MANCIA, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MANCIA, Luigi

Andrea Garavaglia

Nacque probabilmente intorno al 1660. Il luogo di nascita non è noto: in un documento coevo il M. è indicato come "veneziano" (cfr. Montagu), mentre Quadrio gli assegna, senza motivarla, un'origine bresciana. A Quadrio si deve anche il nome che gli è stato erroneamente attribuito per più di un secolo, Carlo anziché Luigi. Quanto al cognome, sebbene Mancia sia quello convenzionalmente acquisito, esso appare nelle fonti in forme differenti (Manzo, Manza, Mancio).

Si è supposto (a partire da Sartori, 1953, p. 409) che la formazione musicale del M. sia avvenuta nella scuola emiliana dei Bononcini, ma si tratta di un'ipotesi non ancora adeguatamente verificata. In realtà la prima notizia sul suo conto risale al 1687 e riguarda la rappresentazione alla corte di Hannover del Paride in Ida, "trattenimento pastorale" di Nicola Nicolini, composto dal M. per il duca Ernesto Augusto (la paternità musicale è attestata dalla partitura manoscritta conservata a Londra, British Library, Mss., R.M.23.k.23). Il duca di Hannover, assiduo frequentatore e importante mecenate dell'opera veneziana (come risulta tra l'altro dai numerosi libretti a lui dedicati in quegli anni), tentò di importare alla propria corte il repertorio operistico italiano, cantanti e musicisti compresi, e inaugurò nel 1689 il primo teatro d'opera cittadino. Lindgren (in The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 728 s.) ha ipotizzato una partecipazione del M., come cantante, proprio nell'opera d'apertura del teatro, l'Enrico Leone di Agostino Steffani, che era al servizio del duca dall'estate precedente.

Il M. compare fra i musicisti che composero arie per la rappresentazione milanese dell'Arione (giugno 1694), pasticcio messo in scena in occasione del genetliaco dell'imperatore Leopoldo I d'Asburgo.

Se nel libretto dell'opera si considera l'indicazione "sig. Mazza" un errore al posto di "sig. Manza", anziché una sola aria, come spesso si legge (cfr. Sartori, 1941, pp. 40, 42), il M. ne avrebbe musicate due; del resto, a parte un cantante, Carlo Antonio Mazza, e un tiorbista bresciano, Girolamo Mazza, non vi sono notizie di un omonimo cui potrebbe essere attribuita la paternità della seconda aria.

Tra il carnevale del 1695 e quello del 1696 il M. fu attivo a Roma presso i teatri Tordinona e Capranica: scrisse le nuove parti per la replica del Giustino di Nicolò Beregan (nella revisione poetica di Silvio Stampiglia), del Flavio Cuniberto e del Re infante, entrambi di Matteo Noris (sono diverse le raccolte manoscritte che conservano arie intonate dal M. per queste opere: cfr. The New Grove, cit.). Lasciata Roma, prima di tornare in Germania il M. potrebbe essersi fermato a Parma ad assistere alla prima replica italiana del Paride in Ida (1696), per l'occasione rivisto da Francesco Mazzari nel testo e da Agostino Bonaventura Coletti nella musica. Il M. figura nuovamente a Hannover nell'estate del 1697. In quella circostanza fu eseguita, sotto la direzione di Steffani, un'opera da lui musicata su soggetto scelto e abbozzato da una "dama di corte dotata di singolare talento" (come si legge nel libretto): era La costanza nelle selve (partitura manoscritta a Londra, British Library, Mss., R.M.23.h.1) di Ortensio Mauro, poeta di corte e librettista di molti drammi intonati dallo stesso Steffani. Fu questa l'ultima opera rappresentata nel Seicento al teatro di Hannover, poiché la morte di Ernesto Augusto, nel gennaio 1698, comportò la temporanea interruzione dell'attività operistica. Sempre nel 1697 era stato replicato a Salzdahlum (Wolfenbüttel) il Paride in Ida sotto il titolo Gl'amori di Paride ed Ennone in Ida; nell'ottobre dello stesso anno il M. si trovava a Berlino a cantare con altri italiani, Ferdinando Chiaravalle, Attilio Ariosti, Francesco Antonio Pistocchi e Valentino Urbani, in un concerto in onore dell'elettrice di Brandeburgo Sofia Carlotta, figlia di Ernesto Augusto (cfr. Ebert, e Bose, pp. 57 s.).

