COLACICCHI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

COLACICCHI, Luigi

Eleonora Simi Bonini

Nacque ad Anagni (Frosinone) il 28 marzo 1900 da Federico e Anna Vigna, da famiglia di nobili origini. Trascorsa la fanciullezza ad Anagni dove compì le elementari, in seguito frequentò l'istituto tecnico di Velletri sino alla licenza superiore. Si recò poi a Genova, dove per un biennio seguì i corsi dell'Istituto superiore di ingegneria navale, che però abbandonò ben presto non trovandoli troppo congeniali al suo temperamento: all'inizio del 1918 si era inoltre arruolato come volontario e l'anno successivo aveva partecipato con D'Annunzio alla avventurosa spedizione di Fiume, che rimase per lui una esperienza determinante.

Successivamente intraprese presso il liceo "Gasperini" di Genova gli studi di composizione musicale, anche se in realtà alla musica si era dedicato sin da bambino, tanto da essere considerato nel suo ambiente quasi un enfant prodige; al 1922 risale la sua prima prova compositiva con le musiche per il balletto La belle au bois dormant, rappresentata al teatro Nazionale di Genova con la coreografia di Rosetta Sartorio.

Tornato per breve tempo ad Anagni, il C. si stabilì in seguito a Roma, dove dal 1922 riprese seriamente gli studi di composizione con il contrappuntista C. Dobici, interrompendoli nuovamente nel 1927 circa, quando una malattia sembrò compromettere gravemente la sua salute. Trascorse in seguito, per motivi di lavoro e di salute, alcuni mesi negli Stati Uniti, dove - alla Columbia University di New York - continuò gli studi musicali sotto la guida di Seth Bingham, senza però conseguire alcun diploma musicale.

Tornato a Roma, si dedicò principalmente alla composizione polifonica e alla direzione corale con il maestro B. Somma all'Accademia di S. Cecilia e, circa nello stesso periodo, rafforzò la sua vocazione musicale anche grazie all'incontro e all'incoraggiamento del musicologo F. Torrefranca, del quale fu per qualche tempo allievo. Intrapresa l'attività di critico musicale, collaborò per lunghi anni a vari quotidiani romani (Il Popolo di Roma, 1925-40; Il Messaggero, 1940-44; Il Momento, 1945-52, ecc.) e pubblicò numerosi articoli in periodici diversi (Il Primato,Mercurio,L'Elefante,La Settimana Incom ecc.) e in riviste specializzate, italiane e straniere (Italia letteraria; La Fiera letteraria,La Rassegna musicale,Musical America,Revue musicale, ecc.); inoltre, fece parte della redazione della Enciclopedia dello Spettacolo e collaborò, insieme con altri autori, a Il Libro della musica (Firenze 1939), con un ampio studio critico dedicato e intitolato a La musica leggiera (cap. VIII, pp. 135 ss.).

Nel 1940 il C. ottenne, in base alle vigenti disposizioni governative che stabilivano che tutti i critici musicali dovevano insegnare in un conservatorio italiano, la cattedra di storia della musica presso l'Accademia nazionale di danza di Roma, dove insegnò fino al 1970.

Tra i primi in Italia ad interessarsi di etnomusicologia e studioso appassionato delle tradizioni popolari della sua terra d'origine, il C. trascrisse i canti della Ciociaria. Armato di carta e penna seguì pellegrinaggi, percorse campagne, scese in cantine interrogando il maggior numero di persone e trascrivendo tutto: il primo frutto delle sue ricerche fu un ampio studio sul Pianto delle zitelle, apparso nel dicembre 1935 sulla rivista Pan di Ugo Ojetti (III, 12, pp. 452 ss.).

Era questa una processione che avveniva ogni anno durante la Settimana santa in Ciociaria per la festa della SS. Trinità al santuario di Vallepietra sul monte Autore. Durante il pellegrinaggio venivano cantate diverse canzoni e all'alba si eseguiva il Pianto delle zitelle, una specie di sacra rappresentazione basata su di un testo risalente forse al sec. XVII. A Vallepietra erano venti le zitelle che si tramandavano oralmente, di generazione in generazione, questi canti e che rimanevano le depositarie della tradizione anche dopo essere divenute spose e madri: vestite con un abito bianco, ognuna di loro rappresentava un simbolo (le Spine, Pilato, la Maddalena, Marta, ecc.).

Con questo vasto materiale (circa quarantasei tra canti ed esempi musicali diversi) e con un'ampia relazione sul canto ciociaro, il C. partecipò al III Congresso delle arti e tradizioni popolari che si tenne al castello del Buonconsiglio di Trento nel 1936 (della sezione "musica popolare" facevano parte, oltre a F. Torrefranca, anche F. Liuzzi e A. Monti). Nello stesso anno pubblicò la comunicazione presentata al congresso, corredata di numerosi esempi musicali, per le edizioni "Il Selvaggio" (Canti popolari di Ciociaria, Roma 1936) riscuotendo notevole interesse e ammirazione presso musicologi, etnologi e critici musicali.

