MAINONI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAINONI, Luigi

Silvia Silvestri

Nacque a Scandiano, presso Reggio nell'Emilia, il 24 apr. 1804 da Gian Francesco Ignazio e da Caterina Bertani. Tramite il lavoro del padre, artigiano in una manifattura di vasellame in terracotta, si avvicinò all'esercizio plastico e venne impiegato come "modellatore di forme" nella fabbrica di maiolica e terraglia di C. Dallari a Sassuolo. Sostenuto da una rete di notabili locali, nel 1823 ottenne da Francesco IV d'Austria-Este una sovvenzione per frequentare l'Accademia Atestina di belle arti a Modena, diretta da G. Pisani; l'anno successivo e nel 1825 fu beneficiato con la pensione personale del duca per il perfezionamento alla Reale Accademia di Carrara.

A quel periodo risale la prima opera attribuita al M., il piccolo rilievo in gesso con la Madonna col Bambino e s. Felice, ispirato alla produzione di tipo popolare diffusa dalle fabbriche faentine (Modena, Museo civico d'arte medievale e moderna: C. Sisi, in L. M., p. 41). Prima di giungere a Carrara, nel gennaio 1825 offrì alla Comunità di Scandiano cinque busti raffiguranti Matteo Maria Boiardo, Cesare Magati, Antonio Vallisneri, Lazzaro Spallanzani e Giovan Battista Venturi, realizzati in gesso con patina in bronzo, acquistati dal Municipio per sostenere gli studi del giovane artista (E. Farioli, ibid., p. 42). Durante la permanenza carrarese il M. ebbe occasione di appropriarsi della tecnica di scultura del marmo e ottenne riconoscimenti per le sue prove scolastiche nelle classi di copia da modello, scuola dei gessi e scuola di storia e mitologia, inviando alle esposizioni modenesi Ulisse e Giacinto pastore, di cui Pisani annotava favorevolmente la derivazione dalle forme della statuaria antica (Id., M. e Carrara, ibid., p. 11).

A coronamento della formazione artistica, nel 1827 il M. ricevette il pensionato per compiere il viaggio a Roma e, secondo il volere di Francesco IV, trascorse un periodo di praticantato presso P. Tenerani; grazie alla presentazione del pittore P. Minghetti presso T. Minardi, poté iscriversi ai corsi di scultura dell'Accademia di S. Luca diretti da B. Thorvaldsen. I tentativi di emergere rispetto agli altri scolari e i risultati formali raggiunti sotto l'influenza dei maestri di fama internazionale sono visibili nei bassorilievi in gesso raffiguranti Venere incorona Amore vincitore e Il Salvatore (Modena, Museo civico), con il quale si aggiudicò il primo premio del concorso per le "Pieghe dal manichino" (C. Sisi, ibid., pp. 42 s.). Il soggiorno romano fu dominato dalla vicenda del concorso per il Monumento funebre di Giovanni Torlonia, indetto nel 1829 dai figli Marino, Carlo e Alessandro; il progetto del M. fu scelto dal consiglio dell'Accademia di S. Luca tra i trentatré partecipanti.

Il monumento si compone di un arco di netta impronta rinascimentale che inquadra il ritratto del defunto seduto su un seggio con protomi leonine al di sopra di un alto basamento, davanti al quale si trova l'urna sorretta da un piedistallo con un bassorilievo raffigurante la morte del principe Torlonia, con personaggi in abiti antichi. Nelle figure allegoriche ai lati dell'urna, l'Industria e la Carità, è presente una medesima ispirazione classicista, moderata da una maggiore attenzione naturalistica comune all'ambiente romano incline alle tematiche puriste. Il M. si allontanò dallo studio di Tenerani in considerazione della preferenza che i Torlonia mostrarono per il più maturo scultore; tuttavia, superate le resistenze dei committenti grazie alla consultazione di G. Valadier e al successo riscosso con l'esposizione pubblica del modello, il contratto fu stipulato nel novembre 1830, stabilendo che l'opera fosse collocata nella chiesa di S. Pantaleo. Nel corso della lavorazione il M. si allontanò più volte da Roma; nel frattempo i Torlonia cambiarono la destinazione del monumento sepolcrale in favore della cappella gentilizia di S. Giovanni in Laterano, dove fu collocato solo nel 1838, cinque anni dopo la consegna da parte del Mainoni.

