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QUINZANI, Lucrezio

di Rodobaldo Tibaldi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)
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QUINZANI, Lucrezio

Rodobaldo Tibaldi

QUINZANI (Quinziani, Quintiani), Lucrezio. – Non si conoscono le date di nascita e di morte di questo monaco cistercense e compositore di origine cremonese, vissuto nella seconda metà del XVI secolo.

Le scarse notizie sulla sua vita sono ricavabili esclusivamente dai frontespizi delle opere musicali che pubblicò tra il 1588 e il 1599 e dalle annotazioni fatte dallo storiografo e poligrafo cremonese Giuseppe Bresciani (1589-1670). Il primo libro de madrigali a cinque voci (Venezia, Ricciardo Amadino, 1588) contiene i primi frutti del suo ingegno musicale, come si legge nella dedica al duca di Savoia («questi pochi Madrigali miei primi»), e si fregia di un componimento poetico in onore dell’autore stilato da Giuliano Goselini, che era deceduto l’anno prima. Si può quindi porre come ragionevole data limite per la nascita l’inizio degli anni Sessanta. Quanto all’origine cremonese, essa è indicata sul frontespizio delle Vaghe canzonette a tre voci pubblicate l’anno dopo («Lucretio Quintiani cremonese»; Venezia, Angelo Gardano).

Queste due raccolte si inseriscono nel fervore di pubblicazioni di madrigali e canzonette che caratterizzarono la vita musicale cremonese a partire dagli anni Settanta del secolo, soprattutto grazie all’impulso di Marc’Antonio Ingegneri; gli evidenti rapporti con il primo libro di madrigali di Claudio Monteverdi e l’impiego di particolari tecniche compositive hanno fatto ipotizzare che anche Quinzani avesse potuto beneficiare, direttamente o indirettamente, del magistero di Ingegneri (Delfino, 1995, p. 45).

Nel libro di madrigali spiccano ben quattro testi di Iacopo Sannazaro, uno dei quali tratto dall’Arcadia, e un sonetto spirituale di Chiara Matraini, accanto a sonetti e madrigali di autori presenti in fortunate sillogi coeve quali Filippo Alberti, Fabio Ottinelli, Alberto Parma. La stampa è pervenuta incompleta, ma tutti i madrigali vennero copiati in partitura nel cosiddetto manoscritto Tregian (British Library, Egerton 3665); tre composizioni erano peraltro state accolte nel secondo volume della fortunata Musica transalpina edita da Thomas Yonge nel 1597 (Londra, Thomas Este), con traduzione inglese dei testi (i tre brani sono editi in Gialdroni, 1982).

L’appartenenza all’Ordine cistercense è testimoniata dal frontespizio degli Psalmi ad chorum accomodati a cinque voci, editi nel 1589 da Angelo Gardano («D. Lucretii Quintiani cremonensis monaci cisterciensis…»); non sappiamo da quanto tempo Quinzani fosse monaco, non essendo indicativa la mancanza della qualifica di religioso in stampe di musica profana. A partire da quell’anno pubblicò soltanto musiche da chiesa, per lo più dedicandole ad alte personalità dell’Ordine: esse potrebbero forse indicare alcuni soggiorni fuori Cremona, anche se termini quali alumnus o servus sono consueti e abbastanza generici. Così i suddetti salmi del 1589 sono dedicati a Gregorio Oscasali, monaco cistercense e rettore della chiesa abbaziale di Chiaravalle della Colomba (Alseno, Piacenza); i Cantica Deiparae Virginis (Magnificat) a otto e dodici voci del 1591 (Venezia, Angelo Gardano) all’abate Gervasio de Aldis; gli Psalmi vespertini a otto voci del 1596 (Venezia, Ricciardo Amadino) a Claudio Gilberto, priore dell’abbazia di Chiaravalle (Milano). Un soggiorno nel Milanese pare suggerito anche dalla presenza del salmo Credidi nella collettanea Psalmodia vespertina integra omnium solemnitatum a cinque voci, edita a Milano dagli eredi di Francesco e Simon Tini in quello stesso 1596.