Nel carnevale del 1698 il M. era di nuovo in Italia, a Napoli, e lavorava per il teatro vicereale spagnolo, il S. Bartolomeo. Per la replica partenopea del Tito Manlio di Noris e di Carlo Francesco Pollarolo scrisse nuove arie e scene comiche (in raccolte manoscritte rispettivamente a Napoli, Biblioteca del conservatorio di S. Pietro a Majella, Rari, 6.5.11: Scelta d'ariettine dell'opera intitolata "Il Tito Manlio" e Dresda, Landesbibliothek, Mss., 1/F/39,2; sulle scene buffe cfr. Troy). Per il carnevale successivo (1699) intonò i versi della Partenope di Stampiglia (partitura manoscritta in Napoli, Biblioteca del Conservatorio di S. Pietro a Majella, Rari, 32.2.3), opera replicata con alcune varianti a Rovigo nell'ottobre del 1699, a Mantova e a Firenze nel 1701.

È del 1700 la notizia che "Aloysio Manza" fu eletto a giugno organista della cattedrale di Brescia, dopo aver vinto una competizione strumentale con Paolo Pollarolo (fratello minore del compositore Carlo Francesco), e fu nominato "capo musico" insieme con gli organisti Francesco e Girolamo Quaglia. Non è chiaro se l'assunzione di questi ultimi fosse una conseguenza della promozione del M. o di una sua eventuale assenza: a febbraio del 1701 il M. risulta infatti dimissionario (Termini, 1985, pp. 85, 87, 90) e all'inizio del 1702 si trovava a Düsseldorf come "consigliere di camera" dell'elettore palatino Giovanni Guglielmo.

In una lettera del 15 gennaio a Carlo Pietragrua, anche lui attivo alla corte di Düsseldorf ma momentaneamente a Londra, il M. chiedeva di recapitare una lettera al violinista Nicola Cosimi, che forse aveva conosciuto a Roma, e si informava sulla ricezione della musica italiana in Inghilterra, annunciandogli il suo arrivo a Londra: "non ho mai visto quel bel paese, ma spero di salutarvi presto lì, perché prima di ritornare in Italia, spero di vedere il regno che è detto essere il "Paradiso terrestre"" (Lindgren, 1982, p. 237).

Nell'ottobre del 1703, in occasione del passaggio a Düsseldorf di Carlo d'Asburgo, figlio di Leopoldo I e aspirante al trono spagnolo, il M. intonò un testo drammatico di sua invenzione, Il Reno con la Giustizia, la Virtù e la Vittoria (partitura autografa a Vienna, Nationalbibliothek, Mus., 16463).

Da una lettera (edita da W.D. Montagu) del 16 marzo 1708 di Charles Montagu, primo duca di Manchester e ambasciatore straordinario a Venezia, alla duchessa di Marlborough, Sarah Churchill, intima consigliera della regina Anna Stuart, si ricava che nel 1707 il M., prima di tornare definitivamente in Italia, aveva accompagnato un ambasciatore veneziano a Londra e tentato di farsi assumere dalla regina. È probabile che il M. fosse giunto a Londra nel maggio del 1707, insieme con gli ambasciatori straordinari Nicolò Erizzo e Alvise Pisani, per l'incoronazione di Anna Stuart a regina di Gran Bretagna. Montagu, che qualche mese prima di scrivere la lettera aveva probabilmente assistito a Venezia alla rappresentazione di una nuova opera del M., Alessandro in Susa di Girolamo Frigimelica Roberti (gennaio 1708; partitura a Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, Guelf., 155: cfr. Saunders, pp. 272-291, 438), scrisse alla duchessa che il M. suonava alla perfezione chitarra, oboe, cembalo e fagotto. Il M. doveva inoltre godere di una buona formazione culturale, se in un manoscritto modenese, che riporta un suo mottetto, è definito "dottore" (Chiarelli, p. 112).

Nel maggio del 1708 il M. si trovava a Brescia, dove compose una serenata su versi del librettista locale Giambattista Bottalino, destinata a festeggiare il passaggio di Elisabetta Cristina di Brunswick Wolfenbüttel, che si recava a Barcellona per sposare Carlo III d'Asburgo. L'esecuzione fu diretta dal cavaliere Faustino Avogadro e prevedeva "un coro di trenta musici e settanta suonatori di vari strumenti" (Zanelli, p. 380). Nel 1710 il M. si inserì nella vita teatrale bresciana: si ha notizia di una replica della Partenope e di un'intonazione della Forza della virtù di Domenico David (cfr. Romagnoli), ma si tratta probabilmente di una revisione musicale dell'opera veneziana di C.F. Pollarolo.

