BORGIA, Lucrezia

Enciclopedia Italiana (1930)

BORGIA, Lucrezia

Albano Sorbelli

BORGIA, Lucrezia - È una delle figure femminili più avventurose e più discusse del Rinascimento italiano; intorno alla quale, come a poche altre, si sono appuntati gli sguardi di narratori e di studiosi, di ammiratori e di avversarî. Nacque in Roma il 18 aprile 1480 da Rodrigo B. e da Vannozza (vezzeggiativo di Giovannozza) Catanei, già moglie di Giorgio della Croce nobile milanese, poi dal 1486 di Carlo Canale mantovano, donna di meravigliosa bellezza. Ultima dei cinque figli di Rodrigo Borgia, a dodici anni Lucrezia era stata promessa allo spagnuolo don Gaspare conte d'Aversa, figlio del cavaliere don Juan Francisco di Procida; ma poi il padre, assunto al pontificato, la destinò a Giovanni Sforza conte di Cotignola e vicario della Chiesa per Pesaro. Il matrimonio con lo Sforza fu celebrato in Vaticano il 12 giugno del 1492 con straordinaria solennità. Felicissimi parvero a tutti i primi mesi del matrimonio, e posata e serena la vita della giovanissima sposa in Pesaro; ma poi si svegliò in lei il desiderio acuto di tornare a Roma, sia per l'allettamento d'una più gioiosa vita, sia per secondare i disegni che su di essa facevano - varî e numerosi, di tempo in tempo diversi - il padre e il fratello Cesare, a seconda dei miraggi politici che via via si presentavano. A un certo punto i disegni si erano rivolti verso Napoli; e però il papa, fatto annullare il matrimonio con lo Sforza per motivi assai discutibili, poté dare la figliuola ad Alfonso d'Aragona, duca di Bisceglie, giovane di 17 anni, figlio naturale di Alfonso II d'Aragona. In tale modo il papa e il Valentino si amicavano con Napoli e con la Spagna. Il matrimonio ebbe infatti luogo il 21 luglio 1498 con fastoso rituale. Sennonché, poco dopo questo evento, Cesare Borgia si alleò coi Francesi; e Alfonso fuggì da Roma, lasciando la moglie incinta. Per confortarla, forse, e anche per allontanare lei pure da Roma, Alessando VI la nominò governatrice di Spoleto e di Foligno (8 agosto 1499) e di Nepi (7 ottobre). Poco dopo, tuttavia, ella ritornava col marito in Roma; e il 1° novembre dava alla luce Rodrigo, il futuro duca di Sermoneta. Ma Cesare intendeva dimostrare di non avere e di non volere più alcun rapporto con gli Aragonesi nemici dei francesi; per ciò ordì un attentato contro il cognato, facendolo assalire nel luglio del 1500 dinanzi alla Porta di S. Pietro in Roma da una masnada di assassini; ma non essendo morto dalle gravi ferite, la sera del 18 agosto di quello stesso anno lo fece strangolare nel suo proprio letto. Lucrezia si ritirò a piangere, essa diceva, la sua sorte sventurata nel castello di Nepi; ma il lutto fu breve e il dolore dovette essere tollerabile, se tornò dopo poco a fare bella mostra di sé nelle famigerate feste di Roma, dalle quali la bella donna non trasse certo fama di virtuosa.

Intanto, nel 1501, Alessandro VI stava preparando a Lucrezia un altro collocamento e faceva senz'altro spargere la voce che sarebbe andata sposa ad Alfonso d'Este, figlio primogenito del duca di Ferrara. Da prima il duca fu ostile a tale matrimonio, anche perché alla donna era avverso lo stesso Alfonso, per la non buona fama che in Roma e in tutta Italia essa godeva, e per i delitti che avevano accompagnato i suoi precedenti matrimonî; ma in breve il papa la vinse, facendo notare al duca di Ferrara i vantaggi di tale unione, che assicurava vieppiù agli Estensi il dominio di Ferrara, e dall'altra i danni d'un rifiuto, che avrebbe portato la inimicizia del papa, del Valentino e forse anche della Francia. Poste le cose su questo piano, non rimaneva alcuna libertà per la scelta. Il matrimonio si celebrò in Vaticano per procura il 30 dicembre del 1501, con grandi feste, il 6 gennaio 1502 Lucrezia partiva con numeroso e gaio seguito alla volta di Ferrara, accompagnata sino a Porta del Popolo dai cardinali tutti, dai magistrati, dagli ambasciatori.

