Quintiliano, M. Fabio

Enciclopedia Dantesca (1970)

Quintiliano, M. Fabio

Giorgio Brugnoli

Retore latino (Calahorra 30 - m. dopo 96 d.C.), teorizzatore ed esponente ufficiale della cultura dell'età dei Flavi. Alunno di Remmio Palemone, Domizio Afro e Giulio Africano, la sua formazione, legata ai moduli provinciali della conservazione classicista, corrispose al programma ideologico flaviano di una revisione del campo culturale in senso reazionario, con la riproposta di un neoclassicismo che reprimesse, col buon senso e l'esaltazione dei valori tradizionali, le intemperanze del gusto moderno. In questa direzione l'attività di Q. fu preminente e apprezzata dalla classe dominante che sorreggeva la dinastia Flavia e di cui Q. fu quindi precettore (almeno di Plinio il Giovane, di Giovenale, di Tacito e di Suetonio, nonché dei rampolli imperiali) ricercato e vezzeggiato. Q. teorizzò la sua posizione culturale e politica dapprima nel De Causis corruptae eloquentiae, un trattato - peraltro perduto già alla fine del secolo - dove additava nel gusto modernista le cause del declino dell'oratoria, e nelle Declamationes, raccolte di exempla declamatori secondo le intenzioni della propria scuola; poi nella Institutio oratoria in 12 libri, la sua opera più significativa, summa del proprio metodo e insieme vasta trattatistica di tutta la scienza retorica. Il X libro di quest'opera contiene un quadro d'insieme delle letterature greca e latina, con citazioni e giudizi di autori per noi altrimenti ignoti, che ce lo fanno considerare prezioso.

Prima della scoperta da parte di Poggio Bracciolini (a San Gallo, nel 1415) di un testo completo dell'Institutio (la cosiddetta Recensio Ambrosiana), quest'opera fu quasi dovunque letta durante il Medioevo in una redazione gravemente mutila (la cosiddetta Recensio Bernense: mancano I I 1-6; V XIV 12 - VIII III 64; VIII III 17-67; IX III 2 - X I 107; XI I 71 - II 33; XII X 43 fino alla fine), specialmente nella parte del libro X (I 1-131) contenente il quadro letterario. La Recensio Ambrosiana derivava infatti da una tradizione insulare nota nel continente solo in alcuni scrittoi franchi (Tours): da un esemplare di questa tradizione fu elaborato a Fulda intorno al X secolo il testo lacunoso della Recensio Bernense. Tuttavia, eccezionalmente, anche prima della scoperta di Poggio non mancano isolati e sporadici indizi, specialmente in Francia, di una conoscenza delle parti mancanti nella vulgata medievale, anche se non possiamo stabilirne con sicurezza la provenienza: così nel sec. XII in Francia si legge un Q. variamente contaminato fra le due ‛ recensiones '; così Giovanni di Salisbury mostra di conoscere, fra i passi contenuti nelle lacune della vulgata, Inst. I I 5, IX III 64, X I 90, X I 105; così Petrarca usa assai probabilmente, per il catalogo degli autori di Bucolicum carmen X, Inst. X I 85-131 (Paratore).

È assai improbabile che D., che non nomina mai Q., ne abbia conosciuto in qualche modo l'opera. I capitoli grammaticali e retorici che costituiscono gran parte della trattazione dell'Institutio erano stati nella sua epoca e da tempo superati dalla Rhetorica vetus (= Rhetorica ad Herennium) e dalla Rhetorica nova (= Cicerone De Inventione) e dalle Retoriche usuali che ne dipendevano, prima, per D., La Rettorica di Brunetto Latini. D'altra parte la stessa divisione quintilianea della retorica in inventio ed elocutio non poteva apparire sufficiente di fronte alla casistica ben più complessa e articolata delle Artes dictandi e delle Poetrie e la prevalenza del modello classico di queste ultime che è l'Ars poetica di Orazio. Nel De vulg. Eloq. terminologia e tecnica dipendono proprio da questa più recente tradizione scolastica, dai dettatori bolognesi, da Brunetto, da Matteo di Vendôme, da Goffredo di Vinsauf e da Giovanni di Garlandia: " l'ambiente in cui si muove la cultura retorica dantesca, e si muove con agio, è soprattutto quello della trattatistica medioevale recente, rispetto alla quale costituirono solo uno sfondo ovvio i grandi classici, la Rhetorica ad Herennium, il De Inventione, l'Ars poetica, magari Isidoro " (Mengaldo). E neppure si può dire che i vari ‛ catalogi auctorum ' sparsi nell'opera di D. siano in qualche modo ispirati alla grande classificazione degli autori greci e latini che leggiamo nel libro X dell'Institutio.

A parte l'impossibilità pratica di lettura da parte di D., il catalogo quintilianeo, proponendo l'agone letterario greco-latino nella schematicità dei genera, è del tutto aborrente dal sistema dantesco che segue invece schemi regulati e contrapposti di poesia e prosa e la distinzione fra gli autori ethici e stilistici e che, nell'esaltazione incondizionata della romanità latina, non tollera in alcun modo una visione agonistica della letteratura che contrapponga i santi Romani ai Greci.

Bibl. - P. Lehmann, Die Institutio oratoria des Quintilianus im Mittelalter, in " Philologus " n.s., XLIII (1934) 349-383 (rist. in Erforschung des Mittelalters, II, Stoccarda 1959, 1-28; P.V. Mengaldo, Introduzione a D.A., De vulg. Eloq., I, Padova 1968, XXXIX; E. Paratore, rec. a F. Petrarca, Bucolicum Carmen X, ediz. a c. di G. Martellotti, in " Rivista di cult. class. e medioevale " XII (1970) 260-269.

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