LUDOVICO III, re di Provenza, re d'Italia, imperatore. - Nacque probabilmente ad Autun poco dopo l'882; era figlio del duca di Borgogna Bosone (cognato del re Carlo il Calvo), proclamatosi re di Provenza nell'879, e di Ermengarda, figlia dell'imperatore Ludovico II.
Nell'887 Ermengarda riuscì ad avvicinare L. a Carlo il Grosso, il quale lo riconobbe figlio adottivo. Di certo l'intenzione di Carlo il Grosso rispetto all'Impero era di indicare come suo successore un figlio naturale e l'adozione era stata concessa a L. solo per tutelarne le ambizioni di ricostituire il Regno paterno: tuttavia, i fautori di L. probabilmente vi vollero vedere una designazione per la corona imperiale.
Un primo passo nella crescita del potere di L. oltre i confini di azione della sua famiglia si ebbe nell'890, quando lui ed Ermengarda giunsero a un accordo con Arnolfo, allora in competizione con Guido, futuro duca di Spoleto, per la corona italica e imperiale, riguardo alle terre transalpine dove Guido stesso aveva trovato alleanze e sostegno. Intorno a L. ed Ermengarda si ricostituì un Regno burgundo-provenzale. Se con tale scelta Rodolfo di Borgogna si allontanava da Arnolfo per ovvie ragioni, in tal modo diveniva impossibile che Guido avanzasse pretese in quelle terre: L. si trovava così a godere di riflesso degli sviluppi di tali equilibri, con l'ampliamento del suo territorio.
Tra l'896 e l'898 L. è attestato in diverse città della Provenza: Châteaurenard, Orange, Carpentras, Avignone. Nelle terre dell'odierna Francia meridionale, L. andava dunque consolidando il proprio ruolo e la propria potenza; ma l'esperienza tragicamente fondamentale della vita di L. si consumò nel Regno italico.
Sul finire dell'899 - Poupardin posticipa di un anno gli eventi - una nuova incursione di Ungari nella pianura Padana vedeva Berengario I impotente, rinchiuso in Pavia come in attesa del termine delle scorrerie. I grandi del Regno, allora, attribuendo a Berengario una pesante responsabilità del disastro, offrirono a L. la corona italica.
Dopo che, tra l'894 e l'896, aveva appoggiato Arnolfo e Leone VI di Costantinopoli contro Spoleto, L. puntava così a un ruolo diretto e attivo in Italia. Oltre che sul favore dell'ormai anziana Engelberga, vedova di Ludovico II, L. poteva anche contare sull'appoggio di Berta di Toscana, legata a lui da lontana parentela e interessi. Ma anche Adalberto d'Ivrea, seppure secondo la testimonianza del parziale Liutprando, fu tra i primi ad appoggiare la discesa di L., e papa Benedetto IV era d'accordo a concedergli l'incoronazione imperiale.
L. prese per Bologna e scese verso Roma, trovando solo piccole resistenze locali. L'11 ott. 900 fu incoronato re d'Italia - si tratta di un'altra fase cruciale per la quale si deve ancora ribadire che Poupardin posticipa di un anno gli eventi, sebbene oggi prevalga la datazione più alta -, come mostra il primo diploma da lui concesso in favore di Ageltrude, vedova di Guido imperatore. Ma L. puntava a Roma e all'incoronazione imperiale che era sfuggita a Berengario. Si trattava di un obiettivo avallato dalla S. Sede, che dava grande importanza a tale scelta, dopo i tentativi falliti prima nell'896, quando la malattia di Arnolfo aveva bloccato ogni progetto, e poi nell'898, per la morte di Lamberto.
L'incoronazione imperiale, stando alle argomentazioni dello Schiaparelli, sarebbe da collocare nel mese di febbraio 901, presumibilmente il 22.
Dopo due mesi, L. III lasciò Roma per Pavia, attraverso il percorso della Francigena, dunque per Siena e Lucca. In quel momento L. III controllava tutto il Regno, da Ivrea a Spoleto: a Berengario rimaneva solo la Marca del Friuli.
