SARGENTINI, Luisa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 90 (2017)

SARGENTINI, Luisa (Luisa Spagnoli)

Valerio Corvisieri

– Nacque a Perugia il 30 ottobre 1877 da Pasquale, pescivendolo, e da Maria Loconte.

Rimasta orfana di padre dopo appena due mesi, crebbe presumibilmente fra ristrettezze economiche. La madre dovette allevare da sola lei e i due fratelli, Secondo e Aurelio (nel 1885 si aggiunse Gemma, che assunse il cognome materno essendo ignoto il padre, morta suicida nel 1913). Nulla si sa dei suoi studi, che forse non andarono oltre le scuole elementari, né degli anni che precedettero il matrimonio, celebrato a Perugia il 27 febbraio 1899. Suo marito, Annibale Spagnoli di Assisi (1872-1947), era ‘musicante’, come indicato nell’atto dell’anagrafe del Comune, dal quale risulta che Luisa svolgeva il mestiere di sarta. Il loro primogenito, Mario (1900-1977) nacque a Mantova, dove Annibale adempieva gli obblighi di leva. Nacquero poi Armando (1901-1981) e Aldo (1905-1991). Al ritorno a Perugia, nel dicembre del 1901, la coppia rilevò un negozio di drogheria in via Alessi, dove si producevano confetture. Fu quello il nucleo originario della Società Perugina per la fabbricazione dei confetti, che più tardi avrebbe assunto il nome Perugina, fondata da Annibale in società con Francesco Andreani, Leone Ascoli e l’industriale Francesco Buitoni, il 30 novembre 1907.

L’azienda riuscì in pochi anni a ritagliarsi un’importante quota del mercato nazionale nel settore dell’industria dolciaria, affermandosi come una delle pochissime imprese umbre capace di superare la dimensione regionale. Principali artefici di questo successo furono Spagnoli, che diresse la Perugina dal punto di vista tecnico-produttivo, e Giovanni Buitoni, figlio di Francesco, il quale seppe operare scelte strategiche vincenti, come la decisione di puntare sui mercati del Centro-Sud, lontani dalla forte concorrenza delle case piemontesi e lombarde, e l’utilizzo fortemente innovativo della pubblicità. I coniugi Spagnoli continuarono a occuparsi direttamente della produzione anche quando venne costruito il nuovo stabilimento di Fontivegge, ultimato nel 1914. Luisa mise al servizio della Perugina la sua non comune capacità di inventare nuove specialità; tra queste il Bacio, nato nel 1922, prodotto con gli scarti di lavorazione degli altri cioccolatini, destinato a fama duratura anche perché nell’incarto di ogni pezzo era inserito un bigliettino con una frase celebre sull’amore. Sargentini si distinse per la sua abilità nel dirigere i reparti dello stabilimento durante la prima guerra mondiale, quando la maggior parte degli uomini fu mandata al fronte e suo marito fu costretto a prendersi un periodo di riposo per problemi di salute. Nei primi anni Venti il matrimonio entrò in crisi, a causa della relazione sentimentale fra Luisa e il giovane Buitoni, interessato anche a rilevare la maggioranza delle azioni della Perugina. Estromessi infine gli altri soci fondatori, tra cui lo stesso Annibale, separatosi dalla moglie, i Buitoni ottennero nel 1923 il controllo della società, in concomitanza con la sua trasformazione da società in nome collettivo (Snc) a società per azioni (Spa). Luisa Sargentini entrò nel nuovo Consiglio d’amministrazione con la qualifica di direttrice dei reparti lavorazioni e confezioni di lusso.

Nonostante la scalata sociale di cui fu protagonista, soffriva per le critiche di cui si sentiva oggetto a causa del rapporto, giudicato scandaloso, con un uomo più giovane, e per la sua umile estrazione, che non le permetteva di integrarsi pienamente negli ambienti altolocati della città, all’epoca ancora egemonizzati dai nobili. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò con passione al lavoro, distinguendosi anche per la sollecitudine verso il benessere dei dipendenti, in particolare le donne, di cui è una significativa testimonianza la creazione (1927) del cosiddetto nido materno all’interno dello stabilimento di Fontivegge, in realtà una sala di allattamento per le operaie che avevano bimbi piccoli.

