DE GAETANO, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988)

DE GAETANO, Luigi

Giuseppe Armocida

Nacque a Giovinazzo (Bari) il 17 ott. 1868 da Filomeno e da Santa Labombarda. Compì gli studi medi superiori all'Aquila, quindi si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Napoli, dove ebbe ottimi maestri e si giovò soprattutto della guida di O. von Schroen, nel cui istituto iniziò lo studio dell'anatomia patologica, pubblicando i suoi primi lavori.

Laureatosi nel luglio 1893 si orientò subito verso il campo della chirurgia e già nel 1893 entrò, vincitore di concorso quale assistente chirurgo, nell'ospedale degli Incurabili di Napoli. Non abbandonò comunque l'università e fino dal 1894 fu allievo nell'Istituto di patologia chirurgica di A. D'Antona, sotto la cui guida perfeziona la propria formazione. Assistente volontario dapprima e successivamente aiuto, poté, precocemente conseguire discreti successi: nel 1896 fu tra i vincitori del concorso per l'ospedale dei Pellegrini di Napoli, nel 1899 conseguì la libera docenza in patologia chirurgica e nel 1204 quella in clinica chirurgica.

Nell'ateneo napoletano il D. percorse tutti i gradi della carriera accademica. Nel 1907 fu incaricato dell'insegnamento di semeiotica, dapprima con le esercitazioni clinico-diagnostiche chirurgiche e successivamente con la diagnostica chirurgica. Tenne in quegli anni anche dei corsi pareggiati di patologia chirurgica dimostrativa. Durante la prima guerra mondiale fu impegnato nella clinica chirurgica trasformata in ospedale militare.

Il D. aveva oramai raggiunto una buona preparazione clinica e scientifica e aveva inoltre acquisito una notevole esilerienza didattica. I suoi interessi, dopo il periodo iniziale, apparivano senz'altro orientati verso il settore specialistico dell'ortopedia e della traumatologia. Questa disciplina aveva già in Napoli una solida tradizione clinica e accademica: il suo insegnamento, iniziato alla metà del XIX secolo da L. Bruni, che aveva tenuto un corso nell'ospedale di S. Maria di Loreto, dopo un'interruzione di alcuni anni era stato ripristinato da C. Romano, che aveva anche avviato un ambulatorio e riaperto le sale ortopediche. Il Romano, titolare della cattedra fino dalla sua istituzione, nel 1885, salvo un breve periodo in cui per malattia fu sostituito da A. D'Ambrosio, aveva dato grande impulso alla specialità.

Quando il Romano lasciò per limiti di età l'insegnamento attivo, la facoltà medica affidò l'incarico della sua materia al D. in riconoscimento delle sue qualità. Assumendo quel compito, questi rinunciò al posto di direttore dell'ospedale dei Pellegrini, che aveva vinto per concorso in quello stesso anno, per dedicarsi completamente alle incombenze della cattedra, ospitata in quegli anni, non esistendo ancora un istituto indipendente, in una sezione della clinica chirurgica messa a disposizione, insieme con i quartieri operatori, da G. Pascale.

Nel 1929, a coronamento della sua lunga attività clinica e didattica, il D. fu nominato professore ordinario di clinica ortopedica. Nello stesso anno ottenne finalmente un istituto indipendente e poté trasferirsi nella nuova sede in via S. Andrea delle Dame. Per un decennio resse il nuovo istituto, svolgendo attività clinica e di ricerca e dando vita a una buona scuola ortopedica, alla quale si formarono molti allievi di valore. La sua produzione scientifica, assai vasta, comprese circa cento lavori, oltre ai numerosi altri degli allievi.