Le difficoltà di completare l'opera, i problemi di natura economica e l'ostilità dell'ambiente romano, il matrimonio con Irene Maria Ortensia Bassi, celebrato nel 1832, indussero nel 1833 il M. a rientrare a Modena.

La decisione fu interpretata come rinuncia a portare a termine le commissioni e così fu divulgata dalla pubblicistica, poco indulgente nei confronti del M.: "Brillò a quel giovane un raggio di fortuna che non seppe afferrare, e d'improvviso abbandonando Roma lasciava incompiuto quel grandissimo lavoro non meno che altri" (Raggi, p. 162). Tra le opere iniziate dal M. a Roma è il Monumento funebre di Luigi Vasselli nella chiesa di S. Maria in Via, ideato "alla foggia del Cinquecento", con un tondo a bassorilievo dove erano raffigurate le allegorie di Roma, della Sapienza e della Giustizia; a coronamento della cornice intagliata, il ritratto del defunto di profilo era stato scolpito ad altorilievo, contravvenendo al progetto iniziale e conferendo goffaggine al soggetto. Della composizione originale è sopravvissuta solo la lapide con l'iscrizione dettata da G. Checchetelli, collocata nella sacrestia della chiesa, dopo che il monumento era stato spostato nel portico del chiostro. Alcune tavole incise conservate nel Museo di Modena riproducono opere del M. realizzate negli anni romani, di soggetto prevalentemente letterario e mitologico: Angelica e Medoro, Alcide al bivio e Zeffiro e Clori, gruppo che compare anche nel ritratto dello stesso M. eseguito da F. Coghetti nel 1833 circa e replicato da L. Asioli (E. Farioli, in L. M., pp. 79-81; Martinelli Braglia).

Altre opere concepite, ma mai realizzate, dal M. entro il 1833, per le quali si hanno solo indizi iconografici o documentari, sono il rilievo con "Le Stagioni al presepio", il Monumento sepolcrale per i fratelli Spalletti, il Monumento al Correggio e il Monumento sepolcrale di Maria Beatrice d'Este, morta nel 1829 (E. Farioli - L. Rivi, ibid., pp. 78 s., 81). Nel 1832 fu eletto accademico d'Arcadia con il nome di Agasia Numicio e l'anno successivo divenne socio dell'Accademia Tiberina.

Al suo rientro a Modena, pur continuando a lavorare principalmente a monumenti funebri e a rilievi devozionali, il M. estese la propria attività alla produzione di medaglie in bronzo, nella quale tentò di assumere un ruolo primario grazie alla collaborazione del fonditore G. Grottolini.

Per quanto non si possano riscontrare evidenti pregi stilistici, le medaglie del M. hanno composizioni saldamente impostate e mostrano vivacità di modellato, caratteri riconoscibili peraltro in tutte le sue opere. La produzione, orientata verso temi divulgativi e celebrativi, in parallelo alla sua attività scultorea, si esaurì tuttavia agli inizi degli anni Quaranta per la concorrenza delle monete di conio eseguite nella Zecca di Milano. Tra i principali episodi di tale produzione si devono annoverare le tre monete di soggetto devozionale con S. Filomena, S. Geminiano e la Medaglia miracolosa, del 1836, su iconografia ispirata alle apparizioni della Vergine; la medaglia dedicata a Luigi Reggianini nel 1838 in occasione della sua consacrazione a vescovo; le medaglie con soggetti celebrativi della casa d'Este, quella di Francesco Ferdinando del 1837; quella per la morte di Maria Beatrice Vittoria di Savoia nel 1840; due per il matrimonio di Francesco V con Adelgonda di Baviera nel 1842 (L. Righi Guerzoni, ibid., pp. 33-37, 103-106).

Nel frattempo il M. aveva ripreso anche la sua attività di scultore e plasticatore, a partire dal rilievo raffigurante S. Filomena (Modena, collezione privata) e dal progetto del monumento funebre di monsignor G. Baraldi del 1835, di cui realizzò le statue dell'Amicizia e la Riconoscenza, poste nella chiesa delle domenicane di Modena (L. Rivi, ibid., pp. 27 s.). In questi anni gli fu richiesta l'esecuzione del Monumento votivo nella chiesa di S. Francesco (1838-40), realizzato con le donazioni fatte per arginare la diffusione del colera nel Ducato e provvedere agli ammalati. Fuori Modena realizzò il Monumento sepolcrale di Maria Zamboni nella cripta della certosa di Bologna e il Monumento funebre di Giulio Perticari nella cappella delle Stimmate della chiesa di S. Giovanni a Pesaro, commissionato da Giuseppe e Gordiano, fratelli dell'illustre letterato.