Alla fine degli anni Venti iniziò ad allevare conigli d’Angora, specie allora poco nota in Italia, selezionando esemplari adatti alla produzione di lana con cui confezionare capi di prestigio. La trasformazione di un hobby in un’attività redditizia non fu il frutto di una scelta estemporanea: Sargentini raccolse l’invito lanciato dall’ENAPI (Ente Nazionale per l’Artigianato e la Piccola Industria), che nel 1928 iniziò una campagna per la realizzazione di filato d’angora nel nostro Paese, a quel tempo costretto a importare l’intero suo fabbisogno dall’estero. Le chiavi del successo in questa nuova avventura furono in sostanza il tempismo nel rispondere alle direttive del governo fascista propagandate dall’ENAPI; il metodo di produzione della lana basato sulla ricerca della giusta miscela tra pelo di conigli giovani, adulti e intermedi, e sulla scelta della pettinatura periodica dei conigli in luogo della tosatura, in voga soprattutto nei Paesi anglosassoni; e infine la valorizzazione dell’abilità delle donne umbre nell’uso del filarello, nome locale dell’arcolaio, antico strumento della tradizione, utilizzato sin dai primi esperimenti condotti nella villa di Santa Lucia, a casa della famiglia Spagnoli, nel laboratorio domestico che vide all’opera sei o sette operaie della Perugina.

Dopo qualche anno Sargentini si sentì pronta per presentare i primi capi in occasione di fiere e manifestazioni del settore. Tra queste la I Mostra nazionale dell’artigianato, svoltasi a Roma nel 1932 e, sempre nella capitale, il V Congresso mondiale di pollicoltura (settembre 1933), a cui la ditta Spagnoli partecipò con un proprio stand nell’annessa esposizione di coniglicoltura. L’evento ebbe un seguito con l’invito ai partecipanti a visitare il Giardino avicolo Spagnoli a Perugia, dove Sargentini mostrò ai congressisti, mediante prove pratiche di pettinatura del coniglio d’angora e di filatura della lana, le possibilità di sfruttamento industriale di tale fibra. Il nome degli Spagnoli, ben noto negli ambienti governativi, unito alla lusinghiera qualità del prodotto, bastò ad attirare l’attenzione del governo fascista, che si manifestò nella visita del sottosegretario all’Agricoltura, Arturo Marescalchi, al laboratorio di Sargentini (25 giugno 1932).

Già in questa fase di gestazione della futura industria tessile sembra essere stato rilevante l’apporto del figlio Mario, fin da giovanissimo impegnato a fianco dei genitori alla Perugina, di cui fu promosso direttore tecnico in concomitanza con la trasformazione dell’azienda in Spa. Questi aveva dato vita nei terreni di famiglia, a Santa Lucia, a un allevamento di pollame che si impose a livello regionale per l’applicazione di metodi all’avanguardia. Mario Spagnoli, ben visto dalle autorità anche per la piena adesione al fascismo, nel 1933 riuscì a ottenere per il suo Giardino avicolo Spagnoli la qualifica di pollaio provinciale, con compiti di selezione e incremento del pollame locale, nonché di diffusione di una razionale metodologia di allevamento. Dato che la produzione di capi d’abbigliamento si sviluppò in seno al Giardino avicolo, è lecito supporre che Mario abbia avuto la sua parte in alcune decisioni strategiche riguardanti la coniglicoltura che sua madre curava in prima persona. Come quella, fondamentale per il successo dell’angora Spagnoli, di favorire la nascita di allevamenti di conigli d’angora fra gli agricoltori, offrendo loro una nuova fonte di reddito, in cambio della fornitura di materia prima all’azienda. A testimonianza di ciò stanno alcuni annunci pubblicitari del 1932-33 con i quali il Giardino avicolo offriva una somma apprezzabile in cambio di pelo greggio e metteva in vendita materiale per la filatura domestica della lana d’angora. Nel 1935 i piccoli allevamenti che facevano capo agli Spagnoli erano soltanto otto, ma poteva considerarsi già avviato un efficace meccanismo che avrebbe dato i suoi frutti di lì a poco, dopo la morte della fondatrice; a lei spetta sicuramente la messa a punto di criteri di selezione dei conigli e di raccolta della lana, tali da garantire una qualità superiore dei manufatti prodotti con questo filato. Sargentini, prematuramente scomparsa, non poté guidare il passaggio dalla fase artigianale a quella industriale della produzione, nel 1935 ancora assai limitata e che in parte appare collegata alla Perugina quanto alla distribuzione commerciale: per il lancio dei capi in lana d’angora, oltre alla presentazione «in alcuni negozi di mode» dei «primi indumenti» (Spagnoli, 1940, p. 14), ci si avvalse infatti delle uova di cioccolato Perugina in cui furono inserite come sorprese calzine e cuffiette.