Le sue prime ricerche furono rivolte al campo delle materie che rappresentavano la base delle acquisizioni scientifiche dell'epoca, soprattutto l'istologia patologica e la batteriologia, settori di indagine che contribuivano in maniera sostanziale anche al progresso delle discipline chirurgiche: quando era allievo nell'istituto di von Schroen aveva studiato l'istologia di un epitelioma dell'antro di Higmoro e per la sua tesi di laurea aveva indagato l'azione esercitata dai microrganismi della putrefazione e dalle loro ptomaine sul bacillo tubercolare. Nei primi anni di attività si interessò alla sieroterapia del cancro, ai metodi di colorazione delle fibrocellule muscolari; nel 1896 condusse uno studio sui raggi Roentgen in chirurgia. Alla scuola del D'Antona fu naturalmente attratto dai progressi che stava compiendo la chirurgia dei grandi interventi cavitari e iniziò a pubblicare lavori di tecnica operatoria e di casistica scientifica; risalgono a quel periodo gli studi sulla compressione cerebrale, le osservazioni sulle laparotomie per ferite da taglio e da punta e sulle ferite del fegato.

Ben presto, tuttavia, si orientò verso l'ortopedia e la traumatologia, che costituì poi il suo principale interesse. Il primo lavoro in questo campo fu uno studio condotto nel 1902 su un caso di lussazione dorsale della testa dell'osso capitato, allo scopo di chiarire il meccanismo di produzione e di riduzione di questa lussazione. Negli anni successivi pubblicò un rilevante numero di lavori su molti argomenti del proprio settore specialistico, ne curò poi la ristampa e li riunì tutti nel volume Contributi di clinica ortopedica, edito a Napoli nel 1926, che è oggi una valida guida alla conoscenza della sua produzione scientifica.

Il ponderoso volume, che ebbe una prefazione di G. Pascale, è diviso in quattro capitoli, dei quali quello di maggiore interesse e sicuramente il primo che raccoglie i lavori sulle lesioni degli organi di movimento: si riconosce dalla loro lettura la posizione solida del chirurgo che fa tesoro del contributo dei grandi ortopedici - il Romano, V. Putti, R. Galeazzi, R. Dalla Vedova - oltre che delle buone conoscenze di anatomia patologica acquisite alla scuola di von Schroen e della padronanza della tecnica appresa dal D'Antona.

Tra i lavori principali del D. si può ricordare Trapianti tendinei nelle paralisi definitive del nervo radiale, ora in Contributi di clinica ortopedica, cit., pp. 207-49, in cui egli illustra un metodo complesso e completo per porre rimedio chirurgicamente al grave deficit motorio. Di rilievo è il lavoro Sutura delle arterie, ibid., pp. 15-45, nonché la relazione che tenne al XXIX congresso della Società italiana di chirurgia, a Firenze nel 1922, Etiopatogenesi, anatomia patologica, fisiopatologia e cura chirurgica degli aneurismi veri, ibid., pp. 251-322. Si interessò al problema dell'elefantiasi (Cura chirurgica in un caso di elefantiasi degli arti inferiori, ibid., pp. 323-349), e sullo stesso argomento tenne la comunicazione al XIV congresso della Società italiana di ortopedia a Roma nel 1923, Cura chirurgica delle elefantiasi degli arti inferiori, ibid., pp. 351-382. Nel 1926 pubblicò un interessante lavoro: Su un caso di genu recurvatum acquisito postumo di infezione piogena post traumatica con anchilosi ossea femoro-tibiale, ibid., pp. 543-581. In Un triennio di chirurgia ortopedica e riparatrice, pubblicato la prima volta nel 1924, poi ibid., pp. 383-453, espose la rassegna dei casi più interessanti operati nella clinica chirurgica di Napoli tra il 1920 ed il 1922.

