PALMIERI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PALMIERI, Luigi

Edvige Schettino

PALMIERI, Luigi. – Nacque a Faicchio (Benevento), il 23 aprile 1807, da Crescenzo e da Irene Severino.

La sua formazione scientifica avvenne prima nei seminari di Caiazzo e Avellino, poi nell’Università di Napoli, dove si laureò in matematica nel 1825 e in filosofia qualche anno dopo.

Nel 1831 fondò nella stessa città una scuola privata di matematica e filosofia, che fu attiva fino al 1860. Nel 1845 fu nominato sostituto di Pasquale Galluppi sulla cattedra di logica e metafisica dell’Università di Napoli. Alla morte di questi, nel 1847, ne divenne titolare, conservando la cattedra fino al 1860, quando passò a quella di fisica terrestre e meteorologia istituita su sua richiesta. Alla cattedra erano annessi la specola meteorologica e l’osservatorio Vesuviano, istituito nel 1842; Palmieri assunse la carica di direttore di entrambi. Conservò sia l’insegnamento sia la direzione delle due istituzioni fino alla morte.

Sposò Angela Gigli, dalla quale ebbe cinque figli: Giuseppe, Marino, Leandro, Adelaide, Amalia.

Fu socio di molte accademie, tra cui l’Accademia Pontaniana (dal 1842), la Reale Accademia delle Scienze (dal 1850), la Società italiana delle scienze dei XL (dal 1869) e il Real Istituto d’incoraggiamento (dal 1875). Ricoprì anche cariche pubbliche, come quella di senatore del Regno, dal 1876.

L’attività scientifica di Palmieri può essere suddivisa in due filoni di ricerca: il primo prevalentemente fisico e il secondo geologico.

Il contributo maggiore dato da Palmieri alla fisica riguardò l’ideazione e la costruzione di strumenti, come l’apparecchio d’induzione tellurica, detto anche ‘cerchio di Palmieri’ (Nuovo apparecchio d’induzione tellurica, Napoli 1845) e l’elettrometro bifilare (Lezioni elementari di fisica sperimentale e di meteorologia, I-II, ibid., 1852-53).

Dopo la scoperta di Michael Faraday dell’induzione elettromagnetica, ovvero della creazione di una corrente elettrica per mezzo di un magnete in movimento, gli scienziati cercavano di ottenere la corrente indotta utilizzando anche altre configurazioni, per esempio utilizzando la Terra come un grande magnete fisso e ottenendo una corrente indotta in un circuito in moto. L’apparecchio d’induzione tellurica ideato da Palmieri s’inserì in questa configurazione.

Esso era costituito da un telaio di legno di forma ellittica, nella cui scanalatura si avvolgeva un lungo filo di rame (circa 700 metri) opportunamente isolato, con cui si realizzavano circa 120 spire. Si orientava il telaio in modo che il suo asse di rotazione fosse ortogonale al piano del meridiano magnetico del luogo. Nella messa in rotazione del telaio si utilizzava un meccanismo simile a quello della macchina di Edward Marmaduke Clarke, per realizzare l’interruzione del circuito e ottenere la corrente indotta. Sul dispositivo di Clarke, nella configurazione in cui l’intensità è massima, agli estremi del circuito scocca la scintilla e, tenendo in mano le due manopole collegate ai terminali del circuito, si sente la scossa elettrica. Palmieri la chiamò corrente tellurica perché era indotta dal campo magnetico terrestre. Lo strumento fu presentato alla Reale Accademia delle Scienze e una sua descrizione figura nei Rendiconti dell’Accademia (Nuovo apparecchio d’induzione tellurica, in Rendiconti della Reale Accademia delle Scienze fisiche e matematiche, V [1845], pp. 15-31).

Palmieri diede un contributo innovativo anche all’elettrometria realizzando vari modelli di elettrometro, di cui il più noto per la sua sensibilità è il già citato elettrometro bifilare.

Gli elettrometri servivano alla misura della carica elettrostatica dei corpi elettrizzati; dalla misura dell’angolo di torsione, dovuto alla repulsione fra due corpi elettrizzati dello stesso segno, e cioè fra una barretta carica orizzontale fissa e una mobile (indice), si risaliva alla carica che si voleva misurare. Palmieri utilizzò principalmente l’elettrometro bifilare di sua invenzione per studiare l’elettricità atmosferica. Chiese e ottenne di poter eseguire le misure presso l’osservatorio Vesuviano, che dalla destituzione del suo primo direttore, Macedonio Melloni, nel 1849, era rimasto chiuso.

Gli studi geologici di Palmieri riguardarono soprattutto la vulcanologia e la sismologia. Nel 1852 insieme ad Arcangelo Scacchi e su incarico della Reale Accademia delle Scienze, effettuò osservazioni nei territori di Melfi, colpiti dal violento terremoto del 14 agosto 1851; scrisse una voluminosa relazione sul sisma e sulla regione vulcanica del monte Vulture (Della regione vulcanica del monte Vulture e del tremuoto ivi avvenuto nel dì 14 agosto 1851. Relazione. Accademia delle Scienze, in collab. con A. Scacchi, Napoli 1852). Palmieri studiò anche l’attività eruttiva del Vesuvio dal 1854 e costruì una storia eruttiva di questo vulcano classificando gli eventi in periodi eruttivi.