Nel 1935 Luisa Sargentini si ammalò di tumore alla gola. Si sottopose a un intervento chirurgico a Nizza, ma ciò non valse a guarirla. Morì a Saint-Maur-des-Fossés, nei dintorni di Parigi, il 21 settembre 1935, assistita da Giovanni Buitoni.

Fu proprio l’imprenditore perugino a procurarle un confortevole alloggio nella località francese, in una villetta nei pressi della sede della Buitoni France. Sargentini fu sepolta in Francia, ma poi il figlio Mario richiese la traslazione a Perugia. Allora Buitoni non solo si occupò del trasporto in Italia, ma dispose e finanziò – in tutto o in parte – l’edificazione di un piccolo mausoleo che sorse nel 1937 sui terreni degli Spagnoli a Santa Lucia (oggi accanto alla sede attuale dell’azienda). La decorazione di questa sorta di tempietto fu affidata all’artista faentino Pietro Melandri, che eseguì un ciclo di maioliche raffigurante tra l’altro i conigli, la filatura e la tessitura della lana angora.

A un mese dalla morte di Sargentini, il Consiglio d’amministrazione della Perugina istituì a suo nome un fondo speciale di beneficenza, con l’obiettivo di dare continuità alle sue opere a vantaggio di istituti, di ospizi, di umili e bisognosi. La Perugina, inoltre, per rispettare la volontà di tenere in particolare considerazione i suoi collaboratori dei gloriosi esordi, corrispose una ‘indennità di fondazione’ a tutti gli assunti all’epoca della vecchia fabbrica di via Alessi che erano ancora alle dipendenze della Perugina.

Il successo raggiunto nonostante le umili origini, la morte prematura, le attenzioni verso i dipendenti, le opere di beneficenza, l’identificazione, nell’immaginario popolare, della figura di una dirigente d’impresa con il cioccolato e con l’angora, due beni allora ancora privilegio dei benestanti e dal forte richiamo sensoriale a qualcosa di gradevole, contribuirono subito ad alimentare il mito di Luisa Spagnoli. L’aura mitica che la circonda ha resistito al tempo e si è forse accresciuta negli ultimi anni, di pari passo con la valorizzazione di figure femminili del passato considerate pioniere dell’emancipazione femminile. È stata appunto questa la chiave di lettura di un fortunato sceneggiato televisivo della RAI dedicato alla vita dell’imprenditrice (2016), della quale, in realtà, poco si conosce soprattutto per quanto attiene al carattere e alla vita privata (e va rilevato che l’assenza pressoché totale di carte autografe ha fatto perfino pensare che Sargentini fosse analfabeta, ipotesi smentita solo di recente, cfr. Corvisieri, 2014, pp. 148 s.).

Il maggior tributo alla fama della donna è stato offerto dal figlio Mario, attraverso l’omaggio a lei costantemente reso nei suoi scritti, ma anche con la registrazione dell’azienda alla Camera di commercio di Perugia con la denominazione di Luisa Spagnoli (12 aprile 1937). La successiva individuazione di una sede adatta a una produzione su larga scala (stabilimento di Fontivegge, 1939), l’inizio delle esportazioni in Europa e l’apertura di negozi diretti – sul modello della Perugina, ma con decenni di anticipo rispetto ad altri marchi italiani dell’abbigliamento – furono elementi indispensabili all’affermazione del marchio. Nel 1943 l’azienda – che tre anni prima cambiò la ragione sociale in Angora Luisa Spagnoli – era l’industria per la lavorazione della lana di coniglio d’angora maggiore d’Europa, con 500 operai, 25 impiegati e 8000 allevamenti in Italia diretti o controllati dalla ditta stessa.

