LYDOS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

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LYDOS (Λυδός)

E. Paribeni

Ceramografo attico la cui attività è da fissare nel decennio immediatamente precedente e in quello immediatamente successivo alla metà del VI sec. a. C. Il nome risulta dal dèinos 607 dell'Acropoli e da una hydrìa frammentaria del Louvre: ma in entrambi i casi la firma è incompleta e di conseguenza sono stati avanzati dubbî sulla sua figura di pittore e da alcuni il nome stesso viene considerato un etnico. In generale si può dire che vi è oggi accordo nell'accettare L. come un pittore: è recente il tentativo di A. Rumpf di assegnare il nucleo di opere tradizionalmente collegate con L. al pittore di coppe miniaturistiche Sakonides.

Accanto a Nearchos e al Pittore dell'Acropoli 606, e forse anche in misura più vasta e decisa, L. può dirsi il fondatore di uno stile grave e monumentale in netta opposizione al minuto e variegato mondo figurativo di Sophilos e di Kleitias. Fatto anzi che può considerarsi un ritorno alle qualità native della ceramografia attica del secolo precedente, con i suoi enormi animali e mostri, contenuti a fatica e come oppressi dai limiti del vaso. Anche in L., o almeno nelle sue opere più antiche, s'incontrano figure grandiose, la cui massa risulta tanto più incombente in quanto trabocca dalle inquadrature in un prorompente dinamismo. Secondo l'elenco più recente di J. D. Beazley le opere di L. assommerebbero a 85 vasi, per lo più di grandi dimensioni, a cui si possono affiancare altre opere riferibili a personalità vicine al maestro o semplicemente alla sua scuola. L. affronta grandi temi epici e divini a partire dalla grandiosa gigantomachia del deìnos dell'Acropoli 607 alla Ilioupèrsis del Louvre, alla battaglia di Eracle contro Gerione nella hydrìa di Villa Giulia, che, come J. D. Beazley rileva, costituisce la prima edizione figurata che ci sia giunta di questo famosissimo mito. In tutte queste figurazioni egli porta una sostenuta elevatezza di forma e una vigorosa vitalità. Non troviamo in lui i momenti di contenuta, struggente poesia di Nearchos o la spiritualità e l'altezza morale di Exekias, appunto perché si tratta di un temperamento troppo vigoroso e immediato. L'azione lo interessa troppo completamente per consentirgli una pausa di meditazione, un momento per filtrare le proprie emozioni e concentrare la propria sensibilità formale. Nel suo mondo figurativo così pieno di vitalità, di energia e di dinamismo anche gli effetti drammatici sembra vengano tradotti sul piano di attività fisica. Divinità ed eroi, satiri ed atleti vengono introdotti a dir la loro parte senza che quasi si avverta un cambiamento di tono: si direbbe quasi che l'importanza o meno del tema non incida sull'impegno dell'artista o sulla saldezza e onestà del suo senso formale. Ed è appunto questa interezza, questa sanità spirituale che, aggiunta a chiarezza di forma e ad alto livello artistico, fa di L., insieme ad Exekias, un classico.

Bibl.: E. Pfuhl, Malerei u. Zeich., Monaco 1923, p. 270; B. Graef-E. Langlotz, Die antiken Vasen von der Akropolis zu Athen, I, Berlino 1925, n. 607; J. D. Beazley, in Journ. Hell. Studies, LI, 1931, p. 82; id., in Papers Brit. Sch. Athens, XXXII, 1931-32, p. 18; G. M. A. Richter, in Metr. Mus. Studies, IV, 1933, p. 169 ss.; J. D. Beazley, in Arch. Eph., 1937, p. 14; A. Rumpf, Sakonides, Lipsia 1937; M. Zelia Pease, in Am. Journ. Arch., XLVII, 1943, p. 496; J. D. Beazley, Development, Berkeley 1951, p. 38 ss.; id., Black-fig., p. 107.