STEFANINI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019)

STEFANINI, Luigi.

Gregorio Piaia

– Nacque a Treviso il 3 novembre 1891, secondogenito di quattro fratelli. Il padre Giovanni gestiva una tintoria, la madre, Lucia De Mori, era diplomata maestra ma si dedicò interamente alla famiglia.

Fin da giovanissimo s’impegnò nell’associazionismo cattolico: nel 1907 fondò il circolo giovanile San Liberale, primo nucleo del movimento cattolico trevigiano dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi (1904). Nel 1911 fu nominato presidente della neonata federazione giovanile diocesana e fondò il mensile Il foglio dei giovani per promuovere la cultura religiosa e trattare temi politico-sociali, con particolare attenzione al nascente sindacalismo cattolico. La pubblicazione fu sospesa alla fine del 1914, quando Stefanini, in attrito con il vescovo di Treviso Andrea Giacinto Longhin, si dimise da presidente della federazione giovanile. Conseguita nel 1910 la maturità presso il liceo classico Antonio Canova (ove ebbe come docente di filosofia Paolo Rotta, futuro professore all’Università cattolica di Milano), si iscrisse al corso di laurea in filosofia all’Università di Padova, partecipando alle iniziative del circolo universitario cattolico Giacomo Zanella. Il 27 giugno 1914 si laureò con una tesi sull’Action di Maurice Blondel, avendo come relatore Antonio Aliotta, che aveva appena iniziato il suo breve periodo padovano, e nell’ottobre successivo iniziò a insegnare.

Richiamato alle armi il 14 maggio 1915, il 27 gennaio 1916 fu ferito da una scheggia di granata sul Sass de Stria e concluse il servizio militare con il grado di capitano e una croce al merito di guerra. Il 7 luglio 1919 si laureò in lettere all’Università di Padova con una tesi sull’estetica di Gian Vincenzo Gravina, poi pubblicata sulla Rivista di filosofia neo-scolastica. Nelle elezioni del 31 ottobre 1920 fu eletto a Treviso consigliere comunale e provinciale nelle file del Partito popolare italiano (PPI) ma, insegnando fuori sede, non poté partecipare regolarmente alle sedute, impegnandosi comunque nelle questioni culturali e scolastico-educative. In particolare sostenne l’insegnamento religioso nelle scuole elementari, che allora erano amministrate dal Comune, e difese la scuola privata. La giunta e il consiglio comunale di Treviso si dimisero il 2 dicembre 1922 in seguito a dissidi interni e alle intimidazioni e aggressioni degli squadristi fascisti, e sorte analoga toccò al consiglio provinciale. Nell’assemblea generale della Gioventù cattolica svoltasi a Venezia nel settembre del 1922, Stefanini fu tra i pochi a proclamare l’inconciliabilità teorica e pratica di fascismo e cristianesimo, ma nel luglio del 1923 diede le dimissioni dalla presidenza regionale di tale associazione, motivandole con ragioni di studio (in realtà era una protesta contro il rinchiudersi dell’associazionismo cattolico in un ambito strettamente ecclesiale).

Ai funerali dell’amico e sindacalista Giuseppe Corazzin, morto il 18 novembre 1925 (nell’ottobre dell’anno precedente era stato oggetto di un violento pestaggio da parte dei fascisti), Stefanini sottolineò l’esigenza di risolvere «l’antitesi tra le forze produttrici e le forze redentrici del lavoro [...] non con la lotta violenta di queste, non con la sopraffazione prepotente di quelle ma nell’accordo cristianamente voluto, frutto della carità più che del diritto» (La vita del popolo, 25 novembre 1925).

Nel 1923 era entrato nei ruoli della scuola media superiore quale docente di filosofia, storia ed economia politica, insegnando a Taranto (per poche settimane) e a Mantova; a partire dall’anno successivo insegnò fino al 1936 nel liceo classico Tito Livio di Padova, ove ebbe fra i suoi allievi il futuro ministro Luigi Gui. In questo periodo si dedicò alla stesura di una serie di manuali per i licei e soprattutto per gli istituti magistrali, in linea con la riforma gentiliana del 1923 ma con chiara ispirazione cristiana. Tale produzione sfociò nel fortunato Sommario storico della filosofia (1928), che nelle ristampe successive al 1936 espose, giusta le disposizioni allora vigenti, anche la dottrina fascista dello Stato etico e corporativo. Acquisita la libera docenza in pedagogia nel 1925, a partire da quello stesso anno accademico 1925-26 tenne un corso libero in tale disciplina all’Università di Padova. Il 25 ottobre 1928 sposò Maria Javicoli, di origine abruzzese, figlia di un medico che a Padova dirigeva la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali e dalla quale ebbe tre figli (Elena, Paolo e Lucia).