Nonostante le distruzioni belliche, l’azienda, grazie alla capacità imprenditoriale di Mario, riuscì a riprendere molto presto la produzione, spostata nei terreni di famiglia di Santa Lucia; qui sorse un nuovo stabilimento, che si distinse, oltre che per il tipo di produzione a ciclo completo che lo rendeva pressoché autosufficiente, anche per il tentativo in parte realizzato di dar vita a una comunità organizzata (‘la Città dell’angora’) in grado di offrire ai dipendenti strutture destinate all’assistenza e al tempo libero. Avviata negli anni Cinquanta la diversificazione produttiva, la società Luisa Spagnoli (divenuta Società a responsabilità limitata nel 1952 e infine Società per azioni nel 1967), continuò a crescere e a incrementare la sua catena di negozi italiani ed esteri, uscendo indenne dalla crisi degli anni Settanta sotto la direzione del figlio di Mario, Annibale, detto Lino (1927-1986), e giungendo fino ai giorni nostri ancora nelle mani dei discendenti della fondatrice.

Mario continuò ancora per molti anni il suo lavoro di dirigente della Perugina, a fianco dei Buitoni e dei fratelli Armando e Aldo, distinguendosi anche per la registrazione di numerosi brevetti, la maggior parte dei quali nel campo della preparazione di vivande espresse congelate. Negli anni Sessanta creò ‘la Città della domenica’, un parco di divertimenti sul monte Pulito alla periferia di Perugia, tuttora esistente. Fu insignito dell’onorificenza di cavaliere del Lavoro dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nel 1958.

Fonti e Bibl.: Perugia, Archivio storico anagrafico del Comune, Stato di famiglia Pasquale Sargentini; Atti di nascita, ad nomen; Archivio Capitolare, Registri dei Battesimi anni 1877-1899, p. 1, n. 3; Archivio storico Buitoni Perugina, Fondo Perugina, b. 4, f. 25, cc. 93-94: G. Buitoni, In memoria di Luisa Spagnoli, Il Consigliere Delegato della Perugina ai suoi collaboratori in memoria di Luisa Spagnoli fondatrice della Società, Perugia, 5 ottobre 1935.

M. Spagnoli, L’allevamento e la lana del coniglio Angora, Milano 1940; Id., Norme pratiche sull’allevamento del coniglio angora. Per il potenziamento della coniglicoltura nazionale, Perugia 1943; Luisa Spagnoli, in Creatori di lavoro, Roma 1954, pp. 197-198; G. Buitoni, Storia di un imprenditore, Milano 1972, ad ind.; F. Chiapparino, Nascita di una grande impresa: la Perugina, 1907-1923, in Proposte e ricerche. Rivista di storia dell’agricoltura e della società marchigiana, 1989, n. 23, pp. 235-250; A. Bravo - L. Scaraffia, Donne del ’900, Firenze 1999, pp. 94 s.; Barbara Curli, Dalla Perugina all'Angora: Luisa Spagnoli, in Donne imprenditrici nella storia dell'Umbria. Ipotesi e percorsi di ricerca, Milano 2005, pp. 198-297; F. Chiapparino - R. Covino, La fabbrica di Perugia. Perugina 1907-1997, Perugia 2008, ad ind.; V. Corvisieri, Gli Spagnoli e Perugia. Storia di una famiglia di imprenditori del Novecento, Perugia 2010 (ediz. riveduta e aggiornata di Una famiglia di imprenditori del Novecento. Gli Spagnoli da Assisi a Perugia, 1900-1970, Perugia 2001); M. R. Parsi, Luisa Spagnoli, in Le Italiane. Dal Risorgimento ai giorni nostri, centocinquant’anni di storia nazionale raccontati attraverso le biografie delle protagoniste della politica, della cultura, della scienza, dell’economia e dello sport, Roma 2010, pp. 117 s.; sul mausoleo di Luisa Spagnoli: Pietro Melandri. Il maestro del lustro riscoperto in Umbria, a cura di A. Pesola, Torgiano 2012; V. Corvisieri, Luisa Spagnoli ‘regina Mida’ del Novecento. Ritratto di un’imprenditrice, in I talenti femminili alle origini dell’imprenditoria umbra. Atti del Convegno... 2012, Perugia 2013, pp. 13-23; Id., Luisa Sargentini Spagnoli: nuovi particolari biografici, in Proposte e Ricerche. Economia e società nella storia dell’Italia centrale, XXXVII (2014), 42, pp. 145-155.

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