Il secondo capitolo raccoglie i lavori dedicati alle deformità congenite, e alcuni di questi hanno l'ampiezza della monografia. In Deformità del collo per malformazioni embrionali. Cisti e fistole congenite, del 1921, ibid., pp. 675-750, presentò una tecnica personale di intervento e una casistica che appare la più ricca di quelle allora esistenti in letteratura. Questo argomento infatti lo interessò sempre moltissimo, e più volte lo affrontò con diversi lavori tra il 1909 e il 1925, proponendo anche una classificazione anatomo-clinica e anatomo-istologica che fu accettata da molti patologi. Si possono ancora ricordare: Contributo allo studio delle cisti bronchiogene; due casi di cisti dermoidi ed uno di cisti mucoide, del 1909, ibid., pp. 585-608, e Sulle cisti congenite del collo, del 1920, ibid., pp. 609-619. Nello stesso capitolo si trovano i lavori che condusse sulla questione ancora dibattuta della membrana di Jackson: in un lavoro del 1921 egli tese a dimostrarne l'origine congenita e questo concetto fu poi seguito dalla maggioranza dei chirurghi (Ricerche sui feti per la interpretazione patogenetica delle deformità congenite del colon ascendente, determinate dalla membrana di Jackson, ibid., pp. 645-674).

Il terzo capitolo è forse il meno importante da un punto di vista scientifico ed è dedicato ai lavori sulle deformità acquisite. Il quarto capitolo, infine, è sostanzialmente un'appendice con una sintesi dei lavori diversi di patologia e clinica chirurgica che egli aveva pubblicati, come direttore di sala dell'ospedale degli Incurabili, e dei lavori di ortopedia pubblicati come chirurgo e direttore dell'ospedale dei Pellegrini.

Negli anni seguenti l'interesse del D. per la ricerca non diminuì e la produzione scientifica si mantenne sempre abbondante, toccando svariati argomenti. Studiò il tema del serramento cicatriziale della mandibola; si occupò della cura radicale delle ernie ombelicali, per le quali propose anche un proprio metodo operativo; dell'artoplastica dell'anca; della terapia chirurgica nelle paralisi dell'arto superiore. Al XXXVIII congresso della Società italiana di chirurgia di Bari, nel 1931, espose la tecnica da lui seguita nella cura chirurgica delle forme gravi di oleofibrosi degli arti negli autolesionisti. Studiò le laminectomie e rizotomie posteriori cervicali; la patogenesi e la cura del torcicollo muscolare; le malformazioni dello spazio retto-sacrococcigeo; la deformità cistica congenita della regione temporo-mascellare da germi paratiroidei; la cura delle consolidazioni viziose del femore con la trazione trans-scheletrica; l'osteotomia a cerniera nella cura delle deformità ossee e articolari. Particolare cura dedicò al volume monografico di patologia chirurgica, che, originato da una raccolta di appunti per gli studenti del 1919, con aggiornamenti successivi giunse alla definitiva edizione: Compendio di patologia chirurgica, Napoli 1930. L'ultimo suo scritto fu il contributo su Lussazioni e fratture, nel 1937, per il Trattato di patologia chirurgica di D. Taddei.

Nel 1938 il D. fu collocato a riposo per limiti di età e nella cattedra gli succedette il suo allievo P. Del Torto. Fu richiamato ancora dalla facoltà nel 1944 quando, a causa della assenza del titolare durante la guerra, gli venne affidata la supplenza della patologia chirurgica. Quindi lascio definitivamente l'insegnamento e trascorse gli ultimi anni di vita piuttosto ritirato.

Socio di numerose accademie e società scientifiche italiane e straniere, fu per un triennio, dal 1934 al 1936, presidente della Società italiana di ortopedia. Fu inoltre redattore capo del giornale Annali italiani di chirurgia.

Morì a Napoli il 5 marzo 1947.

Bibl.: Necrol., in Ortopedia e traumatologia, XV (1947), 1, pp. 3-6; in La Chirurgia degli organi di movimento, XXXI (1947), 3, pp. 163-68; D. Giordano, Chirurgia, Milano 1938, ad Ind.; L. Bader, Genesi ed evoluz. della ortopedia in Italia, Padova 1962, pp. 462-65.

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