federzoni, allora ministro delle Colonie - cui poi il libro venne dedicato -, trasse Kif Tebbi. Romanzo africano (ibid. 1923), ambientato in Libia all'epoca dell'occupazione italiana. Dopo questa prova la parabola dell'I. subì un'inarrestabile fase di declino, in cui lo scrittore continuò a riproporre moduli narrativi scontati e, soprattutto, superati, come nel romanzo La vita elegante (ibid. 1925), di ambientazione fin de siècle, oppure nel discutibile romanzo storico Lo scandalo delle baccanti (ibid. 1928), in cui viene esaltato il mito della romanità in contrapposizione ai "depravati" culti dionisiaci di provenienza orientale. Tra il 1927 e il 1928 l'I. lasciò l'Italia trasferendosi a Parigi per curare le traduzioni delle sue opere.

L'I. morì a Parigi il 26 nov. 1929.

L'I. fu uno fra gli esponenti più significativi di quella letteratura di consumo che, nel primo ventennio del Novecento, rese l'estetismo dannunziano accessibile a un pubblico sempre più vasto. La sua produzione, insieme con quella di Guido da Verona - nonostante qualche buon momento nella descrizione di anime femminili o in ritratti di fanciulli - segna l'involuzione del feuilleton classico che perde gradatamente il suo carattere primario di romanzo popolare: gli elementi tematici del genere si spostano dai bassifondi all'alta società; l'intreccio, alle origini ricco di colpi di scena e di personaggi coloriti, diviene più schematico e ripetitivo: i protagonisti maschili, connotati da un'aura nietzscheana, sono aristocratici, chiusi in soffocanti alcove dove si consumano riti di "amore e morte", vittime predestinate delle tragiche vicende sono fanciulle cadute nel fango, oppure donne fatali pronte a passioni devastanti. Presto dimenticato dopo la morte, negli anni Settanta, nell'ambito del più generale recupero, da parte di alcuni studiosi, del romanzo d'appendice, dell'I. venne ripubblicato La divina fanciulla (Milano 1973; 1a ed., ibid. 1920) con una prefazione di A. Paolini (pp. 5-9), che ne rivaluta nel complesso le doti narrative; poco dopo dal medesimo romanzo G. Patroni Griffi trasse il film La divina creatura (1975).

Opere. Oltre a quelle citate nel testo, si ricordano ancora: La morte di Orfeo, Firenze 1898; La vita ironica, Torino 1904; Romanzi brevi. Casa Paradisi, Il giovane duca, Il valzer del guanto, Milano 1912; Primavera. Novelle, ibid. 1913; Vecchie guerre, vecchi rancori, Ostiglia 1914; Il dolore d'Italia. Scritti di vari autori raccolti da L. Zuccoli a favore degli orfani del terremoto abruzzese, Milano 1915; Novelle prima della guerra, ibid. 1915; Il piacere di sognare, Roma 1915; La volpe di Sparta, Milano 1916; Baruffa, Roma 1916; Nulla di romantico, Milano 1918; L'amore non c'è più, ibid. 1918; Per la sua bocca, ibid. 1918; Fortunato in amore, Roma 1919; I Drusba, Milano 1921; L'oro e la donna. Pagine di vita, ibid. 1921; Perché ho lasciata Zina Scerkow. Romanzi brevi, ibid. 1921; La straniera in casa, ibid. 1925; Il peccato e le tentazioni, ibid. 1926; I ragazzi se ne vanno. Romanzi brevi, ibid. 1927; Parisiana. Aspetti e retroscena di Parigi, ibid. 1930 (postumo).

Fonti e Bibl.: G.A. Borgese, La vita e il libro, Milano-Roma 1911, II, pp. 476 s.; P. Arcari, L. Zuccoli, in Nuova Antologia, 16 marzo 1912, pp. 206-220; M. Muret, L. Zuccoli, Milano 1913; R. Serra, Lettere, Roma 1914, pp. 107-111; L. Russo, I narratori, Roma 1923, pp. 270-275; M. Bontempelli, L. Zuccoli in cerca di una barba. Un disegno di A. Camerini. Un profilo di Adone Nosari. Un articolo di A. Baldini, in Id., La donna del nadirCronache della quindicina, Roma 1924; L. D'Ambra [R.E. Manganella], Trent'anni di vita letteraria, Milano 1928, I, pp. 217-226; T.G. Bergin, L. Zuccoli. Ritratto umbertino, Roma 1940; O. Vergani, Zuccoli raccontava come in un salotto, in Corriere della sera, 27 nov. 1954; A. Galletti, Il Novecento, Milano 1954, pp. 370 s.; G. Petronio, L. Zuccoli, in G. Petronio - L. Martinelli, Novecento letterario, Palermo 1964, pp. 363 s.; S. Lambiase, L'alcova liberty, in Es, ottobre 1974 - gennaio 1975, n. 2, pp. 73-86; N. Giannetto, L. Zuccoli: un beniamino del primo Novecento italiano, in Dame, droga e galline. Romanzo popolare e romanzo di consumo fra '800 e '900, a cura di A. Arslan Veronese, Padova 1977, pp. 251-267; Id., "La divina fanciulla". Schemi, idee, strutture formato "appendice", ibid., pp. 269-283; Guido da Verona e la letteratura di consumo fra Ottocento e Novecento, in Diz. critico della letteratura italiana, Torino 1986, II, pp. 99-104; A. Brusolin, I protagonisti, in Dame, droga e galline. Romanzo popolare e romanzo di consumo fra '800 e '900, a cura di A. Arslan, Milano 1986, pp. 213-226; N. Giannetto, La costruzione del romanzo e il livello tematico, ibid., pp. 203-212; L. Palma, Un difficile rapporto con la letterarietà: la narrativa di L. Zuccoli attraverso il Novecento, in Esperienze letterarie, 1990, n. 2, pp. 97-106; Zuccoli, L., in Diz. della letteratura italiana del Novecento, Torino 1992, p. 595; G. Luti, Il Novecento, in Storia letteraria d'Italia, Padova 1993, pp. 1011-1018; P. Orvieto, Il romanzo erotico-trasgressivo tra le due guerre: il primo decennio (1919-1929). Guido da Verona, L. Zuccoli, Pitigrilli (e altri), in Studi italiani, 1996, n. 2, pp. 43-83; F. Catenazzi, L. Zuccoli e i romanzieri di successo di inizio '900 in Italia. Nota introduttiva, in L. Zuccoli. Atti della Giornata di studio, Locarno… 1997, in Cenobio, 1998, n. 2, pp. 107 ss.; A. Dolfi, Su un'edizione de "I lussuriosi" di Zuccoli, ibid., pp. 110-114; V. Coletti, Appunti sulla lingua de "I lussuriosi" di Zuccoli, ibid., pp. 115-121.

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