Come etnomusicologo in realtà, avrebbe scritto più tardi il Carpitella (p. 16), il C. apparteneva a quella generazione di mezzo "legata ai nomi di F. B. Pratella, A. Bonaccorsi, G. Nataletti..., la cui produzione oscilla tra la preoccupazione di raccogliere documenti il più possibile (sia pure con sistemi che oggi appaiono inadeguati e non privi di scorie ottocentesche) e la coscienza di doversi aggiornare, rispetto agli studi sviluppatisi fuori d'Italia, nel cui confronto quelli italiani apparivano chiaramente scarsi e poco significativi...". Lo stesso Carpitella (p. 21) riconosceva però l'importanza della raccolta I canti popolari di Ciociaria del C., il quale "nonostante sia ancora preoccupato di alcune formalizzazioni colte e di alcuni determinismi naturalistici, ha dato un contributo molto importante alla conoscenza del patrimonio etnico-musicale di una particolare area della Italia centro-meridionale. Infatti il C. ritrova le basi modali della musica etnica del Lazio meridionale, anche se insiste sulla discendenza dal canto gregoriano, considerando come elemento tipico la quarta alterata: tesi naturalmente discutibile che sopravaluta l'influenza chiesastica sulla musica etnica. Tuttavia egli individua una 'spontanea' polivocalità a due e tre voci, a riprova dell'autonomia di questo patrimonio, e che egli ha reso con delle trascrizioni validissime".

Nel 1947 tutte le musiche de Il pianto delle zitelle vennero registrate su undici dischi a 78 giri per la Discoteca di Stato: l'incisione, aseguito del deterioramento dei dischi, venne poi rifatta e curata dallo stesso C. nel 1949 con i mezzi tecnici della Radiotelevisione italiana e con la collaborazione del maestro G. Nataletti. Con quest'ultimo il C. curò anche alcune raccolte di canti ciociari e del Lazio per il Centro nazionale studi di musica popolare (C.N.S.M.P.), creato nel 1948 sotto il patrocinio dell'Accademia nazionale di S. Cecilia e della R.A.I., e precisamente: la raccolta 5 del 1949 (cfr. il Catalogo sommario..., p. 53), comprendente nove canti originari di Vallepietra (Il pianto delle zitelle,Stornelli,Stornelli 'a saltaregliu',Sento il fischio del vapor..., Sei bella nel tempio..., Il cacciator del bosco..., La fija de Cuncettella era gelosa,Amore amore dammi un fazzolettino), e la raccolta 12 del 1950 che comprende trenta canti originari di Villa Latina, di Atina, di Anagni, Ceprano, Roccasecca e Pontecorvo (cfr. Catalogo sommario..., p. 54).

Nel 1939il C. ed E. Cecchi, direttore di produzione della Cines (per il quale il C. scrisse le colonne sonore di diversi film: Paradiso, 1932; Ragazzo, 1933; Animali pazzi, 1939; Un mare di guai, 1940, ecc.), pensarono di utilizzare le musiche ed il soggetto de Il pianto delle zitelle per un documentario di G. Pozzi Bellini dal titolo omonimo: documentario che, per l'innegabile importanza nel campo degli studi etnomusicologici, ricevette nello stesso anno a Venezia un premio dal capo del governo.

L'idea di quella che sarebbe diventata la principale ragione di vita per il C., il coro, nacque a Venezia nell'estate del 1947 durante un incontro con G. Petrassi, C. Belli, Paola Zingone ed Adriana Panni, con i quali venne deciso di costituirne uno al loro rientro nella capitale.

Nel 1948 infatti cominciò l'attività del Coro dell'Accademia filarmonica romana, complesso formato in gran parte da dilettanti, alla preparazione del quale il C. (che già durante la guerra aveva fatto qualche esperienza in questo campo, fondando un piccolo coro di militari dell'esercito) avrebbe dedicato moltissimo del suo tempo, con una meticolosità e precisione rimasta proverbiale presso tutti coloro che furono suoi coristi. Il livello artistico raggiunto in breve tempo fu tale che già nel 1950 il coro diretto dal C. fu in grado di partecipare al concorso polifonico internazionale di Llanglollen nel Galles dove, grazie alla magistrale esecuzione dei brani d'obbligo (il difficilissimo Dona nobis pacem dalla Messa in si min. di Bach e il madrigale di L. Marenzio Dissi all'amata mia), vinse il primo premio. A questa prima esperienza si aggiunsero in seguito concerti e tournées in tutto il mondo (nel maggio 1964 fu il primo coro cattolico romano a cantare nell'anglicana abbazia di Westminster di Londra), durante i quali riscosse sempre grande successo, esibendosi in un repertorio che andava dai monumenti della polifonia cinquecentesca a dimenticate composizioni dello splendido Settecento musicale italiano (ad esempio, la Iuditha triumphans di Vivaldi), fino a musiche di autori contemporanei come Strawinskj, Poulenc, Britten, Hindemith, Petrassi, Dallapiccola ecc.

