BREME, Ludovico Arborio Gattinara dei marchesi di

Enciclopedia Italiana (1930)

BREME, Ludovico Arborio Gattinara dei marchesi di

Carlo Calcaterra

Nacque a Torino nel 1780 dal marchese Lodovico Giuseppe e seguì col padre le fortune napoleoniche. Allievo di Tommaso Valperga di Caluso, ebbe dapprima l'incarico dell'istruzione religiosa nel liceo imperiale di Torino, poi fu elemosiniere del viceré Eugenio Beauharnais di Milano, governatore della casa dei paggi della corte, consigliere di stato nel primo regno d'Italia, cavaliere della Corona di ferro. Caduto Napoleone, rimase a Milano, inviso agli Austriaci, ma da essi rispettato, e si volse tutto alle lettere. Fu il vero ideatorc del primo periodico romantico italiano, che da principio egli avrebbe voluto intitolare Il Bersagliere, ma poi fece dagli amici suoi intitolare Il Conciliatore, memore di alcune giuste considerazioni del Caluso intorno agli aspetti che avrebbe finito con l'assumere in Italia la lotta tra classici e romantici. In politica fu un ardente liberale, e, come nell'ora della maggior potenza napoleonica non aveva esitato a esprimere all'amico suo Giuseppe Prina e ad altri critiche e dissensi, così, caduto Napoleone, a viso aperto si oppose a coloro che ingiuriavano il prigioniero di Sant'Elena, e tra il 1815 e il 1820 fu tra i più fieri avversarî del patriottismo ipocrita, del pedantismo accademico, del malcostume letterario, che egli designò come "la triplice alleanza" della restaurazione in Italia. In filosofia si oppose all'ideologia sensistica e al razionalismo. Nelle lettere considerò il romanticismo come liberazione dell'anima dai vincoli delle vecchie forme e come impulso creativo. In politica considerò come condizione fondamentale del risorgimento nazionale la restaurazione della vita spirituale in armonica unità, e come forza indispensabile alla redenzione l'energia morale.

Per l'ingegno, la cultura, il fervore, i primi romantici nostri l'ebbero carissimo, e il Pellico, ritornando a Torino dalla prigionia, quando già il Di Breme era morto da un decennio, dichiarò che da lui gli era in parte venuta la fortezza morale, per cui aveva potuto sostenere il patimento. Il Byron, lo Stendhal, A. G. Schlegel, Mad. de Staël e G. C. Hobhouse lasciarono ricordo di lui come di una delle figure più caratteristiche e più vive che si potessero vedere a Milano tra il 1815 e il 1820. Il giovine Gioberti prese le mosse da lui in alcune delle prime sue critiche letterarie. Il B. non si può dire uno scrittore elegante, e in fondo bisogna riconoscere che l'azione spirituale dell'uomo fu superiore a quella dello scrittore. Ma per la vivacità del suo spirito e per il presentimento che egli ebbe del Risorgimento vicino, è giustamente considerato un polemista d'avanguardia. Morì a Torino il 15 agosto 1820.

I suoi scritti principali sono: Degli studi e delle virtù di Tommaso Valperga di Caluso, Milano 1815; Intorno all'ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani, Milano 1816; Grand Commentaire sur un petit article par un vivant remarquable sans le savoir, Ginevra e Parigi 1817; Il Giaurro, frammento di novella turca scritto da lord Byron e recato dall'inglese in versi italiani da Pellegrino Rossi, Milano 1818; Postille sull'appendice ai Cenni critici sulla poesia romantica di C.G. Londonio, Milano 1818. Suo è inoltre un buon numero di articoli del Conciliatore.

Bibl.: C. Cantù, Il Conciliatore e i Carbonari, Milano 1878; G. Muoni, Lodovico di Breme e le prime polemiche intorno a Mad. di Staël e al Romanticismo in Italia, Milano 1902; C. Calcaterra, Lodovico di Breme, introduzione alle Polemiche, Torino 1923; C. De Courten, Milano romantica e la Francia della restaurazione (1815-1830), Milano 1925; F. Picco, Lodovico di Breme, in La Cultura, 1924; P. Negri, Romanticismo piemontese, ibidem, 1925.

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