Il 12 maggio 902 è invece la data dell'ultimo diploma che risulti emanato da L. III durante il suo primo soggiorno in Italia; è dato da Pavia, città nella quale egli risiedé e dalla quale più di frequente emanò i suoi atti: dei 21 diplomi autentici di L. III emanati durante il primo soggiorno in Italia conservati, 12 sono da Pavia.
Dopo ventidue mesi di spedizione in Italia, a L. III rimaneva dunque un titolo di imperatore povero di significati, oltre al recondito desiderio di potere alla prima occasione venir meno agli impegni giurati per tornare alla conquista del Regno italico: e questa presto si concretizzò.
Saputo della nuova discesa di L. III, che il 4 giugno 905 aveva già ripreso Pavia, Berengario si ritirò sul Garda con il cancelliere Ambrogio e l'arcicancelliere Ardengo. Conquistata Verona, la seconda capitale del Regno e città cui Berengario teneva particolarmente, L. III ritenne di potersi dedicare tranquillamente alle vicende di un paese pacificato, con un Berengario del quale arrivavano notizie comunque relative a un momento di forte difficoltà: veniva dato per ritirato sui monti del Trentino, o in Baviera, o addirittura morto. Invece, il rivale di L. III stava raccogliendo le forze per attaccarlo, anche con l'apporto di milizie volontarie e mercenarie bavaresi. Il 21 luglio - o comunque, accogliendo altre interpretazioni, al più tardi, il 1( agosto - Berengario giunse presso Verona, dove poteva ancora contare su alcuni fedeli con i quali era in contatto e che, nottetempo, gli aprirono le porte della città. Il racconto dell'epilogo della vicenda italiana di L. III è tramandato da Liutprando e dall'anonimo autore dei Gesta Berengarii, con divergenze dovute alle distinte posizioni dei due autori rispetto alle parti in lotta. Rifugiatosi nella chiesa di S. Pietro, L. III - secondo Liutprando, Berengario era riuscito a conoscerne il nascondiglio strappandone l'ubicazione con l'inganno all'unica persona che lo conosceva - fu raggiunto e accecato, pena riservata a chi fosse venuto meno a un giuramento, mentre l'autore dei Gesta Berengarii, volendo rimarcare la clemenza del sovrano, attribuiva a un'esecuzione contraria ai suoi ordini l'applicazione di tale usanza. Al di là delle discordanze delle tradizioni, l'episodio veronese segnava il termine delle ambizioni in Italia di Ludovico III.
Il 26 ott. 905 era di nuovo in Provenza, conservando un titolo di imperatore ormai vuoto di significato. La cecità - che lo contraddistinse già nella cronaca di Flodoardo, della seconda metà del X secolo, dove viene chiamato "Ludovicus Orbus" - lo costrinse a un forzato ritiro nel palazzo di S. Andrea a Vienne, da dove non a caso furono emanati tutti i suoi diplomi, da quello appena ricordato all'ultimo, datato al 25 dic. 927.
L. III morì in Provenza tra il 25 dic. 927 e il settembre 928, secondo molti studiosi il 5 giugno 928.
La comparsa di una seconda moglie di L. III, Adelaide, in un documento del 18 genn. 915, lascia supporre che la prima, Anna, fosse defunta o che, comunque, L. III si fosse separato da lei: ipotesi, quest'ultima, che sarebbe confermata accettando l'interpretazione di alcuni (Zielinski, p. 331), secondo i quali Anna avrebbe sposato in seconde nozze, non successivamente al 915, proprio Berengario, l'antico rivale di L. III, la prima moglie del quale, Bertilla, morì in circostanze poco chiare; ma per altri, l'Anna moglie di Berengario sarebbe una figlia e non la moglie di L. III (Mor, I, p. 73). Di certo, oltre a Carlo Costantino, conte di Vienne, che L. III ebbe da Anna, è attestato un altro figlio di L. III, Rodolfo, anch'egli noto solo in base a un'unica attestazione, del 929, e che più verosimilmente nacque dal secondo matrimonio con Adelaide, forse figlia di Rodolfo I di Burgundia. È invece oggi comunemente non accolta una vecchia interpretazione che voleva L. III quale marito di una figlia di Edoardo l'Anziano, a sua volta figlio di Alfredo il Grande, re del Wessex.