Diversamente dalle ipotesi finora formulate, in base alle quali il M. morì poco dopo il 1708, il suo nome compare ancora nel 1724: un "Aloysio Mancia" è riportato nel registro dei pagamenti relativi all'attività musicale della Congregazione filippina di S. Maria della Pace. Lo strumento suonato non è specificato, ma si ricava che la collaborazione avvenne per la festa di S. Filippo e in occasione della fiera: nel secondo caso ricevette un compenso triplo rispetto al primo (Termini 1992, p. 383; riguardo la festa di S. Filippo, oltre ad "A. Mancia", figura con un compenso simile anche "S. Mancia", forse un figlio o un parente del Mancia). Da una nota di pagamento del maggio del 1717 risulta inoltre che i padri della Pace comprarono copie manoscritte di musica sacra da un certo "Manza": pur in assenza di altri elementi sull'identità di quest'ultimo, non si può escludere del tutto che si tratti del M. (cfr. Crosatti).

Il M. si era occasionalmente dedicato a comporre musica sacra: una messa e due mottetti, forse composti per le cappelle bresciane e conservati presso la Biblioteca Estense universitaria di Modena.

Fonti e Bibl.: F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d'ogni poesia, I-VI, Milano 1739-49, III, 2, p. 519; W.D. Montagu, Court and society from Elizabeth to Anne, II, London 1864, pp. 321 s.; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, IV, Napoli 1882, p. 8; A. Ebert, Attilio Ariosti in Berlin (1697-1703): ein Beitrag zur Geschichte der Musik am Hofe König Friedrichs I. von Preussen, Leipzig 1905, p. 16; A. Zanelli, Elisabetta Cristina di Wolfenbüttel a Brescia (1708), in Arch. stor. lombardo, XXXII (1905), 1, pp. 370-382; C. Sartori, "Dori e Arione", due opere ignorate di A. Scarlatti, in Note d'archivio, XVIII (1941), pp. 35-42; Id., Una nuova schedina anagrafica: il dilettante L. M., dignitario dell'imperatore, in Riv. musicale italiana, LV (1953), pp. 404-425; F. Bose, Ariosti und Bononcini am Berliner Hof, in Archiv für Musikwissenschaft", XXII (1965), 1, pp. 56-64; R. Freeman, The travels of "Partenope", in Studies in music history: essays for O. Strunk, a cura di H. Powers, Princeton 1968, pp. 356-385; R.E. Wallbrecht, Das Theater des Barockzeitalters an den welfischen Höfen Hannover und Celle, Hildesheim 1974, p. 189; Ch.E. Troy, The comic intermezzo: a study in the history of eighteenth-century Italian opera, diss., University Microfilms International, Ann Arbor, MI, 1979, pp. 21-24, 31-34; L. Lindgren, N. Cosimi in London, 1701-1705, in Studi musicali, XI (1982), pp. 229-248; H.Sh. Saunders, The repertoire of a Venetian opera house (1678-1714): the teatro Grimani di S. Giovanni Grisostomo, diss., University Microfilms International, Ann Arbor, MI, 1985, pp. 272-291, 438; O. Termini, Organists and chapel masters at the cathedral of Brescia (1608-1779), in Note d'archivio, n.s., III (1985), pp. 73-90; A. Chiarelli, I codici di musica della Raccolta estense: ricostruzione dall'inventario settecentesco, Firenze 1987, ad ind.; S. Franchi, Drammaturgia romana. Repertorio bibliogr. cronologico dei testi drammatici pubblicati a Roma e nel Lazio, secolo 17, Roma 1988, ad ind.; O. Termini, Instrumental music and musicians at S. Maria della Pace in Brescia at the end of the seventeenth century, in Liuteria e musica strumentale a Brescia tra Cinque e Seicento. Atti del Convegno, Salò, 1990, Brescia 1992, II, Sessione musicologica, pp. 355-388; A. Romagnoli, "Fra catene, fra stili, e fra veleni", ossia Della scena di prigione nell'opera italiana (1690-1724), Lucca 1995, p. 352; R. Crosatti, Catalogo del Fondo musicale dell'Arch. di S. Maria della Pace: la musica nell'Oratorio filippino bresciano: appunti per una ricerca, Brescia 2000, p. 249; C.A. Marles, Music and drama in the Hanover operas of A. Steffani (1654-1728), diss., University Microfilms International, Ann Arbor, MI, 2003, pp. 20, 59; R. Eitner, Quellen-Lexikon, VI, p. 292; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), coll. 946 s.

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