Nel dicembre del 1932 si iscrisse al Partito nazionale fascista (PNF) – le iscrizioni, chiuse nel 1926, erano state riaperte il 29 ottobre 1932 in occasione del decennale della marcia su Roma – e fece il prescritto giuramento di fedeltà al regime. Nel 1936 vinse il concorso a professore ordinario: chiamato sulla cattedra di filosofia nella facoltà di magistero di Messina, l’anno seguente ottenne il trasferimento a Padova sulla cattedra di pedagogia della facoltà di lettere e filosofia, da cui nel 1940 passò alla cattedra di storia della filosofia, tenendo nel contempo l’incarico di estetica e insegnando pedagogia all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nel 1939 partecipò con una relazione al I Convegno nazionale della Scuola di mistica fascista. Preside di facoltà nel biennio 1941-43, nell’ultimo periodo della seconda guerra mondiale si tenne appartato e si dedicò a una vasta riflessione sul ruolo della Chiesa di fronte all’avanzare dei regimi statalistici e alla conseguente «crisi che imperversa sull’umanità», investendo «anche istituti, dottrine, valori» e inducendo «alle revisioni più radicali e agli orientamenti più arditi» (La Chiesa cattolica, Milano 1944, pp. 3 s., Premessa, datata 15 luglio 1943).

All’indomani della Liberazione, Stefanini fu sospeso dall’insegnamento con l’accusa di «attiva collaborazione con il fascismo sul piano educativo e di essere stato membro del direttorio del fascio di Padova» (Cappello, 2006, p. 458), ma il 5 novembre 1945 il ministero della Pubblica Istruzione archiviò il provvedimento per la scarsa rilevanza degli addebiti e di tale atto fu data comunicazione all’interessato il 2 febbraio 1946. A queste traversie personali (cui si aggiunse il 6 aprile 1946 la perdita della moglie, a pochi mesi di distanza dalla nascita della terzogenita Lucia) reagì con rinnovato impegno culturale. Nell’estate del 1945 fu tra i promotori di un convegno di filosofi d’ispirazione cattolica sugli orientamenti del pensiero contemporaneo, svoltosi nel mese di ottobre a Gallarate presso l’Istituto Aloisianum dei padri gesuiti e dal quale trasse origine il Centro di studi filosofici cristiani di Gallarate, coordinato da Carlo Giacon. Fra il 1948 e i primi anni Cinquanta si adoperò, anche con l’appoggio del ministro della Pubblica Istruzione Guido Gonella, per essere chiamato all’Università di Roma, tradizionalmente dominata dai neoidealisti, ma il tentativo non ebbe esito. In questo periodo ricoprì numerosi incarichi, fra cui la presidenza del Centro didattico nazionale per la scuola media. Fu socio corrispondente dell’Istituto veneto di scienze lettere ed arti; socio effettivo dell’Accademia Patavina di scienze lettere ed arti; premio della Reale Accademia d’Italia (1933); premio Marzotto per la filosofia (1953).

Colpito da un tumore ai polmoni, morì a Padova il 16 gennaio 1956.

