LUNGHEZZA

Enciclopedia Italiana (1934)

LUNGHEZZA (fr. longueur; sp. longitud; ted. Länge; ingl. length)

Giovanni Lampariello

Negli elementi di geometria si suole designare con tal nome la misura di un segmento di retta in relazione a un segmento unitario (assunto, cioè, come segmento di confronto). Così, ad es., quando si dice che la lunghezza di un segmento rettilineo AB è 3 metri, si vuole affermare che AB è tre volte il segmento campione che si chiama metro. Se si divide il segmento AB in due segmenti AM, MB, la lunghezza di AB è eguale alla somma delle lunghezze di AM ed MB; se poi si considera una qualsiasi poligonale avente per estremi i punti A e B (che possono pur coincidere) e per vertici successivi M1, M2,..., Mn-1, s'intende per lunghezza della poligonale la somma delle lunghezze degli n lati AM1, M1 M2,..., Mn-1 B.

Quando si voglia estendere il concetto di lunghezza a un arco di curva qualsiasi, l'intuizione ci suggerisce che per raggiungere lo scopo basta adagiare lungo la curva un filo flessibile ed inestendibile, in guisa che i suoi estremi coincidano con quelli dell'arco. Un'idea, sia pure grossolana, di ciò che è la lunghezza dell'arco ci è così fornita dalla lunghezza del filo quando esso sia teso.

E un procedimento d'approssimazione per la valutazione della lunghezza può consistere in ciò. Pensiamo di decomporre l'arco di curva AB (che è chiuso se B coincide con A) in archi parziali mediante n − 1 punti M1, M2,..., Mn-1 che si succedano sull'arco sempre in uno stesso verso, p. es. in quello da A a B (v. fig.). Sostituendo a ogni arco parziale il segmento (di retta) che ne congiunge gli estremi, si costruisce una poligonale, iscritta in AB, la cui lunghezza dà un valore approssimato di ciò che intuitivamente si chiama la lunghezza dell'arco. Siffatta valutazione conduce alla definizione matematica della lunghezza, poiché s'intuisce che quanto maggiore è il numero dei punti M1, M2,..., Mn-1 che s'intercalano nell'arco tanto minore è l'errore che si commette col prendere la lunghezza della poligonale iscritta. Ed allora si perviene al concetto di lunghezza mediante un passaggio al limite, considerando cioè il limite delle lunghezze di tutte le possibili poligonali iscritte, al tendere a zero del massimo lato (mentre simultaneamente tende all'infinito il numero dei lati). L'arco si dice rettificabile quando codesto limite è determinato e finito, e questo limite si assume come lunghezza dell'arco.

Praticamente, basta limitarsi a considerare una particolare successione di poligonali iscritte, scegliendole in modo che il massimo lato tenda a zero. Così, per citare un esempio classico, la lunghezza di una circonferenza si determina considerando i poligoni regolari iscritti. Il perimetro di ciascuno di questi cresce col numero dei lati, ma si mantiene sempre minore del perimetro di ogni poligono circoscritto; è quindi applicabile un noto criterio di esistenza del limite (v. limite), e il limite l, che risulta così deteminato, si dice lunghezza della circonferenza. A questa tendono altresì i perimetri dei poligoni regolari circoscritti quando il numero dei lati cresca indefinitamente, sicché l appare come l'elemento di separazione delle due classi di numeri costituite dalle lunghezze dei perimetri dei poligoni regolari iscritti e circoscritti.

Il rapporto di l al diametro 2r non dipende dalla circonferenza considerata, cioè si mantiene fisso, comunque varii il raggio r. Come tutti sanno, è un numero, che si denota con π, talché si ha l = 2πr; e il valore di π con quattro cifre decimali esatte è dato da 3, 1415 (v. cerchio).

Se si suppone che l'arco di curva AB sia rappresentato dall'equazione y = f(x), in cui x e y siano rispettivamente l'ascissa e l'ordinata del generico punto dell'arco in un sistema cartesiano ortogonale, la lunghezza si calcola con la formula

essendo a e b le ascisse di A e B. Il radicale sotto il segno integrale va preso in senso aritmetico e y′ designa la derivata di y rispetto a x.

Se y = f(x), z = g (x) sono le equazioni cartesiane di un arco di curva sghemba e a, b i valori di x che competono agli estremi, la lunghezza è data dall'integrale

essendo y′, z′ le derivate di y, z rispetto a x.

Quando l'arco di una curva piana è dato mediante le equazioni parametriche x = ϕ(t), y = ψ(t) (x, y essendo le coordinate cartesiane ortogonali del generico punto dell'arco e t0, t1 sono i valori del parametro t che competono agli estremi), la lunghezza è data dalla formula

dove x., y′ denotano le derivate di x, y rispetto a t. Per un arco di curva sghemba si ha

Se l'arco di curva è dato mediante equazioni parametriche in coordinate polari, la lunghezza di una curva piana o sghemba è data rispettivamente dalle formule

Nel primo di questi integrali ρ e ϑ denotano il raggio vettore e l'anomalia del generico punto dell'arco; nel secondo ρ, ϕ, ϑ designano il raggio vettore, la longitudine e la colatitudine (v. coordinate: n. 27).

La definizione di lunghezza di un arco di curva ha dato luogo a questioni delicate, che sono state completamente risolte solo in tempi recenti, grazie alla moderna teoria delle funzioni di variabile reale. La formulazione rigorosa del concetto di lunghezza concepita come limite delle lunghezze delle poligonali inscritte è dovuta al matematico tedesco Ludwig Scheeffer, che in una memoria (Math. Ann., XV, 1877) pose i fondamenti della teoria delle curve rettificabili. Ma il problema di caratterizzare, dal punto di vista analitico, le funzioni x = ϕ(t), y = ψ(t) (curva piana), supposte continue nell'intervallo (t0, t1) al quale corrisponde l'arco di curva considerato, in modo tale che questo sia rettificabile, fu risolto da C. Jordan. Il suo classico teorema afferma che l'arco è rettificabile solo quando le due funzioni ϕ(t) e ψ(t) nell'intervallo (t0, t1) sono a variazione limitata (v. funzione: n. 15).

Gli studî più recenti di J. Lebesgue e di L. Tonelli hanno posto in luce importanti proprietà delle curve rettificabili, tra le quali vanno segnalate come fondamentali l'esistenza, in generale, della tangente (Lebesgue) e la possibilità di rappresentare la lunghezza mediante l'integrale

nel solo caso in cui le funzioni x = ϕ(t), y = ψ(t), oltre che essere variazione limitata, siano (Tonelli) assolutameute continue (v. funzione n. 16). Altre definizioni della lunghezza sono state proposte da G. Peano H. Lebesgue, H. Minkowski. Il Peano definisce la lunghezza com l'estremo superiore delle lunghezze delle poligonali inscritte nell'arco per Lebesgue invece la lunghezza è íl minimo limite delle lunghezze delle poligonali che tendono all'arco. Le definizioni di Peano e Lebesgue sono equivalenti a quella di Scheeffer.

Il Minkowski ricopre l'arco con una striscia regolare e ottiene la lunghezza calcolando il limite del rapporto dell'area della striscia al diametro quando questo tende a zero.

Questo procedimento conduce a osservare che, per una circonferenza la lunghezza è la derivata dell'area r2 rispetto al raggio r.

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