Il viaggio della giovine sposa apparve come un trionfo, quale si conveniva alla figlia del papa e alla consorte d'uno dei signori più celebrati d'Italia. L'ingresso in Ferrara avvenne il 2 febbraio con tutta la pompa di cui era capace la magnifica corte estense. Lucrezia procedeva lentamente tra la folla immensa plaudente, sotto un baldacchino di porpora che reggevano, alternandosi, i dottori dello Studio di Ferrara, apparendo più che cosa reale una visione di suprema bellezza!

Grande fu l'impressione prodotta in ognuno da questa donna che sapeva unire, con tanto senso di gusto e di opportunità, le qualità fatte a posta per renderla cara a tutti. Ella ammaliava per la sua bellezza, per il lusso sgargiante ma sempre indovinato, per la voce, il gesto, l'amabilità. Il vecchio duca ne fu tosto conquiso; lo sposo innamorato. Lucrezia intuisce tosto la condizione della Corte estense e la tradizione di cultura che essa ha, e sa intonarvisi meravigliosamente, trattando con arte i cortigiani, i poeti, gli artisti, i cittadini. La sua vita è irreprensibile; e se può dimostrare una simpatia per il Bembo e per qualche altro insigne uomo, tutto è contenuto entro il galante limite tradizionale dei rapporti di corte, sicché essa fu, più che rispettata, venerata dal marito che nel 1505 salì al trono, e dai numerosi componenti la famiglia estense. Ebbe la grande saggezza di non occuparsi mai di cose politiche, anche se toccassero da vicino la sua famiglia, limitandosi alle manifestazioni di amore per i suoi, di dolore per le loro sventure e per la morte che coglie presto il padre e il fratello. Trova allora conforto nella religione, ritirandosi in qualche monastero a piangere e a pregare; poi ritorna alla gioia, al lusso, allo sfolgorio nelle feste e cerimonie della corte. E riceve da poeti e scrittori le frequenti ed entusiastiche testimonianze di devozione e di ammirazione, per le sue virtù, per la sua bontà, per la sua onestà e bellezza: lodi che dovevano, pur tra l'amplificazione per la sovrana, avere un sicuro fondo di verità. Tra coloro che la celebrano sono il Bembo, lo Strozzi, Lodovico Ariosto, Mario Equicola, il Trissino, il Caviceo e infiniti altri. D'un solo caso d'amore è rimasto il ricordo, caso che rappresenta più che altro un personale ripicco sulla rivale Isabella Gonzaga: quello di aver attirato a sé Francesco Gonzaga, col quale i suoi rapporti non uscirono mai da un discreto riserbo.

Il 1512, in seguito ad una serie di sventure riguardanti e lei e la casa ferrarese, segnò l'inizio di una nuova vita tutta di raccoglimento. Lucrezia non si allontana più dalla città, non si fa più notare in pubblico ricca di gemme, sorridente col suo splendido corteggio; frequenta le chiese e assiste a funzioni religiose; entra essa stessa in convento e vi sta per lungo tempo, e in una lettera dei suoi ultimi anni inviata al marchese Gonzaga lo invitava a darsi a Dio, come essa stessa aveva fatto, per ottenere da lui il perdono "per li peccati de questa nostra etade". Lucrezia moriva d'un aborto il 24 giugno del 1519 a soli 39 anni, ma già invecchiata e coi segni nel viso del dolore, in quel castello di Belriguardo che nel corso di 17 anni si era così festosamente ornato per accoglierla giovine e fiorente sposa.

Bibl.: C. Zucchetti, Lucrezia Borgia, Mantova 1860; G. Campori, Una vittima della storia, in Nuova Antologia, 31 agosto 1866; F. Gregorovius, Lucrezia Borgia, Firenze 1874 (trad. Mariano; cfr. la 7ª ed., Stoccarda 1925); A. Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, Milano 1915; M. Catalano, Lucrezia Borgia, Ferrara s. a.; N. Grimaldi, Reggio, Lucrezia Borgia e un romanzo d'amore della duchessa di Ferrara, Reggio Emilia 1926.

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