LUSSEMBURGO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

LUSSEMBURGO (XXI, p. 681; App. I, p. 809; II, 11, p. 235)

Lucio GAMBI
B. Ci.

L'ultimo censimento, del gennaio 1948, registrò (con diminuzione rispettó al 1935) una popolazione di 290.992 ab., oltre 38.370 stranieri (quasi metà tedeschi e 1/4 italiani). Una valutazione al termine del 1958 segnala un rialzo a 317.875 ab., ma in questo numero sono compresi pure gli stranieri con residenza stabile (36.914), che l'istituzione nel granducato della sede di grandi organismi economici e federativi europei, come la CECA (dal 1952) ha negli ultimi anni alquanto elevato. Per conseguenza di tali funzioni, come pure per riflesso del grande impulso segnato dall'industria della siderurgia, fra il 1948 e il 1958 si è manifestato un fenomeno di gonfiamento dei principali centri (nei quali vive oggi il 48% della popolazione totale). I quattro distretti in cui si divide il granducato hanno la seguente superficie e popolazione (al 31 dicembre 1956): Lussemburgo città (238 km2 e 68.833 ab.), Lussemburgo (666 e 153.019), Diekirch (1157 e 55.085), Grevenmacher (2586 e 36.650). La popolazione di L. città si è portata nel 1958 a 70.158 ab. (da 62 mila che aveva nel 1948) e, nei maggiori centri della siderurgia, Esch ha raggiunto in pari data i 28.832 ab. (da 26.000), Differdingen i 17.946 (da 7.000), Düdelingen i 14.932 (da 12.000) e Petingen gli 11.520 (da 5.000).

Nella vita economica è ulteriormente continuata la diminuzione di valore dell'agricoltura, che occupava prima della guerra 1/5 della popolazione totale, e oggi invece impiega solo il 12% e contribuisce solo per il 9% alla produzione nazionale. Le sue produzioni restano per lo più stazionarie, ma è in fase declinante quella vinicola (da 81 mila hl come media del 1934-38 a 70 mila come media nel 1955-57) mentre in aumento notevole sono le superfici a erba (1/4 del paese) e gli allevamenti: nel 1958 i bovini erano 132.000 e i suini 116.000, gli uni e gli altri fortemente incrementati nel dopoguerra (in rilevante calo invece gli equini: 7.700, e gli ovini: 2.200). Perciò in fase di dilatazione è la produzione del latte e specialmente quelle del burro e dei formaggi, che risultano in quantità doppia dell'anteguerra (per il burro 50.000 q). Nel campo rurale poi si è manifestata una tendenza alla contrazione della piccola proprietà e alla costituzione di unità aziendali di misura media.

In ogni modo la gran base della ricchezza del granducato rimane nell'estrazione del ferro, e nella grossa industria che ne deriva, e che da sola partecipa per 1/3 alla produttività nazionale. Tale industria ha avuto, fra il 1948 e il 1956 un impulso magnifico: la produzione del minerale di ferro è aumentata da 850 migliaia di t nel 1946 a 7.593.000 t nel 1956, quella della ghisa da 1,3 milioni di t a 3.312.883 e quella degli acciai da 1,3 milioni di t a 3.455.700 nel medesimo periodo, quella dei laminati da un po' più di un milione di t nel 1946 a 2,8 milioni nel 1956. Il numero degli altiforni è salito da 15 a 32. Però negli ultimi anni, cioè dopo il 1956, il ritmo di tale impulso si è alquanto rallentato e nel 1958 la produzione è un po' calata rispetto agli anni precedenti: minerale di ferro, 6.637.998 t; ghisa, 3.284.485 t; acciaio 3.378.820 t.

Ciò è conseguenza del fatto che la prosperità del L. dipende in buona parte dalla situazione del mercato siderurgico internazionale, il quale infatti intorno al 1958 ha avuto un periodo di stagnazione. Ma è conseguenza pure di talune un po' invecchiate strutture interne, che l'adesione al Mercato Comune ha messo in luce negli ultimi tre anni, causando concorrenze svantaggiose per il L., dalla vicina regione siderurgica lorenese: per es. l'eccessivamente elevato costo dei trasporti ferroviarî e della mano d'opera (che supera del 46% quello italiano, del 24% il tedesco e del 20% il francese).

Fra le altre industrie sono degne di rilievo quella edile che impegna intorno a 7.000 operai e ha segnato i più salienti sviluppi nel cementificio (180.000 t in media fra il 1955 e il 1957), quella della concia e del cuoio, che dà la metà degli articoli relativi forniti dal Benelux, e anche quelle alimentari (birra; lavorazione delle carni di maiale; produzione dei derivati del latte).

Finanze. - Il granducato del L. esercita la propria attività finanziaria e monetaria nell'ambito dell'unione con il Belgio, secondo gli accordi del 1944; il valore del franco lussemburghese è quindi sempre alla pari con quello del franco belga, che continua ad avere corso legale nel granducato. Il cambio oscilla, con variazioni di minima entità, attorno ai 50 franchi per 1 dollaro U.S.A.

Storia. - La vita lussemburghese rimase caratterizzata dalla stabilità politica, che resistette nei primi anni del dopoguerra e durante la ricostruzione economica. In conseguenza delle elezioni del giugno 1951, l'incremento socialista e liberale non incise sostanzialmente nelle posizioni di maggioranza relativa dei cristiano-sociali. Dalla costituzione del gabinetto Dupong, sostituito nel 1953 da Joseph Bech, rimasto anche ministro degli Esteri, fino al dicembre 1958, il granducato fu governato dalla coalizione tra cristiano-sociali e socialisti. La coalizione fu ricostituita anche dopo le elezioni del maggio 1954, che videro avvantaggiati i cristiano-sociali.

La coalizione andò però logorandosi, soprattutto per effetto della depressione economica degli anni 1957-58 e della crisi carbonifera, manifestandosi più vivacemente i dissensi tra socialisti e cattolici nella formulazione della politica economica e sociale. La crisi sopravvenne nel dicembre 1958 con lo scioglimento del Parlamento e la convocazione di nuove elezioni. La consultazione del febbraio 1959 diede un notevole successo ai liberali, facilitando la formazione di una coalizione tra cristiano-sociali e liberali, orientata a destra, presieduta da Pierre Werner. Bech lasciò la compagine ministeriale dopo esser stato per 33 anni ministro degli Esteri. La politica estera lussemburghese fu nettamente e costantemente occidentalista, con la partecipazione all'alleanza atlantica, all'U.E.O., alle istituzioni economiche dell'Europa a Sei ed al Benelux.

Bibl.: P. Weber, Histoire de l'économie luxembourgeoise, Bruxelles 1949; Ministère des Affaires Économiques, L'économie luxembourgeoise, un fascicolo ogni anno, Lussemburgo, dal 1951; G. Lejeune, Le problème de la main d'oeuvre dans le Luxembourg,in Dossier Act. Soc. Catholique, Bruxelles 1953; J. Petit, Luxembourg yesterday and today, Lussemburgo 1953; P. Weber, Histoire du Grand-Duché de Luxembourg, Bruxelles 1957.

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