Al 1598 risale l’unico dato certo: sul frontespizio delle Missae tres ac quinque divinae laudes a otto voci (Milano, eredi Tini Giovanni Francesco Besozzi) compare la qualifica di responsabile della musica in S. Ambrogio a Milano («in ecclesia Divi Ambrosij maioris Mediol. musices præfecti»). Tale incarico non compare più nell’intitolazione della successiva e ultima opera nota, la Musica […] in introitus missarum a quattro voci su canto fermo rivolta alle solennità del Santorale (Milano, erede di Simon Tini e Francesco Besozzi, 1599); in quest’anno Quinzani si trovava presumibilmente nell’abbazia di Cerreto presso Lodi, come si può dedurre dalla dedica a Gabriele Massarola, monaco cistercense e rettore della chiesa di S. Maria in Cerreto, annessa al monastero dei Ss. Pietro e Paolo («D. Lucretius eiusdem instituti alumnus», e alla fine «nobis, Monasterio nostro, ac Ordini universo sospitem & incolumen servet»).

L’opera, all’epoca particolarmente apprezzata per la sua qualità (Bresciani; cfr. Pontiroli, 1961-1964, pp. 159, 188, 190), venne ristampata a Francoforte nel 1611 da Nikolaus Stein; l’edizione, perduta, è registrata in Georg Draud, Bibliotheca classica, sive Catalogus officinalis (II, Francoforte 1605, p. 1635). Questi introiti rappresentano l’ultima attestazione di Quinzani a noi nota.

A detta di Bresciani il compositore dovette morire piuttosto giovane: «molto s’affaticò nel componere percioché per la grande assiduità dello studio si acquistò un’infirmità che nel più bel fiore di sua gioventù vi lasciò la vita» (Pontiroli, 1961-1964, p. 162 doc. 34). Contrastante con questa testimonianza di poco posteriore è quanto riporta, assai più tardi, Francesco Arisi: «in solitudine sui Monasterii S. Magdalenae Cavae nuncupati […] diu vixit & scripsit opera musicalia» (1705, p. 455).

Non sappiamo da dove provenisse il riferimento al monastero cistercense di S. Maddalena a Cavatigozzi, alle porte di Cremona; manca nei vari scritti di Bresciani, come anche nel breve elogio del compositore presente nella Omnia Cremonae summa oratio di Ansaldo Cotta (1653). Del pari è il solo Arisi a menzionare la bellezza della voce di Quinzani; forse sono echi di una tradizione locale, più probabilmente una pura invenzione letteraria.

Non sono noti legami di parentela con il compositore piacentino Giulio Cesare Quinziani, che nella sua unica opera musicale pervenuta, l’Himeneo ingemmato a cinque-otto voci (Venezia, Giacomo Vincenti, 1600), scritto per le nozze di Ranuccio I Farnese con Margherita Aldobrandini, si dichiara maestro di cappella nel duomo di Piacenza (cfr. The new Grove dictionary of music and musicians, XX, 2001, pp. 680 s.).

Fonti e Bibl.: A. Cotta, Omnia Cremonae summa oratio, Cremona 1653, p. 4; F. Arisi, Cremona literata, Parma 1705, p. 455; R. Monterosso, I musicisti cremonesi, in Mostra bibliografica dei musicisti cremonesi. Catalogo storico-critico degli autori e catalogo bibliografico, a cura di R. Monte-rosso, in Annali della Biblioteca governativa e libreria civica di Cremona, II (1949), p. 21; G. Pontiroli, Notizie di musicisti cremonesi dei secoli XVI e XVII, in Bollettino storico cremonese, 1961-1964, vol. 22, ad ind.; G. Gialdroni, I madrigali di L. Q. in “Musica Transalpina”, in Nuova Rivista musicale italiana, XVI (1982), pp. 419-455; A. Delfino, Ingegneri didatta. Ipotesi per una ricerca, in Marc’Antonio Ingegneri e la musica a Cremona nel secondo Cinquecento, a cura di M.T. Rosa Barezzani - A. Delfino, Lucca 1995, pp. 25-45; G. Sommi Picenardi, Dizionario biografico dei musicisti e fabbricatori di strumenti musicali cremonesi, ed. annotata da C. Zambelloni, Turnhout 1997, p. 240; The new Grove dictionary of music and musicians, XX, London-New York 2001, p. 681; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIII, Kassel 2005, col. 1136; R. Tibaldi, Dal Quattrocento alla fine del Seicento, in MusiCremona. Itinerari nella storia della musica di Cremona, a cura di R. Barbierato - R. Tibaldi, Pisa 2013, pp. 110, 125.

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