Figura eminente dello spiritualismo cristiano, Stefanini si confrontò a fondo con il pensiero contemporaneo (dallo storicismo e dalla filosofia dell’azione al neoidealismo, alla fenomenologia, all’esistenzialismo) ricollegandosi alla tradizione di pensiero che va da Platone a Vincenzo Gioberti. Nell’ampia monografia su Platone sottolineò il ruolo della scepsi quale ricerca continua e mai conclusa, che prende avvio da una embrionale intuizione originaria (Platone, I-II, Padova 1932-1935, 1949, rist. con prefazione di G. Santinello, Padova 1991). L’esemplarismo agostiniano-bonaventuriano viene da lui rivissuto nella forma dell’‘imaginismo’, intendendo per imagine (alla latina) la capacità di esprimere in vario modo la similitudine che lega la creatura al creatore, in un incessante rinvio a ciò che è altro da sé (Imaginismo come problema filosofico, Padova 1936). Da Gioberti riprese il principio della «eduzione», ovvero dell’ineludibile rapporto tra fatti e idee, al di là delle radicalizzazioni empiristiche o idealistiche (Gioberti, Milano 1947). Nella fase più matura il tema della scepsi trova compiuta espressione nella centralità della persona: «L’essere è personale [...]. Il punto di partenza di ogni dimostrazione è l’esperienza che io ho di me stesso [...] Nessuna metafisica si costruisce se il suo primo capitolo non è psicologico» (La mia prospettiva filosofica, Padova 1950; nuova ed. con testimonianza di A. Rigobello e commento critico di R. Pagotto, Treviso 1996, pp. 9 e 14; si vedano anche Metafisica della persona ed altri saggi, Padova 1949; Esistenzialismo ateo ed esistenzialismo teistico, Padova 1952). Tale prospettiva, vicina alle istanze dell’esistenzialismo senza però accettarne gli esiti irrazionalistici, fu tosto applicata al campo sociopedagogico (Personalismo sociale, Roma 1951; Personalismo educativo, Roma 1955), nonché a quello estetico (nell’ultimo anno di vita Stefanini fondò la Rivista di estetica, poi diretta da Luigi Pareyson).

Un incisivo ritratto di Stefanini è offerto da Armando Rigobello, che più di altri sviluppò il lascito speculativo del maestro: «Sull’esempio di Platone la sua teoresi aveva un radicale movente politico-educativo e l’ideale teoretico della vita non fu mai in lui un disimpegno. Si potrebbe accennare all’inquietudine del pensatore sempre sorretta dall’espressione plastica e luminosa, all’uomo infaticabile nel lavoro, capace di sottoporsi alla più dura disciplina come di abbandonarsi alla riposante distensione contemplativa dinanzi alla bellezza, alle vive simpatie umane che suscitava, al rapporto facile, signorile e comprensivo. Aveva, della terra veneta in cui era nato e lavorava, il gusto per gli equilibri e la calda tonalità» (L’itinerario speculativo di Luigi Stefanini, in L. Stefanini, Personalismo sociale, Roma 1979, p. XXIV).

Fonti e Bibl.: L’archivio e la biblioteca di Stefanini furono ceduti dagli eredi alla Fondazione Luigi Stefanini, sorta nel 1996 e ospitata nel seminario vescovile di Treviso.

Sulla sua biografia e sul suo percorso intellettuale è fondamentale la monografia di G. Cappello, L. S. dalle opere e dal carteggio del suo archivio, Quinto di Treviso 2006, con appendice di testimonianze e bibliografia generale delle opere su Luigi Stefanini a cura della Fondazione Stefanini (per la bibliografia relativa agli anni 2006-16 si veda M. De Boni, Le ragioni dell’esistenza. Esistenzialismo e ragione in L. S., Milano-Udine 2017, pp. 137-142). Fra gli studi più significativi: L. Caimi, Educazione e persona in L. S., Brescia 1985; G. Santinello, Il senso del personalismo filosofico di L. S., in Atti del Convegno... 1986, a cura dell’Associazione filosofica trevigiana, Treviso 1987, pp. 31-42; S. Tramontin, L. S. nella cultura e nel movimento cattolico trevigiano, ibid., pp. 11-29; Dialettica dell’immagine. Studi sull’imaginismo di L. S., a cura dell’Associazione filosofica trevigiana, Genova 1991; P. Prini, Il personalismo estetico-religioso di L. S., in Id., La filosofia cattolica italiana del Novecento, Roma-Bari 1996, pp. 140-149; L. Corrieri, L. S. Un pensiero attuale, Milano 2002 (in partic. pp. 171-224: elenco degli scritti di Stefanini); Per una antropologia in L. S.: metafisica, personalismo, umanesimo, a cura di G. Cappello - R. Pagotto, Padova 2012; B. Fassanelli, Censura ecclesiastica e intellettuali cattolici nel primo Novecento. L. S. e Luigi Scremin: due docenti sotto lo sguardo del Sant’Uffizio (1929-1931), in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, L (2017), pp. 83-116.

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