Maturata la volontà, dopo la partecipazione al concorso di Llanglollen, di promuovere ulteriormente la diffusione della musica polifonica in Italia il C., grazie all'aiuto dell'associazione Amici della musica di Arezzo, fondò in questa città nel 1952 il concorso polifonico Guido d'Arezzo, del quale fu per lunghi anni appassionato e validissimo direttore artistico; successivamente fu l'ideatore e il fondatore del concorso internazionale di composizione polifonica che, dal 1974, si svolge ogni anno nella stessa città toscana.

Nel 1968, quando ci si apprestava a festeggiare il ventennale della sua attività, il coro dell'Accademia filarmonica venne sciolto d'autorità "per cause rimaste ancora inspiegabili e - caso anch'esso ben singolare - di ciò fu addossata responsabilità a chi, viceversa, lo aveva sempre strenuamente sostenuto" (C. Belli, p. 406). Grande fu l'amarezza del C. il quale tuttavia, aiutato da coristi e amici fedeli, riuscì a costituire un nuovo Coro da camera di Roma che non ebbe però lunga vita: con questo complesso nel 1969 il C. registrò un disco (I canti popolari di Ciociaria), pubblicato a cura dell'Ente provinciale del turismo di Frosinone e, per la Discoteca di Stato (nell'ambito della quale il C. era membro della Commissione speciale per il folclore, fondata nel dicembre 1970, circa cento canti che fanno parte della raccolta 111.

Personalità assai complessa, nella quale elementi di scontrosità e di tagliente sarcasmo si fondevano con "la fermezza del carattere..., l'intransigente moralità di propositi... e un profondo senso di responsabilità posto in tutto ciò che faceva..." (C. Belli, pp. 405 s.), il C. seppe unire ai suoi vastissimi interessi culturali anche il piacere delle piccole cose della vita quotidiana. Per questo, accanto alle onorificenze ufficiali (il titolo di accademico di S. Cecilia e della Filarmonica romana o la medaglia d'oro per benemerenze nel campo "della scuola, della cultura e dell'arte" conferitagli dal presidente della Repubblica), teneva moltissimo alla carica di consultore della Accademia italiana della cucina ed era assai orgoglioso degli ottimi vini da lui stesso prodotti.

Trascorse gli ultimi anni della sua vita in una triste solitudine, alleviata solo dalla presenza di pochi amici come ad esempio A. Carelli. Ammalatosi nell'ottobre 1975, si spense a Roma il 3 genn. 1976: giusto in tempo, scrisse il Belli (p. 406), per "apprendere e convincersi che non era stato affatto tradito da coloro che aveva prediletto e che lo avevano amato. Questo gli fu di sollievo nel peso della morte". Il suo corpo riposa nel cimitero di Anagni.

Fonti e Bibl.: C. Belli, Storia di un coro e del suo maestro - L. C. in memoriam, in Nuova rivista musicale italiana, X (1976), 3, pp. 397 ss.; Atti del III Congresso nazionale di arti e tradizioni popolari, Roma 1936, pp. 289 ss.; Il mondo della musica, I, Milano 1961, p. 595; Centro naz. studi e musica popolare, Catal. sommario delle registraz. 1948-1962, Roma 1963, pp. 53, 54 e passim; M. Rinaldi, Quasi ultimato il gran libro d'Italia, in Il Messaggero, 30 ag. 1967; Discoteca di Stato, Archivio etnico linguistico-musicale. Catal. delle registrazioni, Roma 1970, p. 12; D. Carpitella, Musica e tradizione orale, Palermo 1973, pp. 16, 17, 21 e passim; Catalogo informativo delle registrazioni musicali originali, a cura dell'Ufficio documentazione e studi Rai per la Prima rete radiofonica, Torino 1977, pp. 244-247; L'Accad. filarmonica nella vita musicale romana (1821-1964), a cura di G. Graziosi, Roma s. d., pp. 60, 71; C. Schmidl, Diz. univers. dei musicisti, Suppl., p. 204; A. Della Corte-G. M. Gatti, Diz. della musica, Torino 1956, p. 149; Enc. d. Spett., III, col. 1046; La Musica. Diz., I, p. 420; Enc. della musica Rizzoli-Ricordi, II, pp. 140 s.

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