LUCATELLO, Luigi. - Nacque a Treviso il 30 luglio 1863 in un'agiata famiglia di origine veneziana, da Federico Maria e Anna Canciani. Dopo aver conseguito la licenza fisico-matematica e il diploma di maturità classica a Genova, dove la famiglia si era trasferita, nel 1881 si iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia di quell'Università. Divenuto nel 1886 assistente di ruolo presso l'Istituto di anatomia patologica diretto da G. Salvioli, ancora studente, iniziò subito una brillante attività di ricerca.
Dopo aver conseguito la laurea nel 1887 con il massimo dei voti e il conferimento della medaglia d'oro, usufruendo di una borsa di studio si recò nell'istituto del celebre patologo E. Klebs ad approfondire lo studio della batteriologia. Tornato nell'Università di Genova, riprese servizio presso l'istituto di anatomia patologica, dove fu promosso aiuto, e cominciò nel contempo a frequentare come assistente volontario la clinica medica diretta da E. Maragliano. Nel 1890, ottenuta la libera docenza in patologia speciale medica, ebbe l'incarico di un corso di microscopia e batteriologia applicata alla clinica, che mantenne fino al 1899, e nel biennio 1890-92 gli venne affidato quello di esercitazioni di anatomia patologica.
Il L. stava decisamente orientandosi verso la pratica clinica: nel 1894, divenuto aiuto di Maragliano, fu incaricato dell'insegnamento della semeiotica medica e nel 1897 conseguì la libera docenza in clinica medica e terapia medica generale. Inoltre, dal 1894 al 1899 fu primario medico presso l'ospedale Maggiore di Genova.
Riprendendo il filone degli studi sul tifo, il L. fu poi in grado di dimostrare la natura tifoide del catarro gastrico-intestinale (Sull'etiologia del catarro gastrico infettivo, in Lavori dei Congressi di medicina interna. III Congresso( 1890, Roma 1890, p. 263), il ruolo sostenuto dalle cattive condizioni igienico-ambientali nel favorire la diffusione della malattia (Il tifo a Genova: studio epidemiologico, in Rivista clinica [Milano], XXX [1891], pp. 484-514), le alterazioni laringee riscontrabili nella malattia (Contributo alla patogenesi delle affezioni laringee nella tifoide: osservazioni e ricerche, in Gazzetta degli ospitali, XIV [1893], pp. 1389-1392), i metodi batteriologici di diagnosi differenziale tra il bacillo di Eberth e bacterium coli (Eine neue Methode der Differenzierung der Mikroorganismen, in Berliner Klinische Wochenschrift, XXXI [1894], p. 379). In seguito, per la grande esperienza acquisita in questo settore, avrebbe ricevuto da Maragliano l'invito a redigere il capitolo La febbre tifoide nel Trattato italiano di patologia e terapia medica (I, 6, Milano 1900, pp. 89-247) e avrebbe svolto un'importante relazione sull'argomento al Congresso di medicina interna del 1906 (Pseudotifoidi e forme tifosimili, in Lavori dei Congressi di medicina interna. XVI Congresso( 1906, Roma 1907, pp. 131-192). Durante la Grande Guerra egli ebbe poi modo di mettere in evidenza il frequente rilievo di emiplegia nei malati di febbre tifoide (Le emiplegie nei tifosi, in Lavori dei Congressi di medicina interna. XXV Congresso, Trieste( 1919, Genova 1922, p. 33). Nel periodo genovese il L. cominciò anche a rivolgere il suo interesse alla possibilità di affinare la diagnostica mediante l'introduzione di indagini strumentali, in particolare dell'esame istologico intra vitam: il suo primo contributo in questo campo fu la realizzazione di un particolare ago "a coccia di spada" per la puntura del fegato (La puntura del fegato a scopo diagnostico, in Lavori dei Congressi di medicina interna. VI Congresso( 1895, Roma 1895, pp. 327-329).
Ternato al concorso per la cattedra di patologia speciale medica nell'Università di Napoli, il L. il 1( apr. 1899 fu chiamato a insegnare tale disciplina come professore straordinario presso l'Ateneo di Padova. In questa sede dal 1900 al 1902 fu anche incaricato dell'insegnamento, e della direzione del reparto assistenziale, della clinica pediatrica. Divenuto ordinario nel 1902, nel 1916, su parere unanime della facoltà, il L. assunse la direzione della cattedra e dell'istituto di clinica medica, succedendo ad A. De Giovanni. Alla guida della struttura, provvide ad apportarvi notevoli miglioramenti funzionali, organizzandovi un reparto clinico e un laboratorio di analisi.
Preside della facoltà medica dal 1916 al 1919, a Padova durante il conflitto mondiale il L. esercitò le funzioni di ispettore degli ospedali da campo e di consulente dei corpi d'armata per l'istituzione di corsi castrensi in medicina; alla notizia della disfatta di Caporetto, rimase a dirigere la clinica medica così da assicurare il normale proseguimento dell'attività didattica, prodigandosi nel contempo nel prestare aiuto ai militari feriti.
Eletto rettore dell'Università di Padova nel 1919, si impegnò ad affrontarne e risolverne il complesso problema del rinnovamento edilizio; nel 1922 organizzò le celebrazioni del VII centenario della fondazione dell'ateneo, che videro la partecipazione di scienziati di tutto il mondo, convenuti nella città per la prima volta dopo la guerra. Per completare l'opera intrapresa nell'ateneo patavino, nel 1924 rifiutò di trasferirsi a Genova alla direzione della cattedra di clinica medica, lasciata da Maragliano, alla quale era stato chiamato dalla facoltà medica.
Colpito da infarto, il L. morì a Padova il 20 sett. 1926.
Fonti e Bibl.: Padova, Arch. stor. del Centro per la storia dell'Università di Padova, Fascicolo personale; Necr., in Minerva medica, XVII (1926), pp. 895 s.; Giorn. di clinica medica, VII (1926), pp. 723 s.; La Riforma medica, XLI (1926), p. 1007; Gazzetta degli ospedali e delle cliniche, LXVII (1926), pp. 937 s.; Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, LXXXVI (1926-27), 1, pp. 17-26; L. L., in I professori nella R. Università di Padova nel MCMXXII, Bologna 1922, pp. 131-135; G.A. Pari, L. L., Padova 1927; F. Pellegrini, La clinica medica padovana attraverso i secoli, Verona 1939, pp. 185 s.; L. Premuda, L. L. a cinquant'anni dalla morte, Padova 1976; I. Fischer, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte [1880-1930], II, p. 947; Enc. Italiana, XXI, p. 556.