In questo lavoro, terminato nel 1851, sotto al ritratto in busto del poeta, vi è un rilievo in cui è rappresentata l'Italia che pone sul capo di Perticari una corona d'alloro alla presenza di Dante Alighieri mentre due genietti alati alimentano la fiamma posta ai piedi della statua di Minerva. L'insieme è circoscritto da una edicola a tempietto contenente una nicchia a tutto sesto, struttura che si rifà ai monumenti rinascimentali e che era già stata impiegata nel monumento di Modena. Qui il basamento è occupato da tre puttini che offrono ghirlande; mentre ai lati dell'edicola sorretta da lesene si ergono le statue di S. Sebastiano e S. Rocco. Il timpano è sormontato dalle raffigurazioni delle Virtù teologali; e la pala centinata a bassorilievo mostra la Vergine che intercede per la salvezza della città (Id., ibid., pp. 83-85).

Le opere del M. manifestano sempre una naturale adesione a un ideale di compostezza rinascimentale, presente anche nei ritratti (Busto della bambina Emilia Muratori e Busti dei quattro figli del marchese Morosini, 1840: ubicazione ignota; Busto di Carlo Linneo, 1843: Modena, orto botanico); e anche quando lo scultore si dedica a composizioni complesse ricorre a materiali morbidi e dimensioni contenute, come nella raffinata Deposizione in biscuit del 1839 (Modena, S. Francesco, sacrestia).

Nel 1843 il M. fu nominato professore di scultura all'Accademia Atestina e nel 1844 partecipò all'esposizione triennale con una Flora, una Madonna della Concezione e una Carità, opere in terracotta di ubicazione ignota, e con i bassorilievi in creta Ruth nella tenda di Booz e Lot e le figlie, voluti dal nobile P. Gandini (Formigine, villa Gandini). Le ultime commissioni per altre località del Ducato furono la statua in terracotta di S. Geminiano, nel tempietto neogotico di Cognento, e il bassorilievo in gesso con Il Buon Pastore per la parrocchia di Scandiano. La carriera del M. si concluse con una serie di monumenti celebrativi della famiglia ducale, in particolare dopo la morte di Maria Beatrice Vittoria di Savoia d'Este, avvenuta nel 1840.

Nel 1841 approntò un tondo a rilievo in gesso con L'arrivo dell'imperatrice d'Austria Maria Anna Carolina Pia (Modena, Museo civico), e l'anno successivo realizzò il Monumento a Maria Beatrice, collocato all'ingresso dell'antico educandato di S. Paolo, con il ritratto in busto della principessa posto frontalmente (L. Rivi, in L. M., pp. 85 s.). L'opera più importante è tuttavia il Monumento funebre di Maria Beatrice (Modena, S. Vincenzo), cominciato nel 1847 e concluso nel 1850, in cui il M. confermò la sua fedeltà ai prototipi quattrocenteschi. Il tondo con il ritratto di profilo della defunta sovrasta il gruppo dell'urna e dell'angelo orante, incarnazione delle doti di devozione e dolcezza della sovrana; mentre la base del monumento e la cimasa sono occupate rispettivamente dai rilievi con le Virtù teologali e dalla lunetta con Dio Padre, Angeli e simboli degli Evangelisti (Id., ibid., pp. 51 s.).

Il M. morì a Modena il 9 febbr. 1853.

Fonti e Bibl.: O. Raggi, Monumento sepolcrale alla memoria di Luigi Vasselli, in Il Tiberino, 14 ott. 1835, pp. 162 s.; L. M. e la scultura di primo Ottocento (catal., Scandiano), Modena 1995; G. Martinelli Braglia, in La virtù delle arti. Adeodato Malatesta e l'Accademia Atestina (catal.), a cura di D. Ferrigni, Vignola 1998, pp. 204, 206 s.; E. Bénézit, Dictionnaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, IX, Paris 1999, p. 37; A. Panzetta, Nuovo Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, II, Torino 2003, pp. 561, 601; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, pp. 578 s.

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