La fase espansiva dell'esperienza politica di L. III si risolse dunque in un torno relativamente breve di anni senza apportare, peraltro, un contributo particolarmente significativo di innovazione nel campo dell'amministrazione che fosse in grado di risollevare le sorti del Regno italico e dell'Impero, nel quadro di crisi del sistema carolingio.
Fonti e Bibl.: Visio Karoli ex Willelmi gestis rerum Anglorum, a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, X, Hannoverae 1852, p. 458; Annales Bertiniani, a cura di G. Waitz, Ibid., Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum, V, ibid. 1883, p. 150; Regino Prumiensis, Chronicon(, a cura di F. Kurze, ibid., L, ibid. 1890, pp. 142, 146, 150; Annales Fuldenses(, a cura di F. Kurze, Ibid., VII, ibid. 1891, p. 124; Liutprandus Cremonensis, Antapodosis, a cura di J. Becker, ibid., XLI, ibid. 1891, pp. 33 s., 52 s., 56 (II, 35 s.); Gesta Berengarii imperatoris, a cura di P. de Winterfeld, Ibid., Poetae Latini Medii Aevii, IV, 1, Poetae Latini Aevi Carolini, Berolini 1899, pp. 395-397; G.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio(, XVIII, Venetiis 1773, coll. 239-242; Les Annales de Flodoard, a cura di Ph. Lauer, Paris 1905, p. 46; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXVII, Roma 1910, passim; Recueil des actes des rois de Provence (855-928), a cura di R. Poupardin, Paris 1920, pp. I, III, V s., VIII, X-XIII, XVI s., XIX-XXVII, XXX s., XXXIV-XL, XLII-XLVI, XLIX-LIV, LVI, 50-52, 54-87, 89-100, 102-124, 128; R. Poupardin, Le Royaume de Provence sous les Carolingiens (855-933?), Paris 1901, pp. 142-147, 154-159, 161, 166, 168-170, 172 s., 176 s., 179 s., 182-190, 196-198, 207-212, 226-228, 284, 314-319, 330-332; F. Gabotto, Da Berengario I ad Arduino, in Arch. stor. italiano, s. 5, 1908, t. 42, pp. 309, 315; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, III, 2, Gotha 1911, pp. 105, 179-182, 197; G. Fasoli, I re d'Italia (888-962), Firenze 1949, passim; C.G. Mor, L'età feudale, Milano 1952, I, pp. 57-59, 61 s., 68, 73, 79, 86 s., 100 s., 103, 112, 118, 124, 139, 190 s., 194; II, pp. 3 s., 94, 112, 224; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunder in Oberitalien (774-962), in Forschungen zur oberrheinischen Landesgeschichte, VIII, Freiburg i.Br. 1960, pp. 80-83, 86 s., 90, 92, 100 s., 127, 151, 183, 189, 196, 224, 259, 264-268, 288; G. Arnaldi, Berengario I, in Diz. biogr. degli Italiani, IX, Roma 1967, pp. 19, 21 s.; J.-P. Poly, La Provence et la société féodale (879-1166)(, Paris 1976, pp. 15 s., 18, 31, 33, 42, 45, 61 s., 66 s., 69, 80 s., 84, 86, 145, 162, 229, 233; V. Fumagalli, Il Regno italico, in Storia d'Italia (UTET), IV, Torino 1978, pp. 181 s., 186; H. Zielinski, Ludwig der Blinde, in Neue Deutsche Biographie, XV, Berlin 1987, pp. 331-334; O. Capitani, Storia dell'Italia medievale, Bari 1988, p. 154; C. Brühl, Deutschland-Frankreich. Die Geburt zweier Völker, Köln-Wien 1990, pp. 142, 167, 210, 252, 315, 317, 333, 339, 369-371, 373, 378, 455-457, 486, 516-518, 528; G. Tabacco, Regno, Impero e aristocrazie nell'Italia postcarolingia, in Il secolo di ferro: mito e realtà del secolo X. Atti della XXXVIII Settimana di studio del Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, ( 1990, Spoleto 1991, pp. 250, 252, 256; Lexikon des Mittelalters, V, coll. 2177 s.