Importante contributo di Palmieri alla sismologia fu la progettazione del sismografo elettromagnetico. Un primo esemplare fu realizzato nel 1856 e installato all’osservatorio Vesuviano, un secondo fu costruito nel 1864 e installato nella specola meteorologica dell’Università. Apportando delle modifiche allo strumento, Palmieri nel 1874 realizzò un terzo esemplare, detto ‘sismografo portatile’.

L’apparecchio di Palmieri poteva registrare le scosse sussultorie, quelle ondulatorie e anche quelle che egli chiamava ‘vorticose’. Il sismografo fisso e anche quello portatile era costituito da due parti: il registratore e il segnalatore. Nell’esemplare del 1856, il registratore era formato da due orologi, il primo, sempre in moto, segnava i giorni del mese, le ore, i minuti e i mezzi secondi; il secondo era fermo e poteva essere messo in moto dall’azione di una corrente proveniente dal segnalatore. Questa corrente si attivava quando, per effetto di un’oscillazione, un conduttore a forme di elica, chiudendo il circuito, poneva in funzione un’elettrocalamita che fermava il primo orologio e metteva in azione una serie di campanelli come segnalatori acustici. La stessa corrente metteva in moto il secondo orologio, prima trattenuto, mediante l’attivazione di una seconda elettrocalamita. Contemporaneamente un tamburo posto sul quadrante dell’orologio, ponendosi in moto perché azionato dall’orologio stesso, trascinava una striscia di carta che si svolgeva. La stessa elettrocalamita, oltre a mettere in moto l’orologio e la striscia di carta, avvicinava la punta di una matita alla striscia di carta, tracciandovi sopra una linea continua. Terminato l’effetto, causato dalla scossa di terremoto, il circuito si apriva e il primo orologio continuava a restare fermo mentre il secondo orologio continuava il suo moto trascinando la striscia di carta che ora era bianca perché la punta della matita non era più in contatto e non lasciava alcun segno.

Le grandi doti didattiche di Palmieri furono descritte da Francesco Santillo, suo contemporaneo. In una biografia dello scienziato, questi raccontò che la sua scuola era molto frequentata, addirittura «fino a quattrocento alunni per anno» (Vita di Luigi Palmieri, Napoli 1898, p. 200).

Palmieri, volendo adottare per il suo insegnamento universitario il libro del famoso fisico francese Claude-Servais-Mathias Pouillet (Elements de physique expérimentale et de météorologie, Paris 1832), ne curò la traduzione in italiano e insieme al fisico Macedonio Melloni vi aggiunse nuove note esplicative; soprattutto Melloni vi inserì alcune parti riguardanti la teoria del calore radiante, di sua ideazione, che erano mancanti nel testo di Pouillet (Elementi di fisica sperimentale e di meteorologia con note e giunte di Luigi Palmieri e del cavalier Macedonio Melloni, Napoli 1846). Il libro ebbe molto successo, e alla prima edizione fece seguito una seconda nel 1851 e una terza nel 1852.

Morì a Napoli il 9 settembre 1896.

Opere: Nuovo apparecchio di induzione tellurica, in Rend. R. Acc. delle Scienze fisiche e matematiche, V (1845), pp.15-31; Il sismografo elettromagnetico, in Annali del R. Osservatorio meteorologico Vesuviano, compilati da L.P., 1859, pp. 20-24; Sull’origine dell’elettricità atmosferica, ibid., 1862, pp. 1-23; Intorno all’incendio del Vesuvio cominciato il dì 8-12-1861, inRendiconto tornata Accademia pontaniana, X (1862), pp.1-56; Seismographe electro-magnétique, in Annali del R. Osservatorio meteorologico Vesuviano, 1870, p. 225-245; Indagini spettroscopiche sulle sublimazioni Vesuviane, in Rend. R. Acc. delle Scienze fisiche e matematiche, XII (1873), pp. 31-44; Le osservazioni sulla corrente tellurica fatte all’osservatorio Vesuviano dal mese di agosto al dì novembre 1891, inBollettino mensile osservatorio centrale Moncalieri, s. 2, XII (1891) pp. 58-80; Lezioni elementari di fisica sperimentale e di meteorologia, Napoli 1852; Il Vesuvio e la sua storia, Milano 1880; Nuove lezioni di fisica sperimentale e di fisica terrestre, Napoli 1883.

Fonti e bibl.: L. Pinto, necrologio di L. P., in Atti Accad. Pont , XXVI (1896) pp. 14-19; F. Santillo, Vita di L.P. letterato e scienziato chiarissimo, Napoli 1898; A. Nazzaro-B. Tramma, Il sismografo di L. P., in Bollettino Società dei naturalisti, XCIV (1985), pp. 1-18; G. Luongo-A. Nazzaro, I sismografi di Ascanio Filomarino e di L. P. nella storia degli studi vesuviani, in Gli strumenti sismici storici. Italia e contesto europeo. Historical seismic instruments. Italy and the European framework, a cura di G. Ferrari, Bologna 1990, pp. 97-108; L. Casertano, The scientific life of Luigi Palmieri, in Annali di geofisica, 1999, vol. 42, n. 3, pp. 581-585; M. Giugliano, L. P. Direttore del Reale Osservatorio meteorologico vesuviano negli anni 1855-1896, Piedimonte Matese 2007; G. Luongo et al, Casamicciola Milleottocentottantatre. Il sisma tra interpretazione scientifica e scelte politiche, Napoli 2011, pp. 121-142; Senato della Repubblica, Portale storico, ad nomen (http://notes9.senato.it/Web/ senregno.).

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